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La letteratura antropologica e folklorica sul Carnevale è ormai smisurata Qui faccia mo riferimento ad alcuni classici sul tema: Caro Baroja 1979; Gaignebet-Florentin 1974;

Lombard-Jourdan 2005; e soprattutto il recente lavoro già citato di Kezich 2015, frutto di numerosi anni di ricerca in diversi paesi europei.

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Uomini Selvaggi e i Folli che appaiono nei Carnevali richia- mano figure dell’immaginario medioevale che erano spesso descritte come cannibali); 3) speciali gruppi sociali che or- ganizzano la festa, in genere associazioni di giovani che si prendono il compito di girare di casa in casa per raccogliere offerte e cibo; 4) la rappresentazione degli spiriti della fore- sta attraverso maschere dall’aspetto grottesco, costumi fatti con pelli animali e impiego della pittura nera per il volto; 5) capovolgimento rituale delle posizioni e delle gerarchie, comprese le distinzioni di genere (molto spesso i personag- gi femminili sono interpretati da uomini, ma talvolta anche le donne assumono funzioni e attributi dell’altro genere); 6) ostentata consumazione di cibo in grandi feste collettive, dove l’abbondanza e la dissipazione vengono particolarmen- te enfatizzate; 7) l’espressione disinibita di oscenità, manife- stazioni di licenza sessuale e di esplicito riferimento alle fun- zioni sessuali e riproduttive; 8) presenza di comportamenti scomposti e violenti, danze sfrenate, lancio di oggetti su cose e persone (spargimento di acqua, ceneri, uova) e compar- sa di figure che esplicitamente incarnano la sfrenatezza e la scompostezza (Folli, Selvaggi, Cannibali, uomini-animali, ecc.); 9) espressione catartica di elementi repressi, sogni, desideri, fantasie in forma socialmente controllata (Fenton 1986, pp. 498-499).

L’elenco è molto ampio e dettagliato e perfettamente con- divisibile. Per ciascuno di questi punti si potrebbero elencare numerosi esempi sia per il mondo amerindiano e sia per quanto riguarda le mascherate tradizionali europee. A inte- grazione di questa lista, si vuole aggiungere qui un insieme di temi mitico-rituali che compaiono ripetutamente nelle feste popolari europee e che ritroviamo regolarmente nelle ceri- monie del Nord America, rendendo ancora più complesso e articolato il quadro d’insieme.

1) Il rapporto con il mondo animale. Sappiamo che gli ani- mali svolgevano un ruolo estremamente importante nella vita simbolica e cerimoniale dei popoli americani (Harrod 2000; Pomedli 2014, per citare solo qualche esempio). Tuttavia le cerimonie popolari europee rivelano la cos- tante presenza degli animali nell’immaginario europeo, tra cui uno dei più ricorrenti e significativi è l’orso, che

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sembra sia stato oggetto di pratiche rituali in tutto l’emis- fero settentrionale (Hallowell 1926).

2) Le maschere e i costumi rivelano non soltanto l’importan- za del mondo animale, ma anche l’idea della possibilità di una trasformazione dell’uomo in animale e viceversa. Le innumerevoli figure di esseri ibridi, di caratteristiche incrociate nelle mascherate europee mostrano un modo di intendere il rapporto tra l’uomo e il mondo non-uma- no assai diverso da quello che si è venuto affermando con il pensiero filosofico e l’indagine naturalistica. La cultura popolare riflette un’ideologia del mondo in cui le meta- morfosi, le ibridazioni, i mescolamenti, sono ancora rite- nuti possibili e realizzabili, per lo meno in determinati momenti in cui i confini tra i diversi ambiti della realtà vengono annullati.

3) Anche il mondo vegetale si rivela assai più vicino di quanto non appaia al mondo umano. Le maschere irochesi delle Facce False venivano intagliate nel legno di un albero vivente, in modo da assorbirne la forza vitale e l’intima essenza. In molti rituali europei di inizio d’anno, com- paiono uomini-albero, figure ibride in cui l’umano e il vegetale si confondono (come i Silvesterkläuse del Can- tone di Appenzell, in Svizzera, o i Green Men inglesi). 4) Il momento festivo si configura come una sorta di sospen-

sione del tempo ordinario, di spaccatura, che apre una connessione tra i mondi e quindi permette una comunica- zione tra i vivi e i morti. Le mascherate che ancora oggi si svolgono in Val Pusteria nel giorno di Ognissanti rivelano l’antica connessione che esisteva nel mondo popolare tra Festa dei Morti, Capodanno e Carnevale. Anche il periodo cerimoniale che in varie parti d’Europa si concentra intor- no ai “Dodici Giorni” (tra Natale ed Epifania), antico pe- riodo di raccordo tra il ciclo lunare e il ciclo solare dell’an- no, rivela la natura di questo lasso di tempo come periodo rituale, un “tempo fuori dal tempo” (Kezich 2015, p. 57). In questo periodo il mondo dei vivi e il mondo dei morti possono entrare in contatto e le maschere che invadono il villaggio sono rappresentazioni dell’irruzione degli spiriti dei morti nel mondo ordinario, i quali vengono chiedendo offerte e doni, ma portando con sé anche le forze genera-

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tive e riproduttive di cui abbisognano i campi, gli animali e la stessa comunità umana.

5) La fertilità è un elemento ricorrente di tutta la ritualità dei popoli contadini, ma non solo. L’intima connessione tra la fertilità umana e la fecondità e riproduzione della natura è un tema di enorme diffusione. Quest’idea trova manifestazione tra gli Irochesi nella raffigurazione delle principali piante coltivate (mais, fagioli e zucche) come personaggi femminili, le Tre Sorelle. Nel mondo popolare europeo si esprime nella centralità delle coppie nuziali nei cortei carnevaleschi, nel comportamento lascivo dei Vecchi e delle Vecchie e nelle finte nascite che frequen- temente vengono messe in scena.

6) I personaggi mascherati si ispirano spesso a figure di Uomini Selvaggi, esseri che si collocano in una regione di confine tra il mondo umano e il mondo non-umano, spesso coperti di peli, con i capelli lunghi e incolti, armati di un grosso bastone. Le figure ingobbite, vestite di peli di animali, con maschere contornate di lunghi capelli, recanti un lungo bastone in mano, che irrompono nel villaggio durante la stagione invernale sia tra gli Irochesi che nei paesi delle Alpi svizzere costituiscono un’analogia impressionante e difficilmente risolvibile con la semplice casualità.

7) Infine, i Folli sono una variante solo parzialmente diversa delle figure già descritte. Se l’orso e l’Uomo Selvaggio rappresentano le zone di confine tra umanità e animalità, tra villaggio e foresta, il Folle rappresenta l’intersezione tra norme sociali e comportamento disinibito, tra ragione e istinto, tra ordine e disordine mentale. I Danzatori Folli e i Buffoni cerimoniali dei rituali amerindiani sembrano ricondurre alle figure dei Folli medioevali, agli Arlecchini e ai Kurenti delle mascherate popolari europee.

Un insieme così vasto e articolato di elementi che si intrec- ciano e si richiamano non può essere quindi trascurato o considerato irrilevante. Tuttavia, non si può nascondere che esso ponga una serie di questioni teoriche di grande portata e di non facile soluzione. L’antropologo Robert Ritzenthaler ritiene che tali analogie siano un esempio stupefacente di

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“parallelismo senza diffusione”, una formulazione bizzarra, che si limita a prendere atto dell’esistenza di una connes- sione senza essere in grado di spiegarla16. È ovvio infatti che

le culture indigene americane non sono state influenzate dai contadini europei nell’elaborazione di questi rituali, tanto che queste somiglianze sorpresero e incuriosirono i missionari francesi che le osservarono per la prima volta, né è possibile, l’inverso. Ma allora come dare conto di queste analogie? Cosa vuol dire “parallelismo”? Dalla formulazione di Ritzenthaler sembrerebbe doversi inferire che, senza un qualche motivo plausibile, in due regioni del mondo total- mente indipendenti popoli diversi hanno creato un insieme di elaborazioni rituali che risultano straordinariamente simi- li. Una pura coincidenza?

Per coloro che sono appassionati di letteratura giallisti- ca non sarà una novità sentirsi dire che le coincidenze non esistono e che se le prove in un’indagine rivelano una cor- relazione tra fatti che sembrano apparentemente indipen- denti, quella correlazione deve avere una spiegazione. Se escludiamo la diretta trasmissione dall’Europa all’America, o viceversa, e se escludiamo inoltre l’ipotesi che alla base di queste creazioni simboliche vi sia una qualche forma di strut- tura universale della mente umana che produce ovunque gli stessi risultati, un’ipotesi che finora non è stata dimostrata in modo convincente, allora che cosa rimane? Secondo la fa- mosa espressione di Sherlock Holmes, il personaggio creato da Conan Doyle, “quando si è eliminato l’impossibile, quel- lo che rimane, per quanto improbabile, deve essere la verità”17.

Seguendo questa massima, l’ipotesi che rimane, dopo aver scartato le varie teorie inverificabili o impossibili, per quanto sia improbabile e difficile da comprovare, è quella di un nucleo originario mitico-simbolico, dal quale sono stati sviluppati i vari rituali, risalente ad un’epoca molto antica, per la pre- cisione all’epoca paleolitica, prima che gruppi di cacciatori cominciassero a trasferirsi dal Vecchio al Nuovo Mondo, in

16. Conversazione con William Fenton del 19 dicembre 1968, riportata da Fenton 1987,

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