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La cerimonia d’inverno sulla Costa del Pacifico

Anche tra i popoli della Costa di Nord-ovest, la stagione in- vernale costituiva un periodo sacro, destinato alle attività ce- rimoniali. Durante l’inverno si pensava che gli spiriti si avvi- cinassero agli insediamenti umani e fosse più facile stabilire una comunicazione tra mondo umano e mondo invisibile. D’altra parte, l’inverno era un periodo di ridotte attività eco- nomiche, in cui le scorte di cibo accumulate durante i mesi estivi consentivano di dedicare la maggior parte del tempo alle danze e alle pratiche rituali.

Durante le sue ricerche presso il villaggio dei Kwakiutl di Fort Rupert all’estremità settentrionale dell’isola di Vancou- ver, nel 1893-94, Franz Boas poté assistere allo svolgimento delle cerimonie invernali che caratterizzavano il lungo pe- riodo rituale chiamato tseka, termine che sembra indicare il concetto di “agire” e pertanto di “rendere manifesto il potere degli spiriti” (Holm 1990, p. 378). Il passaggio da una dimen- sione all’altra della vita comunitaria era indicata da una serie di rappresentazioni simboliche che segnalavano una vera e propria trasformazione della società. L’inizio della stagione

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invernale significava il temporaneo abbandono delle normali affiliazioni sociali secondo i legami famigliari e parentali, la gerarchia di rango e la discendenza. Gli individui prendeva- no altri nomi rispetto a quelli utilizzati nella vita ordinaria, derivanti dalla partecipazione di ciascuno a determinate so- cietà cerimoniali, tra le quali le più importanti erano quelle che venivano chiamate le Società del Cannibale (hamatsa e

hamshamtsas) (Boas 1897).

La cerimonia comprendeva un numero vastissimo di atti- vità e pratiche rituali, ma soprattutto danze mascherate, nel corso delle quali i partecipanti impersonavano gli antenati del gruppo di parentela e gli spiriti che avevano donato loro il potere nell’epoca delle origini, riattualizzando così la co- municazione tra il mondo degli umani e il mondo degli spiri- ti che caratterizzava l’epoca mitica. Al centro di queste attività rituali si collocava l’iniziazione dei nuovi membri alle diverse società cerimoniali. L’iniziazione dell’hamatsa (il Danzatore Cannibale) costituiva una delle principali componenti intor- no a cui ruotava la cerimonia invernale dei Kwakiutl. Un ruolo del tutto simile era svolto tra i Nootka dalla Società del Lupo, i cui membri seguivano un procedimento iniziatico analogo a quello dei neofiti alla Società del Cannibale tra i Kwakiutl (Ernst 1952).

In entrambi i casi, i giovani che dovevano essere affiliati alla Società sparivano improvvisamente e si credeva che fosse- ro stati rapiti da uno spirito. Nel caso dei Kwakiutl, si trattava dello Spirito Cannibale (Baxbakualanuxsiwae), il “Cannibale all’estremità settentrionale del mondo”, un essere che viveva all’estremo Nord, al margine del mondo, in una terra bosco- sa caratterizzata da tenebre, freddo e morte. Qui gli iniziati si credeva venissero trasportati durante la loro iniziazione, restando per un certo tempo nel mondo dello Spirito Canni- bale e dei suoi aiutanti, enormi uccelli dal lungo becco, che si nutrivano di cadaveri. Durante il loro soggiorno nella foresta, gli iniziati venivano “posseduti” dallo Spirito Cannibale, e ne acquisivano le caratteristiche “selvagge”, la fame incon- tenibile, la voracità, la ferocia, il desiderio di carne umana. Al loro ritorno, questi iniziati erano dominati dalla furia del Cannibale e dovevano essere pacificati attraverso una serie di danze e di pratiche rituali, che avevano lo scopo di ricon- durre l’iniziato nel novero della società umana. Al termine di

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questa procedura cerimoniale, l’iniziato, finalmente acquie- tato e “addomesticato”, veniva rivestito con gli ornamenti di cedro che simboleggiavano l’appartenenza ormai definitiva alla prestigiosa Società del Cannibale (Comba 1992).

Tra i protagonisti della Cerimonia d’Inverno dei Kwakiutl compariva il “Danzatore Folle” (nulmal ), che si distingueva per un comportamento particolarmente violento: lanciava pietre contro gli spettatori, rompeva o distruggeva qualsiasi oggetto gli capitasse a tiro, in una vera esplosione di furia distruttiva e incontrollata. Ma, d’altra parte, i Danzatori Folli erano anche considerati come i custodi del buon andamento della cerimonia ed erano incaricati di punire coloro che in qualche modo offendevano, con un comportamento scorret- to, il Danzatore Cannibale (hamatsa). Il danzatore nulmal era iniziato da esseri spirituali misteriosi, chiamati atlasemk, che abitavano un’isola galleggiante sulle acque di un lago, nel profondo della foresta. Colui che era stato iniziato da questi esseri ritornava dalla foresta in uno stato di vera e propria “pazzia”. Il comportamento essenzialmente “anti-sociale” del nulmal è descritto con grande vivacità nel racconto leg- gendario della prima iniziazione di un uomo da parte degli

atlasemk. Costui ritornò al villaggio esausto e “pazzo” dopo

il periodo di permanenza nella foresta: dal suo naso colava una gran quantità di muco, che egli inghiottiva e si spalmava sul corpo; urinava e defecava in casa e solo dopo un certo tempo si riuscì a ricondurlo a un comportamento normale (Boas 1897, pp. 468-469). Il grande naso umido è una carat- teristica infatti delle maschere indossate dai danzatori nulmal, le quali mostrano talvolta un naso prominente, talaltra un naso schiacciato, che ricorda un muso animale, forse per rappresentare le caratteristiche mostruose degli atlasemk. La sporcizia e la trasandatezza sono da ricollegarsi alla loro follia distruttiva, in quanto sono modalità di comportamento che contrastano con le norme e i costumi che reggono la vita sociale ordinaria (Comba 1992, pp. 121-125).

La Società del Cannibale (Hamatsa) costituiva la più im- portante tra le società cerimoniali dei Kwakiutl e svolgeva una funzione essenziale durante le celebrazioni della stagione invernale. Il Danzatore Cannibale personificava lo Spirito Cannibale (Baxbakualanuxsiwae), il “Cannibale al Margine Settentrionale del Mondo”, e l’iniziazione dei nuovi membri

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che entravano a far parte della Società costituiva il momento centrale della Cerimonia d’Inverno. Gli iniziati apparteneva- no alle famiglie più autorevoli e prestigiose della comunità ed ereditavano tale prerogativa per discendenza, ma dove- vano sottomettersi a una procedura rituale durante la quale si pensava che venissero rapiti dallo Spirito Cannibale e tra- sportati nel profondo della foresta, dove rimanevano isolati per un certo tempo.

Al ritorno da questo periodo di segregazione rituale, gli iniziati si presentavano alle soglie del villaggio, con il corpo coperto di rami di abete, e si comportavano come se fossero posseduti dallo Spirito Cannibale: si mostravano dominati da una “furia” selvaggia che li rendeva feroci e affamati, distrug- gevano oggetti su cui potevano mettere le mani e cercavano di attaccare gli astanti o di azzannarli. Gli iniziati intonavano canti che esprimevano il desiderio di mangiare carne uma- na e di ingoiare vivi altri esseri umani. Attraverso una serie di canti, danze e azioni rituali, essi venivano gradatamente pacificati e ricondotti alla normalità, venivano sottoposti ad alcune pratiche purificatorie e alla fine integrati nella Società come nuovi membri a pieno titolo.

Lo Spirito Cannibale, che possedeva l’iniziato durante il suo periodo di isolamento nella foresta, era descritto come un essere inquietante e mostruoso, che viveva al margine del mondo, nell’estremo Nord, una località associata all’oscurità, all’inverno e alla morte. Le sue caratteristiche ne fanno una sorta di immagine capovolta dell’umanità: selvaggio, canni- bale, dominato da una furia incontrollabile e da una voracità insaziabile. Tuttavia, dal contatto con questa entità pericolosa e temibile, l’iniziato otteneva nuovi poteri e qualità, che gli consentivano di comunicare con gli animali e di poter imper- sonare gli spiriti, sussumendone le caratteristiche, attraverso l’uso di maschere durante le celebrazioni della Cerimonia d’Inverno, poteri che gli stessi Kwakiutl consideravano simili a quelli degli sciamani (Boas 1897; Comba 1992).

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