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4. Indici dei contenut

4.2. kefavlaion, kefavlaia

Tavole dei contenuti e prographai presentano forti elementi di analogia, e talvolta persino di sovrapposizione, con i cosiddetti kephalaia.

Il termine kefavlaion ricorre variamente all'interno del materiale di corredo ai testi letterari105. Al singolare, il termine si presta a indicare il contenuto essenziale della tragedia esposto in forma nominale in un'apposita sezione delle hypotheseis di stampo aristofaneo106:

arg. Ant. II Pearson: to; de; kefavlaiovn ejsti tavfo" Poluneivkou", jAntigovnh" ajnaivresi", qavnato" Ai{mono", kai; movro" Eujrudivkh" th'" Ai{mono" mhtrov".

arg. OT III Pearson: to; kefavlaion de; tou' dravmato" gnw'si" tw'n ijdivwn kakw'n Oijdivpodo", phvrwsiv" te tw'n ojfqalmw'n, kai; di jajgcovnh" qavnato" jIokavsth".

arg. Prom.: to; de; kefavlaion aujtou' ejsti Promhqevw" devsi".

Al plurale, invece, il termine indica l'esposizione dei contenuti, discorsiva e non nominale, collocata in testa ai libri 2-4 delle Argonautiche di Apollonio Rodio107, ma designa anche lo schematico indice dei contenuti che troviamo in testa a ciascun libro dei Placita philosophorum pseudo-plutarchei108. Più ampi e meno schematici, ma rispondenti alla stessa esigenza di indicizzazione dei contenuti, i kephalaia premessi al Protrepticus di Giamblico. Il primo dei kefavlaia tou' deutevrou lovgou, ad esempio, recita:

105 La più antica attestazione del termine kefavlaia col valore di "punti salienti" di un racconto è in Pindaro. Nella Pitica quarta (v. 116) il termine è usato da Giasone in riferimento ai punti salienti della propria storia, che ha appena raccontato brevemente: ajlla; touvtwn me;n kefavlaia lovgwn i[ste. Questo uso si riscontra anche in Menandro: al v. 45 del Dyskolos la formulazione tau'tÆ ejsti; ta; kefavlaia conclude la sintetica esposizione della situazione di partenza condotta dal dio Pan. Ancora in Polibio, la frase h\n de; kefavlaia tw'n gegrammevnwnintroduce l'elenco nominale dei contenuti essenziali di una lettera di Attalo all'assemblea ateniese (15.26.5-6). Il termine è impiegato anche da Isocrate nella descrizione della propria tecnica compositiva (15.68): ajpoluvsa" ga;r ajpo; tou' protevrou kai; cwri;" w{sper ta; kalouvmena kefavlaia poihvsa" peirw'mai dia; bracevwn e{kaston w|n sumbouleuvw fravzein, "tento di esporre in poche parole ciascuno dei consigli che do, staccandolo e separandolo dal precedente, come i cosiddetti kephalaia" (si noti che la formulazione ta; kalouvmena kefavlaia indica l'appartenenza del termine a una terminologia retorica già consolidata).

106 Anche uJpovqesi" è usato in argumenta dello stesso tipo come equivalente di to; kefavlaion: v. infra, p. 54.

107 Questi riassunti sono reperibili nell'edizione degli scoli (Wendel 1935).

108 Ogni pinax si apre con la dicitura to; (numero del libro), ejn w|/ kefavlaia tavde, ed è costituito da una brevissima indicazione del contenuto di ciascun capitolo, preceduta da un'indicazione numerica (ad esempio, per il primo libro: a'. Tiv ejstin hJ fuvsi". b'. Tivni diafevrei ajrch; kai; stoicei'a). I pinakes sono inclusi nell'edizione di Mau 1971.

Tiv" hJ ajrch; kata; Puqagovran th'" eij" paideivan kai; filosofivan eijsagwgh'", kai; pw'" koinotavth ejsti; kai; eij" pavnta ta; eij" filosofivan ajgaqa; diateivnousa, tiv" te aujth'" hJ tavxi" kai; o{ti trich/' diairei'tai, kai; pw'" ajei; proveisin ejpi; to; kaqarwvteron109.

Dalla prefazione delle Noctes Atticae apprendiamo che anche Aulo Gellio, in pieno II secolo d.C., aveva previsto l'inserimento, in testa alla propria opera, di veri e propri indici dei contenuti, che chiama capita rerum:

Capita rerum, quae cuique commentario insunt, exposuimus hic universa, ut iam statim declaretur, quid quo in libro quaeri invenirique possit.

Questi capita ci sono giunti nei manoscritti delle Noctes ciascuno dislocato in testa al relativo brano, con la sola eccezione del testimone più antico, il palinsesto Vat. Pal. 24, del IV- V secolo d.C., che li riporta dopo la prefazione, com'era nelle intenzioni di Gellio110. Essi sono costituiti ciascuno da una frase nominale o, più spesso, da una interrogativa indiretta:

I. Quali proportione quibusque collectionibus Plutarchus ratiocinatum esse Pythagoram philosophum dixerit de comprehendenda corporis proceritate, qua fuit Hercules, cum vitam inter homines viveret.

II. Ab Herode Attico C. V. tempestive deprompta in quendam iactantem et gloriosum adulescentem, specie tantum philosophiae sectatorem, verba Epicteti Stoici, quibus festiviter a vero Stoico seiunxit volgus loquacium nebulonum, qui se Stoicos nuncuparent.

VIII. Historia in libris Sotionis philosophi reperta super Laide meretrice et Demosthene rhetore.

Anche il piano della Historia Naturalis di Plinio il Vecchio prevede capita raggruppati all'inizio dell'opera, subito dopo la prefazione: il lungo indice costituisce di fatto il primo libro.

Una prima differenza tra hypothesis e kephalaion in contesto editoriale sembra dunque risiedere essenzialmente nel formato, ma una significativa eccezione è costituita dai kephalaia delle Argonautiche, che hanno un andamento discorsivo. Di fatto nella tradizione manoscritta i due termini appaiono talvolta interscambiabili (come nel caso di Apollonio Rodio e delle hypotheseis aristofanee)111. Un elemento cruciale di differenziazione, al di là di possibili

109 Testo e traduzione francese di questi kephalaia sono reperibili nell'edizione Belles Lettres del Protrettico (Des Places 1989).

110 Si vedano Marache 1967: xliv e Marshall 1990: v-vi.

interferenze reciproche112, sembra risiedere nel fatto che mentre nel caso dei kephalaia l'enfasi è sui contenuti effettivi, nel caso della hypothesis il riferimento è alla materia di base, che può includere anche fatti che l'opera presuppone ma non tratta. Ciò è in linea con la maggiore diffusione dei kephalaia per trattati di notevole estensione e di argomento miscellaneo, oppure per scritti tecnici o storiografici (Gellio, Plinio): in questi casi sono i contenuti stessi a prestarsi ad una schematizzazione "ad elenco", e anzi il lavoro di indicizzazione appare necessario per orientare il lettore e indirizzarlo nella fruizione dell'opera. Nel caso delle opere poetiche è indubbiamente più spiccata l'esigenza di conoscere antefatti e situazione di partenza, mentre l'indicizzazione schematica dei contenuti appare nel complesso meno urgente113. Lo scarso successo dei kephalaia aristofanei nella tradizione manoscritta euripidea, di contro al più massiccio impiego delle hypotheseis narrative, sembrerebbe proprio indicare, nel caso delle tragedie di Euripide, la necessità di un'ampia informazione preliminare (su antefatti e fatti drammatizzati) più che di uno schematico orientamento tra gli effettivi contenuti dell'opera.

prologo è indicata con il termine argumentum (che corrisponde al greco hypothesis) in Plauto e Terenzio (Plaut. Amph. 51, 96 , Merc. 2, Mil. Gl. 85, Men. 5, Ter. Andr. 6, Adelph. 22), mentre Menandro usa, con lo stesso significato, il termine kefavlaia (Dysk. 45).

112 Un'osservazione di carattere lessicografico non sembra qui oziosa. Esichio include iJstoriva e periochv tra le glosse di pivnax (s.v. p 2313), e uJpovqesi" tra le glosse di periochv (s.v. p 1795): si tratta di un chiaro segno di equivalenza, non formale ma sostanziale, tra le "tavole dei contenuti" e i "riassunti dei contenuti".

113 Negli scoli ai testi drammatici, l'uso del termine kefavlaion tradisce solitamente una lettura retorica di specifici passi: in questi casi il kevfalaion indica la sostanza di un fatto esposto all'interno del discorso di un personaggio, o i punti salienti di esso, ma non ha a che fare con la trama del dramma: in sch. MAB

Phoe. 1339 si rileva ad esempio la tipica prassi euripidea di far precedere all'esposizione di un fatto un

singolo verso contente il relativo kefavlaion (sunhvqw" pavlin Eujripivdh" proeipw;n ejn eJni; stivcw/ th'" sumfora'" to; kefavlaion katastatikwvteron u{steron dihgei'tai to; pa'n), e una procedura analoga è individuata nell'Aiace di Sofocle (sch. Aj. 216 to; kefavlaion tou' kakou' prw'ton ejktivqetai). Spesso inoltre gli scoli sofoclei individuano ed elencano i kephalaia dei discorsi dei personaggi, evidentemente analizzati dal punto di vista del retore: si vedano in particolare sch. Aj. 1052a prw'ton kefavlaion, o{ti ejpivboulo" h\n tw'n ïEllhvnwn. deuvteron, o{ti ajpeiqhv", sch. El. 558 wJ" rJhvtwr diei'len eij" kefavlaia to;n lovgon: kai; prw'ton kefavlaion o{ti oujde;n calepwvteron touvtou ei[ ge dikaivw", deuvteron o{ti..., sch,El. 998 tou'to deuvteron kefavlaion, sch. OC 715 peri; ta; triva tau'ta kefavlaia mavlista

diatrivbousi tou' ejgkwmivou, o{ti eu[foro" hJ cwvra kai; o{ti iJppikoi; oiJ ÆAqhnai'oi kai; o{ti nautikoiv. Cfr. anche hyp. Aesch. Ag. eJkavteron diiscurizovmenon peri; th'" ajnairevsew" eJni; kefalaivw/, th;n me;n th'/ ajnairevsei ÆIfigeneiva", to;n de; tai'" tou' patro;" Quevstou ejx ÆAtrevw" sumforai'". Una procedura analoga si osserva negli scoli omerici: cfr. ad esempio sch. bT Il. 9.230-1 to; prw'ton kefavlaion to;n kivndunon tw'n new'n perievcei, 252b tou'to deuvteron kefavlaion, 261a trivton kefavlaion to; peri; tw'n dwvrwn, 300a tevtarton kefavlaion e ancora 12.9-12 ejn bracei' to; kefavlaion th'" suggrafh'" ejxevqeto.

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