• Non ci sono risultati.

Prographai e proektheseis in Polibio

4. Indici dei contenut

4.1. Prographai e proektheseis in Polibio

In data più alta, la pratica di far precedere ai propri scritti un'introduzione che ne anticipi i contenuti, nella forma di un indice o di una prefazione, sembrerebbe testimoniata da un frammento dell'inizio dell'XI libro di Polibio (11.1a.1-5)96:

ÒIsw" dev tine" ejpizhtou'si pw'" hJmei'" ouj prografa;" ejn tauvth/ th/' bivblw/, kaqavper oiJ pro; hJmw'n, ajlla; kai; proekqevsei" kaqÆ eJkavsthn ojlumpiavda pepoihvkamen tw'n pravxewn. ejgw; de; krivnw crhvsimon me;n ei\nai kai; to; tw'n prografw'n gevno": kai; ga;r eij" ejpivstasin a[gei tou;" ajnaginwvskein qevlonta" kai; sunekkalei'tai kai; parorma/' pro;" th;n ajnavgnwsin tou;" ejntugcavnonta", pro;" de; touvtoi" pa'n to; zhtouvmenon eJtoivmw" e[nestin euJrei'n dia; touvtou: qewrw'n de; dia; polla;" aijtiva" kai; ta;" tucouvsa" ojligwrouvmenon kai; fqeirovmenon to; tw'n prografw'n gevno", ou{tw" kai; dia; tau'ta pro;" tou'to to; mevro" kathnevcqhn: th'" ga;r proekqevsew" ouj movnon ijsodunamouvsh" th'/ prografh'/, ajlla; kai; plei'ovn ti dunamevnh", a{ma de; kai; cwvran ejcouvsh" ajsfalestevran dia; to; sumpeplevcqai th/' pragmateiva/, touvtw/ ma'llon ejdokimavsamen crh'sqai tw/' mevrei parÆ o{lhn th;n suvntaxin plh;n e}x tw'n prwvtwn bublivwn: ejn ejkeivnoi" de; prografa;" ejpoihsavmeqa dia; to; mh; livan ejnarmovzein ejn aujtoi'" to; tw'n proekqevsewn gevno".

Forse alcuni si chiederanno perché non abbiamo scritto prographai in questo libro come i nostri predecessori, ma proektheseis degli eventi per ciascuna olimpiade. Io ritengo utile anche il genere delle prographai, perché attira l'attenzione di chi vuol leggere e lo invita e lo incita alla lettura. Inoltre, grazie ad esso è possibile reperire facilmente tutto ciò che si cerca. Tuttavia, vedendo che per varie ragioni e di poco conto, il genere delle prographai è

96 Il testo è riportato secondo l'edizione di Weil 1990. Questo frammento ci è conservato dal palinsesto Vat.

gr. 73, del X secolo, contenente la sezione peri; gnwvmwn della raccolta di estratti fatta confezionare da

Costantino VII Porfirogenito. Questa circostanza lascia aperta la possibilità di un rimaneggiamento testuale, e ha incoraggiato varie proposte di correzione, per le quali rimando all'apparato di Weil.

trascurato e facile a corrompersi, sono stato indotto per queste ragioni ad adottare l'altro genere: poiché la proekthesis non soltanto ha lo stesso potere rispetto alla prographe, ma ha un potere addirittura maggiore, e nello stesso tempo occupa un posto più sicuro perché fa parte della trattazione, ho preferito servirmene in tutto il trattato eccetto per i primi sei libri: in quelli ho scritto prographai perché il genere della proekthesis non era molto adatto.

I termini prographe e proekthesis, che ho lasciato volutamente non tradotti, designano due possibili modalità di introduzione dei singoli libri, entrambe adatte ad invogliare alla lettura e a facilitare il reperimento dei contenuti desiderati (pa'n to; zhtouvmenon eJtoivmw" e[nestin euJrei'n dia; touvtou). Dalla struttura dei due termini e dalla preferenza di Polibio per la proekthesis, che fa parte della trattazione e dunque è più protetta della prographe dai fenomeni che Polibio descrive con i verbi ojligwrei'n e fqeivrein, possiamo dedurre che la prographe aveva la forma di un indice esterno alla trattazione, mentre la proekthesis doveva essere una breve esposizione iniziale, incorporata nel testo. Nel descrivere gli svantaggi della prographe, Polibio sembra alludere proprio ai rischi che gli elementi paratestuali corrono nella pratica della conservazione o della copia dei libri, come dimostra per contrasto l'uso dell'espressione cwvran ejcouvsh" ajsfalestevranad indicare la più sicura posizione della proekthesis, 'protetta' dal suo essere un elemento interno al testo. Anche la descrizione icastica delle prographai che attirano e attraggono il lettore sembra tratteggiare un fondo librario nel quale i libri ingaggiano una gara per conquistare chi si aggira tra i volumi ed è attirato alla fine dal pregio, dalla vastità, dall'utilità dei contenuti descritti nelle prographai.

L'assenza di prographai di questo tipo nell'opera polibiana e la presenza invece, nei primi libri dell'opera, di varie introduzioni volte a illustrare i contenuti delle singole sezioni, hanno reso estremamente controversa l'interpretazione del passo sopra citato. Segnalo in particolare la trattazione di Pédech (1964: 509-10), che tenta di confutare la tesi di Laquer (1911: 176-88) secondo cui le prographai sono elementi paratestuali, in favore dell'ipotesi che si tratti di vere e proprie introduzioni, collocate all'inizio dei libri (ad esempio i prologhi dei primi due libri e del quarto), distinte dalle proektheseis perché queste ultime precederebbero la trattazione di ciascuna olimpiade, senza essere dunque necessariamente collocate in testa ai libri stessi.

luogo, secondo lo studioso gli effetti della prographe descritti da Polibio farebbero riferimento all'efficacia retorica dei proemi, certamente estranea a semplici liste di contenuti. Pédech cita a tal proposito un passo di Luciano, de hist. conscr. 53, che indica due funzioni dei proemi, quella di attirare l'attenzione (prosochv) di chi ascolta, sottolineando l'importanza e l'utilità dell'argomento trattato, e quella di rendere il discorso più comprensibile (eujmaqh' kai; safh') mediante l'esposizione delle cause e la rassegna dei punti salienti del discorso (ta;" aijtiva" proektiqevmeno" kai; periorivzwn ta; kefavlaia tw'n gegenhmevnwn). A ben vedere, questa è proprio la duplice funzione della proekthesis (come mostra l'uso del participio proektiqevmeno")97, e certamente Luciano non sta descrivendo prographai. L'analogia tra questa descrizione e la funzione della prographe descritta da Polibio però non sorprende: è lo stesso storico a sottolineare che prographe e proekthesis hanno lo stesso potere (ijsodunamouvsh"), ma non è affatto detto che questo potere debba essere legato in entrambi i casi a un qualche accorgimento retorico: sia semplici tavole dei contenuti che prefazioni più articolate possono svolgere la funzione di attirare e guidare il lettore, semplicemente indicando la materia trattata.

La seconda obiezione di Pédech riguarda i participi ojligwrouvmenon e fqeirovmenon. Secondo lo studioso, con queste parole Polibio intenderebbe riferirsi al fatto che il genere delle prographai è "dédaigne et corrompu" dall'abuso della retorica. Ma in questo caso non è chiaro il nesso tra l'abuso della retorica e la posizione fisica della prographe alla quale lo storico fa riferimento poco dopo. Inoltre, secondo Polibio questo processo negativo che coinvolge le prographai avviene dia; polla;" aijtiva" kai; ta;" tucouvsa". Quest'ultimo participio è frequente in Polibio per indicare ciò che è frutto del caso e non di selezione, e di conseguenza appare trascurabile o poco importante98: nel caso specifico mi sembra chiaramente alludere a cause accidentali, che certamente non si addicono a spiegare la deriva della retorica, mentre appaiono particolarmente in linea con la descrizione di danni materiali.

97 Si noti comunque che i due aspetti indicati nel passo lucianeo sono individuati quali funzioni del proemio già ben prima di Luciano: si veda ad esempio Rhet. Alex. 29, dove è usato proprio proektiqevnai.

98 Cfr. Plb. 1.25.6 peri; mikra;" kai; ta;" tucouvsa" pravxei" katevtriyan tou;" crovnou", 4.76.5 ta;" cei'ra" prosevfere dia; tw'n uJphretw'n ejpi; tai'" tucouvsai" aijtivai", 5.90.7 ejpi; mikroi'" kai; toi'" tucou'si nu'n ta;" megivsta" kai; kallivsta" proi>evmenai timav", 5.98.3 eijkh/' kai; toi'" tucou'sin ajnqrwvpoi" ejgceirivzousi.

Infine, se la cwvra meno sicura occupata dalle prographai fosse semplicemente la posizione iniziale del libro, non dovrebbero trovarsi in Polibio proektheseis in posizione incipitaria, ma nella rassegna delle proektheseis presenti nell'opera polibiana Pédech stesso include anche le introduzioni al III e al XIV libro.

Stando all'ultimo periodo del passo, dovremmo dunque avere prographai per i primi sei libri, e non proektheseis, in virtù dei caratteri intrinseci di questi libri. Tenendo conto, come già raccomandava Laquer (1911: 180), non di generiche proektheseis, che, come vedremo a breve, abbondano tra i primi libri, bensì delle proekqevsei" kaqÆ eJkavsthn ojlumpiavda, bisognerà concordare con Walbank (1967: ad loc.) nel ritenere che esistano particolari ragioni per cui i primi sei libri ne sono sprovvisti.

Il primo libro contiene un'esplicita proekthesis, che si configura però non come una proevkqesi" katÆ ojlumpiavda, ma come un sommario introduttivo della cosiddetta prokataskeuhvcostituita dai primi due libri (1.13.1-5):

ajfemevnou" de; touvtwn levgein w{ra peri; tw'n prokeimevnwn, ejpi; bracu; kai; kefalaiwdw'" proekqemevnou" ta;" ejn th'/ prokataskeuh/' pravxei". Ma lasciando da parte questi discorsi, è tempo di parlare del nostro argomento, esponendo in via preliminare, brevemente e per sommi capi, gli avvenimenti inclusi in questa introduzione99.

Anche il terzo libro contiene una chiara proekthesis, che però non è katÆ ojlumpiavda, perché riassume i contenuti dell'intera opera (3.1.7: ajrivsthn hJgouvmenoi th;n ejx ajmfoi'n ejpivstasin kai; qevan ajkovlouqon toi'" eijrhmevnoi" poihsovmeqa th;n proevkqesin th'" auJtw'n pragmateiva" – promessa mantenuta in 3.2-3.3)100. Il sesto libro, sulla costituzione romana, ha un esplicito carattere digressivo, e dunque anch'esso non si presta all'impiego di una proevkqesi" katÆojlumpiavda.

I libri IV-V, pur contenendo già l'esposizione degli eventi della centotrentanovesima

99 In 6.2.3 Polibio fa riferimento anche a un'altra proekthesis contenuta nel primo libro (ejn th'/ katabolh'/ kai; proekqevsei th'" iJstoriva"). Lo storico allude qui alla sezione introduttiva in cui ha mostrato l'importanza e la necessità dell'oggetto della propria opera: cfr. Walbank 1967 ad loc.

100 Questa sezione è ricordata come proekthesis anche in 39.8.3: boulovmeqa, prosanamnhvsante" th'" ajrch'" kai; th'" proekqevsew" h|" ejpoihsavmeqa katabalovmenoi th;n iJstorivan, sugkefalaiwvsasqai th;n o{lhn uJpovqesin.

olimpiade, non sono ancora parte della vera e propria narrazione storica, che secondo quanto Polibio dichiara nel primo libro ha inizio dalla centoquarantesima olimpiade (1.3.1-2 a[rxei de; th'" pragmateiva" hJmi'n tw'n me;n crovnwn ojlumpia;" eJkatosthv te kai; tettarakosthv) e dunque dopo il sesto libro. Sfortunatamente i resti dei libri successivi al sesto non ci hanno conservato esempi di proekqevsei" kaqÆ eJkavsthn ojlumpiavda, ma sulla base dei dati finora esaminati è logico supporre che ve ne fossero.

Dunque, l'analisi del passo in questione e l'esame della struttura dei primi libri di Polibio sembrano convergere verso la conclusione che una proevkqesi" sia un'esposizione preliminare inglobata nel tessuto testuale, laddove una prografhv, pur svolgendo la stessa funzione espositiva, sarebbe un organismo esterno al corpo del testo. Il nostro Polibio contiene esempi di proekqevsei", sebbene non di quelle proekqevsei" kaqÆ eJkavsthn ojlumpiavda che lo storico dichiara di non aver premesso ai primi sei libri, mentre non include nessun esempio di prographe: ciò appare in linea con le affermazioni di Polibio riguardo alla deperibilità di questo genere, connessa con la sua natura paratestuale.

Che Polibio abbia corredato personalmente la sua opera di elementi paratestuali come le prographai non stupisce se si guarda a quello che è l'ultimo paragrafo a noi giunto della sua opera (39.8.8):

touvtwn dh; pavntwn hJmi'n ejpitetelesmevnwn leivpetai diasafh'sai tou;" crovnou" tou;" perieilhmmevnou" uJpo; th'" iJstoriva" kai; to; plh'qo" tw'n buvblwn kai; to;n ajriqmo;n th'" o{lh" pragmateiva".

Ora che ho compiuto tutte queste cose, restano da indicare le date incluse nella storia e la quantità e il numero dei libri dell'intera opera.

La possibilità che prographe in Polibio designi un elemento paratestuale è confermata inoltre dal fatto che questo valore del termine, sebbene prevalentemente attestato a partire dal IV secolo d.C., soprattutto in autori cristiani101, ha sicuramente radici più antiche: un chiaro esempio di prographe ci è conservato da Galeno, che a proposito della composizione dei

101 Un esempio in Ioann. Chrys., Expositiones in Psalmos, PG 55, p. 183, r. 22 ss: "eij" ga;r to;n Xristo;n" oJ yalmo;" ou|to" ajnagevgraptai: dio; kai; "eij" to;n ajgaphtovn" kai; "uJpe;r tw'n ajlloiwqhsomevnwn" th;n prografh;n e[cei.

medicinali fa riferimento a un'opera di Andromaco102, di cui cita la prographe e l'incipit: Progravya" ÆAndrovmaco", stomacikai;, meta; th;n prografh;n thvnde ou{tw" h[rxato: "pro;" stomacikou;" iJera;, h/| crw'mai"103.

Inoltre, due occorrenze del nesso kata; prografhvn si registrano nell'epitome degli scritti zoologici di Aristotele confezionata da Aristofane di Bisanzio104. In due diversi passi il termine

prographe fa riferimento a una sorta di piano dell'opera al quale l'autore si attiene nel corso della trattazione:

1.42: rJhqhvsetai de; kai; touvtwn kata; prografh;n ejn tw'/ trivtw/, diovper oujk ejxeirgastevon ejn touvtw/.

1.53: rJhqhvsetai … kata; prografh;n ejn tw'/ deutevrw/, ejpigrafh-somevnw/ de; peri; tw'n zw/otokouvntwn...

Il fatto che il riferimento compaia due volte, all'interno di una frase dal carattere "stereotipato", lascia supporre che si trattasse di una prassi usuale e ben nota. Inoltre, sembra chiaro che la prographe sia stata confezionata, o quanto meno prevista, dall'autore stesso. La silloge potrebbe dunque restituirci un uso di prographai più antico di Polibio, che in effetti nel passo citato in precedenza attribuisce la pratica di scrivere prographai ad autori precedenti (oiJ pro; hJmw'n).

102 Si tratta probabilmente del figlio del più famoso Andromaco che fu medico di Nerone: cfr. Nutton 2004: 177-8.

103 Galen., De compositione medicamentorum secundum locos libri x, vol. 13, p. 127 Kuhn. Un papiro del II secolo d.C. (P. Oxy. 234) sembra offrire un esempio tangibile dell'impiego di titoli di capitolo nelle opere mediche (rr. 23-24 e 36-37). Si veda anche Albino 1962-3: 219-234.

104 Questa epitome ci è giunta come parte di una silloge bizantina, fatta realizzare nel X secolo d.C. da Costantino Porfirogenito: si veda a tal proposito Sharples 1994: 35-36. La silloge include anche materiale ricavato da altre fonti, ma il primo libro, quello in cui ricorre il nesso in questione, è costituito da estratti del solo Aristofane (una descrizione in Lampros 1885: IX-XVII). Ovviamente le modalità in cui il testo dell'epitome aristofanea ci è giunto inducono alla prudenza nella datazione di parole e nessi, ma la silloge è probabilmente una raccolta di estratti, ricopiati verbatim dalla fonte disponibile, piuttosto che una rielaborazione di materiale preesistente. Incoraggia questa conclusione il confronto di un passo del secondo libro (par. 169-172) con la prima colonna di P. Lit. Lond. 164 (II-III d.C.), che contiene lo stesso testo, fedelmente riprodotto a parte qualche variante di ordo verborum e un certo numero di corruttele: cfr. Roselli 1979: 13-16 .

Documenti correlati