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Vogliovi cominciare a parlare di tutte le grandissime meraviglie del Gran Cane, che aguale regna, che Cobray (Cublai) Cane si chiama, che vale a dire in nostra lingua “lo signore de' signori”. E certo questo nome è bene diritto, percioché questo Gran Cane è 'l

173 Calvino,Le città invisibili, p. 361. 174 Ivi, p. 373.

più possente signore di genti e di terre e di tesoro, che niuno signore che sia, né che mai fu dinanzi infino al dì d'oggi; e questo mostrerò ch'è vero in questo nostro libro, sì che ogni uomo ne sarà contento, e di questo mostrerò ragione. 175

Tutto il Milione è pervaso dall'esaltazione del potere di Kublai, con frasi che ne evocano l'influenza su un regno vastissimo nella maggior parte dei capitoli: “La gente sono chiamati Metrucci (Mecrit) e sono selvatica gente. Egliono vivono di bestie, e il più di cervi, e sono al Gran Cane”176; “A capo di queste cinque giornate, l'uomo trova

un reame, lo quale ha nome Ercuil (Erginul) ed è al Gran Cane”177; “la maestra città è

chiamata Calatia (Calacian), la gente adorano gl'idoli, e havvi tre chiese de' cristiani nestorini, e sono al Gran Cane”178; “Tenduc è una provincia verso levante, ove hae

cittadi e castella assai, e sono al Gran Cane”179.

I capitoli dal LXIV al LXXXIX sono interamente dedicati alla sua persona, alla sua discendenza, alle sue imprese militari e alla politica amministrativa. L'imperatore descritto da Polo ama vivere nello sfarzo, circondato da donne diverse ogni notte; allo stesso tempo, si dimostra magnanimo con i suoi sudditi, i quali devono comunque tener conto dell'investitura divina del loro sovrano:

Io vi dico che agli prodi diede che, s'egli era signore di cento uomeni, egli lo fece di mille, e faceali gran doni di vassellamenta d'ariento e di tavole da signore […]. E in tutte queste tavole è iscritto uno comandamento, che dice così: “Per forza del grande Iddio e per la grazia c'ha donata al nostro imperadore, lo nome del Gran Cane sia benedetto, e

175 Polo, Il Milione, pp. 71-72. 176 Ivi, p. 62.

177 Ivi, p. 64. 178 Ivi, p. 65. 179 Ivi, p. 66.

tutti quelli che non ubideranno siano morti e distrutti”180

A partire da questa fisionomia, Calvino sceglie alcuni particolari per il Kublai del

Marco Polo. L'imperatore, ricoprendo quasi il ruolo di protagonista del Milione, gode di

una caratterizzazione molto più ricca di quella di Polo. Pertanto, sono bastate poche scelte mirate, unite a riferimenti storici e letterari su altri sovrani, per sottolinearne la regalità:

Altro personaggio che va messo in rilievo è Kublai Khan, questo sovrano perfetto, dalla assoluta saggezza e gusto per i piaceri della vita, ma – e qui interveniamo noi – malinconico e con sfumature incrinature psicologiche inafferrabili e ambigue, qualcosa tra una disperazione metafisica e una segreta perversità d'animo dominata dalla fisica e una segreta perversità d'animo dominata dalla ragione. Ne voglio fare un tipo di nobiltà e malinconia shakespeariana, un principe ancor giovane, bello raffinato, con tristezza metafisica, tipo il Duca (se non sbaglio) della Dodicesima notte e anche un po' Marco Aurelio. Va a cavallo con una tigre sulla sella e un falcone in mano. 181

Gli attributi che concorrono a evocare la regalità di Kublai non si riferiscono alla forza e alla ricchezza del sovrano, ma alla ricchezza intellettuale e alla complessità psicologica ed emotiva.

Nel Marco Polo, Kublai dimostra lealtà con gli altri sovrani e da questi e rispettato; riconosce il valore di Marco e lo educa paternamente; stoico e altero nell'enunciare le sue sentenze, legge nelle stelle i precetti su cui basa la sua filosofia:

180 Ivi, pp. 77-78.

Il Khan ha chiamato Kocacin nella specola sulla cima della torre, dove egli studia astronomia, tra mappe zodiacali, sestanti, telescopi.

[…] – Anche le stelle, – dice il Khan, – non tracciano in cielo altro che le linee di una complicata geometria. Pure in essa è contenuto tutto quello che la vita può darci, il passato e il futuro, il male e il bene, tutte le strade che seguiamo sulla terra. 182

Anche nel Milione il Kan si serve dell'astrologia, ma per fini prettamente militari e di gestione amministrativa, ad esempio per evitare ribellioni da parte della popolazione

183. L'osservatorio e il planisfero sono strumenti attraverso i quali, ne Le città invisibili,

potrà osservare tutto il suo impero: “- Qualsiasi paese le mie parole evochino intorno a

te, lo vedrai da un osservatorio situato come il tuo”184; “Il Gran Kan possiede un atlante i cui disegni figurano l'orbe terracqueo tutt'insieme e continente per continente, i confini dei regni più lontani, le rotte delle navi, i contorni delle coste, le mappe delle metropoli più illustri e dei porti più opulenti”185.

La figura dell'imperatore è il vero punto di sutura tra Milione, Marco Polo e Le

città invisibili. I suoi tratti di magnificenza regale vengono rielaborati da Calvino per

ottenere un personaggio malinconico e inquieto, insoddisfatto per le vittorie sui nemici e per la vastità delle sue conquiste:

Ogni volta che un nemico vien meno è come un vuoto che s'apre nell'ordine sempre provvisorio delle nostre vite. Per noi regnanti le inimicizie contano più delle amicizie,

182 Calvino, Marco Polo, p. 570.

183 “E 'l Gran Cane trovando per l'astrolomia che questa città si dovea rubellare, e dare gran briga allo

imperio, e però il Gran Cane fece fare questa città presso a quella, che non v'è in mezzo se none un fiume; e fece cavare la gente di quella città e mettere in quell'altra, la quale è chiamata Camblau (Taidu)”, Polo, Il Milione, p. 83.

184 Calvino, Le città invisibili, p. 377. 185 Ivi, p. 474.

ahimè. […] Un nemico distrutto lascia un vuoto. E si resta soli.186

Inoltre, Kublai dimostra un carattere diametralmente opposto alla spregiudicatezza dell'imperatore descritto nel Milione. Innamorato segretamente di Kocacin, figlia del defunto imperatore del Catai, si dimostra ambiguo con lo stesso Marco, che invia nelle ambasciate per allontanarlo dalla principessa:

C'è qualcosa di ambiguo nel contegno di Kublai, che i due innamorati si ritrovano sempre tra i piedi. Pare che anche lui ami Cocacin. Perché non la sposa allora e non la sistema tra le sue numerose mogli? Una promessa che egli ha fatto al letto di morte dell'imperatore cinese vinto vuole che egli la educhi e rispetti come figlia. […] Il fatto è che se lui non la prende non vuole che la prenda neanche Marco. E manda Marco in lontane ambascerie. (Perché si fida di lui più che di chiunque altro, certo, come ambasciatore, ma anche, si direbbe, per tenerlo lontano da Cocacin.) 187

Lo stato depressivo in cui versa Kublai lo conduce al suicidio, invenzione letteraria di Calvino. Nel Milione, Polo prova ancora a calcolare l'età del Kan, ignorando che quest'ultimo era morto due anni prima: “Egli è, ch'egli cominciò a regnare, quarantadue anni infino a questo punto, che corre mille dugentonovantotto anni, e puote avere ottantacinque anni”.188

Il personaggio di Kublai è infatti costruito su un'acuta, anche se trattenuta, quasi raggelante, percezione del negativo. Al culmine del suo potere l'esistenza gli ha rivelato il suo fondo di vuoto, morte, violenza. La sconfitta del nemico più pericoloso e antico

186 Calvino, Marco Polo, p, 540.

187 Lettera a Suso Cecchi D'Amico (1960), in Calvino, Lettere (1940-85), p. 661. 188 Polo, Il Milione, p. 72.

acuisce il suo senso di solitudine, il potere si erge sul sangue, la presenza della morte è compagnia costante.

Calvino ha tratteggiato da poco la fisionomia di un grande sovrano, nel Cavaliere

inesistente, e con una mossa che gli è congeniale sceglie una strada rappresentativa

differente: il ritratto di Kublai è una specie di antitesi di quello di Carlo Magno, dipinto come un re vecchio, disincantato e un po' confuso, nel quale la somma di esperienze ha sedimentato un abito di bonario cinismo. 189

Nel Marco Polo, Marco invece apprende la notizia del suicidio, con conseguente perdita del suo lasciapassare per l'Oriente.

Il Kublai de Le città invisibili ha un carattere sconsolato e sofferente. Dibatte animosamente con il suo ambasciatore, ma soffre talvolta di un “vapore ipocondriaco”190 che lo rende debole e burbero. Per proseguire con i suoi resoconti,

Marco deve “secondare l'umor nero del sovrano”191.

Nell'opera del 1972 il rapporto tra Marco e Kublai cambia radicalmente. Più importante dell'evoluzione dei singoli personaggi è infatti la dinamica dei rapporti di forza che si instaura tra i due.

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