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I cenni biografici sull'esploratore veneziano derivano quasi esclusivamente dalla lettura del Milione, pertanto la sua figura storica si lega strettamente a quella letteraria.

Marco Polo nasce a Venezia nel 1254. Appartenente all'alta borghesia veneziana, trascorre i suoi primi anni di vita nella contrada di San Severo.

Il padre, Nicolò di Andrea, esercita la sua professione di mercante insieme al fratello Matteo. I due partono, tra il 1260 e il 1261, per un viaggio alla volta dell'Oriente sino alla corte di Kublai, il Gran Kan dei mongoli, il cui impero si estendeva dalla Cina fino al Volga. Tornati a Venezia nel 1269, i due decidono di ripartire dopo due anni portando con loro il diciassettenne Marco. Quando Marco arriva alla corte del Gran Kan, Polo non è più un ragazzo. Ha 21 anni e, secondo i canoni dell'epoca, è considerato già un adulto.

I capitoli iniziali del Milione contengono le notizie biografiche ritenute necessarie dall'autore per mettere in risalto il valore dei Polo. Nella prima parte dell'opera, infatti, vediamo i tre veneziani impegnati in incontri con personaggi politici e religiosi di altissimo rango, come il papa Gregorio X e il sultano egiziano Baybars.

Al ritorno dall'Oriente, Polo è preso prigioniero dai genovesi a seguito della battaglia di Curzola. Nella chiesa di San Giorgio, a Genova, una lapide muraria ricorda l'avvenimento: “MARCO POLO DETTÒ IN GENOVA IL MILIONE / NEL GIORNO

DI COLOMBO GENOVA E VENEZIA POSERO / MCMXXVI / A COMPAGNA SERENISSIMA”.

Polo viene rilasciato dalla prigionia nel 1299. A Venezia, nel frattempo, il padre e lo zio avevano acquistato un grande palazzo in Contrada San Giovanni Crisostomo impiegando i proventi del commercio e della vendita delle gemme portate dall'Oriente. I Polo continuano a finanziare altre spedizioni, ma non torneranno mai più in Asia.

Dal Milione non emerge una personalità particolare dell'esploratore. Polo non parla mai di sé, e le sue peculiarità si intuiscono per lo più dallo stile narrativo e dall'insistenza nel trattare certi argomenti a discapito di altri.

Per la costruzione del protagonista del Marco Polo del 1960, Calvino si è concentrato su pochi particolari aspetti:

Chiave di tutto naturalmente dev'essere il personaggio di Marco. Ora cosa salta fuori di Marco personaggio, dalla lettura del Milione? A prima vista men che nulla, ma riflettendo: cosa sono le cose che interessano Marco nel suo viaggio? Essenzialmente due: le ricchezze mercantili (con una certa propensione più per il meraviglioso che per il pratico) e le donne, le costumanze sessuali. Ecco dunque già un carattere: il giovane Marco a Venezia è un rêveur che impazzisce dietro ogni cosa che abbia un sapore di Oriente, tra le calli e i campielli e i loro pettegolezzi ci muore soffocato; gira per i mercati e ogni lembo di seta o odor di spezie o baluginare di pietre preziose lo fa sognare, così come sognando le libertà amorose d'Oriente corre dietro a tutte le servette saracene di Venezia. 163

Dalle prime pagine della sceneggiatura emergono alcune qualità di Marco: fanatico dell'esotismo, irrequieto, sognatore. La caratteristica più importante però, anche se 163 Lettera a Suso Cecchi D'Amico (1960), in Calvino, Lettere (1940-85), p. 658.

difficile da individuare, tra le molte designate dall'autore, è quella di essere un ascoltatore:

Io ho provato a metterlo a bottega da me, sior Niccolò, per riguardo a vossignoria e a messer Matteo; ma come facevo a tenerlo? Era sempre nelle osterie dell'Arsenale a sentire i marinai raccontar frottole... 164

L'ascolto è la prima abilità da esercitare per poter raccontare, seguita dalla capacità di osservare. Nei primi capitoli vengono prese in considerazione tutte le abilità che servono per poter formare l'esploratore che diverrà poi narratore. Calvino ci mostra Marco intento ad utilizzare tutte le sue capacità per poter assorbire qualsiasi informazione utile, in una iniziale fase formativa :

Marco Polo 1960 è un personaggio a sensi tesi, incline a usare il proprio corpo per saggiare, perlustrare, possedere le cose. Con gli occhi al mercato di Baghdad è “a occhi sgranati”, nella battaglia delle fiaccole è “tutt'occhi”, nel paradiso degli uccelli, di fronte a una varietà sconosciuta di volatili “è lì che guarda attento, tranquillo”. Ma anche il naso: “Nei banchi delle spezie, ci ficca il naso dentro” […]. E all'occorrenza la bocca e le mani: sempre a Baghdad lo prende una vertigine di “toccar tutto, assaggiare tutto”. 165

La fisicità espressa dal personaggio è un attributo ulteriore per dimostrarne il valore. Marco non è solo un sognatore, ma anche un astuto uomo d'azione che interviene in prima persona:

164 Calvino, Marco Polo, 515.

Salta in sella a un cavallo e si unisce a un drappello armeno che tenta una sortita. - Un momento: spegnete le fiaccole! Ognuno di voi prenda una di queste scimitarre! - E distribuisce le lame luccicanti. - Io vado avanti qui a destra, voi dietro, ognuno distante 20 passi dall'altro e alzi la spada verso la luna per farsi vedere da chi segue. 166

La scena riprende, in forma romanzata, alcuni passi del Milione in cui Polo si trova effettivamente in pericolo, come avviene nell'episodio in cui si imbatte nei predoni Caraunas, dai quali riesce a fuggire: “E sì vi dico che messer Marco vi fu quasi che preso in quella iscuritade, ma scampò ad uno castello c'ha nome Canosalmi, e di suoi compagni vi furono presi assai, e venduti e morti.”167

Nel Marco Polo, invece, il protagonista organizza vari stratagemmi per sgominare la setta degli Ashish e per recuperare il rubino del Re di Ceylon rubato dai pirati. Addirittura, nelle scene finali, tenta di organizzare una sommossa per salvare la principessa Kocacin coinvolgendo tutte le caste della popolazione indiana.

Oltre a quelle ravvisate finora, il personaggio avrebbe dovuto rivestire molte altre qualità:

Non dev'essere un personaggio buffo ma piuttosto romantico-ironico, che va preso sul serio per quel tanto che impersona l'insaziabilità dei tempi muovi ecc. lo struggimento di fronte all'infinita ricchezza del mondo, il senso che però poi è tutta cenere, che nascosta in quell'Oriente ci dev'essere una qualche verità segreta che lui non comprende, eppure ecc.168

Partendo da pochi aspetti accennati nel Milione, l'autore tenta, evidentemente, una 166 Calvino, Marco Polo, p. 523.

167 Polo, Il Milione, p. 28.

serie di possibilità che avrebbe sicuramente riformulato in una versione revisionata. Calvino prova a delineare un carattere sfaccettato, ma la molteplicità del personaggio è chiaramente sintomo del suo statuto provvisorio.

Resta tuttavia un dubbio sulla tenuta effettiva del protagonista. Tardo avatar dell'eroe giovane calviniano, Marco sembra raccogliere in sé un po' disordinatamente, una serie di attributi disparati […]: esuberanza, impulsività, volubilità […] e nello stesso tempo riflessività spregiudicata, sventatezza, ostinazione, unite a una capacità di meravigliarsi che funge da antidoto alla paura e da germe di un'incipiente verace saggezza. Del resto, è sintomatico che nessuna opera successiva di Calvino sia costruita intorno a personaggi ritratti a tutto tondo. 169

Kublai stesso mostra indecisione nel decidere quale incarico affidare a Marco, pur avendone riconosciuto il valore:

– Dunque, Marco Polo, quale è la tua vera vocazione: sei uomo di religione o uomo d'armi?

– Onoro la religione con tutta la mia reverenza, sire – dice Marco, – ma non posso dirmi chiamato alla vita religiosa.

[…] – Allora sei uomo d'armi?

– Io? No, Maestà, so a mala pena tenere una spada in mano.

[…] – Sei giovane, hai l'aria sventata, ma sei più saggio dei tuoi anni e delle tue fantasie, Marco Polo. Non potrò metterti tra i miei sacerdoti, né tra i miei generali, come pensavo, ma forse mi sarai più prezioso ancora.170

169 Note e notizie sui testi, in Romanzi e racconti, vol. III, pp. 1266-67. 170 Calvino, Marco Polo, pp. 547-48.

Sarà decisiva quindi la reinvenzione del personaggio di Marco, basata su un'operazione di riduzione ed eliminazione di tutte le sfaccettature che avevano reso il

Marco Polo del '60 eccessivamente poliedrico:

Insomma, per il Calvino maturo l'ariostesco intreccio di “ironia” e di “incanto” sembra destinato a prendere strade diverse: non l'avventura dispiegata, ma la frammentazione, l'assottigliamento analitico, la selezione prospettica, la rastremazione stilistica e figurativa.171

Marco Polo viene apprezzato dall'imperatore per un valore generico della sua persona. Ma sarà una sola qualità a essere determinante perché il veneziano entri di diritto nella sua corte, come viene esplicitato nel capitolo X del Milione:

Ora avvenne che questo Marco figliuolo di messer Niccolò, poco istando nella corte, apparò gli costumi tarteri e loro lingue e loro lettere, e diventò uomo savio e di grande valore oltra misura. E quando lo Gran Cane vide in questo giovane tanta bontà, mandollo per suo messaggio ad una terra, ove penò ad andare sei mesi. Lo giovane ritornò bene, e saviamente ridisse la 'mbasciata ed altre novelle di ciò che gli domandò, perché il giovane avea veduto altri ambasciadori tornare d'altre terre e non sapeano dire d'altre novelle delle contrade fuori che l'ambasciata; egli avea il signore per folli, e diceva che piue amava gli diversi costumi delle terre sapere che sapere quello per che gli avea mandato. E Marco, sappiendo questo, apparò bene ogni cosa per sapere ridire al Gran Cane. 172

171 Note e notizie sui testi, in Romanzi e racconti, vol. III, p. 1267. 172 Polo, Il Milione, p. 10.

La capacità di Polo di riportare notizie che gli altri ambasciatori non immaginano di dover considerare viene evidenziata più volte ne Le città invisibili. Il suo ruolo si definisce compiutamente: attraverso la particolare comunicazione che Marco stabilisce attraverso i suoi racconti, permetterà al veneziano di stabilire un rapporto dialettico con Kublai, oltre a mostrare un disegno ordinatore fortemente auspicato dall'imperatore.

Certo l'imperatore dei tartari continua ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità e attenzione che ogni altro suo messo o esploratore. […] Solo nei resoconti di Marco Polo, Kublai Kan riusciva a discernere, attraverso le muraglie e le torri destinate a crollare, la filigrana di un disegno così sottile da sfuggire al morso delle termiti. 173

In lingue incomprensibili al Kan i messi riferivano notizie intese in lingue a loro incomprensibili: da questo opaco spessore sonoro emergevano le cifre introitate dal fisco imperiale, i nomi e i patronimici dei funzionari deposti e decapitati, le dimensioni dei canali d'irrigazione che i magri fiumi nutrivano in tempi di siccità. Ma quando era a fare il suo racconto era il giovane veneziano, una comunicazione diversa si stabiliva tra lui e l'imperatore. 174

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