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L’applicabilità ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura

3.2. I contratti fra distributori e produttori

3.2.6. L’applicabilità ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura

L’articolo 62 del decreto legge N. 1 del 2012 ha introdotto una disciplina finalizzata a risolvere il problema della differenza di potere contrattuale esistente tra i produttori agricoli ed agroalimentari e i soggetti diversi dai consumatori finali ai quali cedono i loro prodotti, intendendosi per essi le imprese di intermediazione commerciale (grossisti o dettaglianti) le quali, a loro volta, li vendono al consumatore finale. Rientrano in questa disciplina anche i contratti di vendita di prodotti agricoli e agroalimentari fra imprese

164 La legislazione francese in materia di contratti di integrazione verticale in agricoltura ha essenzialmente puntato sulla forma scritta del negozio e sulla ricorrenza di pochi elementi ritenuti necessari per assicurare la trasparenza dell’operazione, quali: l’indicazione dei prezzi delle prestazioni previste; la durata del contratto; la clausola relativa al rinnovo. 165 Ivi, p. 459.

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di distribuzione (ad esempio tra grossisti e dettaglianti) e fra queste ultime e le imprese industriali che trasformano il prodotto acquistato.

L’obiettivo del provvedimento normativo è, dunque, quello di riequilibrare i rapporti di forza all’interno del sistema agroalimentare il quale, infatti, è caratterizzato dal forte potere contrattuale proprio dei clienti intermedi (non consumatori finali) dei produttori agricoli e delle piccole e medie imprese agroalimentari che, in tal modo, si trovano schiacciate nel rapporto contrattuale. La norma si inserisce, quindi, in un contesto caratterizzato da un equilibrio instabile all’interno del quale i rapporti tra le controparti si determinano in base alla forza, alla deriva commerciale e ad accordi molto spesso non formalizzati e nel quale la leva finanziaria riveste un ruolo importante soprattutto a favore della grande distribuzione organizzata.166

L’intervento normativo in materia di contratti di fornitura dei prodotti agroalimentari di cui all’art. 62 del D.L. N. 1/2012, successivamente convertito nella legge N. 27 del 2012, che istituisce un nuovo schema normativo-contrattuale diretto a regolare tutti i rapporti aventi ad oggetto una cessione di prodotti agricoli o agroalimentari, rivela un nuovo approccio di regolazione economica. Seppure la normativa introdotta nel 2012 non costituisca un intervento specifico nella disciplina dell’economia contrattuale agricola,167 essa si sovrappone, senza sostituirla o modificarla

espressamente, alla disciplina dei “contratti di coltivazione, allevamento e fornitura” in vigore dal 2005. Questa sovrapposizione è dovuta al fatto che buona parte dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura in essa previsti comportano la cessione dei prodotti agricoli alle imprese della filiera.

166 Raffaele Tommasini, La nuova disciplina dei contratti per i prodotti agricoli e alimentari,

Rivista di diritto alimentare, N. 4, 2012, pp. 9-10.

167 Infatti, l’area di intervento non riguarda i soli prodotti agricoli, ma comprende tutti i

contratti di cessione dei prodotti agricoli e agroalimentari. Inoltre, riferendosi ai soli contratti di cessione dei beni, esclude dal suo ambito di applicazione tutti i contratti che non comportano il trasferimento di proprietà dei beni.

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Come rilevato da I. Canfora,168 l’effetto procurato dall’introduzione della

nuova normativa è individuabile nel fatto che adesso, sul versante concernente la disciplina dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, la regolazione del mercato della filiera agroalimentare si muove su due piani.

Il primo piano è quello privatistico e di rilevanza microeconomica della definizione della disciplina del contratto. Questa aggiunge alle disposizioni del d.lgs. 102/2005 le nuove regole contenute nell’art. 62 che regolano la

forma e taluni elementi essenziali dei contratti di cessione di prodotti agricoli

e agroalimentari. In particolare, sono stati introdotti: divieti di comportamento e sanzioni per gli operatori economici del settore, identificando una serie di “pratiche commerciali sleali” relative a tali rapporti commerciali;169 particolari termini di pagamento e modalità di

fatturazione del corrispettivo dei prodotti agricoli e agroalimentari ed è stata modificata la disciplina degli interessi di mora per il ritardo nel pagamento, in particolare relativamente ai prodotti alimentari deteriorabili.170

Il secondo piano è quello macroeconomico il quale, essendo già affidato alla regolamentazione della filiera da parte delle organizzazioni interprofessionali, adesso è sottoposto anche al controllo della Autorità Garante della concorrenza e del mercato (AGCM), attraverso la definizione delle ipotesi di abuso di posizione dominante individuate dal quarto comma dell’art. 62 e alla vigilanza sull’applicazione della normativa e l’irrogazione delle sanzioni da essa previste.

168 Irene Canfora, I contratti di coltivazione allevamento e fornitura, Rivista di diritto

alimentare, N. 3, 2012, p. 10.

169 Cfr. co. 2 dell’art. 62 e art. 4 del decreto del Ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali, c.d. “Regolamento”, recante le disposizioni di attuazione della L. 24 marzo 2012, n. 27.

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Dunque, dato che sul piano della regolazione degli equilibri economici tra le parti contraenti la normativa non tiene conto delle differenze tra il potere contrattuale dei potenziali contraenti nei contratti di fornitura e, inoltre, che essa non copre l’intero fenomeno della contrattazione della filiera agroalimentare, la disciplina che ne scaturisce risulta essere ancora poco soddisfacente.

Nonostante che la finalità principale della normativa del 2012 fosse quella di regolare, attraverso la trasparenza dell’accordo scritto, il potere della GDO nella definizione dei contenuti contrattuali, la stessa normativa si è trovata a dover contemporaneamente regolare, in modo neutrale, gli accordi nei quali i soggetti contraenti possono alternativamente ricoprire la posizione di soggetto debole del rapporto contrattuale. Difatti, occorre rilevare che – a differenza di quanto avviene nella subfornitura industriale e nei contratti del consumatore, dove i due ruoli di parte “debole” e “forte” del rapporto sono in astratto predeterminabili (da un lato, vi sono l’impresa dipendente-cliente e il consumatore; dall’altro lato, l’impresa dominante e il professionista) – nei rapporti contrattuali di cessione che formano le filiere agricole e agroalimentari non è determinabile in astratto chi sia tra il cedente e il cessionario la parte presuntivamente più debole e quella invece più forte.171 Ad esempio, nel contratto di cessione può verificarsi la situazione

nella quale la posizione di acquirente sia ricoperta da un operatore della grande distribuzione e quella di venditore da un’impresa agricola o da una piccola impresa alimentare; lo stesso disequilibrio contrattuale, legato alla posizione delle parti contraenti, si manifesta nel caso in cui le piccole imprese della distribuzione acquistano da imprese alimentari di rilevanti dimensioni. Ove, come nei casi appena riportati, la contrattazione veda coinvolti soggetti aventi un diverso potere economico è probabile che tale

171 S. Zorzetto, La nuova disciplina delle relazioni commerciali e dei contratti di cessione di prodotti

agricoli e agroalimentari. Note a prima lettura, in Ricerche giuridiche, V. 2, N. 1, Edizioni

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squilibrio si riproduca sul costo finanziario dell’operazione ricadendo sul soggetto più debole del rapporto contrattuale.

Per quanto riguarda la situazione relativa ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura collocabili nel contesto poc’anzi richiamato, il ruolo di controllo dei contenuti, anche economici, della contrattazione dovrà essere affidato sia alle organizzazioni rappresentative di categoria sia all’intervento della contrattazione collettiva. In questo modo, grazie alla nuova legislazione che si somma allo schema normativo delineato dal d.lgs. 102/2005, viene rafforzata la posizione dei contraenti deboli dei contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, i quali sono così inseriti nel quadro della contrattazione collettiva, a condizione però che i contratti quadro dispongano effettivamente un contenuto normativo richiamabile all’interno dei contratti tipo utilizzabili nelle contrattazioni individuali. Infatti, nel momento in cui il contratto individuale di cessione faccia rinvio a quanto previsto dal contratto quadro, saranno i contenuti di quest’ultimo a dover riportare i parametri, predefiniti e trasparenti, previsti dall’art. 62. Così, mediante un’applicazione dettagliata all’interno dei contratti quadro della nuova disposizione contenuta in tale articolo dovrebbero potersi ridurre, grazie alla previsione di un contenuto obbligatorio concordato in sede di contrattazione collettiva, i rischi di incertezza e di abuso che, altrimenti, potrebbero manifestarsi durante la definizione delle condizioni contrattuali della cessione dei prodotti agricoli. Difatti, quei contenuti che il d.lgs. 102/2005 affidava alla mera definizione di principio nell’ambito della contrattazione collettiva e che nel panorama dei contratti quadro potevano essere trascurati, adesso, grazie all’opera dell’art. 62, sono diventati elementi contrattuali obbligatori nel contratto di cessione. Tali contenuti, oltre alla forma scritta, sono: la durata, le quantità e le caratteristiche del prodotto venduto, il prezzo, le modalità di consegna e di pagamento. In questo modo per i contratti di coltivazione, allevamento e fornitura si realizza, indirettamente, una forma di integrazione del contratto sulla base

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di quanto previsto dagli accordi quadro stipulati dalle organizzazioni professionali.172

In merito ai profili contrattuali di carattere privatistico è possibile, utilizzando quale elemento di comparazione l’esperienza della contrattazione collettiva sviluppatasi in applicazione del d.lgs. 102/2005, individuare gli aspetti di innovazione rispetto ai contratti di coltivazione, allevamento e fornitura, previsti nell’ambito degli accordi interprofessionali, introdotti dalla legislazione del 2012.

Per quanto concerne la forma scritta del contratto, obbligatoria nella stipulazione dei contratti al fine di garantirne la trasparenza dei contenuti, non si è verificata alcuna innovazione rispetto alla disciplina dei contratti di coltivazione prevista dalla legislazione del 2005, in quanto la presenza di contratti tipo elaborati nel quadro della contrattazione collettiva richiedeva già, implicitamente, la forma scritta per la registrazione dei contratti. Una innovazione, invece, si è verificata per quanto riguarda la definizione dei contenuti del contratto e in particolare in merito all’individuazione del prezzo e delle modalità di consegna e di pagamento. L’articolo 62, infatti, rende obbligatoria, a pena di nullità, la definizione del prezzo assieme ad altri elementi, quali: durata, quantità, caratteristiche, modalità di consegna e pagamento.

Il decreto interministeriale di attuazione dell’art. 62 del 19 ottobre 2012, all’articolo 2 lettera i), prende anche in considerazione i contratti quadro precisando che, in riferimento alla fissazione dei prezzi, “il contratto quadro potrà individuare le modalità di determinazione del prezzo applicabile al momento dell’emissione del singolo ordine”.173 Dal decreto di attuazione

172 Irene Canfora, I contratti di coltivazione allevamento e fornitura, Rivista di diritto

alimentare, N. 3, 2012, pp. 11-14.

173 D.M. 19 ottobre 2012 N. 199, concernente “Attuazione dell’art. 62 del D.L. 24 gennaio

2012, N. 1, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 marzo 2012, N. 27”, art. 2, lett. I), Gazzetta Ufficiale 274 del 23 novembre 2012. Fonte: Ministero delle politiche agricole

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emerge, dunque, l’attribuzione ai contratti quadro della funzione di determinazione dei criteri necessari al calcolo del prezzo alla consegna. Nell’assetto generale della disciplina la precisazione del ruolo che è stato attribuito ai contratti quadro nella formazione del prezzo non è scevra di conseguenze. Difatti, nonostante il testo non preveda l’espresso obbligo di intervenire nella definizione del prezzo, in quanto stabilisce che “il contratto quadro potrà individuare le modalità di determinazione del prezzo”, la nuova normativa rafforza il ruolo della contrattazione collettiva nella definizione dei costi dell’operazione di fornitura. Quindi, l’espresso richiamo ai contratti quadro segna un passo avanti rispetto alla genericità delle modalità di controllo sulla commercializzazione previste dal d.lgs. 102/2005. Infatti, in quest’ultima normativa, benché la definizione del prezzo del prodotto appaia come obiettivo prioritario del contratto quadro, si prevede la definizione di “criteri per la valutazione delle diversificazioni del prezzo” in relazione al “processo produttivo” e alle “caratteristiche qualitative dei prodotti”, ma non è stabilito un obbligo di prevedere meccanismi unitari per la definizione del prezzo delle forniture.

La nuova normativa offre l’opportunità, attraverso il ricorso ai contratti quadro, di definire a monte il contenuto economico della contrattazione, rendendo così immediatamente utilizzabile nella conclusione dei contratti individuali il contenuto concordato in sede di contrattazione collettiva.174

Quanto detto comporterà, dunque, una variazione nella prassi sinora seguita durante la redazione dei contratti collettivi. Conseguentemente si incrementerà anche il divario tra la contrattazione priva di un effettivo contenuto e quella che, invece, in funzione dell’applicazione dell’art. 62 L. 27/2012, risulteràmpiù dettagliata. Infatti, l’esistenza di una specifica

http://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/5250 (28/12/2015).

174 Irene Canfora, I contratti di coltivazione allevamento e fornitura, Rivista di diritto

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previsione inerente i contratti quadro è tesa ad agevolare la trasparenza delle operazioni economiche non soltanto con riferimento alla determinazione del prezzo, ma anche riguardo alle altre variabili che contribuiscono ad individuare il valore della controprestazione, le quali spaziano dalle condizioni per lo stoccaggio delle merci, alle modalità di consegna e di trasporto dei beni. Alla luce delle disposizioni introdotte dall’art. 62 L. 27/2012, anche le variabili legate alle modalità di consegna (trasporto, stoccaggio) dovranno essere adeguatamente specificate nel contratto per poter, così, ottenere una chiara determinazione del prezzo di consegna delle forniture. Il valore del prezzo pagato alla consegna è, infatti, composto da una pluralità di elementi, la definizione dei quali incide sulla determinazione del corrispettivo per la consegna delle merci, alla quale il documento di accompagnamento della fornitura potrà fare riferimento.

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CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Come osservato nel corso della tesi, l’attuale fase storica è caratterizzata da continui cambiamenti nelle modalità di consumo, i più rilevanti dei quali sono quelli relativi ai processi di individualizzazione e di segmentazione dello stesso. Il consumatore moderno ha accesso ad un sempre maggiore numero di informazioni sul prodotto alimentare e questo porta ad un’evoluzione delle richieste, ormai sempre più orientate ad ottenere una maggiore partecipazione del consumatore all’interno del processo di distribuzione. La GDO negli ultimi decenni si è dimostrata attenta a recepire le nuove richieste dei consumatori adottando, ad esempio, tecniche di fidelity, al fine di creare nuovi legami tra il supermercato ed i clienti. La necessità di ristabilire, all’interno di una relazione massificata di distribuzione, una personalizzazione simile a quella che caratterizza sia il negozio al dettaglio sia i vecchi mercati rionali, evidenzia il bisogno di evolvere i luoghi del consumo, orientandoli al futuro. Evoluzione che sembrerebbe possibile poter realizzare attraverso il ricorso ad un forte incremento della tecnologia applicata al punto vendita, in modo tale da modificare la dinamica dell’esperienza di spesa. In tal senso, degna di nota è l’iniziativa nata dalla collaborazione tra Coop, il Senseable city lab dell’Mit di Boston, lo studio Carlo Ratti Associati e le aziende di servizi tecnologici Accenture e Avanade, che ha portato alla realizzazione del Supermercato del Futuro all’interno di uno dei padiglioni tematici di Expo2015, il Future Food District, dedicato al cibo del futuro. Uno spazio espositivo di 6.500 metri quadrati in cui durante i sei mesi di apertura dell’Esposizione è stata offerta non solo la possibilità di visitarlo, ma anche quella di effettuare acquisti, scegliendo fra 1.500 prodotti provenienti da 90 produttori diversi. Come spiegato da Gabriele Tubertini, CIO di Coop Italia, l’intento è stato quello di recuperare le caratteristiche del mercato rionale, concepito come un luogo di socialità e incontro, per fonderle con la dimensione e le

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funzionalità dei punti vendita moderni, mettendo gli strumenti digitali al servizio di un nuovo tipo di interazione, immaginando in tal modo quale tipo di esperienza potrebbe offrire un supermercato in un panorama tecnologico in cui il consumatore sarà abituato a valutare i propri acquisti sulla base di un corredo di informazioni sempre più ampio. La prima caratteristica differenziale tra il Supermercato del Futuro e qualsiasi altro supermercato è stata la modalità di esposizione dei prodotti. Questi sono stati suddivisi in cinque diverse corsie e altrettante filiere (il latte e i suoi derivati, il caffè e il cacao, i cereali e la birra, la carne e il pesce, l’ortofrutta e il vino) e disposti non in scaffali, ma in modo digradante su banchi espositivi che seguivano un ordine preciso: dalle materie prime ai prodotti più elaborati. Però la vera novità tecnologica non ha riguardato tanto l’esposizione dei prodotti quanto le vele: schermi piatti posti a corredo dei banchi espositivi che riportavano in modo interattivo al cliente tutte le informazioni relative al prodotto. Difatti, grazie alla soluzione sviluppata da Accenture, consistente nell’installazione di sensori Kinect sopra ogni banco in modo da permettere la lettura dei movimenti, con un semplice cenno della mano sull’oggetto esposto era possibile avere sul monitor diversi gradi di informazioni, come ad esempio: caratteristiche primarie dell’articolo da acquistare, origine delle principali materie prime che lo compongono, eventuale presenza di ingredienti allergizzanti, dati nutrizionali per porzione, impatto ambientale espresso in CO2 equivalente, storia del prodotto.

“Così vorremmo che fosse il supermercato del futuro: equo, solidale, come una piazza aperta. Un mix tra storia, tradizione e futuro, un ritorno al mercato delle origini, dove la socialità e la cultura diventano tratti del commercio e la tecnologia è al servizio del consumatore”. Come si comprende dalle dichiarazioni, appena riportate, di Marco Pedroni, presidente di Coop Italia, il Supermercato del Futuro è stato un prototipo in cui sperimentare i futuri metodi di vendita e comprendere i prossimi

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trend del settore alimentare, nel quale la tecnologia in sé ha rivestito un ruolo importante, ma non primario poiché ha sì permesso di provare esperienze nuove, di raccontare prodotti e fare interagire le persone, ma il protagonista rimane il cibo.

Non è dato sapere quando (e se) un supermercato di questo tipo vedrà la luce al di fuori di un’esposizione universale, nonostante ciò il Supermercato del Futuro ha introdotto alcune idee che potrebbero a breve termine influenzare lo sviluppo dei supermercati.

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BIBLIOGRAFIA

Per l’analisi delle suddetta tematica è stato utilizzato come principale riferimento l’insieme degli interventi tenuti in occasione del Convegno annuale dell’AIDA, svoltosi a Messina nei giorni 28 e 29 settembre 2012, intitolato “I Contratti del mercato agroalimentare”.

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