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L’applicazione giuridica delle leggi di psicologia delle folle

Elena Bovo

4. L’applicazione giuridica delle leggi di psicologia delle folle

Anche Sighele, come il suo maestro Lombroso, aveva colto la duplicità della folla, vedeva in essa la corruzione dell’individuo, la sua regressione, o meglio il principio stesso della sua alienazione, ma anche una nuova forza capace di sorpassare la ri- dotta sfera dell’individuo e di poter denunciare pubblicamente gli abusi di potere della classe dirigente. Bisogna tenere insieme questa polarità se si vuole capire il suo pensiero, benché egli fosse e rimase convinto fino alla fine che “ogni folla, in generale,

51 Sighele, La foule criminelle. Essai de psychologie collective, trad. Paul Vigny, Alcan, Paris, 1892, pp. VI-VII. ( Questo passaggio presente nella prima traduzione francese di La folla delinquente non figura nell’originale italiano).

52 Il cui fondatore è Cesare Beccaria.

53 Il giurista Francesco Carrara, (1805-1880), rappresentante della scuola “classica”, prendeva in conto alcune cause che comportavano l’esclusione o l’attenuazione della responsabilità (per esempio se l’autore del crimine era minorenne, se era sordomuto o pazzo per esempio), ma considerava che in questi casi il diritto penale non doveva applicarsi poiché era la medicina che doveva intervenire.

è disposta più al male che al bene”54. Ma è importante sottolineare che l’argomento

dell’influenza alienante della folla sull’individuo, venne usato da Sighele ed in gene- rale dai giuristi appartenenti alla scuola italiana di criminologia non per denigrare la folla, non per manipolarla o per svuotarla del suo contenuto politico, non per fare l’e- logio dell’irrazionalità contro la razionalità o per considerarla elemento disgregatore di una nazione, ma per giudicare con maggior equità, durante i processi, gli autori di eventuali delitti commessi nel corso di manifestazioni pubbliche a cui avevano preso parte per denunciare delle ingiustizie subite. L’autore di un atto criminale in folla – questa era la conclusione giuridica cui pervenne Sighele – deve essere giudicato come un “criminale d’occasione”, come un essere umano che ha agito sotto la spinta irrefrenabile di una passione, il che significa che la responsabilità dell’atto commesso non è tutta sua, l’influenza alienante esercitata dalla folla ne è in parte la causa. Sighe- le inoltre (su questo punto ispirato da Ferri) voleva che venisse preso in conto anche il “motivo” per il quale una persona aveva deciso di manifestare: esprimere la propria rivolta contro un’ingiustizia, lasciarsi trasportare dalle passioni e dall’esasperazione fino a commettere un atto violento, è ben altra cosa che uccidere per rubare, e la fol- la – pur esercitando un’influenza alienante – è proprio il veicolo che rende possibile il fatto che una rivolta non rimanga un fatto isolato, dunque inaudito, ma diventi un fatto pubblico.

La duplicità della concezione della folla espressa dai rappresentanti della scuola italiana di criminologia ebbe dunque un impatto concreto, giuridico. La legislazio- ne in vigore all’epoca di Sighele non prendeva assolutamente in considerazione l’in- fluenza della folla sull’individuo. Il solo modo di poterne tener conto, certo non an- cora soddisfacente, fu quello di far riferimento agli articoli n° 94 e n° 95 del “Codice Penale piemontese” che a partire dal 1889 sarebbero diventati, con il Codice Zanar- delli55, gli articoli n° 46 e n° 47 che portavano rispettivamente sulla non imputabilità

per infermità e sulla imputabilità ridotta a causa della parziale infermità di mente. Grazie a Sighele ed alle riflessioni condotte nella scuola italiana di criminologia, un passo decisivo era ormai stato compiuto nel riconoscimento dell’influenza della folla. Infatti al punto n° 3 dell’articolo n° 62 del Codice Penale “Rocco” promulgato nel 1930 e ancora in vigore56, la folla appare come una circostanza attenuante del reato,

ma a due condizioni. La prima, oggettiva, che l’assembramento non sia vietato dalla legge, la seconda, soggettiva, che l’autore del crimine non sia un criminale, ma abbia agito sotto la suggestione “della folla in tumulto”57.

54 Sighele, La folla delinquente, cit., p. 37. 55 Il primo Codice penale dello Stato italiano.

56 A proposito del codice penale “Rocco” è importante sottolineare che, dopo il periodo fascista, di- versi articoli furono cancellati o emendati dalla Corte Costituzionale, perché considerati incompatibili con i principi della Costituzione repubblicana.

57 Il Codice penale italiano è consultabile in linea: www.anvu.it/wp-content/uploads/2016/03/codi-

Il carattere duplice e contraddittorio della folla – elemento di progresso e di regres- so – è nato, possiamo dire, con Michelet, ed è rimasto presente, pur con i cambiamenti che abbiamo sottolineato, negli studi italiani di psicologia delle folle. Proprio questa duplicità è rivelatrice di una concezione della folla che sembra non essere la stessa in Francia e in Italia. Infatti, il doppio volto della folla sparirà o quasi in Francia con Taine, con Tarde con Le Bon. Proprio in Francia, dove questa duplicità aveva preso forma, si imporrà, nell’ambito degli studi di psicologia delle folle, una visione univoca della folla, vista essenzialmente come un elemento distruttore della nazione perché facente regredire un popolo civilizzato, che si riconsoce in dei valori comuni, ad uno stadio superato nell’evoluzione, quello, per riprendere l’espressione di Freud, dell’ “orda originaria” “sottomessa alla dominazione senza limiti di un maschio potente”58.

Per quale ragione? Forse proprio perché la Francia, avendo veramente vissuto l’espe- rienza rivoluzionaria del 1789 poi quella del 1848 e la Comune del 1871, conosceva la folla da vicino ed il terrore che essa aveva suscitato fu tramandato ed amplificato dagli scritti di Michelet, di Taine, di Tarde, Du Camp. Mentre in italia, dove la Rivolu- zione non aveva mai avuto luogo veramente, la folla non veniva vista dagli autori che abbiamo menzionato come la disgregazione del popolo, ma come una parte di esso. L’Italia, non avendo avuto una vera Rivoluzione, ha forse potuto considerare la folla come un nuovo attore politico nella società non solo italiana, ma anche europea, che stava venendosi a formare. Un attore rappresentativo, seppure in parte, di una clas- se sociale sfruttata, capace di giocare un ruolo, non fosse che un ruolo di denuncia. Come se l’epoca dei popoli fosse terminata ed iniziasse, per riprendere l’espressione di Le Bon “ l’era delle folle”59.

58 S. Freud, Psychologie des foules et analyse du moi, (1921), trad. P. Cotet, A. Bourguignon, J. Altou- nian, O. Bourguignon et A. Rauzy, Payot & Rivages, Paris 2012, p. 92.

Una nazione di Gattopardi? Storia e società italiana