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Pinocchio politico

Stefano Jossa

3. Pinocchio politico

Italiano medio, ma proprio perciò facilmente strumentalizzabile in tutte le dire- zioni: in quanto contenitore vuoto e generalissimo, Pinocchio poteva essere di volta in volta accorpato alla parte che intendeva appropriarsene. Il burattino veniva in tal modo investito di una missione politica, che si muoveva tra i due estremi opposti della massima genericità per consentire l’identificazione collettiva e la massima par-

dell’Italia unita, Laterza, Roma-Bari 1997, pp. 117-125.

22 R. La Capria, Il sentimento della letteratura, Mondadori, Milano 1997, p. 46.

23 C. Maltese, Benigni: “Grazie delle critiche, ma al cinema siate bambini”, «la Repubblica», 19 ot- tobre 2002, disponibile online alla pagina http://www.repubblica.it/online/spettacoli_e_cultura/pi- nocchiodue/critiche/critiche.html (accesso effettuato il 4 settembre 2018).

24 L. Incisa di Camerana, Pinocchio, Bologna, il Mulino, 2004, p. 144.

25 P. Di Stefano, Studiamo Pinocchio, fa bene all’Italia, «Il Corriere della Sera», 22 aprile 2012, di- sponibile online alla pagina http://lettura.corriere.it/debates/studiamo-pinocchio-fa-bene-allitalia/ (accesso effettuato il 4 settembre 2018).

tigianeria per rappresentare una parte specifica. Il paradosso si spiega, appunto, col fatto che Pinocchio è figura iconica, eroe esemplare e simbolo collettivo al di qua delle singole appropriazioni, che sono in un certo senso legittimate proprio da questo suo essere a priori strumento d’incontro e condivisione all’insegna dell’italianità. Politica è naturalmente anche la visione etno-antropologica del burattino come interprete del concetto astratto, tra l’archeologico e il metafisico, di italianità, ma certo è anche che Pinocchio ha attraversato tutto lo spettro delle militanze politiche possibili nel mondo occidentale.27

Più diretto è il carattere politico di Pinocchio nel momento in cui la sua figura è innestata esplicitamente sul tronco della propaganda. È il caso dell’appropriazione fascista del burattino, cui abbiamo già accennato, che va ben al di là della continuità con le sue riscritture, cominciate già all’inizio del secolo, che lo vedevano aviatore, automobilista, corsaro e viaggiatore. All’inizio degli anni Venti del XX secolo compar- vero infatti due libri illustrati che presentavano un Pinocchio esplicitamente arruo- lato fra i fascisti: le Avventure e spedizioni punitive di Pinocchio fascista di Giuseppe Petrai, con disegni di Giove Toppi, e Pinocchio fra i balilla: nuove monellerie del celebre

burattino e suo ravvedimento, con testo e disegni di Cirillo Schizzo del 420, cioè Gino

Schiatti.28 Dal primo è opportuno isolare la vignetta che illustra il giovane e aitante

Pinocchio fascista che prende a calci nel sedere un barbuto e dimesso Mangiafoco: oltre alla differenza fisica, che esalta la baldanza di Pinocchio in contrapposizione al carattere piuttosto malconcio del maturo burattinaio, va sottolineato il particolare, proprio al centro della vignetta, della tessera con falce e martello, i simboli dell’inter- nazionale comunista, che pende dalla tasca posteriore di Mangiafoco. Se il vincente Pinocchio è fascista, ai suoi nemici perdenti saranno da associare i simboli degli av- versari, che vengono proposti in maniera caricaturale e degradata: isolato dal conte- sto e reso unico rappresentante del bene, «Pinocchio agisce da eroe solitario in una metamorfosi che lo fa somigliare a una versione infantile del superuomo dannunzia- no».29 A discapito dei sui aspetti ribelli e della sua sostanziale irrequietudine.

Il secondo esempio viene dalla campagna elettorale per le elezioni comunali del 1951 (o del 1961), quando la Democrazia Cristiana promosse un opuscolo a fumetti, intitolato Le disavventure di Pinocchio, che si concludeva con due vignette sulla retro- copertina, la prima con Geppetto e Pinocchio che camminano mano nella mano verso il sol dell’avvenire e la seconda con gli ammonimenti di Geppetto a Pinocchio.30 Il pa- 27 Curreri, Play it again; Di Gesù, Dispatrie lettere; Pivato, Favole e politica.

28 G. Petrai, Avventure e spedizioni punitive di Pinocchio fascista, Firenze, Nerbini, 1923; Pinocchio

fra i balilla: nuove monellerie del celebre burattino e suo ravvedimento, con testo e disegni di Cirillo

Schizzo del 420 [G. Schiatti], Firenze, Nerbini, 1927. Li si rilegge in Curreri, Pinocchio in camicia nera, pp. 7-23 e 25-48.

29 Pivato, Favole e politica, p. 100.

30 Lo discute e riproduce parzialmente Pivato, Favole e politica, pp. 106-107 e inserto fra le pp. 128 e 129. Sulla base della data riportata sull’opuscolo, il 27 maggio senza indicazione dell’anno, Pivato ritiene che lo si possa attribuire al 1961, quando le elezioni si tennero il 28 e 29 maggio; ma nel 1951 si tennero proprio il 27. La stessa rivendicazione centrista contro sinistra e destra sembra più adatta al contesto del 1951 che del 1961, così come la vicinanza con un altro opuscolo segnalato da Pivato,

esaggio dello sfondo è descritto da Geppetto stesso in un fumetto in alto nella prima vignetta: «A sinistra c’è un mare infido: vi si aggira lo squalo rosso sempre pronto ad uccidere la tua libertà. A destra c’è solo una palude con le sabbie mobili.» Un altro fumetto, nella seconda vignetta, contiene le istruzioni a Pinocchio:

La strada che tu devi seguire per salvare la fatina dai capelli tricolori e per diventare un uomo veramente padrone dei tuoi pensieri e delle tue azioni, la strada della libertà, del progresso e della giustizia, sta nel centro. Non puoi sbagliare, Pinocchio... Ma sta attento, se non seguirai la via giusta, nessuno potrà più salvarti. Va tranquillo, e buona fortuna!

L’allegoria politica non era difficile da decifrare: lo squalo rosso rappresentava il Fronte Popolare Democratico, cioè l’alleanza tra il Partito Comunista e il Partito Socialista, presentati come pericolosi nemici della libertà; la palude con le sabbie mobili a destra era da identificare con i rigurgiti nostalgici delle forze neofasciste e neomonarchiche, il Movimento Sociale Italiano e il Partito Nazionale Monarchico; al centro c’era naturalmente la Democrazia Cristiana, che avrebbe guidato gli italiani verso la libertà, il progresso e la giustizia.

La fuoriuscita dal fascismo, come spesso è accaduto nel dopoguerra, avveniva sulla scia dell’immaginario fascista: essendo stato l’italiano medio nella percezione degli italiani costruita sotto il fascismo, Pinocchio poteva continuare a essere l’italiano medio, sia pure sotto un’altra bandiera, al punto da affidargli l’ipotesi di un’unità na- zionale nel nome dell’adesione ai valori dominanti contro ogni forma d’innovazione e diversità.31 Essendo l’italiano medio, Pinocchio non doveva appartenere a un oriz-

zonte politico partigiano, ma stare al di sopra, proporre ideali collettivi e identificarsi con retoriche astratte. In tal modo, sarà il perfetto eroe nazionale di cui l’Italia ha bisogno ogni volta che si propone di rifondare la sua comunità.

intitolato Le avventure di Pinocchio, probabilmente espressione del Partito socialista dei lavoratori nel 1948, induce a pensare a una dialettica non troppo distante nel tempo.

31 Sulla continuità tra rituali politici fascisti e repubblicani in Italia cfr. S. Gundle, The “civic religion”

of the Resistance in post-war Italy, «Modern Italy», V, 2000, 2, pp. 113-132; C. Fogu, Italiani brava gen- te: the Legacy of Fascist Historical Culture on Italian Politics of Memory, in R.N. Lebow, W. Kansteiner

e C. Fogu (a cura di), The Politics of Memory in Postwar Europe, Durham (NC), Duke University Press, 2006, pp. 147-176; J. Arthurs, Fascism as “Heritage” in Contemporary Italy, in A. Mammone e G.A. Veltri (a cura di), Italy Today: the Sick Man of Europe, London, Routledge, 2010, pp. 114-128 (trad. it.: Il fascismo come “eredità” nell’Italia contemporanea, in A. Mammone, N. Tranfaglia e G.A. Veltri,

Un Paese normale? Saggi sull’Italia contemporanea, Milano, Dalai, 2011, pp. 209-232); N. Carter e S.

Martin, The Management and Memory of Fascist Monumental Art in Postwar and Contemporary Italy:

the Case of Luigi Montanarini’s Apotheosis of Fascism, «Journal of Modern Italian Studies», XXII, 2017,

3, pp. 338-364; H. Malone, Legacies of Fascism: Architecture, heritage and memory in contemporary