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L’istinto d’imitazione e la folla

Elena Bovo

2. L’istinto d’imitazione e la folla

La regressione ad uno stadio primitivo dello sviluppo, la cui caratteristica princi- pale è quella di abbandonarsi a soddisfare i propri istinti, costituirà l’elemento fon- damentale della psicologia delle folle. Nascondendosi dietro o dentro la massa opaca della folla, l’individuo si spoglia dei propri freni inibitori e, preso delle proprie pas- sioni, perde la sua vernice di cittadino e ritrova il fondo inconscio universale degli istinti da cui la civilità lo ha, solo apparentemente e superficialmente, allontanato. Il contatto fisico e la forte emozione favorisce inoltre, comme sottolinea Taine, il “con- tagio delle passioni”33.

Questo elemento del contagio psichico che emerge dai racconti di Taine, verrà am- piamente sviluppato dal magistrato Gabriel Tarde. Grande lettore di Taine, anch’egli vede nella Rivoluzione francese il laboratorio per capire secondo quali leggi psicolo- giche agisce una folla. In Les lois de l’imitation e in La philosophie pénale, opere pub- blicate nel 1890, Tarde svela qual è l’istinto primordiale che emerge in folla assumen- do degli aspetti drammatici. Concepita come un’”accozzaglia di elementi eterogenei sconosciuti gli uni agli altri”34, la folla si trasforma in una “sola e unica bestia”35 capace

di avanzare all’unisono con una determinazione assoluta verso il proprio scopo, non appena una “scintilla di passione” si sparge e li eletrizza tutti. Si produce allora una coesione improvvisa, il cui segreto per Tarde va cercato in un fenomeno psicologico particolare, passivo e per lo più inconscio, che consiste nel ricevere e nel reagire ad una suggestione provocata da un elemento esterno. Questo fenomeno non è specifico alla folla, esso è anzi all’origine della vita in società, e della vita tout court. Esattamen- te come “la cosa vitale”, ciò che vuole innanzitutto “la cosa sociale”, non è “organizzar- si”, ma propagarsi, scrive Tarde nel 1884 in “Qu’est-ce qu’une société?”36. Il rapporto

sociale originario, egli sostiene, fortemente ispirato dalle esperienze sull’ipnosi che si stavano sviluppando all’epoca37, consiste infatti in una relazione unilaterale e ir- 33 H. Taine, Les origines de la France contemporaine, (vol. 1), op. cit., p. 336.

34 G. Tarde, La philosophie pénale, Storck-Masson, Lyon-Paris 1890. (Per le citazioni seguiamo l’e- dizione Paris, Cujas, 1972. Consultabile in linea: http://classiques.uqac.ca/classiques/tarde_gabriel/ philosophie_penale/philo_penale.html (Chapitre VI, p. 29).

35 Ibidem.

36 Tarde, “Qu’est-ce qu’une société?”, in Revue philosophique, Tomo XVIII, 1884, p. 499. (L’articolo sarà poi riprodotto in Les lois de l’imitation, cit.).

37 L’ipnosi, concepita come pratica medica fondata su principi scientifici e a scopo terapeutico, non

è nata all’epoca di Tarde, essa esisteva sin dalla fine del XVIIIe siècle, grazie alle esperienze del medico

viennese Franz Anton Mesmer (1734-1815). Influenzato dalle teorie du magnetismo sviluppatesi nel corso del XVIIe secolo, Mesmer credeva all’esistenza di un “fluido che penetra tutto tutto” (F. A. Me- smer, Mémoire sur la découverte du magnétisme animal, Didot, Paris 1779, p. 6) capace di agire sulla terra, sui corpi celesti, sugli esseri umani, e concepiva la malattia come una cattiva ripartizione di questo “fluido” nel corpo umano, a causa della presenza di blocchi o freni interni che ne impedivano la libera circolazione. Avendo saputo che dei medici inglesi avevano usato dei magneti per curare alcune malattie, nel 1774 decise di somministrare ad una paziente affetta da convulsioni, una preparazione contenente del ferro e fissò tre magneti sul suo corpo perché considerati buoni conduttori del fluido. Il

reversibile in cui un individuo rimane suggestionato da un altro e per reazione ne imita i gesti, i desideri, la volontà. Infatti, è attraverso l’imitazione di un modello che un bambino impara a camminare, a parlare, etc., è attraverso questo stesso processo imitativo nei confronti di una o qualche personalità forte che una società acquisice una propria identità e, infine, che un insieme di individui eterogenei aventi qualche elemento in comune diventa una folla potente unita pronta ad avanzare verso il pro- prio obiettivo. Tuttavia, questo rapporto unilaterale ed irreversibile tra un dominato e un dominatore, che troviamo all’inizio di una società e dello sviluppo di ogni essere umano, non è destinato a rimanere tale, esso si trasforma con il passare del tempo, con il moltiplicarsi delle relazioni, fino a diventare, nella maggior parte dei casi, reci- proco. I molteplici contatti sviluppano progressivamente una sorta di anticorpi che permettono di resistere al fascino di un esempio isolato o di un’influenza particolare che altrimenti ci dominerebbe totalmente. Invece, nella relazione che esiste tra ipno- tizzatore ed ipnotizzato, quest’ultimo è soggiogato da una sola persona che occupa totalmente la sua psiche. L’esperienza dell’ipnosi – rapporto asimmetrico per eccel- lenza – permette di rimettere a nudo la forma del rapporto sociale originario, arcaico, immemoriale – da dominatore a dominato – fondato sul fascino, più che sulla paura. Questa relazione sociale primitiva, questa sottomissione totale in cui “non è la per- sona sola, ma l’organismo intero che obbedisce”38, si ritrova esattamente riprodotta,

nota Tarde, “nell’obbedienza quasi ipnotica delle folle a certi tribuni, degli eserciti a certi capitani”39. Nei due casi si tratta di un’obbedienza unilaterale, assoluta. Que- trattamento produsse sulla paziente una sorta di trans, di semi-inconscienza, provò “delle sensazioni straordinarie” (Ivi, p. 15), come se “delle correnti dolorose composte da una materia sottile” (Ibidem) le attraversassero il corpo, e al loro passaggio i sintomi dolorosi si attenuassero per diverse ore. Me- smer capí in seguito che la “crisi magnetica” vissuta dalla sua paziente e responsabile della ripartizio- ne armoniosa del “fluido” nel suo corpo, non poteva essere causata unicamente dai magneti. Essa era dovuta al “fluido” universale – il “magnetismo animale” – che si era accumulato nel corpo stesso di Mesmer (il magnetizzatore dunque) – e che egli le aveva poi trasmesso e ridistribuito con le sue mani, o solo con lo sguardo. Qualche anno dopo un suo allievo, il marchese di Puységur (1751-1825), fece una scoperta che si rivelò essere decisiva per lo sviluppo dell’ipnosi nel campo psichiatrico. Durante una seduta di magnetismo, un suo paziente non cadde in trans, ma in uno strano sonno che lo lasciava però lucido e cosciente, anzi più cosciente di quanto non fosse normalmente: poteva parlare con il ma- gnetizzatore durante la seduta, rispondere alle sue domande. Puységur riprodusse più volte quest’e- sperienza, e arrivò ad una duplice conclusione: che alcuni pazienti magnetizzati potevano comunicare lucidamente durante la seduta, e che la dottrina del suo maestro Mesmer era falsa. Come sottolinea Henry F. Ellenberger, la sua esperienza gli rivelò che “il vero agente della guarigione” non era un ipo- tetico “fluido magnetico” capace di esercitare un’influenza sulla persona magnetizzata grazie al ruolo di vettore giocato dal magnetizzatore, ma era piuttosto “la volontà del magnetizzatore a guarire il paziente, l’influenza che questi esercitava su di lui”. (H. F. Ellenberger, Histoire de la découverte de

l’inconscient, (1970), trad. J. Feisthauer, Fayard, Paris 1994, p. 103). Tuttavia se Mesmer e Puységur

furono gli iniziatori dell’ipnosi medica, le loro pratiche erano ancora impregnate di elementi magici ed i loro nomi caddero nell’oblio fino a che le due scuole, quella di Nancy et quella della Salpêtrière, tra il 1860 et 1880, rinnovarono e riabilitarono gli studi scientifici sull’ipnotismo. ( Per una ricostruzione de lla storia dell’ipnotismo medico vedere H. F. Ellenberger, Histoire de la découverte de l’inconscient, cit., pp. 83-137).

38 Tarde, «Qu’est-ce qu’une société?», cit., p. 504. 39 Ibidem.

sto, perché, in un certo senso la modalità originaria della relazione all’altro rimane sempre in noi, anche se in modo latente, e il capo di una folla la riattiva e la riporta, se non alla coscienza, alla superficie. Come per l’ipnotizzato, l’individuo in folla ri- trova l’istinto atavico dell’imitazione, egli è letteralmente dominato da una volontà superiore alla quale si rimette ciecamente e che imita nel tentativo di introiettarla, di farla propria, perché l’istinto d’imitazione risponde precisamente al bisogno di incor- porare l’altro, per evitare un isolamento che gli sarebbe altrimenti fatale, perché in contraddizione con il bisogno primordiale di espandersi. Facendo eco alla riflessione di Taine, Tarde dirà nella Philosophie pénale che il contagio delle passioni si intensifi- ca drammaticamente “nei grandi assembramenti tumultuosi delle nostre città”40, nei

momenti di intensa emozione e quando gli individui si trovano in una situazione di vicinanza fisica: in tal caso l’azione imitativa diventa immediata.

Quest’analogia tra un certo numero di caratteristiche psicologiche dell’individuo in folla e dell’individuo sotto ipnosi, perché entrambi perdono il loro libero arbitrio a causa di un effetto alienante proveniente da un elemento esteriore, costituirà un presupposto determinante delle analisi del giurista italiano Sighele.