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OTE Principale

3.2 L’approccio a livello di processo

Se le misurazioni sono da ritenersi strettamente legate alle scelte in termini colturali e gestionali degli agricoltori, bisogna allora focalizzare la ricerca all’interno dei confini in cui si svolgono le attività agricole: i processi di produzione agricola nelle aziende.

Nei sistemi produttivi agricoli i cicli biologici, per loro natura, catturano il carbonio, in primo luogo nel suolo. A questo vanno aggiunte la grande quantità di carbonio rimosso dai campi nel momento della raccolta, ed una quota parte di residui lasciati in campo che viene trasformata dalla flora microbica del suolo, aspetti che cambiano sulla base del sistema colturale e delle tecniche produttive (Lehuger et al., 2010).

Esistono però colture che nella parte ipogea persistono, alcune per un periodo di pochi mesi come le colture annuali, altre per anni, in formazioni legnose che catturano il carbonio, come le arboree.

Sulla parte ipogea delle colture annuali è aperto da molto tempo il dibattito con l’opinione diffusa che l’asportazione della quasi totalità della pianta (cerali, orticole) determini un bilancio pari a zero tra emissioni e assorbimenti (Provincia di Siena, 2009). Tale affermazione potrebbe essere messa in discussione se si cambia il punto di vista con cui si osserva il fenomeno. In effetti, se si guarda al processo di produzione e si definiscono i confini di analisi al livello di confini dell’azienda agricola è possibile che il bilancio cambi. I prodotti agricoli, raggiunta la loro fase di maturazione prima della raccolta, acculano carbonio e sono quindi da considerarsi come sink. All’interno di un ipotetico bilancio dovrebbero quindi essere valutati anche i prodotti stessi e tutti i sottoprodotti di natura vegetale (stoppie, paglia, residui).

Se quindi si definissero dei confini al cancello dell’azienda osservando le emissioni generate dalla produzione e le immobilizzazioni dei prodotti probabilmente il conteggio in fase di bilancio sarebbe differente.

3.2.1 Il calcolo degli assorbimenti

Alcune analisi condotte hanno provato a dimostrare quale e quanto carbonio viene immobilizzato nelle strutture vegetali (foglie, rami e radici) e quanto nei frutti. La comunità scientifica tende a considerare esclusivamente i prodotti come sommatoria di emissioni e spesso non valuta le possibili immobilizzazioni dei processi di produzione.

Proprio la variabilità nelle analisi rende questo campo di ricerca ancora molto vasto e le prime indicazioni lasciano ampio spazio a differenti valutazioni che, da un lato, sostengono la possibilità di conteggio degli assorbimenti da parte delle colture agrarie e dall’altra sollevano nuovi dubbi.

A seconda della tipologia di analisi, potrebbero essere prese in considerazione differenti componenti dell’assorbimento: da un lato quelle relative alle produzioni primarie e secondarie (prodotti e sottoprodotti) e dall’altro quelle relative alla produzione di residui colturali che concentrano carbonio, senza trascurare la possibilità di considerarle entrambe. Alcune ricerche sperimentali mostrano il potenziale contributo all’assorbimento, o meglio all’immobilizzazione, del carbonio nei tessuti vegetali, siano essi frutti, rami o radici, e quello del potenziale di immagazzinamento del carbonio all’interno dei residui di potatura.

In particolare una ricerca spagnola (Carvajal, 2009), operata su molte colture agrarie per l’intero ciclo di produzione, mostra le quantità di carbonio stoccate all’interno della coltura nelle sue diverse componenti (tabella 3.1).

Dalla tabella è possibile osservare l’ordine di grandezza della capacità di assorbimento di alcune colture agrarie; bisogna, in altri termini, considerare i dati come la possibilità di valutazione della capacità di assorbimento delle colture al momento della sperimentazione, senza prendere in considerazione né il ruolo del suolo né la tecnica colturale. Conseguentemente in questa valutazione mancano diversi elementi, quali il legame tra produttività per unità di superficie e input di processo, la precessione colturale, le caratteristiche del suolo, la capacità di stoccaggio e degradazione del carbonio per tipologia di suolo.

Questo contributo, seppur con i dovuti limiti, mostra la capacità potenziale del

l’intero sistema vegetale nello stoccaggio di CO2, a seconda della tipologia di coltura nelle

sue diverse parti costituenti, mettendo in evidenza l’effettiva capacità di immobilizzare carbonio all’interno dei tessuti vegetali (quali rami, foglie, radici e frutti).

Tabella 3.1 – Assorbimento CO2 di alcune colture agrarie

Coltura Parte della pianta [piante/ha] Densità Peso fresco [g/pianta] Peso secco [g/pianta] Stock CO2 [g CO2/pianta] Stock CO2 [t CO2/ha] Frumento Radice 1.250.000 1,5 0,7 0,7 0,9 Parte epigea 1.250.000 16,8 6,7 10,3 12,9 Radice 65.000 56,6 12,8 18,7 1,2 Indivia Colletto 65.000 96,6 6,1 8,1 0,5 Foglie 65.000 430,2 22,3 28,6 1,9 Pomodoro Radice 20.000 134 22,05 32 0,6 Colletto 20.000 1.434 296,8 440 8,8 Foglie 20.000 866 169,7 255 5,1 Frutti 20.000 3.394 510,8 862 17,2 Radici 8.200 6.242 2.788 4.599 37,7 Rami 8.200 3.615 1.387 2.335 19,1 Uva Foglie 8.200 5.187 1.737 2.491 20,4 Frutti 8.200 47.500 6.992 12.093 99,2 Tronco 8.200 1.624 800 1.347 11,0

Fonte: elaborazione da Carvajal, 2009

Ancor più complessa è la valutazione dei residui colturali di tutte quelle colture che, non avendo un ciclo che si esaurisce in una stagione, persistono sul terreno, immobilizzando massa legnosa.

Il contributo in termini di assorbimento di alcune delle colture legnose agrarie italiane, in particolare per quanto riguarda i residui colturali, è valutata in una ulteriore ricerca che quantifica la CO2 immobilizzata all’interno dei residui di potatura per alcune

colture frutticole in Italia. Tale analisi è stata redatta sulla base dei contributi del Centro di Ricerca sulle Biomasse di Perugia che ha fornito indicazioni di massima sulla media dei residui colturali prodotti dai frutteti in Italia (Cotana et al., 2005; Cavalaglio et al., 2007). I risultati mostrano come un territorio articolato e produttivo come quello italiano possa contribuire alla mitigazione degli effetti climalteranti dei GHG riuscendo ad assorbire, solo con i residui colturali di alcune delle principali colture legnose circa 1 tonnellata di CO2

ogni anno. Tale simulazione mostra il potenziale di assorbimento del processo produttivo, senza prendere in considerazione la parte vegetativa, le formazioni annuali (foglie) e i prodotti, ma limitando il conteggio al solo carbonio stoccato all’interno dei materiali vegetativi che per esigenze di produzione vengono rimossi con la potatura. Tale analisi, se estesa a tutte le colture frutticole, in funzione del solo potenziale in assorbimento dei

residui di potatura, potrebbe rivelare un sink di carbonio notevole, che non potrebbe essere trascurato in fase di conteggio. Anche qui, comunque, emergono gli stessi limiti del caso precedente, in cui la gestione colturale e il ruolo del suolo non vengono presi in considerazione.

3.2.2 Il confronto con le emissioni

Partendo dall’evidenza e dalla riflessione generale sulla relazione che esiste tra

produzione di cibo e bilancio dei flussi, in particolare per quanto riguarda la CO2, sarebbe

opportuno valutare tutte le fasi di produzione nelle quali si realizzano assorbimenti ed emissioni.

I metodi che adottano tale approccio, puntando alla determinazione dell’impatto delle pratiche agricole sui GHG, basano la valutazione su un calcolo analitico a livello di processo produttivo. In questo modo, differentemente da quanto accade per le metodologie basate sui modelli IPCC e LCA, è possibile giungere alla determinazione del contributo delle emissioni e agli assorbimenti di CO2 e, attraverso la loro aggregazione, ad un

computo dell’impatto in termini di GHG dei sistemi produttivi agricoli. Anche in questo caso possono essere adottate differenti metodologie che si distinguono sia per l’oggetto della valutazione che per le fonti di emissione e assorbimento che prendono in considerazione.

Se lo scopo è determinare l’impatto delle pratiche agricole sui GHG in termini totali, considerando sia le emissioni sia gli assorbimenti, l’unica via appare quella di pervenire a un bilancio carbonico di processo che, da un lato, computi le emissioni prodotte come effetto della specifica tecnica colturale e, dall’altro, tenga conto degli effettivi assorbimenti da parte delle biomasse vegetali cui il processo stesso ha dato origine. Si tratta di una valutazione complessa che sta impegnando numerosi studiosi, sia sul fronte delle emissioni (Lal, 2004) che su quello degli assorbimenti (Sofo et al., 2005), ma che potrebbe portare a risultati di grande utilità in una prospettiva operativa. Ovviamente, trattandosi di un metodo che agisce a livello di processo, in particolare di tipo colturale, non può tenere conto delle altre eventuali fonti di emissione e di assorbimento di GHG presenti in azienda e, per questa ragione, non può essere direttamente applicato a livello aziendale.

Per sfruttare le potenzialità di entrambe le metodologie citate ed operarne una sintesi applicativa, l’unica strada praticabile sembra quella di fare riferimento ad uno strumento di

valutazione che, pur mantenendo una connotazione analitica, consenta di effettuare il bilancio di GHG a livello aziendale. L’adozione di una tale metodologia consentirebbe di integrare la possibilità di valutare emissioni e assorbimenti di CO2 dei singoli processi

colturali con le altre voci di emissione/assorbimento degli altri gas serra non riconducibili alla conduzione delle attività colturali, opportunamente convertite in termini di CO2

equivalente, per giungere a un effettivo bilancio aziendale dei GHG.

Un simile strumento rappresenterebbe un importante riferimento per indirizzare le politiche agroambientali, per individuare gli strumenti di mitigazione più efficaci e per verificarne l’effetto a livello aziendale. Inoltre, il riconoscimento di una metodologia condivisa per la quantificazione del bilancio di emissioni e assorbimenti a livello aziendale potrebbe avere delle applicazioni in termini certificativi, consentendo, ad esempio, alle aziende che raggiungono un livello netto di emissioni negativo di dotarsi di un riconoscimento da valorizzare a livello commerciale.

C

APITOLO

4

I

MPLICAZIONI POLITICHE E DI MERCATO

NEL RAPPORTO AGRICOLTURA

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AMBIENTE