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OTE Principale

4.2 La dimensione ambientale nella PAC

Negli anni ‘80 l’evoluzione dell’agricoltura e della politica agraria diedero luogo a sempre più evidenti problemi di ordine economico e politico. Le eccedenze di produzione, associate allo spreco di risorse, l’aumento dei costi per il bilancio pubblico, le dispute interne all’Unione Europea e i primi contenziosi internazionali durante l’Uruguay Round del GATT resero indispensabile la messa in discussione dei modelli utilizzati fino ad allora per lo sviluppo e la protezione dell’agricoltura europea.

Così dai primi anni ‘90 si avviò un percorso di riforma della PAC che cercava di risolvere i contrasti interni ed esterni alla comunità europea tutelando il più possibile gli attori del settore agricolo. Nel 1992, la riforma Mac Sharry, con la riduzione dei prezzi d’intervento, l’introduzione dei pagamenti diretti e l’attivazione delle misure di accompagnamento, orientò la politica della comunità europea verso tali obiettivi.

Solo tre anni dopo l’entrata in vigore delle nuove misure, a seguito del consiglio di Madrid del 1995, si sentì la necessità di riconsiderare, ma non stravolgere, le scelte del 1992 alla luce del prossimo ingresso nella comunità dei paesi dell’Europa centro-orientale. Si predisposero, quindi, gli strumenti adatti a contrastare nuovi possibili problemi come quello della redistribuzione delle risorse di bilancio e di un possibile stravolgimento del mercato agricolo comunitario.

Per questo, nel luglio 1997, fu redatto dalla commissione il documento “Agenda 2000. Per una Europa più forte e più ampia” (Commissione Europea, 1997) che, per la prima volta, propose degli obiettivi del tutto innovativi rispetto a quelli della PAC sanciti nell’art.39 del trattato di Roma, che da sempre avevano vincolato le politiche agricole all’aumento della produzione e della protezione sociale (De Filippis et al., 1999).

Con Agenda 2000 si provarono ad introdurre nella politica europea strumenti con cui aumentare la competitività del settore agricolo, cambiare il regime del sostegno dei prezzi e delle quantità prodotte, monitorare e migliorare la sicurezza degli approvvigionamenti in termini di qualità, ma soprattutto si individuarono tra gli obiettivi principali della politica agricola le tematiche dello sviluppo rurale, della multifunzionalità, della salvaguardia ambientale e dell’agricoltura sostenibile.

Per riuscire in questo la Commissione affiancò agli strumenti della precedente riforma delle misure ancora più radicali, tra le quali il disaccoppiamento, la modulazione,

l’eco-condizionalità, l’aumento dei fondi e la creazione di un nuovo strumento programmatico che, oltre ad includere sostanzialmente le misure di accompagnamento del 1992, permetteva per la prima volta di strutturare compiutamente le politiche del cosiddetto “secondo pilastro” dello sviluppo rurale.

Tramite le riforme di alcune Organizzazioni Comuni di Mercato (OCM), la creazione del secondo pilastro e il regolamento orizzontale, il sostegno della comunità cominciava a spostarsi dalla sola produzione al più ampio sistema dell’economia rurale, modificando notevolmente l’aspetto della PAC.

Le numerose trattative della Commissione con il Consiglio avvenute nel compromesso di Berlino del 1999 si conclusero con l’approvazione di 10 nuovi regolamenti e di un nuovo vincolo di bilancio fino al 2006. Tuttavia l’innovativo carattere della riforma, così come proposta nel documento del 1997, fu notevolmente limitato.

Fissata, nell’anno 2006, la fine della programmazione, la Commissione stabilì una data intermedia alla quale sarebbero stati verificati i primi effetti della politica, garantendosi la possibilità di un intervento a breve termine su quanto appena legiferato.

Nel luglio 2002, comunicando agli stati membri i temi che sarebbero stati trattati nella cosiddetta “Verifica di metà periodo” (Mid-Term Review), la Commissione rese evidente che non si sarebbe semplicemente monitorato e revisionato l’impianto delle politiche in atto ma piuttosto ci si sarebbe imbattuti in un’altra radicale riformulazione della politica agricola comunitaria. A soli tre anni dall’approvazione del documento Agenda 2000 la Comunità Europea si preparava in pratica a discutere nuovamente gli stessi argomenti che erano stati abilmente evitati durante il vertice di Berlino.

Le ragioni che resero possibile lo svolgimento di questa importante fase di riforma sono di varia natura e possono essere ricollegate alla nuova pressione dell’opinione pubblica e di alcuni Stati membri riguardo l’elevata spesa comunitaria per l’agricoltura, alle legittime ambizioni dei nuovi Paesi entrati ed alle tensioni internazionali della conferenza WTO di Cancun. La necessità di difendere il budget destinato all’agricoltura, di rendere meno traumatico l’ingresso dei nuovi Stati nella politica agricola e di migliorare il potere contrattuale nei negoziati del commercio internazionale portarono i Paesi membri ad accettare una riforma dai contenuti fortemente innovativi, che tuttavia lasciava un ampio margine decisionale ai singoli stati membri riguardo i tempi di adozione e le modalità di gestione delle misure stesse.

determinante, in primo luogo nel Regolamento 1782/2003 (cd. Regolamento Orizzontale) in cui si decreta che il diritto a ricevere l’aiuto da parte degli agricoltori debba essere legato più al loro modo di produrre piuttosto che alla loro capacità produttiva. Di fatto, il percorso di riforma, introducendo il disaccoppiamento, sancisce che è attività agricola anche la sola manutenzione in buone condizioni agronomiche ed ambientale dei terreni e vincola al rispetto delle norme della condizionalità ambientale l’attribuzione dell’aiuto.

Altro aspetto che sancisce la transizione della PAC da politica per il sostegno delle produzioni a politica per il sostegno dei territori e dell’ambiente, è la modulazione, ovvero il meccanismo con cui nel tempo le risorse vengono spostate progressivamente dal primo al secondo pilastro.

Quanto definito nei regolamenti attuativi dell’Health Check del 2009 e quanto proposto dalle principali comunicazioni che stanno caratterizzando l’attuale fase di riforma della PAC confermano che la questione ambientale si è mantenuta una sfida basilare per l’agricoltura europea, per la quale sono stati via via declinati nuovi strumenti per “inverdire” ancora di più il primo pilastro e rafforzare l’incisività delle azioni agroambientali virtuose promosse con lo sviluppo rurale. In particolare, tra le sfide incluse nelle politiche di sviluppo rurale si dà forte risalto alla questione del cambiamento climatico, inserendolo tra le sei priorità su cui far convergere la spesa.