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OTE Principale

4.4 Le misure agro-climatico-ambiental

L’attuale modifica delle misure agroambientali in misure agro -climatico -ambientali è, come già evidenziato, l’esito del complesso processo di riforma e transizione della PAC verso una più esplicita funzione ambientale, in linea con gli obiettivi di Europa 2020. Le misure agroambientali sono solo alcune delle iniziative volontarie all’interno di un pacchetto molto complesso che investe l’intera politica dello sviluppo rurale, essendo questa il risultato congiunto di fattori esogeni ed endogeni (connessi alle specificità socio- economico-ambientali del territorio) e di processi negoziali tra attori locali portatori di interessi diversificati ma integrabili in una strategia collettiva e condivisa (Sotte, 2007).

La strategia e gli obiettivi declinati nel Reg. CE 1698/05, che regola l’attuale periodo di programmazione 2007-2013, attualmente in fase conclusiva, sono articolati secondo tre assi distinti, all’interno dei quali sono presenti misure ad adesione volontaria. Le misure indicano i tre grandi orientamenti dello sviluppo rurale, non alternativi ma complementari tra loro, ai quali si possono dare pesi diversi, secondo le peculiarità dei territori, senza tuttavia ignorarne completamente alcuno.

Il primo di questi grandi orientamenti è quello di restituire competitività al sistema delle aziende agricole e forestali, spingendole verso l’innovazione e ricollegandole ai bisogni dei consumatori e alle filiere agroalimentari.

Il secondo orientamento è quello della sostenibilità ambientale. Qui si sono riunite tutte le misure agroambientali e forestali, aggiungendo gli impegni in essere all’interno della Rete Natura 2000, l’adeguamento alle condizioni per il ricevimento dei pagamenti

diretti, il benessere degli animali, i pagamenti per i servizi ambientali prestati dalle aziende quando eccedono i minimi obbligatori. Si tratta di un insieme d'interventi ancora eterogeneo, ma che disegna un approccio più organico tra agricoltura ed ambiente e, quindi, che contribuisce a definire meglio il concetto di sostenibilità agricola cui si vuole dare attuazione a livello comunitario. In prospettiva, l'insieme di vincoli ed opportunità ambientali potrebbe trasformarsi in una leadership tecnologica e in un vantaggio competitivo per questo settore.

Il terzo orientamento punta alla diversificazione dell’economia rurale e alla qualità della vita. Oltre all’esplicito riconoscimento che questi due aspetti sono indispensabili alla sostenibilità sociale ed economica delle zone rurali, c’è qui anche il riconoscimento delle nuove funzioni che le zone rurali svolgono per la società moderna: offrire opportunità di lavoro diverse, servizi per il tempo libero alle popolazioni urbane, residenza e costo della vita più convenienti, nuovi stili di vita, un laboratorio per nuove iniziative imprenditoriali, luoghi di decentramento produttivo.

In seguito all’Health Check del 2009 (Reg. CE 74/2006) nuove sfide entrano all’interno degli obiettivi dello sviluppo rurale. Esse riguardano in particolare i cambiamenti climatici, le energie rinnovabili, la gestione delle risorse idriche, la biodiversità, la ristrutturazione del settore lattiero‐caseario e l’introduzione di innovazioni.

In pratica, all’interno del set di misure del Regolamento 1698/2005 (che non è stato modificato per effetto dell’Health Check), ciascuna Regione ha individuato delle azioni, direttamente connesse alle singole sfide, alle quali sono state destinate le risorse. In particolare per quanto riguarda la priorità strategica dei “cambiamenti climatici”, si richiede al settore agricolo e forestale un maggiore contributo alla limitazione dell’emissione di gas a effetto serra e all’aumento del sequestro del carbonio.

Tra le azioni‐chiave proposte in tal senso vi sono: l’utilizzo delle misure dell’asse I per il sostegno ad investimenti per il risparmio energetico e la produzione di energie alternative; le misure dell’asse II per azioni a favore della riduzione delle emissioni e del sequestro del carbonio; le misure dell’asse III a favore di investimenti nelle energie rinnovabili; infine, interventi in favore dell’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici da realizzarsi anche attraverso l’asse IV (RRN, 2009).

In un contesto di quasi totale assenza di azioni di incentivazione ed indirizzo direttamente collegate al Protocollo di Kyoto, la politica di sviluppo rurale ha quindi rappresentato uno dei principali strumenti di finanziamento di azioni indirizzate alla

mitigazione dei cambiamenti climatici per il settore primario (Cesaro, 2010).

Il nuovo sviluppo rurale proposto nelle prime comunicazioni e proposte scambiate tra Commissione e Parlamento Europeo (Commissione Europea, 2011; Commissione Europea, 2012) sarà organizzato in sei priorità, proprio per riuscire a far propri gli obiettivi della strategia di Europa 2020:

Priorità 1: Promuovere il trasferimento di conoscenze e l’innovazione nel settore agricolo e forestale e nelle zone rurali;

Priorità 2: Potenziare la competitività dell’agricoltura in tutte le sue forme e la redditività delle aziende agricole;

Priorità 3: Promuovere l’organizzazione della filiera agroalimentare e la gestione dei rischi nel settore agricolo;

Priorità 4: Preservare, ripristinare e valorizzare gli ecosistemi dipendenti dall’agricoltura e dalle foreste;

Priorità 5: Incentivare l’uso efficiente delle risorse e il passaggio a un’economia a basse emissioni di carbonio e resiliente al clima nel settore agroalimentare e forestale; Priorità 6: Adoperarsi per l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e lo sviluppo

economico nelle zone rurali.

Tra queste, la quarta e la quinta riguarderanno in misura maggiore le tematiche di gestione ambientale delle risorse.

Il modello di differenziazione delle condizioni di accesso agli aiuti PAC per la produzione di benefici ambientali sembrerebbe allora ricalcare quello raccomandato in un rapporto della Corte dei Conti Europea (2011 e 2012), in cui si suggeriva alla Commissione di articolare le attuali misure agro-ambientali 2007-2013 in tre componenti: (a) una, più semplice e generalizzata, che comprende azioni agroambientali con una relativamente bassa intensità di aiuto; (b) una con azioni più rigorose e con un'alta intensità di aiuto; (c) una specifica di supporto per l'agricoltura biologica.

Di fatto, la prima componente si identifica proprio con l’attuale proposta di greening, mentre la seconda e la terza con le misure agro-ambientali e di agricoltura biologica previste dalla proposta di regolamento sullo sviluppo rurale. Al di là delle problematiche intrinseche all’applicazione del greening in Italia (De Filippis e Frascarelli, 2012), quello che preme sottolineare sono le implicazioni negative per le misure agro-ambientali, che subiscono una sorta di effetto spiazzamento. Ciò deriva essenzialmente dall’innalzamento della baseline per accedere ai pagamenti agro-ambientali, in quanto la nuova soglia

includerà requisiti maggiori e più stringenti. A queste, infine, si aggiungono quelle che vanno a condizionare l’erogazione del pagamento ecologico. Ciò implica un restringimento delle condizioni di accesso ai pagamenti agro-ambientali, con una presumibile riduzione di convenienza per gli agricoltori che dovranno dimostrare di subire rilevanti perdite di reddito o aumenti di costo in seguito al rispetto degli impegni agro-ambientali.

Il sostegno delle future misure agro-ambientali, così facendo, diventerà più mirato e selettivo, in quanto sosterrà quelle pratiche agricole più rigorose; nello stesso tempo è da valutare quanto i premi riescano a coprire realmente i minori redditi e/o i maggiori costi. Viceversa, chi pratica il biologico, non dovendo rispettare gli obblighi per il pagamento ecologico aggiuntivo, potrebbe godere di una sovra-compensazione (Mantino, 2012).

La sfida per la politica sarà quindi quella di indentificare le pratiche agricole più rigorose, quelle per le quali è giusto sostenere il reddito. A sostegno di questa lettura il Consiglio UE ha diffuso nel maggio 2012 un documento ufficiale di ridiscussione delle proposte legislative sul greening, che prevede l’esclusione dagli obblighi del greening per quelle aziende che adottano misure agro-ambientali nell’ambito del II pilastro o aderiscono a regimi di certificazione ambientale regolati dalle legislazioni nazionali (UE, 2012). La nuova proposta prevede che queste misure debbano soddisfare alcune condizioni tra cui:

1. deve trattarsi di impegni ambientali che vanno oltre i requisiti dei pagamenti verdi; 2. deve essere coinvolta l’intera azienda (a differenza delle aziende biologiche, che

possono essere esentate dal greening anche solo per la parte a produzione biologica); 3. l’impegno deve presentare caratteristiche simili a quelle del greening (ad esempio la

rotazione può corrispondere alla diversificazione colturale).

Non è un caso che fin dai primi anni di applicazione le misure agro-ambientali abbiano suscitato un grande interesse negli operatori agricoli. Gli strumenti economico- finanziari volontari - che cercano di internalizzare nel sistema produttivo gli effetti esterni delle attività produttive sull’ambiente - si dimostrano più efficienti nell’assicurare la fornitura di beni ambientali (e/o la riduzione delle esternalità negative) rispetto alle politiche giuridico-coattive. Queste ultime, infatti, oltre ad essere politicamente difficili da applicare (soprattutto quando coinvolgono forti gruppi di pressione), possono generare distorsioni nell’allocazione delle risorse, richiedono complessi e costosi sistemi di controllo e possono provocare fenomeni di disaffezione ed abbandono delle tradizionali buone pratiche di gestione agricola (Merlo et al., 1999; Povellato et al., 2001).

rapporto equilibrato tra incentivi finanziari destinati ai produttori e richieste in termini di limitazioni tecniche o miglioramenti ambientali, ma anche da un insieme di fattori propri dell'azienda e del suo conduttore. I fattori che, insieme all’incentivo, contribuiscono a dare efficacia ai programmi agroambientali sono di tipo sociologico, strutturale e organizzativo (interazioni tra i soggetti coinvolti nell’attuazione, quali: agricoltori, servizi di sviluppo, organizzazioni di categoria e enti locali).

Infine, la definizione di misure agroambientali efficienti risulta complessa, a causa delle condizioni di asimmetria informativa in cui versa il settore agricolo. Il policy design si scontra, in particolare, con la risoluzione dei fallimenti del mercato dovuti ai possibili comportamenti opportunistici dei beneficiari (soprattutto la selezione avversa e l’azzardo morale), nonché con gli eventuali fallimenti dello stato (Moxey et al., 1998; White, 2002). Rispetto a quest’ultimo aspetto, in particolare, il problema è nella definizione di strumenti efficienti nell’allocazione delle risorse pubbliche e capaci di sortire l’effetto desiderato presso i destinatari delle politiche. Relativamente al primo elemento, negli ultimi anni è andata crescendo la consapevolezza che l’implementazione di politiche volontarie, oltre a comprendere costi diretti, implichi anche dei costi di transazione associati alle attività di informazione, promozione, contrattazione e controllo, sostenute dall’ente pubblico e dai beneficiari (De Benedictis, 1998).

Dal punto di vista del destinatario e utente dei servizi messi in essere dalle autorità di gestione dei prossimi PSR, assume un carattere di grande incertezza la questione della adesione alle misure agro-climatico-ambientali; non è ancora chiaro, infatti, se e con quali mezzi possano essere valutati gli impegni assunti in chiave ambientale.

Sarebbe infatti opportuno accompagnare le scelte di impegno ambientale a una valutazione in merito ai risultati attesi. Per questo scopo, sarebbe allora necessario inquadrare metodologie adatte ad attribuire chiari obiettivi e termini dell’impegno sottoscritto dall’impresa in fase di risposta ad un bando. Da una parte bisognerà quindi definire la performance ambientale sotto il punto di vista della valutazione, dall’altra sarà opportuno stabilire un criterio comune con cui sostenere ed erogare il sussidio.

In particolare, rispetto al tema dei cambiamenti climatici, le azioni da intraprendere per definire gli intervalli di giudizio con cui valutare l’esito di un impegno assunto da un agricoltore necessitano di un sistema più affidabile di misurazione dell’impatto ambientale generato dall’azienda, ad esempio attraverso una quantificazione dei flussi di GHG.