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L’Archivio Storico Comunale di Iglesias (ASCI)

4. Le fonti per lo studio del notariato ad Iglesias

4.2. L’Archivio Storico Comunale di Iglesias (ASCI)

I fondi archivistici fin qui menzionati non comprendono tuttavia soltanto atti rogati da notai operanti nele vesti di liberi professinisti ma anche documenti da loro redatti in qualità di pubblici funzionari ossia scrivani della curia del Capitano, o del Camerlengo o del Consiglio di città. Atti di questo genere, ma relativi al periodo catalano si sono inoltre potuti acquisire dall’Archivio Storico del Comune di Iglesias (ASCI)387. Questo istituto di conservazione costituisce uno dei fondi documentari più rilevanti della Sardegna, tanto per il valore, dal punto di vista paleografico, dei suoi manoscritti, quanto per la ricchezza del contenuto storico. Due aspetti fondamentali per la storia della città fanno infatti di questo archivio un ambito di particolare interesse per gli studiosi: da un lato, il fatto che Iglesias si trovi nel territorio della Sardegna che per primo fu conquistato dalle truppe catalani al comando dall’infante Alfonso durante la spedizione del 1323388 – spedizione durante la quale si produssero, logicamente, i primi documenti catalani nell’Isola389; e

dall’altro, il fatto che si tratti di una città che subì soltanto una sostituzione parziale dei suoi abitanti, a detrimento dei Pisani e a favore dei conquistatori catalano-aragonesi. La straordinaria ricchezza dell’archivio medievale, però, è diminuita in maniera progressiva dal XIV secolo fino ai tempi nostri; un fenomeo che, secondo Michele Pinna, va attribuito non tanto alla negligenza degli archivisti e delle autorità locali, quanto alla malignità di certi feudatari che, già dal XV secolo, avrebbero fatto sparire i documenti che contrastavano i loro interessi390. Comunque sia, l’effettiva perdita di materiale

387 M. Pinna, L’Archivio Comunale di Iglesias, Cagliari-Sassari, 1898; C. Castelli, Ordinamento e

tenuta dell’Archivio Comunale secondo la classificazione adottata nell’Ufficio comunale d’Iglesias, Roma,

1877; C. Sanna, L’Archivio Storico Comunale d’Iglesias, in Studi su Iglesias medioevale, Pisa, 1985; G. Casti, Indice generale, dattiloscritto firmato a Iglesias il 25 novembre del 1965, che può essere consultato presso l’archivio stesso. Per quanro concerne poi alcune considerazioni sulla lingua dei documenti si veda: Joan Armangué i Herrero, Continuità della lingua catalana in Sardegna fra Medioevo ed età moderna, in «Insula», num. 9 (dicembre 2010), pp. 5-23.

388 Per approfondire qualsiasi aspetto relativo alla storia di Iglesias, si veda M. Tangheroni, La città

dell’argento, cit.

389 «Il primo documento spedito dall’Infante Alfonso nell’isola di Sardegna, datato nell’accampamento nei pressi della località di Sela, ‘in castris iuxta locum de Sels’, probabilmente Sols, [corrisponde] al giorno 26 giugno» del 1323; cfr. F. Soldevila, Les quatre grans cròniques, Barcellona, Selecta, 1971, p. 1165. Al 5 luglio, al tempo stesso, corrisponde il primo documento spedito durante l’assedio di Iglesias; si veda anche CDE, docc. XV, XX e XXII.

390 «Non basta infatti l’accertare che alcuni officiali di Vila di Chiesa [...] fossero soliti appropriarsi i privilegi e le scritture appartenenti alla Città; non basta neppure il sospettare, sebbene non senza fondamento, che molte altre carte dei tempi posteriori siano state [...] sottratte negli anni che Vila di Chiesa durò sottoposta in feudo al Conte di Quirra, ed anche più tardi dai Capitani Aragonesi che cercavano occuparne le possessioni od averle dal Re in dono od in feudo»; cfr. M. Pinna, L’Archivio Comunale di

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documentario ha fatto sì che al fondo relativo ai secoli XIII-XVIII mancasse quella continuità, correlazione e, in definitiva, quella consistenza che corrispondeva all’archivio originario, «in rapporto – scrive Pinna – alla gran massa di atti che a giusto titolo avrebbe dovuto possedere una città cospicua come quella d’Iglesias»391.

La responsabilità della perdita della documentazione più antica è comunque imputabile soprattuto all’incendio del 1354 che distrusse la città e con essa le carte della Corte con l’unica eccezione del Breve di Villa di Chiesa. Questo è un codice membranaceo la redazione del quale va collocata tra il 7 giugno del 1324 e il 7 giugno del 1327392. «In ogni caso – scrive L. D’Arienzo – la sua scrittura è da attribuirsi ad uno

dei notai ecclesiensi della curia cittadina di Iglesias, di formazione culturale pisana, come attestano la lingua schiettamente pisana e la scrittura gotica libraria di tipo italiano»393.

Per ciò che concerne la lingua del Breve, occorre tener conto di quanto scriveva il Baudi di Vesme: «Un giudice competentissimo in questa materia, il commendatore Francesco Bonaini, mi asseriva che questo [Breve] era in volgare pisano assai più schietto che non quanti statuti pisani contiene la sua bella raccolta»394.

Per ciò che concerne invece i documenti anteriori alla data del ricordato incendio, se ne conoscono solamente le copie provenienti da altri archivi e quelle che, a partire dal 1358, i consiglieri di Iglesias hanno richiesto alle autorità catalane allo scopo di autenticare i privilegi che erano contenuti nei documenti dell’archivio di Barcellona.

La storia della città durante il dominio dei conti di Donoratico e, successivamente al 1295, del Comune di Pisa, perciò, deve essere ricostruita soprattutto a partire da queste copie autentiche della metà del XIV secolo e da tutta la relativa documentazione custodita dall’Archivio della Corona d’Aragona395. Fin da quando Costantino Castelli, collaboratore del conte Carlo Baudi di Vesme, ha portato a termine, anteriormente al 1865, i primi lavori di riorganizzazione, i documenti dell’ASCI si articolavano in due grandi sezioni: l’«Archivio generale o di deposito» – al quale l’Indice di Casti si riferisce con l’espressione «Sezione Separata» – e l’-«Archivio corrente» che contiene la documentazione più recente. La «Sezione Separata», che contiene un totale di 1.261 documenti, si divide al contempo nelle sezioni I («Breve di Villa di Chiesa e fogli pergamenacei e cartacei») e II («Atti diversi dall’anno 1448 al 1925»)396. Come ha fatto

391 Ivi, p. 7.

392 L. D’Arienzo, Il codice del Breve pisano-aragonese di Iglesias, cit., p. 79. Francesco Artizzu scrive, però, che «la sua redazione definitiva si può far risalire al 1304 all’incirca»; cfr. Pisani e catalani

nella Sardegna medioevale, cit., pp. 171-172.

393 L. D’Arienzo, Il codice del Breve pisano-aragonese di Iglesias, cit., p. 79.

394 F. Bonaini, Statuti inediti della Città di Pisa dal XII al XIV secolo, Firenze, 1854-1857

395 C. Sanna, L’Archivio Storico Comunale d’Iglesias cit., pp. 263-264. 7 Le sezioni II e III dell’Archivio raccolgono, rispettivamente, «Atti diversi dall’anno 1448 al 1925» (atti 120a-1261) e «Atti della congregazione di Carità d’Iglesias [1840-1939]».

396 Le sezioni II e III dell’Archivio raccolgono, rispettivamente, «Atti diversi dall’anno 1448 al 1925» (atti 120a-1261) e «Atti della congregazione di Carità d’Iglesias [1840-1939]».

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notare Joan Armangué i Herrero397 la sezione I della «Sezione Separata», che si compone di 120 documenti datati tra il 1327 e il 1767, è sorta grazie all’interesse del conte Carlo Baudi di Vesme nei confronti dei fondi documentari dell’archivio di Iglesias, mentre preparava il suo monumentale Codice Diplomatico. In effetti, il segretario Castelli si incaricò della classificazione e della successiva conservazione dei documenti provenienti dall’ASCI, che Baudi di Vesme doveva trascrivere nel suo Codice Diplomatico, secondo le stesse modalità con cui Ignazio Pillito e Leopoldo Tanfani offrivano copie di documenti scelti rispettivamente tra i fondi degli archivi di Cagliari e di Pisa. Fu così che Baudi di Vesme giunse a mettere insieme tutta una serie di documenti di grande importanza per la storia di Iglesias. Il suo Codice Diplomatico accoglie, in effetti, non soltanto il Breve, ma anche un’importantissima collezione di documenti relativi al periodo pisano, del XIII secolo, e una selezione – più rigorosa quanto più prossima ai tempi nostri – dei documenti dell’ASCI datati tra il XIV e il XVII scolo. Ciò nonostante, scrive Pinna, «il disordine regnante fra le scritture sottrasse alla più diligente ricerca alcune di esse»398, di modo che in seguito alla pubblicazione del Codice Diplomatico di Baudi di Vesme si scoprì una serie di documenti che andarono ad arricchire la sezione I della «Sezione Separata». Lo stesso Pinna si fece carico della pubblicazione della maggior parte di questi documenti nell’Appendice del suo inventario; soltanto, però, dei «documenti scelti tra i più importanti e di maggiore interesse storico», che costituivano testimonianze «di notevole importanza per la storia particolare della città»399. Il documento num. 1 della «Sezione

Separata», è il ricordato Breve di Villa di Chiesa mentre i documenti contrassegnati dai numeri dal 2 al18 della sezione I della «Sezione Separata», redatti in latino, si riferiscono alla rivolta che causò l’incendio del 1354 e trattano delle misure che furono prese per ripopolare la città (num. 2-6), oppure contengono le copie che i consiglieri sollecitavano per confermare i privilegi che, una volta scomparsi gli originali, occorreva estrarre dall’archivio di Barcellona (num. 7-18). Nessun documento di questa sezione, però, per le sue caratteristiche linguistiche offre testimonianza delle relazioni che la città di Iglesias e i feudatari o il Comune di Pisa avevano mantenuto durante il XIII secolo ed il primo quarto del XIV. Baudi di Vesme, nondimeno, pubblica nel suo Codice Diplomatico un documento collegato alla rivolta del 1354 che contiene, al contempo, un frammento redatto in volgare italiano. Si tratta del documento CV del XIV secolo, esteso a «Villa Ecclesie» il 6 febbraio 1363, che include una petizione di Monna Fiore, «vedova di Tomeo dell’Astia, borghese di Villa di Chiesa», indirizzata al governatore Asbert

397J. Armangué i Herrero, Continuità della lingua catalana in Sardegna, fra Medioevo ed età

moderna, in «Insula», 9, 2009, pp. 5-23.

398 M. Pinna, L’Archivio Comunale di Iglesias cit., p. 14.

399 Ivi, pp. 15 e 155. Pinna ricorda soltanto in due occasioni i motivi che l’hanno spinto a non tenere in conto alcuni dei documenti. Scarta, così, il doc. 48 «perché non contiene alcuna notizia storica di rilievo»; e il 61, di tematica algherese, «perché estraneo alla storia di Iglesias». Rimangono inediti, così, i documenti 48, 51, 56, 61, 81, 98, 99, 106, 108, 110-112 e 114-119 di questa sezione, tra i quali i num. 81, 98, 99, 108, 110 e 111 sono redatti del tutto o in parte in catalano.

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Satrillas; documento che occorre studiare con molta attenzione per come si collegherebbe, attraverso una copia dell’Archivio di Stato di Cagliari che il Martini raccolse successivamente400 ai famosi «falsi d’Arborea». Sempre Armangué i Herrero fa notare inoltre che tra i manoscritti conservati nella «Sezione Separata» dell’ASCI spicca l’altro unico documento redatto in volgare italiano – escludendo chiaramente i documenti piemontesi posteriori al marzo del 1723, che questa sezione accoglie401: si tratta de «Li Capituli et supplicacioni presentati a la Sacra Regia Magestati di lu Serenissimu Signur Re di Sichilia et primogenitu de Araguna», una serie di privilegi che il re Martino concesse alla città di Iglesias nel luglio del 1409 e che ci sono giunti attraverso una copia del febbraio del 1421402.

Il primo documento catalano che Baudi di Vesme pubblica nel Codice Diplomatico, estratto dal Memoriale del Coscojuela, consiste nelle «Credenziali date dall’Infante Alfonso al nobile Francesco d’Aurats», inviato in missione segreta presso «Hugo, Vezcomte de Bas e Jutge d’Arborea». L’infante Alfonso firmava questo documento «en lo setge de Vila d’Esgleyes» il 20 dicembre 1323403.

Così come ci ricorda Pietro il Cerimonioso nella sua Crònica404, «fo lo temps que el senyor infant estec en lo setge de la Vila d’Esgleies, del temps que hi posà lo dit setge entrò que la dita vila li fo restituïda o li fo retuda, set meses e deu dies»405, ossia dal 28 giugno 1323 al 7 febbraio 1324, giorno in cui l’infante riuscì ad entrare nella città con i suoi uomini. Il documento che Baudi di Vesme trascrive, tenendo conto che l’infante Alfonso era giunto nell’Isola l’11 giugno 1323, costituisce pertanto uno dei primi testi catalani redatti in Sardegna. Il primo documento catalano conservato presso l’ASCI, però, è molto posteriore: si tratta di una petizione, siglata a Iglesias il 6 febbraio 1421, con la quale il procuratore e i consiglieri della città richiedevano al re che volesse «fer e dir, statuhir e ordenar perpetualment observadors los capítols e ordinacions» che in quell’occasione venivano proposti. A partire da questa data, il catalano apparirà frequentemente e in modo naturale, a graduale discapito del latino, nei documenti conservati nell’ASCI, firmati tanto dal re quanto dai feudatari iglesienti, dai consiglieri

400 ASCA, AAR, codice K 1, fol. 40v; si veda P. Martini, Le Pergamene e i Codici Cartacei

d’Arborea, Cagliari, 1863, p. 178; F. Loddo Canepa, Dizionario archivistico per la Sardegna, in «Archivio

Storico Sardo», XVII (1929), s.v. «Carte d’Arborea».

401 Questa data corrisponde al primo documento piemontese della «Sezione separata», sezione I, il num. 116, che non fu trascritto né da C. Baudi di Vesme né da M. Pinna. I num. 117-119, ugualmente inediti, sono redatti anche in italiano.

402 «Sezione Separata», doc. 23; se ne veda la trascrizione in CDE, sec. XV, doc. II, col.630. 403 CDE, sec. XIV, doc. XXVII. Questo documento si integra con quelli che pubblicano P. Tola, CDS, I, s. XIV, doc. XXIII, p. 671, del 26 dicembre 1323, redatto in catalano; e CDE, sec. XIV, doc. XXVI, del 12 ottobre 1323, redatto in latino.

404 F. Soldevil, Les quatre grans cròniques, cit. p. 1012

405 Il re Pietro il Cerimonioso dedica allo sbarco dell’infante Alfonso in Sardegna i paragrafi 14-25 del cap. 1 della sua Crònica; si veda anche la Crònica di Ramon Muntaner, capp. CCLXXIII-CCLXXIV.

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della città e, in definitiva, dai funzionari locali. L’ultimo documento redatto in catalano corrisponde ad un mandato esecutivo, datato il 19 gennaio 1691, relativo ad una sentenza della Reale Udienza pronunciato a favore della città di Iglesias406. È dell’8 ottobre 1543, nondimeno, il primo documento castigliano di questa sezione, sottoscritto a Sorgono da «Don Carlo e donna Giovanna sua madre, Re di Castiglia e di Aragona», i quali «confermano a favore della città di Iglesias il privilegio di 1518, di non concedere giammai in allodio nessuna villa, luogo o terra circostanti alla detta città»407. In modo graduale, a partire da quell’anno, il castigliano andrà sostituendo il catalano, che sparirà in maniera definitiva, sempre all’interno della sezione I della «Sezione Separata» dell’ASCI, il 14 gennaio del 1708, data in cui un notaio iglesiente notifica a Joan Baptista Gessa, «comissari de Vila Massàrgia», il mandato esecutivo di una sentenza pronunciata il 12 gennaio 1675408. Carlo d’Austria, infine, firma a Vienna il 12 ottobre 1714 l’ultimo documento castigliano della sezione409. Ciò nonostante, questa lingua accompagnerà alcuni documenti dell’archivio fin quasi un secolo oltre: il segretario Francesco Pinna Deidda, funzionario del consiglio comunale di Iglesias tra gli anni 1793 e 1806, scriverà nell’ultimo foglio del Breve di Villa di Chiesa una nota, secondo la quale «consta este volumen de 146 ojas escritas».