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Il notaio del Camerlengo

5. I notai ad Iglesias: gli scrivani pubblici

5.6. Il notaio del Camerlengo

L’ufficio del Camerlengo di Villa di Chiesa era regolato da apposite normative contenute nel Breve Pisani Populi et Compagnarum del 1306 e aggiornate poi nel 1313. Vi si disponeva che l’ufficio del camerlengo avesse alle sue dipendenze un notaio con funzioni di pubblico scrivano. Per quanto nel codice legislativo cittadino i suoi compiti non fossero descritti o regolati nel dettaglio possiamo conoscerli meglio grazie agli stessi statuti pisani che, infatti, dispongono:

« …notarii Camerariorum Castelli Castri, Ville Ecclesie, et Terre Nove Judicatus Galluri, et salinariorum salinarum de Kallari, teneantur et debeant successoribus eorum copiam dimictere omnium introituum et exituum, et a quibus habuerint, et quibus dederint, et quo tempore, et aliarum scripturarum omnium factarum tempore eorum officii; ita quod possit per modulatores

449 BVC, III, XXX. 450 BVC, I, XXII.

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Sardinee et per alios quibus expedient copia apparere: ad penam librarum vigintiquinque denariorum cuique contra facienti tollendam»451.

Il notaio del camerlengo aveva dunque l’incarico di tenere i libri contabili in cui egli stesso annotava le entrate e le uscite della pubblica amministrazionie cittadina. I requisiti richiesti per l’immissione in questo ufficio non dovettero esser diversi da quelli richiesti per i tre notai della corte. E come per quelli anche in questo caso sono assai scarse le informazioni sui professionisti che ricoprirono questo ufficio nel periodo “pisano”. Tra le poche figure emerse relative al periodo pisano vi è quella del notaio Jacopo Bonamici da Camuliano che affiancò il camerlengo Giovanni Moscerifo negli ultimi anni del governo pisano in Villa di Chiesa e che, una volta caduta la città nelle mani degli aragonesi, fece rientro a Pisa dove, nel dicembre del 1324, consegnò i suoi libri di conto agli Anziani del Popolo452. Fatte salve queste notizie si rileva che anche per quanto riguardo la stessa magistratura della camerlangia non si hanno a disposizione molte informazioni. È noto che durante la signoria dei conti Guelfo e Lotto della Gherardesca, fu camerlengo di Villa di Chiesa Balduccio Speziale de Pecciore e in quella veste lo troviamo infatti, nel 1295, impegnato nell’acquisto di settantasette starelli di frumento453. Lo rincontriamo, nel medesimo ufficio, nell’aprile del 1300, intento, ancora una volta, a comprare grano per rifornire la città454. Si ha poi notizia della camerlangia di Colus Salmuli che esercitò l’ufficio per conto del Comune di Pisa, nel 1314455, così come

fece, intorno allo stesso periodo, anche Giovanni, detto Vanni, Bonanni456. Bacciameo

Lamberti fu invece camerlengo di Villa di Chiesa nel 1318457, mentre, nel febbraio del 1324, sul volgere dell’influenza di Pisa sulla cittadina mineraria, la medesima magistratura civica era affidata a Giovanni Moscerifo che fu l’ultimo camerlegno di Villa di Chiesa desingato da Pisa458.

Sebbene l’ufficio del camerlengo fosse stato introdotto in Sardegna dai pisani con funzioni di tesoriere e un mandato temporale di durata annuale fu mantenuto in Gallura e a Villa di Chiesa anche dai re catalani459. Questi ultimi – nonostante avessero un omonimo

451 F. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa dal XII al XIV secolo, Firenze 1854-1870, 3 voll, II vol, p. 617.

452 CDE, sec. XIV, doc. XXXVI, col. 394. 453 CDE, sec. XIII, doc. IV.

454 Documenti inediti relativi ai rapporti economici tra la Sardegna e Pisa nel Medioevo, a cura di F. Artizzu, cit., vol. I, doc. 36, pp. 52-56.

455 CDE, sec. XIV, doc. IV. 456 CDE, sec. XIV, doc. VI. 457 CDE, sec. XIV, doc, X. 458 CDE, sec. XIV, doc. XXIX.

459 G. Olla Repetto, Gli Ufficiali regi di Sardegna durante il regno di Alfonso IV, Cagliari 1969, p. 20.

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ufficiale che era però il gentiluomo di camera del re e custodiva il suo sigillo segreto460 – non solo ne riconobbero le competenze amministrative in materia finanziaria, contabile e patrimoniale ma, specie per nel caso iglesiente, ne ampliarono in modo significativo le responsabilità e non posero limiti temporali prefissati al suo mandato461.

Nel dettaglio, a questo funzionario di nomina regia si dava piena facoltà di percepire direttamente o tramite altri ufficiali dipendenti tutte le rendite spettanti alla Corona e relative all’ambito territoriale della sua giurisdizione e di provvedere con il denaro così incamerato ad evadere tutte le spese sostenute nella stessa zona dall’erario regio462. Proprio per le sue competenze a ricevere rendite di ogni natura e a spendere il denaro in suo possesso, il camerlengo andava pertanto a distinguersi nettamente dagli altri organi dell’amministrazione patrimoniale locale e dagli altri ufficiali come, per esempio, i doganieri e i salinieri che potevano procedere solo all’esazione di tributi specifici, in questo caso, dogane, saline463.

Ad Iglesias il camerlengo divenne così una magistratura di primo piano che poté esercitare funzioni che travalicavano i limiti della città o del territorio della sua giurisdizione ed interessarono, per certi settori, tutta l’Isola464.

Sovrintendeva all’attività mineraria, riceveva e appaltava le rendite della Villa, affrancava, vendeva o concedeva in locazione le fosse465, le ‘trente’ 466; e ancora: nominava e deponeva, su indicazione regia, i maestri di moneta, gli scrivani, i misuratori e pesatori della vena467 e tutti gli altri ufficiali delle «argentiere»; affittava od appaltava,

in perpetuo o per un tempo determinato le case, gli orti, le vigne regie; acquistava argento per le necessità della zecca, pagava il salario degli ufficiali reali, di quelli della zecca e degli operai delle miniere468.

Probabilmente proprio per questo aggravio di funzioni l’ufficio di camerlengo che, nel periodo pisano, era stato esercitato in forma esclusivamente individuale, divenne, nel nuovo contesto dell’amministrazione regia di Villa di Chiesa, prevalentemente collegiale e affidato a due funzionari che esercitavano il mandato contemporaneamente. Costoro, nell’ambito cittadino sottostavano al solo Capitano mentre nel più ampio quadro della

460 O. Schena, Le leggi palatine di Pietro IV d’Aragona, Cagliari 1983, p. 131. 461 M. Tangheroni, La città dell’argento, Napoli 1985, p. 254.

462 G. Olla Repetto, Gli Ufficiali regi di Sardegna durante il regno di Alfonso IV, cit., p. 21. 463 Ibidem.

464 G. Olla Repetto, Gli Ufficiali regi di Sardegna durante il regno di Alfonso IV, p. 22.

465 Sono i pozzi scavati nelle viscere delle montagne per cercare il metallo. Ogni fossa poteva appartenere ad uno solo od a un gruppo di proprietari, che complessivamente si chiamavano compagnia.

466 Erano le parti in cui si suddivideva il capitale della compagnia e possono considerarsi come le attuali azioni.

467 L’unità di misura usata era il corbello - di entità non ancora definita - il cui prototipo, dato dalla pila marmorea che stava dentro il chiostro della corte del Capitano, serviva a controllare i corbelli di uso corrente.

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Corona dovevano rendere conto del proprio operato all’amministratore generale, del quale erano dipendenti gerarchici e stretti collaboratori469.

Il loro salario nel 1331 era di circa 74 lire l’anno, ma al tempo di Pietro il Cerimonioso si stabilizzò sulle 100 lire470. Interessante notare che quando l’ufficio veniva esercitato in forma collegiale da due funzionari, questi non sempre ricevevano uguale compenso ed è pertanto lecito supporre che svolgessero mansioni tra loro in qualche modo diversificate o godessero piuttosto di un diverso prestigio personale e di conseguenza di una differente considerazione da parte della Corona.

In questa sede l’ufficio della camerlengia di Villa di Chiesa merita una trattazione specifica in primo luogo perché fu organo dell’amministrazione periferica produttore di documenti che avevano plena fe come se fossero fatti per manum publicam471, e poi

perché il camerlengo aveva alle proprie dipendenze un notaio con mansioni di pubblico scrivano che per i suoi servigi percepiva uno stipendio che nel 1352, come emerge da una ordinanza del governatore generale di Sardegna, era pari a trenta lliures, ma che crebbe in modo significativo rapidamente, stabilizzandosi, tra il 1356 e il 1364, a 50 lire472.

Queste somme arrivavano, attraverso il camerlengo, dalla “marmessoria” di Alfonso III alla quale lo scrivano doveva rendere conto mensilmente del proprio operato, in quanto per il proprio lavoro consistente nel redigere le ‘apocheˋ dei pagamenti fatti, veniva pagato con denaro pubblico.

Per queste ragioni non è cosa priva di utilità ricostruire la successione dei funzionari che furono investiti di questo ufficio al fine di approfondirne, ove possibile, la formazione professionale e stabilirne l’eventuale appartenenza al ceto notarile.

I primi due camerlenghi furono nominati dall'infante Alfonso subito dopo la conquista di Iglesias e camerarii pro inclito domino infante Alfonso si intitolano, all’inizio del primo registro da essi scritto473. Il registro inizia a febbraio e del resto ci

rimane un documento di cancelleria del 13 di quello stesso mese nel quale Alfonso si rivolge già al catalano Guillem de Rius e al notaio di Villa di Chiesa, Duodo Soldani, appellandoli, per l’appunto, camerlenghi474.

Il Soldani era allora probabilmente uno fra i principali esponenti di quella parte della borghesia di Villa di Chiesa, ma originaria di Pisa, che aveva precocemente assunto un atteggiamento filo-aragonese e la sua nomina, facilitata dalla sua esperienza notarile, statutaria e politica, rispondeva alla necessità di integrare nei ruoli dell’amministrazione la componente locale al fine di una più rapida pacificazione e per garantire una certa

469 G. Olla Repetto, Gli Ufficiali regi di Sardegna durante il regno di Alfonso IV, cit., p. 21. 470 M.M. Costa, Ufficiali di Pietro il Cerimonioso a Villa di Chiesa, in «Studi su Iglesias medievale», Pisa 1985, pp. 195.

471 ACA, Real patrimonio, Maestro razionale, vol. 2059, f. 9 v.

472 M.M. Costa, Ufficiali di Pietro il Cerimonioso a Villa di Chiesa, cit., p. 201. 473 ACA, Real patrimonio, Maestro razionale, vol. 2108, t. 1, f. 1.

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continuità nelle istituzioni cittadine475. Ciò nonostante Alfonso volle affiancargli comunque un uomo della sua cerchia, il de Rius già suo scrivano, che in Iglesias rappresentò, poi, anche, come procuratore, gli interessi dell'infanta Teresa de Entença476. L’accoppiamento dei due ufficiali di così diversa provenienza serviva probabilmente ad assicurare la duplice funzione di espressione locale dell’amministrazione patrimoniale centrale e di espressione del ceto dirigente locale477.

I loro compiti tuttavia se pur nominalmente e teoricamente identici dovettero nella pratica differire; da un lato sembrerebbe, infatti, potersi riconoscere al De Rius la tendenza a svolgere prevalentemente funzioni amministrative disparate e diversificate oltre il controllo finanziario e amministrativo tipico della funzione e per questo parrebbe potersi supporre che il grosso del lavoro peculiare dell’ufficio dei camerlenghi fosse svolto da Duodo Soldani, come, del resto, sembrerebbero confermare, nel loro aspetto formale, i libri stessi redatti da quell’ufficio nel periodo in cui il notaio iglesiente lo ricoprì. I suoi registri, infatti, non solo conservano, come d’altronde la città nel suo complesso, lo stile cronologico locale — il cursus Ville Ecclesie che altro non era se non lo stile cronologico pisano — ma anche la lingua.

Una volta che il De Rius fu poi definitivamente destinato a nuovo incarico il Soldani restò unico camerlengo fino al 1335, quando il re Alfonso gli affianco Jaime ça Mora478. Dai registri pervenutoci si deduce che questi due ufficiali restarono in carica contemporaneamente fino al 1343. Dopo questa data e per un periodo di circa due anni le informazioni in merito all’attività della camerlenghia di Iglesias sono in sostanza del tutto assenti. L’attività di questo ufficio sembra congelata e neppure la nomina di Bernat de Ladrera a camerlengo di Iglesias pare ripristinare il corretto funzionamento di questo importantissimo organo amministrativo cittadino, tanto da far pensare che questa stessa nomina, fatta nel luglio del 1345479, non avesse avuto poi effettiva conferma. Tra il 1345

ed il 1348 l’ufficio di camerlengo di Iglesias fu ricoperto dal catalano Bernat de Cervià il quale morì nei primi mesi del 1348 nel corso dell’epidemia di peste che colpì, fra le altre località isolane, anche la città mineraria480. Gli subentrò, nell’agosto di quello stesso anno, forse in veste di semplice sostituto temporaneo, l’iglesiente Nicola Gay che sembrerebbe aver avuto un mandato assai breve posto che già all’inizio di settembre il re Pietro IV nominava camerlengo di Iglesias il barcellonese Berenguer Mascarò al quale concedeva la possibilità di farsi rappresentare in quell’ufficio da un suo sostituto idoneo481. Il sovrano poi, forse con l’intento di ristabilire la forma collegiale della camarlangia

475 M. Tangheroni, La città dell’argento, cit., pp. 253-254. 476 ACA, Cancelleria, reg. 396, f. 74 v.

477 M. Tangheroni, La città dell’argento, cit., p. 254. 478 ACA, Cancelleria, reg. 1006, f. 99r.

479 ACA, Cancelleria, reg. 1014, f. 12v.

480 M. Tangheroni, La città dell’argento, cit., p. 256. 481 Ibidem.

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procedeva, pressoché contemporaneamente, alla nomina di un altro camerlengo di Iglesias e alla concessione dell’analogo privilegio di farsi rappresentare da un alterego a Ramon Contey482. Di fatto, comunque chi, in quello stesso frangente temporale esercitò, non sappiamo se per incarico ricevuto da uno dei titolari dell’ufficio o per volontà dal governatore dell’isola, l’ufficio di camerlengo è un iglesiente di origine pisana, Bonacquisto Macerone483 al quale sembrerebbe poi esser stato affiancato, nel 1349 e per un breve periodo, un altro iglesiente, Raimondo Gay, imparentato con quel Nicola Gay che ricopri il medesimo ruolo qualche anno prima. L’ascesa e l’affermarsi del ceto dirigente locale, rappresentato da queste nomine ai vertici dell’amministrazione di Villa di Chiesa, fu però una breve parentesi che si chiuse, nel 1349-1350, quando l’ufficio di camerlengo, lasciato vacante dalla rinuncia del Gay484, tornò saldamente nella mani di

due catalani, Francesc Guerau e Berenguer Mascarò, per l’appunto, il quale tuttavia non si recò mai ad Iglesias facendosi rappresentare da un sostituto485. Nel dicembre del 1362 Il Guerau fu sospeso dalla carica di camerlengo per motivi ancora oggi non chiari e sostituito da Pere Bartomeu486. Sono relativi al mandato di quest’ultimo funzionario regio

gli ultimi registri pervenutici dall’ufficio del camerlengo di Iglesias, città che intorno al 1364-66 passò nelle mani dei giudici d’Arborea sotto la cui giurisdizione restò fino al 1409, salvo una breve parentesi di controllo catalano tra il 1388 ed il 1391 circa.

Nonostante il re, nel 1386, forse persuaso dalla convinzione di un possibile e imminente recupero della città, nominasse il notaio Comita Pancia, camerlengo di Iglesias487, non si hanno testimonianze documentarie o registri contabili - finanziari

riconducibili al suo mandato. Non vi è, comunque, da dubitare del fatto che egli andasse ad esercitare effettivamente, probabilmente fino al 1388, quell’ufficio come dimostra l’autorizzazione sovrana concessagli per poter presentare i suoi rendiconti non già al Maestro razionale, coma da prassi, bensì al suo luogotenente488. Anzi, forse proprio

questa licenza potrebbe esser la causa della dispersione della sua rendicontazione finanziaria che avrebbe potuto contribuire a far luce su quel periodo di cui si conosce assai poco, giacché anche del suo successore, Giovanni Fermentini, un iglesiente di origine pisana che detenne contemporaneamente le cariche di Capitano e di camerlengo, non si hanno registri e documenti489.

482 ACA, Cancelleria, vol. 1017, c. 209r.

483 ACA, Real patrimonio, Maestro razionale, vol. 2120, t. 5. 484 ACA, Real patrimonio, Maestro razionale, vol. 2122, c. 1. 485 M. Tangheroni, La città dell’argento, cit., p. 257.

486 CDE, sec. XIV, doc. 91, CDE, sec. XIV, doc., 104. 487 ACA, Cancelleria, reg. 1048, f. 95.

488 F. C. Casula, Carte reali diplomatiche di Giovanni I, il Cacciatore, re d’Aragona, riguardanti

l’Italia, Padova 1977, doc. 19.

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In seguito, una volta che la città fu nuovamente e saldamente in mano catalana, la nomina di camerlengo ricadde su Crescentino Cofano che fu poi oggetto di un’inchiesta da parte del procuratore regio per la sua gestione finanziaria490.

Nel 1415 l’organigramma amministrativo iglesiente fu oggetto di un profondo riassetto e in quell’occasione scomparve l’ufficio di camerlengo – allora ricoperto dal mercator Pisconte (o Visconte, o Bisconte) Gessa – che fu sostituito dal maior de portus o mestre de port491. Non si trattava di un semplice cambio di denominazione perché la facoltà di far fronte a spese correnti, e non, che era stata accordata ai camerlenghi scomparve e si fece più forte il controllo centrale al quale i rendiconti da quel momento in avanti si avrebbero dovuti presentare non più a scadenza annuale, come avveniva in precedenza, ma mensile così come si legge nelle istruzioni impartite dal procuratore reale Johan Civeller al primo effettivo maior portus di Iglesias, Martì Sarra492; un cagliaritano di probabili origini catalane. Egli tuttavia non dovette ricoprire quest’incarico a lungo poiché nel maggio del 1418 l’ufficio di major fu nuovamente nella mani di Pisconte Gessa che ricoprì anche la carica di Capitano della città493. A quanto pare comunque l’ulteriore

nomina di quest’ultimo ad ‘armentarioˋ delle ville spopolate lo indusse a dover rinunciare alle cariche cittadine ed è probabilmente per questa ragione che sin dai primi giorni del 1419494, l’ufficio di camerlengo o di maggiore del porto venne affidato al cagliaritano March Olzina che lo tenne fino al settembre del 1423 quando, trovatosi al centro di una inchiesta sul suo operato, fu sospeso dall’incarico che venne prontamente affidato a quel Crescentino Cofano495 che, evidentemente, nel frattempo, aveva potuto dimostrare

l’infondatezza della accuse a suo carino e la bontà del suo operato. Forse a causa della sua dipartita, nel mese di aprile del 1428496 l’ufficio della maioria ritornò, se pur per un breve periodo, nelle mani ormai esperte di Pisconte Gessa che la esercitò fino al 10 giugno di quello stesso anno497, rinunciandovi poi nuovamente per dedicarsi ai suoi affari che nel

frattempo diventavano sempre più impegnativi. Perciò la carica di camerlengo ricadde sull’iglesiente Guantino Cannes che la mantenne per un periodo imprecisato e non si può escludere del tutto che egli, per alterazione del proprio nome o imperizia scrittoria altrui, possa essere quel Jacme Canemas che risulta in carica nel febbraio del 1432498.

Da questo momento in poi si fa assai più difficile per via dalla scarsissima documentazione e della convulsa parentesi feudale seguire l’evoluzione dell’ufficio e ricostruire la serie dei camerlenghi che registra pertanto ampie lacune giacché il

490 CDE, sec. XV, docc. 18, 19, 20, 21. 491 CDE, sec. XV, doc. 3.

492 Ibidem.

493 CDE, sec. XV, doc. 11. 494 CDE, Sec. XV, doc. 13. 495 CDE, sec. XV, doc. 40. 496 CDE, sec. XV, doc. 43. 497 CDE, sec. XV, doc. 44. 498 CDE, sec. XV, doc. 48.

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successivo funzionario in carica, Joannes Cellers, lo si ritrova attestato solo nel marzo del 1474499. Egli morì circa due anni dopo nel corso di una epidemia di peste che imperversò in città e la magistratura contabile fu temporaneamente affidata all’iglesiente Antioco Baroni al quale fu poi ordinato di cederla al cagliaritano Salvador Caselles500 che entrò in servizio pronunciando il giuramento di rito il 13 febbraio del 1476501. Due anni dopo a

ricoprire l’ufficio della majoria fu chiamato Galcerando Bertran che designò suo procuratore Michele Sayol il quale giurò per lui il 16 aprile 1478502.

È probabile che con costoro si chiuse la serie dei camerlenghi di Villa di Chiesa, poiché pochi anni dopo e per la precisione nel 1481 Ferdinando II, nel quadro di una più generale riforma delle amministrazioni locali che sarà completata nel 1508, abolì quell’ufficio affidandone di fatto le competenze residue al Consiglio cittadino503.

Per quanto invece riguarda la figura di un notaio posto al servizio dei camerlenghi in qualità di scrivano pubblico si rileva che per quanto fosse contemplata dagli statuti cittadini non sempre la si ritrova operante e alcuni tra i titolari di quella magistratura contabile – talvolta, come si è visto, notai essi stessi, pare riuscissero a farne a meno, provvedendo a registrare di proprio pugno in appositi registri tutte le operazioni che andavano a compiere durante il loro mandato. In queste stesse scritture tuttavia si fa sovente riferimento a carte rogate dai notai e dagli scrivani pubblici come prova di avvenuti pagamenti o di impegni contrattuali da onorare. Di norma però in questi richiami non si specifica la qualifica specifica del notaio ossia se egli operassero come notaio proprio dei camerlenghi o più genericamente come notaio della Corte di Villa. Pertanto, per cercare di individuare gli scrivani nominati al servizio dell’ufficio dei camerlenghi è necessario ricorrere ai registri di cancelleria che serbano, non sempre comunque, le note di nomina. Così facendo, si aprende che, il 20 aprile 1344, il re Pietro III e suo zio, l'infante Pietro, in qualità di esecutori testamentari di Alfonso, nominarono come notaio