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Il notariato nella Sardegna moderna

2. Il notariato in Sardegna

2.5. Il notariato nella Sardegna moderna

L’amministrazione catalana dell’isola era solita concedere le diverse scribanie del Regno in appalto a terzi ai quali, trasmetteva la fcoltà di nomina di quegli scrivani che ne avrebbero dovuto curare effettivaemente la gestione. Gli appaltatore tuttavia non sempre si sincerarono di verificare le capacità e le competenze di coloro che immettevano nel ruolo di scriba146. Ciò non dovette giovare al corretto svolgimento dell’attività di quegli uffici giacché talvolta le funzioni svolte dagli scrivani, non essendo sempre ben delimitate, andavano ad avvicinarsi, se non addirittura a sovrapporsi, a quelle notarili147.

In questo contesto si dovette inoltre attendere parecchio tempo prima che venissero fissati requisiti culturali precisi per l’ottenimento del privilegio di notaio. Per la prima volta fu richiesta la frequenza del corso di Istituzioni presso un’università quando venne istituito a Cagliari uno studio generale e quindi dopo il 1626148. In quanto alla pratica notarile il Canepa fa rilevare che, ad un iniziale periodo di tirocinio della durata di cinque anni, si giunse, per decisione assunta nel Parlamento del 1586, ad uno di sei149.

Si introdusse inoltre un percorso diversificato per i cosiddetti notai di cause ai quali era richiesto l’espletamento di un tirocinio di solo tre anni, presso le scrivanie pubbliche giudiziarie150.

Per entrambe le categorie di notai la nomina avveniva spesso senza che l’aspirante avesse sostenuto e superato alcun esame e talvolta si poteva accedere alla professione anche semplicemente per diritto di successione151.

Fu solo nel corso dei Parlamenti sardi celebrati nell’ultimo quarto del secolo XVI che si condizionò l’esercizio della professione notarile al superamento di un apposito esame davanti ad una commissione composta da due o più dottori in diritto e da due notai pubblici152. I candidati inizialmente avrebbero dovuto semplicemente dimostrare di

conoscere il latino e di saper redigere gli atti, successivamente si prescrisse un esame orale in forma di contraddittorio e inerenti materie di diritto, in genere, e di formulati

145 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., pp. 35 e ss. 146 Ibidem. 147 Ibidem. 148 Ibidem. 149 Ibidem. 150 Ibidem. 151 Ibidem. 152 Ibidem.

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notarili nello specifico153. Una volta superato l’esame il neo notaio prestando giuramento si impegnava ad adempiere fedelmente le sue mansioni, a non ricevere contratti usurari, a rispettare le leggi ed infine a conservare il segreto professionale154. Sulla sua condotta avrebbe vigilato il collegio notarile che era, infatti, dotato di appositi poteri disciplinari155. Si doveva, del resto, garantire che il notaio, in quanto pubblico ufficiale, non rifiutasse ad alcuno le sue prestazioni come non era affatto raro che capitasse, come dimostra l’apposita norma adottata nel corso del Parlamento del 1575, presieduto da Giovanni Coloma, con la quale si disponeva di comminare ai notai inottemperanti una multa di cento ducati e la sospensione dall’ufficio156.

Nel corso del Parlamento presieduto dal viceré Gastone de Moncada tenutosi fra il 1592 ed il 1594 furono introdotte alcune nuove norme inerenti la materia notarile. Si vietò ai notai la facoltà di rogare atti per contraenti o promotori dei quali non conoscessero direttamente o attraverso i testimoni, l’identità157. Inoltre, al fine di tutelare, le legittimi successioni, si impose ai notai di prestare grande attenzione nella stesura dei testamenti alle disposizioni concernenti il trasferimento di beni fra coniugi158.

Ma quello che fu il provvedimento più importante preso in quella assise fu indubbiamente quello consistente nella creazione, in ciascuno dei Paesi, più popoloso, di un archivio destinato a raccogliere gli atti notarili dei quali, un apposito scrivano avrebbe esteso e tenuto aggiornati con cadenza annuale, i rispettivi inventari159.

153 Ibidem.

154 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 40. 155 Ivi, p. 41.

156 Ibidem.

157 «… Item los tres Staments suplican a Vostra Señoria illustrissima sia servit manar, que los notaris y escrivans no pugan rebre actes de obligacions de diguna persona, si no conexen al tal obligat o que los testimonis que serviran per lo acte lo conegan ab jurament y lo matex se entenga en les polisses …» Cfr.

Acta Curiarum Regni Sardiniae, Il Parlamento del viceré Gastone de Moncada marchese di Aytona (1592- 1594), a cura di D. Quaglioni, Cagliari 1997, p. 263.

158 Item supplican a Vostra Señoria illustrissima los tres Staments, que per quant per capitol de Cort esta stauit, que lo escreix, morta la muller, orne als gereus del mariti; i vui contravenint al dit capitol, se ha trobt cauthela, que lo marit ne fa donacio a la muller, de manera que del que era abans usufructuari, ne resta proprietaria; suplican per ço aquelles se mane als notaris no pugan fer tals actes y fentlos sia aguts per nulles y ells privats de sos offiçis …». Cfr. Acta Curiarum Regni Sardiniae, Il Parlamento del viceré Gastone de

Moncada marchese di Aytona (1592-1594), cit., p. 263.

159 «… Item per quant dela guarda y conservatio dels actes que.s reben axi entre vivs com de ultimes voluntats dependex la conservacio, notiçia y seguretat de la cosas que cascu posseheix, axi per si matexos com per sos descendents, per lo qual fi se ha trobat la scriptura publica, suplican per ço a Vostra Señoria illustrissima los del dit Stament militat, que.s decrete y ordene que en cascuna vila que sera cap d encontrada se tenga un lloch publich, a hont mes appara convenir, qual servesca de archiu per a recondir tots los actes, proçessos, scriptures qualsevol que.s faran en dita encontrada, ara sian actes de scrivans morint aquells, mudant o anastsen en altra part, ara sian dels notaris publichs que en dita encontrada y haura, quant aquells morran, ab que se reponga a sos hereus dela meitat del salari de aquells notas, imposant a qualsevol dels contrafaents la pena a Vostra Señoria ben vista …». Cfr. Acta Curiarum Regni Sardiniae, Il Parlamento

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Inoltre si adottò o meglio si ribadì un dispositivo normativo già approntato nel capitolo quinto degli atti del Parlamento presieduto da Alvaro de Madrigal160 e volto a intimare ai notai e agli scrivani di stendere immediatamente gli atti ricevuti nella forma allargata e cioè comprensiva di tutte le sue parti e clausole al fine di evitare così l’omissione di importanti dettagli161.

Si rinnovò poi ai notai il divieto di inserire nei contratti clausole che dessero competenza a giudicare delle controversie alla Camera Apostolica. Per i trasgressori era prevista la privazione dell’officio162.

Fu ancora necessario tornare sulla materia testamentaria per regolare i lasciti pii in favore di istituti ecclesiastici e opere pie. Per evitare che tali enti, all’oscuro delle volontà dei benefattori e dei testanti, perdessero i lasciti disposti in loro favore, si decise di imporre ai notai l’obbligo di dar notizia agli uffici pubblici di quei testamenti nei quali erano previste simili donazioni163.

del viceré Gastone de Moncada marchese di Aytona (1592-1594), cit., p. 285; «… que.s fassa inventari de

totes les scriptures que ho posaran y recondiran fets que sien, y apres consecutivament dels que.s faran cadaun anny per lo scriva qui regira dit archiu …». Cfr. Acta Curiarum Regni Sardiniae, Il Parlamento del

viceré Gastone de Moncada marchese di Aytona (1592-1594), cit., p. 286.

160 Ibidem.

161 «… Item per quant de no allargarse los actes per los notaris y escrivans, ans que les parts los fermen, resultan molts inconvenients i plets, per que a vegades tardan a allargarlos y se olvidan de moltes particularitats del fet, que assentades de una o de altra manera mudan lo que principalment entre les parts se havia contractat, ultra que es be qui vejan i entengan les parts tot lo que prometten, renuntian o obligan, supplica per ço Vostra Señoria illustrissima lo dit Stament mane ordenar que de assi avant digu notaris escrivans, tan de çiutats com de vilas, no pugan rebre forma de actes alguns sens haverlos primer del tot allargats i estesos i haverlos axi llegitis a les parts, sots pena de provatio de offici …». Cfr. “Acta Curiarum

Regni Sardiniae”, Il Parlamento del viceré Gastone de Moncada marchese di Aytona (1592-1594), cit., p.

286.

162 “Acta Curiarum Regni Sardiniae”, Il Parlamento del viceré Gastone de Moncada marchese di

Aytona (1592-1594), cit., pp. 599-600.

163 «… Item com per experiencia se.s vist, que totas laa iglesias, monestirs y parrochias de la present ciutat y en special lo hospital del glorios S. Antoni, han perdut y perden de cada dia moltes sucessions, herencies y llegats pios, per no saber ni tenir noticia dels testaments o actes ab los quals lis pervenen y pertocan dites successions, supplica per ço dita ciutat mane Vostra Señoria provehir y decretar que tots los notaris de la present ciutat y del present Cap de Caller, quant publicaran de assi avant testaments o codicilis o faran alguns actes, en que hi haja llegats o succesio o vincle o fideicomis algu per las ditas iglesias y en especial per dit hospital de Sanct Antonim ho degan denunciar a la ciutat dins termini de vuyt dies apres de la publicacio de tal testament o actes fets y escriureho en lo llibre que per asso se destinara en dita ciutat, de ma propria del matex notari; y su sera absent dit notari de la present ciutatm dega embiar certificatoria auctentica per cusirse en dit llibre; y asso sots pena de privatio de offici y de doscents ducats, applicadors a la iglsia que sera y se esguardara dit llegat o cosa pia y al dit hospital de Sanct Antoni; y per los testaments y actes fets per lo passat, si ne tindrn alguns dits notaris que no sian noticia de ditas iglesias y de dit hospital respective, los degan denunciar com dalt se diu, dins un mes apres que se.n fara crida publica, publicant lo contengut y decretat en lo present capitol …». Cfr. “Acta Curiarum Regni Sardiniae”, Il Parlamento del

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La legislazione impose quindi al notaio di sincerarsi della capacità giuridica delle parti o dei contrenti del negozio per il quale si richiedeva l’apposito atto, tenendo dunque presente il divieto di ricevere obbligazioni giurate da donne o da minori non autorizzati dall’autorità giudiziaria164. Restava in vigore la possibilità di usare per la scrittura degli atti la lingua sarda ma soltanto in extenso ossia senza il ricorso ad alcuna abbreviazione. Si disponeva inoltre che l’atto venisse firmato dalle parti o dai testimoni, almeno due, e che questi fossero conosciuti dal notaio. Si tratta tuttavia di norme che non ebbero una osservanza stretta poiché molti notai continuarono ad operare come avevano sempre fatto e ciò non provocava in automatico la nullità dell’atto o la loro rimozione dell’ufficio in quanto la tendenza fu quella di sanare eventuali cause di nullità165.

Gli atti di questo periodo a cavallo fra il tardo medioevo e la prima età moderna si caratterizzano sostanzialmente per una forma che resterà invariata a lungo. Cominciano sempre con la data, scritta per esteso oppure abbreviata, alla quale segue l’invocazione divina e la formula di notificatio; In Dei nomine noverit universi quod ego, oppure En nome de nostre Senor Deu sia a tots notorj com … alla quale si allacciano l’esordio ed il dispositivo dell’atto che veniva rogato prevalentemente in lingua catalana, con parti in latino e talvolta in lingua sarda166.

Il cuore dell’atto conteneva una dettagliata, a volte prolissa, esposizione del relativo, specifico negozio giuridico che poneva in essere e dei motivi che ne avevano dato luogo. Seguivano poi diverse formule con le quali il promotore dello stesso negozio e dunque dell’atto si richiamava a diritti e privilegi concessi dalle leggi e dalla consuetudine oppure dichiarava di rinunciare ad essi. Concessioni e privilegi potevano riferirsi tanto alla normativa catalana, quanto al diritto romano, ma non mancano rimandi a consuetudini locali167.

Fra queste formule, quella Renunciacio de llurs propry for … resa anche nella versione Renuncians fori privilegio168 era molto diffusa sin dall’inizio della presenza catalana ma il suo impiego fu espressamente vietato dal Parlamento sardo presieduto da Giovanni Vives per via delle conseguenze dannose che comportava non solo per gli interessi di chi vi rinunciava, ma anche per le curie giudiziarie del regno169. Rimase invece più a lungo in uso la più generica clausola Renunciacio al benefici de les noves constitutiones … Renuncians privilegium novarum constitutionum170 che si riferiva al

negozio delle obbligazioni de duobus rei171. Alla stessa materia delle obbligazioni solidali

164 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 42. 165 Ivi, p. 43.

166 Ivi, p. 46. 167 Ivi, p. 47.

168 Summa totius artis notariae, Rolandini Rodulphini Bononeniensi, Venezia 1546, Ristampa anastatica a cura del Consiglio nazionale del notariato, Bologna 1977, 2 voll., tomo II, c. 99r.

169 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 47. 170 Summa totius artis notariae, cit., c. 98r. 171 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 48.

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era legata anche la Renunciacio a la epistola del divi Adria … Renuncians aepistolae divi Adriani172, una norma consuetudinaria che si conservava anche nel diritto iberico col nome di consuetudine de Barçelona173. Si trova poi spesso la Renunciacio de la ley si conviendrà … Exceptio si quis convenerit174, ossia una speciale clausola di rinuncia alle norme procedurali determinate in favore del convenuto175. Nei contratti di compravendita

è invece facile imbattersi in clausole come Constitucio a senor e procurador en cosa propria … Constituens eum procuratorem in remsuam176 con la quale si sancisce la trasmissione completa dei diritti del venditore nella persona de compratore177. Non più rara è la formula Renunciacio al Vellejà … Renuncians ad Velleianum178 che rappresenta

una particolare clausola di rinuncia alla eccezione, concessa con senatus consulto l’anno 46 a. C., con cui si poteva chiedere l’annullamento della fideiussione fatta dalle donne179.

Come ha fatto notare il Canepa la prassi notarile seguita in Sardagna si richiama dunque ad un complesso di clausole desunte in gran parte dal diritto romano e per la restante parte tratte dalle consuetudini catalane importate nell’Isola, conservando comunque anche qualche formula caratteristica di diritto sardo come, per esempio la maquiesia de Cort che consisteva in una multa da pagarsi alla Corte in caso di contravvenzione alle disposizioni penali180.

In calce all’atto confezionato nella forma estesa seguivano la firma dei contraenti. Qualora questi non avessero saputo o potuto scrivere era obbligo del notaio farne menzione espressamente con le parole y no firman per non saberlo, segun dise. Seguivano anche le firme dei testimoni e l’autentica notarile, la completio, annunciata dal segno tabellionale.

Questi in sostanza erano i tratti che caratterizzarono la prassi notarile in Sardegna fino ai primi decenni del Settecento e per certi aspetti anche oltre.

Il 17 febbraio del 1720 Vittorio Amedeo di Savoia, in forza del Trattato di Londra riceveva da Carlo VI la Sardegna. Questa data segna per l’Isola l’inizio di una nuova epoca. Per quanto concerne l’istituto notarile, come del resto per altre materie di governo, non vi furono interventi di riforma nei primi tempi del dispiegarsi del nuovo potere regio che, del resto, aveva assunto l’impegno a rispettare l’autonomia giuridica della Sardegna. Anche per questo, l’introduzione della lingua italiana nella prassi notarile sarda fu lenta. Sino ai primi anni del secolo XIX alcuni notai operanti nell’Isola continuarono ad alternare la lingua latina, con la sarda o la spagnola se non addirittura con quella catalana.

172 Summa totius artis notariae, cit., c. 98r. 173 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 48. 174 Summa totius artis notariae, cit., c. 98r. 175 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 48. 176 Summa totius artis notariae, cit., c. 107r. 177 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 48. 178 Summa totius artis notariae, cit., c. 99v. 179 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 48. 180 Ivi, p. 50.

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Si noti del resto che nei tribunali la lingua spagnola lasciò il posto all’italiano soltanto nel 1780 e ancor più tardi nelle scuole181.

Si dovette aspettare il 1738 perché si dispiegasse nel regno di Sardegna il primo intervento legislativo sabaudo in materia notarile. Con editto del 15 maggio Carlo Emanuele III introduceva nell’Isola l’istituto della insinuazione che era stato già sperimentato nei territori piemontesi, sin dai tempi del Ducato con editto del 28 aprile 1610, con lo scopo ed il fine di raccogliere e conservare le scritture notarili182. Sin da quel lontano provvedimento ducale si dispose che i notai avrebbero dovuto consegnare, entro tempi brevi, ad un apposito ufficiale ossia al segretario dell’insinuazione, copia dei propri atti affinché egli li depositasse nell’annesso archivio. Nello stesso momento i notai avrebbero dovuto pagare la tassa relativa ed ottenere la “fede” dell’avvenuta insinuazione.

Quasi tutti gli atti dei notai erano soggetti all’insinuazione: facevano eccezione gli atti sovrani, le quietanze della tesoreria ducale, alcuni atti di comunità, mentre altre eccezioni vennero stabilite in seguito. A questi particolari uffici, la cui denominazione oscillò da “archivio” a “tappa”, a “tabellione”, spettava cucire in volumi gli atti ricevuti “per conservarli a beneficio pubblico e degli interessati”, compilarne compendi e conservare gli atti ricevuti di notai defunti. L’insinuazione era soggetta al pagamento di una tassa, la cui misura, diversa a seconda delle categorie degli atti, fu modificata varie volte: la prima tariffa fu pubblicata con l’editto 10 maggio 1610. Duplice era dunque la finalità dell’insinuazione, da un lato si perseguiva la necessità di assicurare la conservazione degli atti notarili e dall’altro di realizzare una nuova entrata per le finanze dello Stato. Quest’ultimo aspetto non è secondario poiché quando l’insinuazione, a causa dell’ostilità con cui venne accolta, fu soppressa con successivo editto 7 gennaio 1626 allora si dovette introdurre a carico del ducato un’imposizione straordinaria che sopperisse ai mancati introiti delle Tappe stesse. In Savoia l’istituto fu poi reintrodotto con editto 28 novembre 1696 che disponeva la creazione di 39 Uffici in 7 province183.

Nel corso del ‘600 si succedettero diversi provvedimenti ducali volti a consolidare l’insinuazione e a sollecitare i notai a regolarizzare, in tempi brevi e certi, i loro atti e a consegnare le scritture dei notai defunti. Si introdusse poi la pratica costante di verifiche e controlli. Nel 1610 si istituì l’ufficio di “conservatore e giudice sopra le insinuazioni” che poi venne meglio definito “conservatore generale del tabellione” e al quale fu concesso il grado di consigliere ducale e referendario, cui erano affidate le ispezioni sugli uffici.

181 P. Canepa, Il notariato in Sardegna, cit., p. 52.

182 F. A. Duboin, Raccolta per ordine di materie delle leggi, editti, manifesti, ecc., pubblicati dal

principio dell’anno 1681 sino agli 8 dicembre 1798 sotto il felicissimo dominio della Real Casa di Savoia per servire di continuazione a quella del senatore Borelli, Torino 1818-1860, t. XXV, vol. 27, pp. 41-50.

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In seguito, con apposita patente del 16 dicembre 1631, fu ordinato agli insinuatori e ai notai di presentare al Gran cancelliere le patenti del loro ufficio per ottenerne l’approvazione e avere così una sorta di anagrafe notarile aggiornata184.

Come altre cariche dello Stato, anche le “piazze” dei notai e insinuatori vennero rese perpetue, ereditarie e alienabili, con editto 9 agosto 1679185. Norme minutissime

sull’esercizio degli Uffici si trovano negli atti costitutivi degli stessi, a cominciare dallo stesso editto del 28 aprile 1610, e inoltre in manifesti della Camera dei conti, e nelle regie Costituzioni del 1723186, 1729187 e 1770188.

Il numero delle “tappe” d’insinuazione (termine da intendere nel senso di circoscrizione del singolo ufficio) variò molte volte, sia in conseguenza di revisioni sia per effetto dell’annessione di nuovi territori: tralasciando i casi minori, va ricordata l’estensione dell’istituto al principato di Oneglia con patenti 11 maggio 1627189, ad alcune terre del Monferrato con patenti 1° dicembre 1633190, al ducato di Aosta con editti 31 marzo 1697191 e 15 aprile 1758192, a Monferrato, Alessandrino e Lomellina con manifesto camerale 13 ottobre 1723193, alle province di Novara, Tortona, Pallanza, Vigevano,

Voghera, Valsesia, Ossola superiore e Riviera d’Orta con manifesto camerale 9 novembre 1770194, a Borgosesia con manifesto camerale 28 giugno 1779195 . In un prospetto annesso all’editto 28 aprile 1610 risultano 89 uffici, nei paesi “di qua da’ monti”; 97 sono accertati nel 1734; alla fine del ‘700 erano più di 130. Il 24 luglio 1801 gli Uffici furono soppressi in Piemonte; in Valsesia e nel Novarese, che vennero a far parte della Repubblica Italiana e non dell’Impero, continuarono la loro attività fino al 1807. Alla Restaurazione furono tra i primi uffici a essere ricostituiti: con manifesto camerale 27 maggio del 1814196 fu