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3. Tipologie di istanze

3.4 Interpello antiabuso

3.4.1 L’articolo 10 bis dello Statuto

Uno dei compiti delegati al legislatore riformante è stato quello di tracciare una linea di confine che servisse ad aiutare l’interprete nell’individuazione delle regole e dei criteri al fine di determinare quando un comportamento posto in essere da un

contribuente, o solo prospettato, possa rientrare nella regola costituzionale dell’equo riparto e quando, invece, tale campo di applicazione è superato e sfocia nella

fraudolenza e assenza di ragioni economiche.

L’articolo 5 della Legge Delega n. 23 del 2014 si è posto come obiettivi:

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la fissazione di una clausola antiabuso generale che si svincoli dall’elencazione contenuta nell’articolo 37 bis del D.P.R. n. 600 del 1973;

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l’espressa definizione, quanto più chiara e comprensibile, del termine ‘abuso del diritto’ inteso come uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un

risparmio d’imposta, sempre mantenendo chiaro il concetto che il comportamento abusivo deve in ogni caso esser contrario ai principi di buona fede e lealtà reciproca tra fisco e contribuente;

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ribadire il concetto che la presenza di ragioni extrafiscali non marginali esclude l’abusività dell’operazione;

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l’indicazione delle norme procedurali che gli uffici devono seguire in fase di accertamento dell’abuso del diritto.

È da sottolineare come i termini ‘abuso del diritto’ ed ‘elusione fiscale’ siano stati riuniti in un unico concetto di valenza generale, con riguardo a tutti i tributi (imposte dirette e indirette, fatta salva la specifica disciplina prevista in materia doganale) diventando perciò equivalenti e utilizzabili indifferentemente [ ]. Questo in quanto la 112

nuova definizione di abuso deve risultare coerente con le indicazioni contenute nella Raccomandazione UE del 6 dicembre 2012, n. 772, riguardante la pianificazione fiscale aggressiva, garantendo al contribuente la libera scelta tra diverse operazioni che comportano un diverso carico fiscale. La nuova definizione è quindi stata formulata tenendo conto di vari principi:

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con il termine abuso si deve intendere un uso distorto di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta , anche se tale condotta non viola alcuna disposizione;

Etimologicamente ‘abuso’ (dal latino abusus) significa ‘usare male’ e indica allontanamento,

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eccesso nell’uso. Eludere significa invece ‘schermirsi al gioco’ e, più in generale, ‘scansare, evitare, ingannare’. Quando si parla di elusione si vuole quindi focalizzare l’attenzione sul comportamento che viene aggirato, mentre quando si parla di abuso è al centro dell’attenzione la normativa esistente che viene ‘mal usata’, allontanandosi dal suo uso normale.

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deve esser garantita la libertà al contribuente di scegliere tra diverse operazioni equivalenti sotto il profilo economico sostanziale. [ ] 113

Tenuto conto di ciò, occorreva considerare l’ottenimento di indebiti vantaggi fiscali come la causa prevalente della condotta abusiva. Inoltre doveva esser esclusa l’abusività nel caso in cui le operazioni fossero giustificate da valide ragioni extra fiscali anche se non finalizzate a produrre una redditività immediata, oltre a prevedere la non opponibilità degli strumenti giuridici adottati in attuazione del comportamento elusivo all’Amministrazione finanziaria e il conseguente potere di quest’ultima di disconoscere il risparmio d’imposta derivante da tali strumenti. Infine un ulteriore intervento doveva esser effettuato con riguardo al regime della prova, ponendo a carico dell’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare l’intento abusivo e le modalità con cui il soggetto aveva manipolato o alterato gli strumenti giuridici utilizzati, nonché la loro non conformità ad una logica di mercato ‘normale’ (sul contribuente deve invece gravare l’onere di allegare le prove della sussistenza di valide ragioni extra fiscali che giustifichino il ricorso a tali strumenti). Sul piano procedimentale, invece, occorreva garantire il contraddittorio tra il contribuente e l’Amministrazione

finanziaria al fine di salvaguardare il diritto di difesa del contribuente in ogni fase del procedimento di accertamento tributario.

A conferma di quanto detto, la citata Raccomandazione UE del 2012, prevede che gli Stati membri adottino una norma generale antiabuso (da adattare per ogni Stato) idonea a contrastare le pratiche di pianificazione fiscale. A tale fine occorre

disconoscere le ‘costruzioni’ artificiose [ ] poste in essere essenzialmente allo scopo 114

Una recente sentenza della Corte di giustizia UE del 15 marzo 2014, dispone che c’è condotta

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abusiva al ricorrere di un elemento oggettivo e di uno soggettivo. Il primo si avrà quando l’obiettivo perseguito da una determinata norma non viene raggiunto a seguito del comportamento del soggetto in esame; il secondo ricorrerà invece quando lo scopo essenziale delle operazioni è il conseguimento di un vantaggio fiscale indebito. Di conseguenza non ci sarà abuso tutte le volte che non si ha la prova certa del carattere artificioso delle operazioni al fine di raggiungere vantaggi fiscali indebiti.

Per ‘costruzione’ si intende una transazione, un regime, un’azione, un’operazione, un accordo, una

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sovvenzione, una promessa, un’intesa, un impegno o un evento. Una costruzione può comprendere più di una misura o di una parte e si definisce artificiosa se manca il requisito della commercialità.

di eludere l’imposizione e che comportino vantaggi fiscali. Il requisito dell’artificiosità sussiste nei casi in cui:

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la qualificazione giuridica delle singole misure di cui è composta la costruzione non risulta coerente con il fondamento giuridico della costruzione nel suo insieme;

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la costruzione è posta in essere in modo che non sarebbe normalmente impiegata in quello che dovrebbe essere un comportamento ragionevole in ambito commerciale;

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la costruzione comprende elementi che hanno l’effetto di compensarsi o annullarsi reciprocamente;

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le operazioni concluse sono di natura circolare;

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la costruzione comporta un significativo vantaggio fiscale, di cui tuttavia non si tiene conto nei rischi commerciali assunti dal contribuente o nei suoi flussi di cassa;

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le previsioni di utili al lordo delle imposte sono insignificanti rispetto all’importo dei vantaggi fiscali previsti.

Non dovrebbe pertanto sussistere alcuna elusione quando:

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due comportamenti alternativi generano effetti civilistici dissimili;

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il comportamento posto in essere dal contribuente non dà luogo ad un preciso e dimostrato vantaggio tributario rispetto al comportamento alternativo;

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il comportamento astrattamente elusivo è supportato da valide ragioni economiche extra fiscali non marginali, anche se tali ragioni non comportano un vantaggio immediato di tipo organizzativo.

Sono quindi individuabili due elementi costituenti la nozione di abuso: 1. assenza di sostanza economica;

2. realizzazione di un vantaggio fiscale indebito.

Fino all’entrata in vigore del decreto in esame, il giudice di legittimità dava particolare rilievo solo al primo elemento, l’assenza di sostanza economica, al fine di determinare la sussistenza o meno di abuso con la conseguenza di attribuire rilevanza marginale a quello che deve essere, invece, uno dei principali elementi costitutivi della nozione di abuso, contenente anche le fattispecie elusive, individuato nel perseguimento di un indebito vantaggio attraverso l’aggiramento e la manipolazione di norme fiscali.

Il Decreto Legislativo n. 128 del 2015, per quanto riguarda il primo punto, ha riassunto i vari esempi di operazione priva di sostanza economica, recati dalla Raccomandazione e sopra elencati, in due sole fattispecie, più generali e per questo comprensive delle altre:

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la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme;

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la non conformità degli strumenti giuridici usati a normali logiche di mercato. Per il secondo punto, invece, occorre fare delle precisazioni.

Innanzitutto, per esser definiti ‘indebiti’, i vantaggi fiscali devono essere ‘essenziali’ e cioè fondamentali rispetto agli altri fini perseguiti dal contribuente e, comunque, devono essere frutto di un comportamento negoziale in contrasto con le finalità delle norme tributarie o con i principi dell’ordinamento. Detto questo, un ulteriore problema si pone nel comprendere cosa si intenda invece con ‘essenziale’. Questo termine infatti può esser coniugato in due differenti termini: ‘principale’, inteso come ‘esclusivo’ e ‘prevalente’.

Il legislatore, non specificando chiaramente cosa si intende con il termine ‘essenziale’, si è quindi mantenuto volontariamente in una posizione di compromesso, orientandosi però verso una lettura della norma che preferisce la prevalenza all’esclusività. [ ] 115

Andando ad analizzare la norma in questione, possiamo vedere come il comma 1 dell’articolo 10 bis dello Statuto definisce, seppur non direttamente, il termine abuso nell’affermare che “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto delle norme fiscali, realizzano

essenzialmente vantaggi fiscali indebiti”. Le operazioni abusive non sono opponibili all’Amministrazione finanziaria che ne disconosce i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenendo conto di quanto versato dal

F. Gallo, “Abuso del diritto in materia fiscale”, in Rassegna Tributaria, n. 6/2015, p. 1327 e ss..

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Sempre su questo punto, una sentenza emanata dal Conseil constitutionnel français, ha dichiarato incostituzionale la sostituzione operata dal legislatore francese, nell’intervento legislativo avvenuto nel 2013, della parola ‘esclusivamente’ con ‘prevalentemente’ argomentando che con tale modifica si era attribuito un eccessivo potere discrezionale all’Amministrazione finanziaria costituzionalmente inaccettabile.

contribuente per effetto delle medesime operazioni (i negozi giuridici posti in essere a seguito della condotta abusiva non sono nulli ma sono inefficaci ai fini tributari). Il comma 2 specifica che con “operazioni prive di sostanza economica” si debbano intendere “i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”. Inoltre, la norma precisa che sono considerati vantaggi fiscali indebiti “i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”.

Non possono esser ritenute abusive, ai sensi del comma 3, “le operazioni giustificate da valide ragioni extra fiscali non marginali, anche dettate da esigenze di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente”. Il contribuente ad ogni modo può legittimamente perseguire un risparmio d’imposta, scegliendo tra regimi opzionali diversi previsti dall’ordinamento, così come disposto al comma 4. Il comma 5 prevede la possibilità di presentare un’istanza di interpello preventivo all’Agenzia delle Entrate (riconducibile alla tipologia ‘ordinaria’ di cui all’articolo 11 dello Statuto) al fine di conoscere se le operazioni effettuate, o in procinto di esserlo, rientrano nelle fattispecie di abuso del diritto.

I commi successivi, da 6 a 9, contengono regole procedimentali volte a garantire un efficace ed effettivo confronto tra Amministrazione finanziaria e contribuente al fine di salvaguardare il diritto alla difesa di quest’ultimo [ ]. In particolare, il comma 6 116

stabilisce che prima dell’atto di accertamento dell’abuso del diritto, l’Amministrazione finanziaria deve notificare al contribuente, a pena di nullità, una richiesta di

chiarimenti in cui devono esser indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile una fattispecie di elusione. Contro tale richiesta il contribuente dovrà conseguentemente fornire chiarimenti entro il termine di 60 giorni. [ ] L’atto di accertamento dell’abuso 117

non può contenere altri eventuali addebiti che pertanto dovranno essere separatamente contestati. Ai sensi del comma 7, l’Amministrazione finanziaria deve notificare la

Articolo 12, comma 7, dello Statuto dei diritti del contribuente.

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Tale fase preliminare rappresenta una sorta di contraddittorio preventivo obbligatorio che non

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richiesta di chiarimenti, con la procedura prevista dalle norme in materia di

accertamento delle imposte sui redditi, entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo [ ]. Il secondo periodo del comma 7 stabilisce che 118

tra la data di ricevimento dei chiarimenti, ovvero di infruttuoso decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere alla richiesta, e quella di decadenza del potere di accertamento dell’Amministrazione debbano intercorrere non meno di 60 giorni. L’ultimo periodo del medesimo comma prevede infine che in difetto del fatto che siano effettivamente trascorsi 60 giorni, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo è automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a

concorrenza dei 60 giorni. Nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria notifichi la richiesta di chiarimenti a ridosso del termine di decadenza, avendo il contribuente, come visto, 60 giorni di tempo per fornirli, la proroga del termine di decadenza si protrarrà, nel caso in cui ne ricorrano i motivi, fino a 120 giorni.

Il comma 8 dell’articolo 10 bis sancisce l’obbligo di specifica motivazione dell’atto di accertamento, a pena di nullità, in relazione a:

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condotta abusiva;

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norme o principi elusi;

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indebiti vantaggi fiscali realizzati;

-

chiarimenti forniti dal contribuente.

Questa norma mette in pratica il principio previsto dall’articolo 5, comma 1, lettera e), della delega fiscale, il quale prescrive una formale e puntuale individuazione della condotta abusiva nella motivazione dell’accertamento fiscale, a pena di nullità dell'accertamento stesso.

Il comma 9 disciplina il regime della prova, che come già visto pone a carico

dell’Amministrazione finanziaria l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva, non rilevabile d’ufficio, in relazione agli elementi individuati dai commi 1 e

Nei casi di dichiarazione infedele, tale termine è fissato al 31 dicembre del quarto anno successivo

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a quello di presentazione della dichiarazione (o al quinto anno in caso di mancata presentazione della stessa). In caso di violazioni che comportino l’obbligo di denuncia per reati tributari a norma

dell’articolo 331 del Codice di Procedura Penale, i termini di accertamento sono raddoppiati relativamente al periodo d’imposta in cui è stata commessa la violazione.

2. A carico del contribuente grava invece l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extra fiscali che giustificano le operazioni effettuate, indicate al comma 3.

Conseguenza di questo nuovo contesto normativo è il fatto che l’abuso del diritto non può esser rilevato d’ufficio da parte del giudice tributario. Questa previsione si

discosta totalmente rispetto all’orientamento della Cassazione formatosi nella vigenza delle vecchie norme, secondo il quale era affermata invece la rilevabilità d’ufficio dell’inopponibilità del negozio abusivo all’erario, anche in sede di legittimità. [ ] 119

Il comma 10 prevede che, in caso di ricorso contro l’atto notificato ai sensi dei commi da 6 a 9, i maggiori tributi accertati, maggiorati dei relativi interessi, saranno iscritti a ruolo a seguito della sentenza della Commissione Tributaria Provinciale [ ]. 120

Il successivo comma 11 prevede la possibilità per i contribuenti, che hanno sostenuto oneri tributari in relazione ad un’operazione abusiva alla quale non hanno però

partecipato, di ottenere la restituzione di quanto pagato presentando apposita istanza di rimborso all’Agenzia delle Entrate.

Il comma 12 conferma come la disciplina dell’abuso del diritto abbia applicazione solo residuale rispetto alle disposizioni riguardanti la simulazione o i reati tributari

(evasione e frode), in quanto, in sede di accertamento, l’abuso del diritto potrà esser configurato solamente se i vantaggi fiscali non possono esser disconosciuti

contestando la violazione di specifiche disposizioni tributarie.

A chiusura, il comma 13 chiarisce che le condotte abusive non sono penalmente punibili, ferma restando l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 9/E del 2016 ci tiene a precisare che è onere del contribuente indicare nell’istanza di interpello:

1. gli elementi qualificanti l’operazione; 2. il settore impositivo;

Sentenze n. 30055, 30056 e 30057 del 23 dicembre 2012 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite.

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Rappresenta il primo grado di giudizio del processo tributario. Le sentenze nei gradi successivi

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saranno emanate dalla Commissione Tributaria Regionale, che si esprimerà ulteriormente sul merito della questione, e dalla Corte di Cassazione quale giudizio di legittimità.

3. le puntuali norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto;

4. le “valide ragioni extra fiscali non marginali, anche dettate da esigenze di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente”.