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6. La risposta dell’amministrazione

6.1 Le risposte ad istanze inammissibili

Ulteriore novità significativa introdotta con il decreto riguarda le ipotesi di inammissibilità delle istanze.

In accordo con la ratio generale di semplificazione generale dell’istituto,

potenziandolo e razionalizzandolo, ma al contempo per dare sicurezza al contribuente nel momento in cui si deve servire dell’istanza di interpello per chiarire la propria posizione nei confronti del Fisco, il decreto in esame ha provveduto alla tipizzazione delle cause di inammissibilità dell’istanza. Facendo ciò, il legislatore ha voluto perseguire l’obiettivo di migliorare il grado di certezza delle risposte e rendere la disciplina trasparente per chi se ne serve.

L’articolo 5 del decreto individua le seguenti ipotesi:

a) carenza dei dati identificativi delle istanze e mancata descrizione puntuale e specifica della fattispecie;

b) mancanza di preventività: l’istanza deve esser presentata prima della realizzazione della fattispecie prospettata nell’istanza, o di fatti ad essa connessi, e comunque non dopo il termine ultimo di presentazione della dichiarazione in cui si verificherà l’effetto, in termini fiscali, del comportamento tenuto dal contribuente;

c) mancanza delle condizioni di obiettiva incertezza individuate all’articolo 11, comma 4, dello Statuto dei diritti del contribuente il quale prevede che non

sussistono tali condizioni nel caso in cui l’Amministrazione abbia già provveduto a fornire compiutamente la soluzione per fattispecie corrispondenti, per somiglianza o analogia a meno che la fattispecie prospettata non riguardi questioni strettamente personali, a quella rappresentata dal contribuente tramite circolari, risoluzioni, istruzioni o note resi pubblici. In questo caso è onere dell’Amministrazione, nella motivazione dell’inammissibilità dell’istanza, rendere noti al contribuente gli atti emanati dalla stessa e contenenti la soluzione in questione, perseguendo quel principio di trasparenza dell’azione amministrativa che permea l’intera disciplina tributaria. La carenza dell’incertezza può comunque riguardare solamente le istanze per le quali è richiesto il presupposto delle obiettive condizioni di incertezza e, cioè, per gli interpelli interpretativi e per quelli qualificatori. [ ] 132

d) reiterazione di richieste per le quali il contribuente già abbia ottenuto un parere: tale causa di inammissibilità non comprende però i casi in cui l’istanza reiterata contenga nuovi elementi utili e potenzialmente rilevanti ai fini dell’esame dell’istanza e dell’emissione di una risposta;

e) presentazione di istanze relative a materie oggetto di accordi preventivi [ ], sui 133

nuovi investimenti [ ] e nei casi di istanze presentate dai contribuenti che hanno 134

avuto accesso al regime dell’adempimento collaborativo; [ ] 135

f) istanze che interferiscono con l’esercizio dei poteri accertativi, in quanto vertono su questioni per le quali sono già state avviate attività di controllo [ ] alla data di 136

presentazione dell’istanza. L’interferenza con i poteri di controllo è prevista al fine A. Mastromatteo e B. Santacroce, “Nuove cause di inammissibilità delle istanze di interpello e

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rapporti con l’accertamento”, in Il Fisco, n. 31/2015. Articolo 31 ter del D.P.R. n. 600 del 1973.

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Articolo 2 del Decreto Legislativo n. 147 del 2015.

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Articolo 3 del Decreto Legislativo n. 128 del 2015.

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L’Agenzia precisa che il termine ‘attività di controllo’ deve esser interpretato in senso ampio

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comprendendo anche l’avvenuta presentazione di istanze di rimborso o di annullamento, anche parziale, in autotutela, oltre alle attività di accertamento tecnico di competenza dell’Amministrazione procedente.

di evitare che il contribuente possa ottenere l’effetto di una revisione degli esiti derivanti dall’attività di accertamento, eseguita in sede di istruttoria delle istanze. L’inammissibilità, come specifica il decreto, ricorre non solo per le attività riferite direttamente al contribuente purché esso ne sia formalmente a conoscenza, oltre al caso in cui oggetto di accertamento non siano direttamente i comportamenti di cui si chiede chiarimenti nell’istanza ma altri che, nonostante siano riferiti a precedenti periodi d’imposta, siano comunque strettamente legati alla richiesta di interpello in quanto sovrapponibili; [ ] 137

g) istanze non regolarizzate nel termine di 30 giorni stabilito dal decreto. L’Amministrazione deve infatti invitare il contribuente alla regolarizzazione dell’istanza quando essa risulta carente di:


- indicazione del tipo di istanza, con esclusione delle istanze riguardanti gli interpelli ordinari e qualificatori;


- indicazione delle disposizioni di cui si richiede l’interpretazione;
 - esposizione della soluzione proposta;


- indicazione del domicilio e dei recapiti;


- sottoscrizione da parte del soggetto che presenta l’istanza.

L’esclusione di cui al primo punto dell’elenco opera in quanto essendo quello qualificatorio una forma di interpello che difficilmente è distinguibile in ambito applicativo, da parte del contribuente, dall’interpello ordinario, nel caso in cui all’Amministrazione risulti chiaro che il contribuente, indicando uno dei due tipi di istanza volesse in realtà presentare l’altra tipologia (ad esempio indicando come ‘interpello ordinario’ un’istanza a chiaro contenuto ‘qualificatorio’), essa non è tenuta ad invitare il contribuente alla regolarizzazione. Questo sia in relazione al fatto che i termini di trattazione delle due tipologie di istanze coincidono, sia per perseguire

La Circolare n. 9/E citata porta l’esempio delle fattispecie ricorrenti per effetto della detenzione di

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una partecipazione in una CFC e per le quali si pone il problema dell’imputazione per trasparenza di cui all’articolo 167 del TUIR. Nel caso in cui il contribuente abbia subito, per una determinata annualità, un controllo, ciò preclude al soggetto la possibilità di presentazione di un’istanza, anche preventiva, relativa ad una successiva annualità qualora la situazione di fatto e di diritto non sia mutata. In tale caso la risposta dell’Amministrazione potrebbe produrre effetti rilevanti sul controllo in corso e costituire strumento di revisione del controllo stesso.

l’obiettivo generale di prevalenza della sostanza sulla forma, in un’ottica di agevolare il contribuente che potrebbe trovarsi in difficoltà e di semplificare la stessa azione ispettiva da parte dell’Amministrazione finanziaria.

Al contrario, non sarà possibile per il contribuente procedere con la regolarizzazione dell’istanza in caso di carenze riguardanti il contenuto minimo essenziale, costituito dalla indicazione dei dati identificativi dell’istante e della descrizione chiara e concisa della fattispecie di cui si richiede un parere. [ ] 138

Si nota fin da subito come il Decreto Legislativo n. 156 del 2015, rispetto alla disciplina previgente contenuta nel Decreto Ministeriale n. 209 del 2001, voglia compiere un passo in avanti non limitandosi a individuare le carenze formali che comporterebbero l’inammissibilità dell’istanza ma, sempre con il fine di rendere la materia più trasparente possibile, il legislatore riformante ha deciso di individuare analiticamente le ipotesi di inammissibilità dell’istanza.

La ratio di questo intervento di tipizzazione delle cause di inammissibilità sta proprio nel tentativo di rimediare ad uno degli aspetti più critici della disciplina previgente che riguardava appunto l’assenza di una norma specifica circa il decretare una determinata istanza inammissibile o meno e, oltretutto, il fatto che la relativa disciplina doveva rimanere flessibile per adattarsi alle varie tipologie di interpello e ai mutamenti delle norme sostanziali, a danno di quel principio di trasparenza e chiarezza per il

contribuente che dovrebbe invece essere alla base del rapporto con il Fisco. [ ] 139

Per porre rimedio a queste carenze, il legislatore ha operato su due piani distinti

elevando a norma primaria la disciplina dell’inammissibilità e rendendo tale disciplina tassativa, in quanto ha previsto ipotesi specifiche e dettagliate.

Il rischio di questa chiusura da parte del legislatore è quello di ottenere l’effetto contrario rispetto a quanto seguito negli interventi sugli altri aspetti critici della disciplina degli interpelli, e cioè la prevalenza della sostanza sulla forma.

Articolo 3, comma 3, del Decreto Legislativo n. 156 del 2015.

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A. L. Cazzato, “Il ‘nuovo’ volto dell’interpello tributario alla prova della compliance allargata”, in

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