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6. La risposta dell’amministrazione

6.6 Profili sanzionatori

A completamento dell’esposizione delle novità introdotte per la disciplina degli interpelli occorre fornire una breve descrizione di come la riforma abbia influito sulle misure sanzionatorie.

“Modifiche ed integrazioni alla Legge 7 agosto 1990, n. 241, concernenti norme generali

161

sull’azione amministrativa”.

Articolo 2, comma 4bis, Legge 7 agosto 1990, n. 241.

È previsto infatti che ciò che determina l’irrogazione di una sanzione, ai sensi di quanto previsto dal Decreto Legislativo n. 158 del 2015, corrisponde alle fattispecie:

-

di mancata presentazione dell’istanza di interpello disapplicativo, ai sensi dell’articolo 11, comma 2, dello Statuto; [ ] 163

-

di mancata segnalazione in dichiarazione.

Per quanto riguarda la prima fattispecie, il nuovo comma 7 ter dell’articolo 11 del Decreto Legislativo n. 472 del 1997 prevede che in caso di mancata presentazione dell’istanza di interpello disapplicativo, unica tipologia di interpello obbligatorio, sia applicata una sanzione compresa tra 2000 e 21000 euro, cifra che raddoppia nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria, in sede di accertamento, disconosca la

disapplicazione operata dal contribuente.

Questo in quanto si vuole mantenere la funzionalità di un monitoraggio preventivo con riguardo a fattispecie caratterizzate da un potenziale effetto lesivo nei confronti del Fisco, funzionalità che era appunto garantita dall’obbligatorietà della presentazione di determinate istanze di interpello, con particolare riferimento alla disciplina delle C.F.C. e delle società di comodo.

Per questo motivo, il legislatore riformante ha deciso di lasciare all’Amministrazione finanziaria un presidio su situazioni potenzialmente pericolose prevedendo appunto l’obbligo di segnalazione in dichiarazione nel caso in cui non sia stata presentata l’istanza di interpello oppure, pur avendola presentata, il contribuente non si sia uniformato al parere fornito dal Fisco.

L’obbligatorietà di cui all’articolo 11, comma 2, dello Statuto è prevista:

163

- nel caso in cui il trasferimento della maggioranza delle partecipazioni e il cambio di attività esercitata renda irriportabili le perdite a nuovo (articolo 84 del Tuir);

- nell’ambito della limitazione nel riporto delle perdite che eccedono il patrimonio netto delle società che partecipano alla fusione nel caso in cui non vengano superati i requisiti di vitalità delle società in questione (articolo 172 del Tuir);

- nella parte in cui si vieta la deducibilità delle minusvalenze derivanti dalla cessione di

partecipazioni non aventi i requisiti PEX laddove, nei trentasei mesi precedenti alla cessione, siano stati percepiti dividendi o acconti (articolo 109 del Tuir).

Da questo punto di vista la circolare n. 9/E del 2016 ha ritenuto utile precisare che la segnalazione in questione potrà consistere in una:

-

semplice indicazione dell’avvenuta presentazione, o meno, dell’istanza se essa è presentata per la continuazione del consolidato nazionale, per l’accesso al

consolidato mondiale e per le società non operative e in perdita sistematica;

-

indicazione di dati più puntuali e precisi, rispetto alla semplice indicazione di cui sopra, se l’istanza è stata collegata alla detenzione di partecipazioni in Paesi a fiscalità privilegiata [ ] o comunque in Stati con i quali l’Italia abbia stipulato un 164

accordo che assicuri un effettivo scambio di informazioni;

-

una serie di ulteriori elementi informativi, oltre alla presentazione dell’istanza di interpello, individuati da un apposito provvedimento. [ ] 165

Così come specifica la stessa circolare n. 9/E del 2016, in questa prima ipotesi non si applica l’istituto del ravvedimento operoso poiché, anche se la norma non lo prevede espressamente, non avrebbe senso che il contribuente presenti un’istanza, che avrebbe dovuto presentare obbligatoriamente in un momento antecedente, dopo aver già provveduto di sua spontanea volontà a disapplicare una determinata disposizione.

In questo caso dovrà essere indicata:

164

- la relativa percezione di utili;

- la percezione di plusvalenze derivanti dalla cessione delle partecipazioni; - la mera detenzione di partecipazioni.

Il provvedimento in questione è quello di approvazione del Modello UNICO SC 2016 il quale

165

prevede l’indicazione nel rigo:

- RF 122 dell’ammontare dei componenti negativi dedotti e l’ammontare dei crediti convertiti, per le istanze di cui all’articolo 113 del Tuir;

- RS 115 dell’ammontare del totale dei conferimenti in denaro e di quelli che hanno portato ad una sterilizzazione dell’incremento di capitale proprio (articolo 10, comma 3, lettera a) del Decreto 14 marzo 2012), dell’ammontare totale dei corrispettivi per l’acquisizione o l’incremento di

partecipazioni (articolo 10, comma 3, lettera b) del Decreto 14 marzo 2012), dell’ammontare dei corrispettivi per l’acquisizione di aziende o di rami di aziende (articolo 10, comma 3, lettera c) del Decreto 14 marzo 2012), dell’ammontare dei contributi in denaro (articolo 10, comma 3, lettera d) del Decreto 14 marzo 2012).

Al ricorrere della seconda fattispecie, invece, occorre prendere come riferimento l’articolo 8, commi 3 ter, 3 quater e 3 quinquies, dello stesso Decreto n. 472 del 1997. In quel caso, infatti, avremo l’applicazione di una sanzione amministrativa:

-

pari al 10% delle plusvalenze e dei dividendi conseguiti dal soggetto residente e non indicati;

-

pari al 10% del reddito conseguito dal soggetto estero partecipato e imputabile nel periodo d’imposta al soggetto residente in proporzione alla partecipazione

posseduta;

-

in misura fissa, di importo compreso tra 2000 e 21000 euro, per tutte le altre segnalazioni.

Diversamente da quanto avviene nella prima fattispecie, in questo caso sarà invece possibile sanare l’errore o l’omissione, ricorrendo anche all’istituto del ravvedimento operoso entro 90 giorni dalla scadenza del termine di presentazione della

dichiarazione, così come previsto dall’articolo 13, comma 1, lettera a bis), del Decreto Legislativo n. 472 del 1997.

Di seguito viene riportata una tabella riepilogativa delle principali novità introdotte.

Tipologia Interpello Normativa di riferimento Organo Agenzia delle Entrate competente

Modalità di presentazione

istanza Termini risposta

Silenzio Assenso

Impugnabilità risposta interpello

Interpello Ordinario (istanza presentata in caso di condizioni di incertezza in relazione a fatti concreti e personali (i) sulla corretta interpretazione di disposizioni - Interpello ordinario interpretativo- (ii) sulla corretta qualificazioni di fattispecie - Interpello ordinario qualificatorio-) (art. 11, c. 1 lett. a) L. 212/2000)

90 giorni dalla ricezione dell'istanza. Se l'Amministrazione chiede integrazione documentazione i termini per la risposta decorrono dalla data di ricezione dei documenti.

SI

Interpello Probatorio (istanza presentata per dimostrare la sussistenza delle condizioni e la valutazione dell'idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l'adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti. ad es. le istanze di interpello in materia di CFC art. 167 del TUIR, le istanze di interpello per la continuazione del consolidato in caso di alcune operazioni straordinarie art. 124 del TUIR o per l'accesso al consolidato mondiale art. 132 del TUIR, l'interpello per le società non operative art. 30 L. 724/1994 ) (art. 11, c. 1 lett. b) L. 212/2000)

SI

Interpello antiabuso (istanza per conoscere il parere dell'Amministrazione sull'applicazione dell'abuso del diritto ex art. 10 bis L. 212/2000 o delle ipotesi di interposizine ex art. 37, c. 3 DPR 600/1973 ad una specifica fattispecie) (art. 12, c. 1 lett. c) L. 212/2000)

SI

Interpello Disapplicativo (istanza per richiedere parere in ordine alla sussistenza delle condizioni che legittimano la disapplicazione di norme che per evitare fenomeni elusivi limitano deduzioni, detrazioni, crediti d'imposta o altre posizioni soggettive del contribuente) (art. 11, c. 2 L. 212/2000) SI SI (impugnabile contestualmente all'avviso di accertamento, art. 6, c. 1 D.Lgs. 156/2015) *Per le istanze concernenti l'imposta ipotecaria dovuta in relazione ad atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali : in generale, Direzione Regionale competente ad applicare la norma;

per i soggetti di cui alla lett. B) la Direzione Centrale Catasto, Cartografia e Pubblicità immobiliare

Gli interpelli dal 1 gennaio 2016

Art. 11 L. 212/2000 Art. da 2 a 6 D.Lgs. 156/2015 Provv. Direttore Agenzia delle

Entrate del 4 gennaio 2016

Per le istanze riguardanti i tributi erariali A) In linea generale: - Direzione Regionale competente in ragione del domicilio fiscale del contribuente (anche per le stabili organizzazioni italiane di soggetti non residenti)*; B) Particolarità per categorie contribuenti:(i) i soggetti di rilevanti

M

ricavi), (ii) i soggetti non residenti, (iii) le Amministrazioni centrali dello Stato, (iv) gli enti pubblici a rilevanza nazionale,presentano gli interpelli: - Direzione Centrale Normativa*. In via transitoria, fino al 31 dicembre 2017, la risposta agli interpelli antiabuso è di competenza della Direzione Centrale Normativa

- Consegna a mano; - Spedizione con plico raccomandato A/R; - Invio a mezzo PEC; - Invio attraverso l'utilizzo di un servizio telematico erogato in rete dall'Agenzia delle Entrate.

NO (art. 6, c. 1 D.Lgs. 156/2015)

120 giorni dalla ricezione dell'istanza. Se l'Amministrazione chiede integrazione

documentazione i termini per la risposta decorrono dalla data di ricezione dei documenti.

CONCLUSIONI In sintesi

È doveroso, giunti a questo punto, fare un riassunto dei punti fondamentali sui quali ritengo importante fornire ulteriori precisazioni e trarre le relative conclusioni. Sono stati infatti analizzati vari aspetti che meritano di esser chiariti per poter comprendere al meglio quali siano stati gli effetti della riforma sulla disciplina previgente, in particolare se sono state risolte le criticità proprie della precedente normativa e quali invece siano rimasti i punti ancora da chiarire e per i quali si ritiene che il legislatore dovrà intervenire in futuro per colmare i vuoti da essi creati.

Non vi è dubbio che, come si è potuto appurare fin dall’introduzione di questo elaborato, lo strumento dell’interpello abbia riscosso un notevole successo tra il pubblico al quale era rivolto, costituito dai contribuenti, per vari motivi.

Sicuramente una delle ragioni principali di questo successo risiede nel riconoscimento formale, all’interno del sistema tributario italiano, di uno strumento che incarna a pieno quella funzione di consultazione e di assistenza che è propria

dell’Amministrazione finanziaria. Si è così permesso al contribuente si sentirsi

partecipe all’attività amministrativa eseguita dal Fisco, renderlo consapevole di come con esso si può relazionare e agevolare così lo spontaneo adempimento dei rapporti obbligatori d’imposta.

È infatti logico ritenere che in un sistema tributario che deve basarsi sull’adempimento spontaneo da parte del contribuente, l’Amministrazione finanziaria, oltre che

controllare tale adempimento, svolga anche un ruolo di consulente e assistente, sia per agevolare il soggetto passivo dell’imposizione sia per rendere gli stessi controlli più efficaci. [ ] 166

Lo scopo principe è così quello di raggiungere la tanto agognata certezza del diritto, espressione massima dei principi di buona fede e tutela dell’affidamento che permeano

A. Fantozzi, “Il diritto tributario”, Torino, 2012, p. 236.

il sistema tributario nazionale. Inoltre, da tale strumento trae un ulteriore beneficio anche la stessa Amministrazione finanziaria la quale, facilitando il corretto

adempimento delle obbligazioni tributarie dovute da contribuenti, ottiene essa stessa una certezza dei propri mezzi finanziari, così da limitare al massimo il grado di rischiosità del prelievo.

Ancora, l’Amministrazione finanziaria riesce ad arricchire le proprie conoscenze circa le tecniche di pianificazione fiscale e le modalità di esecuzione delle transazioni tra soggetti privati, così da agevolare l’emissione di pareri sempre più accurati e di

valenza generale e da indirizzare in maniera più puntuale l’attività di controllo fiscale. [ ] 167

È quindi pacifico affermare che gli interpelli abbiano fin da subito rivestito un ruolo primario nell’evoluzione del rapporto tra Fisco e contribuente, favorendo la

collaborazione tra i due soggetti in luogo della loro contrapposizione e conflittualità. L’analisi delle diverse tipologie di interpello contenute nel primo capitolo di questo elaborato ha però fatto emergere alcune loro criticità che rischiavano di minarne l’applicazione pratica e, di conseguenza, rendere tali strumenti, in taluni casi, inutili. In primis, è stato riscontrato un problema di carattere ‘logistico’, in quanto le norme riguardanti le varie tipologie di interpello erano sparse in diversi leggi e decreti, così da rendere difficile per il contribuente poco esperto rinvenire e applicare l’esatta disciplina idonea al proprio scopo. Questa problematica è stata risolta facendo convergere tutti gli interpelli prima esistenti in seno all’articolo 11 della Legge n. 212/2000 (che in precedenza già accoglieva la disciplina riguardante l’interpello ordinario) così da avere una visione omogenea da un punto di vista normativo.

È proprio l’omogeneità che ha guidato il legislatore riformante nella soluzione dei vari aspetti critici della disciplina previgente, al fine di raggiungere una sempre più

completa certezza del diritto che dovrebbe essere alla base dei rapporti tra Fisco e contribuente. Infatti, la proliferazione delle tipologie di interpello (ciascuno

inevitabilmente accompagnato da proprie regole procedurali) si è ben presto tradotta in

C. Romano, “Le ragioni di un ruling europeo”, in Tributimpresa, 2004, p. 69.

un elemento di complicazione del sistema: l’esistenza di tipologie di interpello diverse, caratterizzate tutte da finalità differenti e regole applicative differenziate, ha finito per disorientare i contribuenti nella individuazione dello strumento da utilizzare

realizzando un progressivo allontanamento dall’istituto.

Un intervento ‘diretto’ si è avuto con l’introduzione di due nuove tipologie di interpello: l’interpello qualificatorio e l’interpello probatorio.

Il primo, come visto, ha espanso il campo di applicazione che prima riguardava l’interpello ordinario mentre il secondo è stato necessario per ottenere una ulteriore unificazione della disciplina dei cosiddetti interpelli ‘spuri’, in quanto abbiamo evidenziato come sia possibile ricorrere all’interpello probatorio in tutti quei casi previsti dalla norma. [ ] 168

Ancora, si è dovuto precisare come il legislatore abbia voluto eliminare la categoria degli interpelli obbligatori con eccezione di quello disapplicativo che permane nell’ordinamento senza subire variazioni rispetto alla precedente normativa.

A subire invece un brusco stravolgimento è l’ex interpello antielusivo le cui ipotesi di applicazione sono ora riconducibili al nuovo interpello antiabuso. La revisione di questo strumento ha fatto sorgere in capo al legislatore riformante la necessità di rivedere anche la concezione di ‘evasione’ ed ‘elusione’ in relazione a fattispecie concrete e, proprio in virtù di ciò, si è avuta l’introduzione del nuovo articolo 10 bis all’interno della stessa Legge n. 212 del 2000. Tale articolo è stato introdotto proprio per far chiarezza tracciando una linea di demarcazione che separi il lecito dall’illecito e l’abuso dall’evasione. Per semplificare questo compito, la nozione di abuso e quella di elusione sono state unificate sotto una unica terminologia diventando una categoria residuale della più importante nozione di ‘evasione fiscale’. Proprio questa

discriminante ha però creato una ulteriore problematica riguardante la determinazione delle fattispecie rientranti nella definizione di abuso del diritto, problematica che mi auspico venga presto risolta tramite un ulteriore intervento da parte degli organi preposti a tale scopo.

Articolo 11, comma 1, lettera c), della Legge n, 212 del 2000.

Dal punto di vista procedurale il legislatore è intervenuto seguendo due linee guida principali:

-

uniformità e omogeneità della disciplina;

-

prevalenza della sostanza sulla forma.

Infatti, al fine di rendere lo strumento più accessibile al contribuente e, allo stesso tempo, facilitare l’attività di controllo e di responso da parte dell’Amministrazione finanziaria, le regole procedurali, ove possibile, sono state uniformate e rivisitate [ ]. 169

Il legislatore ha optato infatti per far prevalere, in taluni casi [ ], la sostanza sulla 170

forma per evitare che i tempi di analisi delle istanze si prolungassero, a danno sia del soggetto istante che dell’interpellato, a causa di errori formali ininfluenti al fine della risposta circa il dubbio prospettato.

Rimane invece invariato l’indirizzo del legislatore riguardante la non impugnabilità degli interpelli, eccezion fatta per l’interpello disapplicativo per il quale il contrasto che si aveva in precedenza tra l’orientamento dell’Agenzie delle Entrate, contraria all’impugnazione dell’istanza, e parte della giurisprudenza si è risolto a favore di quest’ultima, prevedendo così l’impugnabilità della risposta all’istanza di interpello disapplicativo, seppur unitariamente al successivo atto emanato.

Per concludere

Da quanto esposto e qui brevemente riassunto è chiaro come il legislatore sia voluto intervenire modernizzando il rapporto tra Fisco e contribuente, nell’ottica di una collaborazione più proficua e di un dialogo costruttivo.

Si pensi ad esempio al carattere della preventività che, come analizzato accuratamente nel secondo

169

capitolo dell’elaborato, è stato omogeneizzato per tutte le tipologie di interpello.

L’esempio fornito nel paragrafo 5 del secondo capitolo, e contenuto nella stessa circolare 9/E del

170

2016, è quello del contribuente che indica, nella propria istanza, erroneamente il riferimento normativo ma è chiaro, analizzando il contenuto dell’istanza, a quale tipologia di interpello il contribuente

Il mio giudizio generale sulla riforma dell’istituto dell’interpello non può che essere positivo anche se non soddisfa a pieno le mie perplessità.

Infatti è da vedere come si riuscirà ad applicare sul piano pratico una disciplina che, almeno sul piano teorico, sembra aver compiuto notevoli passi in avanti rispetto alla precedente concezione della figura dell’Amministrazione finanziaria.

Altre perplessità riguardano, a mio avviso, la troppa semplificazione che può creare confusione nel contribuente che vuole far ricorso allo strumento. La creazione di ‘macro categorie’ di interpelli rischia di renderne la disciplina troppo generica e poco chiara, anche se sembrerebbe che il Fisco stia assumendo una posizione più

comprensiva di questa difficoltà venendo incontro alle esigenze e ai dubbi dei soggetti passivi dell’imposizione.

Se invece si estende il campo visivo all’intera riforma, prescindendo quindi dal singolo intervento riguardante gli interpelli, una critica può esser mossa contro il fatto che la riforma fiscale, di meramente ‘fiscale’ non ha niente. Il legislatore si è infatti

concentrato sul rapporto tra Fisco e contribuente che, senza dubbio, avrà anche

ripercussioni positive sul piano pratico, in quanto l’intero ordinamento è stato reso più semplice, intellegibile, chiaro ed equo e finalizzato a ridurre i conflitti tra le due parti del rapporto tributario.

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Consiglio di Stato, decisione n. 414 del 26 gennaio 2009 Corte di Cassazione, sentenza n. 17010 del 5 ottobre 2012

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Commissione tributaria regionale di Milano, sentenza n. 573 dell’11 gennaio 2016

Atti dell’Agenzia delle Entrate

Circolare n. 7-993952 della DRE Piemonte, 1998 Circolare n. 320/E del 1998

Circolare n. 101/E del 1999

Circolare n. 16-31576 della DRE Lombardia, 2000 Circolare n. 98/E del 2000

Circolare n. 14/E del 2007 Circolare n. 5/E del 2009 Circolare n. 7/E del 2009 Circolare 32/E del 2010 Circolare n. 9/E del 2016 Parere n. 3 del 1 aprile 2004 Parere n. 4 del 1 aprile 2004