L A STAMPA DELLA U IL
3.4 L’attività di stampa e propaganda
Oltre a «Il Lavoro Italiano» la Uil aveva dato vita anche ad una stampa specializzata, curata dall’Ufficio studi confederale.
Si trattava di un bollettino di giurisprudenza, legislazione e statistiche e di una collana di monografie sui più importanti problemi di legislazione del lavoro e sui problemi economici legati agli interessi dei lavoratori. Pubblicazioni che uscivano «nella forma consentita dalla povertà dei mezzi»107.
Questo tipo di stampa aveva sia una funzione che un pubblico differente da quello dell’organo confederale. Esprimeva i punti di vista della Uil su questioni di natura giuridica
103
FRANCO SIMONCINI, Dall'interno della UIL: 1950-1985, Milano, Franco Angeli, 1986, p. 90.
104
Ibidem.
105
Ivi, p. 91.
106
Cfr. «Il Lavoro italiano», X, n. 33-34 , 9 settembre 1958, p. 6.
107
Relazione di Franco Simoncini, capo dell’Ufficio Studi confederale, svolta in occasione del III Convegno della stampa propaganda di Bordighera del 1955. Cfr. Approfondire gli studi economici per sostenere le rivendicazioni sociali, in «Il Lavoro italiano», VII, n. 16, 18 aprile 1955, p. 4.
o economica con lo scopo di renderli noti nelle sedi competenti e per tentare di esercitare in quelle sedi una positiva influenza. Destinatari di questi mezzi di comunicazione erano i parlamentari, il Governo, le istituzioni scientifiche, le rappresentanze estere, gli studiosi oltre ai responsabili delle organizzazioni della Uil stessa.
Gli argomenti trattati avevano quindi un intrinseco contenuto tecnico ed in conseguenza il linguaggio utilizzato, sia nel bollettino che nelle monografie, doveva adeguarsi alla materia (giuridica o economica) utilizzando un forma «non astrusa ma non sciatta e dilettantistica»108. Le stesse tesi esposte in queste pubblicazioni, erano poi comunicate in termini accessibili ai lavoratori attraverso gli organi di stampa, di informazione e di propaganda della confederazione e delle federazioni. Questi erano considerati strumenti indispensabili per la diffusione delle idee della Uil e per la sua penetrazione organizzativa.
Come emerge però dalla relazione sull’attività dell’Ufficio stampa della Uil, svolta in occasione dell’Esecutivo confederale del 9-10 ottobre 1952, l’attività di stampa procedeva attraverso una duplice serie di difficoltà di natura economica e politica109. Infatti si riconosceva che nessun elemento al pari dell’informazione e della “nota di propaganda”, avesse tanto bisogno di essere accompagnato, dalla stesura alla pubblicazione, da fattori finanziari che ne assicurassero l’esistenza materiale. «Una trattativa – si legge nella relazione - abbisogna di un sindacalista in gamba: ma un articolo che esalti questa trattativa, abbisogna di un sindacalista, di un giornalista e a questo punto di un giornale». La Uil costatava che i giornali erano «oggetto di lusso» e che in quella fase, la diffusione delle notizie sui giornali altrui si scontrava con una difficoltà di carattere politico. «Stante all’attuale situazione politica italiana i nove decimi della stampa sono controllati dal Governo, dai socialcomunisti e dalle destre. Per le grandi città, la percentuale è ancora maggiore raggiungendo i dieci decimi». Le forze politiche che controllavano la stampa cosiddetta “indipendente”, non avevano interesse a valorizzare la Uil e la sua azione e quindi nei “pastoni sindacali” di questi giornali, l’organizzazione aveva «il posto della cenerentola»110.
Il tema della stampa e della propaganda venne affrontato più compiutamente dall’unione nel 1954-1955 attraverso una serie di convegni dedicati espressamente a queste materie. Si trattava di una serie di manifestazioni, a carattere locale, volte a rafforzare ed affinare il senso dell’attivismo propagandistico del sindacato.
108
Ibidem.
109
Stampa e produttività, in «Il Lavoro italiano», IV, 42, 20 ottobre 1952, p. 4.
110
Il primo convegno della stampa sindacale indetto dalla Uil, si svolse a Torino il 13-15 novembre 1954, ed aveva come tema L’organizzazione della propaganda in una moderna
confederazione sindacale. Si proponeva di studiare ed individuare i canali attraverso i quali
dalle organizzazioni e dagli uffici confederali, l’azione sindacale si snodava attraverso i luoghi di lavoro. I successivi convegni furono organizzati a Voghera (il 5-7 febbraio del 1955) e a Bordighera (nell’aprile dello stesso anno).
Alle manifestazioni partecipavano di volta in volta i delegati delle camere sindacali comunali e mandamentali della provincia, dei sindacati di categoria della zona e alcuni membri della Segreteria confederale, oltre che Camillo Benevento, in qualità di direttore de «Il Lavoro italiano» e capo del servizio Stampa e propaganda confederale.
Ad essi il giornale diede ampio risalto, dedicando ogni volta un’intera pagina, la quarta, allo svolgimento dei lavori ed agli interventi dei partecipanti.
I convegni, nel loro complesso, furono un’occasione di confronto e di studio per l’organizzazione e tracciarono alcune linee per l’attività propagandistica.
Alla stampa veniva riconosciuto un ruolo importante, non solo per la vita dell’organizzazione ma sopratutto all’interno dell’attività sindacale. Era questa che permetteva di dare risalto e quindi «sfruttare» i risultati raggiunti ai fini del potenziamento organizzativo. Per questo motivo era necessario dare vita ad una stampa «ben fatta, tempestiva ed efficace»111 e anche, come sottolineava Benevento, avere una continua corrispondenza di informazione e di idee tra periferia e centro e tra vertici e base dell’organizzazione. Solamente in questo modo sarebbe stato possibile assicurare alla Uil «una continuità democratica, rifuggendo da ogni impostazione paternalistica»112.
In tutte e tre le occasioni erano stati esaminati quelli che venivano definiti i tre “livelli” della stampa sindacale, e cioè la stampa nazionale, quella provinciale e di categoria ed i giornali di fabbrica e di reparto.
Per ciascuno di essi erano stati affrontati i problemi metodologici, mettendone in risalto il ruolo specifico all’interno dell’organizzazione e dell’attività propagandistica.
L’attenzione della Uil si concentrava soprattutto sulla stampa periferica e ancora di più su quella di fabbrica. Erano queste il vero strumento per una più capillare penetrazione
111
Il partito di classe si chiama sindacato, in «Il Lavoro italiano», VI, n. 46, 26 novembre 1954, p. 4.
112
Cfr. l’intervento di Camillo Benevento. Le relazioni orientative sui tre livelli di propaganda, in «Il Lavoro italiano», VI, n. 46, 26 novembre 1954, p. 4.
organizzativa, poiché la confederazione si era prefissa l’obiettivo di raggiungere il lavoratore in ogni posto di lavoro113.
Se il compito fondamentale della stampa confederale era quello di approfondire i concetti e gli indirizzi generali della Uil, quella camerale e di categoria, dovevano invece sensibilizzare l’opinione pubblica di una zona attorno ai riflessi pratici ed alle impostazioni immediate che da quei principi derivavano, in una determinata congiuntura sociale114.
Nelle aziende il compito della stampa era quello di coordinare le istanze di base «verso una visione armonica» che potesse trovare la sua realizzazione in una «compiuta e definita lotta sindacale»115.
I giornali di fabbrica dovevano essere battaglieri e continuamente polemici, assumendo così quel carattere distintivo che doveva avere un giornale operaio, fatto da operai, per sottolineare le fasi della quotidiana azione sindacale116.
Un aspetto centrale per quanto riguarda la stampa sindacale, emerge poi dall’intervento di Viglianesi al primo convegno di Torino: quello cioè della redazione dei giornali sindacali e delle persone alle quali questa doveva essere affidata.
Il segretario insisteva sulla necessità di una stampa fatta interamente da sindacalisti e da uomini provenienti dalle file del movimento sindacale, che si traduceva nella scelta di non avvalersi di giornalisti professionisti.
Sosteneva infatti: «I nostri giornali dobbiamo crearli da noi […] non possiamo affidarci agli intellettuali o ai professionisti del giornalismo: così facendo noi finiremmo per creare un muro tra l’organizzazione, i suoi giornali e gli operai delle fabbriche, o i contadini. Esistono un’anima, uno stile, un’impronta sindacale che i lavoratori esigono ritrovare nelle loro pubblicazioni, nel tono della loro propaganda: elementi che non si creano artificiosamente ma nascono dal seno della classe lavoratrice»117.
Era sopratutto la stampa periferica a dover essere impostata dai lavoratori. Quella cioè, che più di ogni altra era in grado di mantenere un contatto con la base. Ma anche il giornale confederale doveva prendere vita dall’invio costante delle notizie e delle impressioni che i
113 CAMILLO
BENEVENTO, Reinserire la classe operaia italiana nel processo storico culturale della società, in «Il Lavoro italiano», VII, n. 7, 14 febbraio 1955, p. 4.
114
Cfr. l’intervento di Camillo Benevento. La Uil si qualifica nella fabbriche come forza base dell’associazionismo operaio, in «Il Lavoro italiano», VII, n. 16, 18 aprile 1955, p. 4.
115
Ibidem.
116
Cfr. L’intervento di Raffo al I Convegno di Torino. Le relazioni orientative sui tre livelli di propaganda, in «Il Lavoro italiano», VI, n. 46, 26 novembre 1954, p. 4.
117
lavoratori di base trasmettevano «per dare ad esso il tono più adeguato e il senso di quelle che sono le necessità della classe operaia»118.
I temi principali della propaganda scaturivano dalle battaglie della Uil: il conglobamento, la legge delega, la lotta ai licenziamenti, la riforma di struttura e le leggi previdenziali. Ma anche la riforma dei patti agrari, la legge sindacale, il piano Vanoni.
Ancora una volta, come già per la Cgil e la Cisl, era forte la necessità di diversificarsi dagli altri nella propaganda ed in maniera più specifica nel linguaggio impiegato, così come avveniva anche sul piano delle impostazioni politico-sindacali119.
Ed era soprattutto rispetto ai comunisti che si intendeva, in quel momento, rimarcare le differenze. La Uil aveva voluto cominciare il piano delle manifestazioni da Torino proprio perché era questo uno dei centri di maggiore forza dei comunisti120.
Il Segretario generale Viglianesi, nel suo intervento al primo convegno, insistette sulla necessità di far fronte alla «massiccia violenza ideologica della propaganda comunista», che si serviva di slogan «obbiettivamente accettabili», intendendo con questa espressione quei concetti e quelle idee naturalmente condivisibili di pace, di libertà, di lavoro e di giustizia sociale. Secondo il leader della Uil, era necessario adoperare le stesse armi e lavorare profondamente nelle medesime strutture, facendo proprie le grandi parole ed impedendo a quelli che erano in realtà «nemici della pace e della giustizia sociale» di usare questi temi ovviamente accettabili121.
I quadri della Uil avevano scelto di rispondere al problema della propaganda a tutti i livelli affrontandolo direttamente alla base e «con un metodo essenzialmente democratico»: cioè attraverso i convegni della stampa e della propaganda. Con essi nasceva un «sistema metodologico per la cura dell’opinione pubblica», che era «tipico» della Uil, in quanto scaturiva dall’esperienza nelle fabbriche. E questo a differenza dei propagandisti dei padroni e dei comunisti «che avevano università e scuole di partito» a fornire loro un’adeguata preparazione, oltre a strumenti come i «Quaderni dell’attivista» ed altre pubblicazioni grazie alle quali le altre organizzazioni erano a conoscenza «delle più progredite tecniche di informazione»122.
118
Cfr. l’intervento di Benvenuto al II Convegno della Stampa sindacale di Voghera. Lo svolgimento dei lavori, in «Il Lavoro italiano», VII, n. 7, 14 febbraio 1955, p. 4.
119
Lo svolgimento dei lavori, cit., p. 4.
120
Il partito di classe si chiama sindacato, cit., p. 4.
121
Ibidem.
122
G. RIBICHINI, La stampa operaia e la propaganda sindacale nei dibattiti e nelle relazioni del Convegno di Voghera in «Il Lavoro italiano», VII, n. 7, 14 febbraio 1955, p. 4.
Le linee direttive fondamentali che dovevano essere seguite nell’azione di propaganda, erano state dettate dal Segretario confederale Raffaele Vanni, in occasione del III Convegno di Bordighera. Nel suo intervento venivano distinti i caratteri della propaganda generale e quella di fabbrica, nelle quali andava sempre sottolineata, come tema di fondo, l’indipendenza della Uil da qualsiasi confessione politica123. Infatti per il primo tipo di propaganda, il fine da perseguire era soprattutto la netta distinzione delle impostazioni della Uil dalle altre organizzazioni «in modo che i lavoratori possano ben distinguere la posizione di assoluta indipendenza della Uil da qualsiasi confessione politica». Da questa base di partenza derivava poi l’impostazione della propaganda aziendale, nella quale andava sfruttato lo stesso motivo124.
Sempre in occasione del convegno dell’aprile 1955, Camillo Benevento ritornava sulla necessità per la Uil di distinguersi e in conseguenza sulla «caratterizzazione costante» che attivisti, propagandisti e redattori sindacali della Uil avrebbero dovuto imprimere all’opinione pubblica delle fabbriche, delle campagne e degli uffici. Secondo il direttore de «Il Lavoro italiano», ogni organizzazione possedeva nel suo bagaglio ideale, gli elementi che contribuivano a farne qualcosa di diverso dagli altri. E dopo essere ritornato sui “tre livelli” della stampa, soffermandosi sopratutto su quello di fabbrica, sottolineava come al vertice di ogni propaganda ben realizzata fosse la «capacità di tradurre in formule e slogan, le esigenze fondamentali dei lavoratori delle fabbriche e delle campagne». «Propaganda aggressiva dunque, che non può e non vuole subire la iniziativa altrui. Vivacità polemica, dialettica dei contrasti». Perché un’idea «acquista una sua validità soprattutto nella polemica»125.
Tra i principali problemi connessi allo sviluppo della propaganda, era emersa la necessità di una maggiore formazione e preparazione degli attivisti e dei membri delle Commissioni interne. Una necessità avvertita dalle organizzazioni periferiche della Uil, i cui rappresentanti erano intervenuti più volte su questo tema. Era soprattutto diffusa la richiesta di pubblicazioni che servissero da orientamento per gli attivisti ed opuscoli che sintetizzassero i più importanti problemi della propaganda confederale126. Emerse poi anche
123
Cfr. l’intervento del Segretario Raffaele Vanni. La Uil si qualifica nella fabbriche come forza base dell’associazionismo operaio, cit., p. 4.
124
Questo non significava - secondo Vanni - che la Uil fosse un organismo apolitico, dal momento che le organizzazioni sindacali dovevano avere, come l’aveva la Uil, una propria posizione politica. Il Segretario sottolineava ancora che una cosa era l’indipendenza dai partiti e un’altra l’azione politica. Ibidem.
125
Cfr. l’intervento di Camillo Benevento. La Uil si qualifica nella fabbriche come forza base dell’associazionismo operaio, cit., p. 4.
126
Si vedano, ad esempio gli interventi di Ferrari e di Berti, Centri di diffusione e di informazione organi vitali dell’attivismo del sindacalismo, in «Il Lavoro italiano», VII, n. 16, 18 aprile 1955, p. 4.
la necessità di maggiore coordinamento dell’attività di stampa, propaganda e informazione, per dare vita ad una propaganda più capillare e tempestiva.
Venne proposta sia la pubblicazione di nuovi organi di stampa locali, che affiancassero e completassero l’opera dei giornali confederali, e di frequenti pubblicazioni di manifesti informativi che potessero nel frattempo sostituire questi giornali locali (impossibilitati ad uscire per la proverbiale mancanza di mezzi), ma anche la creazione di apposite strutture destinate a migliorare le attività propagandistiche.
In particolare si propose la costituzione di un organico “Centro provinciale per la propaganda e la stampa”, che promuovesse tutte le iniziative atte a stimolare l’azione sindacale e a far giungere tempestivamente la voce del sindacato in tutti i luoghi di lavoro127, ed un “Centro di coordinamento e informazione” tra le camere sindacali del “triangolo” e gli uffici centrali della confederazione, che avrebbe dovuto curare la propaganda e la tempestiva informazione, servendosi di fiduciari locali i quali, a loro volta, sarebbero stati collegati con una rete di attivisti-informatori dislocati nelle principali fabbriche delle rispettive zone. In questo modo sarebbe stato possibile giungere in brevissimo tempo dal vertice alla base e viceversa, informando su tutto ciò che poteva riguardare la propaganda e l’azione sindacale.
127
Il centro sarebbe stato costituito da rappresentanti delle più importanti categorie e delle maggiori aziende della provincia. Cfr. Lo svolgimento dei lavori, in «Il Lavoro italiano», VII, n. 7, 14 febbraio 1955, p. 4.
CAPITOLO QUARTO