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Le trasformazioni del linguaggio de «Il Lavoro Italiano»

L A STAMPA DELLA U IL

3.3 Le trasformazioni del linguaggio de «Il Lavoro Italiano»

Se i temi ed i messaggi divulgati dal giornale mutarono con il passaggio del settimanale a organo della Uil, dal punto di vista formale, come già detto, questo rimase sostanzialmente inalterato. A partire dal 1952 si assistette però all’introduzione, seppur molto graduale, di una serie di rubriche, approfondimenti ed arricchimenti del contenuto.

Incominciarono ad essere pubblicate delle inchieste, come quella sull’immigrazione83 o quella sulla disoccupazione84, che si andavano ad affiancare ad altre riguardanti, più in generale, l’azione svolta dalla Uil, come nel caso della Campagna nazionale produttività, alla

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Fino al n. 17 del 27 aprile 1953.

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Gli articoli vennero pubblicati per quattro numeri consecutivi a partire dal n. 27 del 12 luglio 1954.

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Le scuole collegiali della Cgil in, «Il Lavoro italiano», VI, n. 27, 12 luglio 1954, p. 3.

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A partire dal n. 21 del 26 maggio 1952, vennero pubblicati in quarta pagina una serie di articoli di Giovanni L. Morino su questo tema.

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quale venne dedicata un’intera pagina nel luglio del 1952 per illustrarne il significato, gli obiettivi ed i programmi85.

Le rubriche erano concentrate soprattutto in seconda pagina, dove le varie iniziative ed attività svolte dalle federazioni erano raccolte in «Vita sindacale delle categorie», mentre la prima o l’ultima colonna ospitavano «Il lavoro in parlamento», già precedentemente pubblicata, e «Soste», con brevi notizie italiane ed estere non necessariamente di argomento strettamente sindacale.

In terza pagina erano ancora pubblicate le rubriche a carattere polemico: continuò ad essere presente, dopo una breve interruzione, «Sottolineato» di Omicron e dal luglio del 1952 venne introdotta «Lettere al direttore»86 di Giovanni Bianchi, un corsivo presentato nella veste di una lettera indirizzata al direttore del giornale, dedicato di volta in volta ad un tema specifico. Per alcuni numeri venne anche sperimentata una «Tribuna libera» ed una rubrica dedicata alla posta dei lettori con le risposte del direttore.

Ma è soprattutto a partire dal 1954 che le colonne del periodico si aprirono a nuovi spazi caratteristici degli organi di stampa delle altre centrali sindacali, che fino a quel momento non avevano invece ancora trovato posto tra le pagine del giornale. In seconda pagina furono introdotte due rubriche con cui «Il Lavoro italiano» rispondeva ai quesiti posti dai lettori su questioni giuridiche, «Giurisprudenza del lavoro», e su problemi di salute, «I consigli del medico».

L’organo della Uil non si trasformò mai però in un “moderno” settimanale a rotocalco come avevano fatto «Conquiste del lavoro» e «Lavoro» tentando di concorrere con i loro rivali commerciali. L’impostazione generale del giornale e soprattutto la sua veste grafica, rimasero anzi quasi invariate, i cambiamenti più evidenti furono ad esempio l’introduzione, a partire al giugno del 1952, del colore rosso nella titolazione di alcuni articoli principali in prima e in quarta pagina87.

Ebbe sempre come riferimento il quotidiano d’informazione, mantenendo quella linea editoriale che sembrava volersi staccare del tutto dal settimanale illustrato, emblema della mondanità e della lettura disimpegnata. Malgrado la crescente influenza di queste riviste, delle loro copertine e delle loro illustrazioni sulla pubblicistica nazionale ed il favore che incontravano tra i lettori ed i lavoratori, non solo non venne introdotto il nuovo tipo di stampa per rendere il giornale più accattivante, ma anche l’immagine fotografica non acquisì

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«Il Lavoro italiano», IV, n. 28, 14 luglio 1952, p. 4.

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Pubblicata a partire dal n. 30 del 28 luglio 1952.

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L’uso del colore viene sperimentato con il n. 18 in occasione della Festa del Lavoro e poi introdotto definitivamente a partire dal n. 25 del 23 giugno 1952.

quella centralità che era propria dei rotocalchi e che influenzò notevolmente i giornali ufficiali della Cgil e della Cisl.

«Il Lavoro italiano» aveva lo scopo principale di approfondire i concetti e gli indirizzi generali della centrale sindacale e voleva essere un giornale di riferimento dei dirigenti ed iscritti, destinato al loro orientamento e alla loro formazione. Questa funzione ne determinò la fisionomia ed i contenuti, sia in termini di tematiche, del modo in cui queste venivano affrontate e del tipo di articoli pubblicati (editoriali, commenti, corsivi o rubriche), che in termini di veste vera e propria. Come la Cisl, anche la Uil scelse dunque di sviluppare un organo di stampa dai contenuti prevalentemente sindacali, riducendo presto lo spazio dedicato al tempo libero e alla cultura, alla critica letteraria, cinematografica e artistica.

Dalla lettura del giornale emergono però, a partire dal 1954, diversi elementi che meritano una riflessione più attenta e che dimostrano quanto «Lavoro italiano», malgrado si rivolgesse ad un pubblico selezionato di dirigenti e militanti sindacali, non fosse del tutto impermeabile ad alcune forme di cultura di massa ed ai linguaggi mediali che si erano sviluppati nel corso del decennio.

«Il Lavoro italiano» aveva criticato le immagini osé che popolavano le riviste illustrate che circolavano in Italia in quel periodo e proprio in polemica con questi giornali, a partire dall’agosto 1954 e per circa sei mesi, aveva pubblicato in terza pagina una rubrica intitolata «Volti e tipi»88. La rubrica ospitava, di volta in volta, due fotografie di donne appartenenti alle categorie degli attori e dei generici della Uil, delle quali veniva pubblicato solo il volto, indicandone poi il nome nel trafiletto e suggerendo al lettore un’interpretazione dei tratti del viso e dei caratteri.

Intendeva da una parte segnalare volti interessanti dal punto di vista cinematografico, bandendo allo stesso tempo un concorso per un contratto di lavoro per una parte in un film. Voleva essere però, soprattutto un’iniziativa polemica verso il cinema e verso i giornali a rotocalco che tendevano sempre di più a proporre immagini provocanti di donne. «Volti e tipi» spiegava infatti che nei giornali illustrati i personaggi del giorno, specie le donne, non erano presentati attraverso volti e caratteri ma attraverso «una sorta di formula anatomica», al punto di non poter aprire un rotocalco senza imbattersi in un’immagine osé. Il giornale non intendeva né «rifare il gusto», né atteggiarsi a moralista, ma presentare ai lettori quei personaggi cari al pubblico che erano organizzati nella Uil, in atteggiamenti più modesti e

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familiari «come si conviene in una “galleria di lavoratori”»89. Pubblicare quindi soltanto tipi, caratteri, interpretazioni.

Malgrado il tono polemico utilizzato dalla Uil nell’avviare la rubrica, l’iniziativa si inseriva però perfettamente in quel contesto di concorsi e competizioni fra miss, che era ormai un fenomeno sbarcato definitivamente anche in Italia, seguendo in particolare la tendenza che si stava sviluppando nel corso del decennio, di proporre competizioni nelle quali fossero le doti morali e pratiche ad emergere: un’idea che veniva dagli Stati Uniti dove già dal 1950 gli americani premiavano le qualità spirituali e morali delle ragazze con il concorso “Miss Buon gusto”. Dalla seconda metà degli anni Cinquanta anche in Italia si cominciò a proporre competizioni analoghe con una certa capillarità: la rivista «Alba», ad esempio, patrocinò nel 1954 “Sposa d’Italia” e nel settembre 1955 a San Pellegrino Terme si elesse “Miss Donna ideale 1955”90. La tendenza aveva presto fatto presa anche sul Pci e sulla Cgil, che attraverso le feste dell’Unità e i concorsi di «Lavoro» eleggevano annualmente delle “Stelline”, scelte frequentemente per doti estetiche e caratteristiche più idonee a partecipare alla lavorazione di un film, così come il settimanale comunista «Vie nuove» che dal 1950 organizzava il concorso di bellezza «Volti nuovi per il cinema»91.

Inoltre malgrado il tono polemico assunto da «Il Lavoro italiano», questo non seppe resistere, in quello stesso 1954, alla tentazione di pubblicare in prima pagina una foto di una ragazza in costume da bagno, la cui didascalia recitava: «Il lavoro femminile si afferma anche nelle spiagge: vedremo questa estate delle bagnine cosi?»92.

Più volte vennero in realtà pubblicate fotografie di varie “bellezze” italiane o straniere, sia celebri come la Lollobrigida o la Loren, che meno, come la vincitrice della gara di bellezza tra le ragazze di una zona vinicola francese, proclamata regina del Cognac93. Non di rado la terza pagina ospitava poi fotografie di belle ragazze sorridenti, slegate dagli articoli contenuti nel resto della pagina, o addirittura di ragazze che esibivano le gambe.

La Uil, e con essa il suo giornale, aveva ormai incominciato a riflettere sui mutamenti avvenuti nella società italiana, sull’ansia di libertà e di anticonformismo dei giovani94, sulla voglia di agi e di consumi, sui divertimenti degli italiani, e non solo sulle forme tradizionali

89

«Il Lavoro italiano», VI, n. 31-32, 9 agosto 1954, p. 3.

90

SILVIA CASSAMAGNAGHI, Immagini dall'America: mass media e modelli femminili nell'Italia del secondo dopoguerra, 1945-1960, Milano, Franco Angeli, 2007, pp. 196-198.

91

Cfr. Capitolo I.

92

«Il Lavoro italiano», VI, n. 15, 19 aprile 1954, p. 1.

93

L’immagine intitolata «Un trono a 50 gradi», ritraeva la ragazza seduta su una botte mentre alzava felice un calice di Cognac, «Il Lavoro italiano», VI, n. 18 , 10 maggio, 1954.

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TULLIO ALTAMURA, Deve essere alimentata dall’insegnamento la fiducia nei giovani nella avvenire, in «Il Lavoro italiano», X, n. 38, 30 settembre 1958, p. 3; Id, I vitelloni hanno cambiato divisa, in «Il Lavoro italiano», XI, n. 35-36, 15 settembre 1959.

come il teatro, il cinema e le manifestazioni sportive, ma aveva guardato anche ai «convulsi e frenetici» balli moderni come il calypso ed il rock’n’roll, che mettevano in crisi quelli classici95, alla televisione e agli tipi di divertimento popolare come i juke-boxes e i flipper. Questi rappresentavano ormai la principale forma d’evasione «dai triboli della lotta quotidiana» e soprattutto uno stimolo che il popolo cercava «per rinvigorire le sue forze ed affrontare la battaglia per il progresso civile e l’elevamento del suo tenore di vita96.

Nell’indire la campagna abbonamenti 1958-1959 «Il Lavoro italiano» aveva organizzato due concorsi, uno per la camere sindacali che avrebbero raccolto 1000 abbonamenti ed uno per i lettori che avrebbero inviato un nuovo abbonamento. In palio questa volta non c’erano più abbonamenti al giornale ma beni di consumo, simbolo di uno stile di vita moderno: la “Fiat 600”, la “Vespa” (o la “Lambretta” a scelta del vincitore), oltre che un viaggio di quattro giorni a Parigi97.

Ulteriore segno delle aperture de «Il Lavoro italiano» è l’introduzione de «La pagina della donna» a partire dall’ottobre 195698. Questa, compatibilmente con le esigenze di spazio del giornale, veniva pubblicata in terza pagina ogni 15 giorni e intendeva esporre i problemi del mondo del lavoro femminile dal punto di vista sociale, economico e politico, andando a colmare una lacuna lamentata da molte donne della Uil. Nella pagina venivano affrontati i problemi della donna di casa, in quanto categoria non ancora riconosciuta da punto di vista giuridico e sindacale, riportate e commentate le proposte di legge relative alla pensione di vecchiaia e all’assistenza malattie, approfondita la situazione delle donne all’estero. Si sottolineava comunque come quello del giornale non fosse un programma femminista ma una richiesta alle donne affinché esse non si disinteressassero alla lotta sindacale e scendessero in campo al fianco dei propri compagni99.

«La Pagina della donna» affrontava problemi di carattere sindacale, ma ospitava anche racconti, articoli destinati alla ricreazione e allo svago ed una rubrica brillante firmata da “Ornella” con «piccoli consigli di ordine pratico e suggerimenti un po’ frivoli». Dal marzo del 1957 prese persino il via una nota sulla moda redatta dalla Segretaria del sindacato indossatrici Uil, Marcella di Falco, e intitolata «A tu per tu con la moda». Il giornale della

95

G. MICHELI, Calypso e rock and roll accusati di toglier il pane di bocca ai maestri di danza, in «Il Lavoro italiano», X, n. 14, 18 marzo 1958, p. 3.

96

GIOVANNI CIMINI, Come si divertono gli italiani in questa fase di trasformazione del costume, «Il Lavoro italiano», XI. n. 11 27 gennaio 1959, p. 3

97

Cfr. Una “Fiat 600” e un viaggio a Parigi: questi i premi per i nuovi abbonati, in «Il Lavoro italiano», X,n. 33-34 , 9 settembre 1958, p. 6.

98

La rubrica venne pubblicata a partire dal n. 38 del 1 ottobre 1956.

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Uil adottò quindi quella pedagogia della quotidianità che era un componente della stampa femminile tradizionale100: attraverso ingredienti come la bellezza, la salute, la moda, la cucina, l’igiene, scelse di rivolgersi al pubblico delle donne, dimostrando di aver compreso l’importanza di questo tipo di lettore per estendere il suo raggio di influenza, rivolgendosi sia alla lavoratrice-sindacalista che alla donna “moderna”, con il suo bisogno di evasione, voglia di agi, consumi e frivolezza.

La pagina rimase comunque uno dei pochi spazi che il giornale dedicò a temi non connessi al mondo del lavoro e i contenuti del periodico nel corso degli anni Cinquanta si indirizzarono quasi esclusivamente a lettori in quanto sindacalisti.

Questa tendenza si accentuò con il 1958 quando il periodico subì una trasformazione a livello di contenuti101. Oltre ad aumentare la foliazione, venne precisata la sequenza delle pagine e si diede soprattutto spazio ad una trattazione più ampia di alcune tematiche che erano ormai proprie delle politiche della Uil.

Dimostra innanzitutto un’attenzione verso la fabbrica ed i centri industriali, ospitando nella nuova rubrica «Radar sul triangolo», le corrispondenze delle città del triangolo industriale Torino, Milano, Genova e dedicando un’intera pagina alla cronaca sindacale ed ai problemi delle diverse fabbriche italiane in «Nelle fabbriche di tutta Italia l’impegno della Uil».

Dal settembre del 1958 venne avviata anche «Dalla scuola alla società», incentrata sulla formazione professionale, sull’apprendistato, sull’istruzione scolastica e tecnica sia italiana che estera. La rubrica si alternava alla pagina della donna e a quella dedicata alle lotte e ai problemi dei lavoratori agricoli.

Se è vero, come ha osservato Turone, che il problema dei rapporti con le altre due organizzazioni assorbì gran parte delle risorse della Uil nel suo primo decennio di vita102, come dimostrano queste pagine è anche vero che questa si impegnò in diversi ambiti, oltre naturalmente nelle vertenze per i rinnovi contrattuali. Un’ulteriore dimostrazione è la pagina interamente dedicata a «I lavoratori nella comunità europea» frutto di quella vocazione europeista che caratterizzò l’unione.

Il terreno dell’integrazione europea fu infatti un importante canale di intervento in cui si impegnò in maniera assidua tra il 1957 il 1958, tanto da chiedere al governo italiano di opporsi alla «revisione in peius del trattato della Ceca», organismo che rappresentava uno

100

ANNA BRAVO, Il fotoromanzo, Bologna, Il Mulino, 2003, p. 85.

101

Cfr. «Il Lavoro italiano», X, n. 31, 15 luglio 1958.

102

dei primi atti di integrazione economica e che alcuni paesi aderenti intendevano ridimensionare nei poteri103. Nello stesso periodo la Uil presentò una proposta per l’adozione di forme di contrattazione collettiva a livello europeo104 e fu tra le forze che sostennero la necessità di un’integrazione anche politica: in occasione del III Congresso del 1958, dove la tematica europea ebbe una grande rilevanza, venne votata una mozione finale che affermava proprio come il Mercato comune avrebbe potuto assolvere tutti i suoi compiti solo se fosse stato rapidamente allargato in una unione economica e monetaria sotto la guida di una Comunità politica e federale105.

Questo impegno si tradusse, sulle pagine de «Il Lavoro italiano», nella scelta di avviare una pagina tematica in cui dare ampio spazio alle varie iniziative sindacali svolte a livello europeo, all’attività dell’Organizzazione europea per la cooperazione economica (Oece) e a quella della Cisl internazionale (Icftu), al Mec e a tutte quelle tematiche legate al lavoro, ai salari, alla libera circolazione della manodopera in ambito europeo. Per coinvolgere i lettori (oltre che avere a disposizione nuovi materiali da pubblicare) la Uil collegò il tema alla campagna abbonamenti 1958-1959: per partecipare al concorso infatti, assieme al nuovo abbonamento, il lettore avrebbe dovuto inviare al giornale anche un articolo sull’Oece o sul Mec106.