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Antonio Costanzi: vita e opere

2.3 L’attività politica

Alla metà del ‘400, Fano si trovava sotto il dominio di Sigismondo Pandolfo Malatesta (Brescia 1417 – Rimini 1468), Signore di Rimini, Fano e Senigallia. I Malatesta rivestirono in un primo momento la carica di podestà del Comune di Fano fino a divenire, sbarazzandosi con ogni mezzo dei rivali182, padroni assoluti della città, dando

così inizio alla Signoria che sarebbe durata per centosette anni e si sarebbe conclusa con il ritorno della città sotto la diretta dipendenza del pontefice romano solo nel 1463183.

Si è già accennato all’insofferenza di Costanzi per Sigismondo Pandolfo Malatesta, sentimento che lo portò a preferire l’insegnamento ad Arbe, piuttosto che nella nativa Fano184.

Nel 146, a seguito dell’assalto delle truppe pontificie, capeggiate da Federico di Montefeltro, alla città di Fano e della sconfitta di Sigismondo, con la conseguente         177 Cf. Castaldi 1916, pp. 300-302 e, anche, Castaldi 1915, p. 260. Sull’insegnamento grammaticale di Costanzi vd. anche § 4.2.2.1.

178 Nell’orazione funebre Cleofilo scrive (Sonc. 1

iiv): «Pater verius quam praeceptor tanta discipulos charitate complectebatur».

179 Sulla biografia e sull’attività letteraria e didattica di Francesco di Ottavio è recentemente intervenuto Maurizio Uguccioni, cui si rimanda: Uguccioni 2008, pp. 17-52.

180 Alcune notizie sulla famiglia Torelli di Fano, nei secoli XV e XVI, sono in Buonocore 2002; sull’attività letteraria di Giovanni Antonio cf. Battistelli 1986, pp. 273-276.

181 Sulla poco nota figura di Zagarello Gambitelli cf. Castaldi 1916, p. 307, con relativa bibliografia e vd. anche § 4.1.5.

182 Celebre è l’episodio dell’uccisione di Cesanello del Cassero, facente parte di una delle famiglie guelfe più in vista della città, fu catturato con l’inganno e fatto decapitare da Pandolfo I nel 1321. Cf. Amiani 1751, vol. 1, pp. 270-274.

183 Una speranza di liberazione si ebbe nel 1357 quando il cardinale Egidio d’Albornoz, sconfitto Galeotto I Malatesta (1299-1385) a Paderno, presso Ancona, convocò, proprio a Fano, quel Parlamento della Marca da cui uscirono promulgate le celebri Constitutiones Aegidianae; ma fu solo una illusione perché Galeotto, proprio in quella sede, si vide riconoscere il dominio della città, seppure con il semplice titolo di ‘vicario’. La liberazione dal dominio malatestiano avverrà soltanto nel 1463, quando Pio II, accusando Sigismondo Malatesta di delitti più o meno provati, gli mosse guerra e Fano, dopo un assedio durato quattro mesi, si arrese al conte Federico di Montefeltro, comandante dell’esercito pontificio, il 25 settembre 1463. Cf. Jones 1974, pp. 220-239; Falcioni 2006, pp. 239-240. Sugli scontri tra Sigismondo e Federico vd. anche § 4.3. 184 Vd. supra.

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capitolazione della città, il Costanzi, richiamato in patria a trattare la resa, si adoperò per dare alla città una nuova struttura politica e fece allontanare tutti i sostenitori del Malatesta185.

Sostenitore del partito pontificio e difensore della libertas ecclesiastica, Costanzi era solito operare in maniera estremamente risoluta ed è per questo motivo che fece richiesta, per evitare possibili recriminazioni, di potersi trasferire a Pesaro, presso Costanzo Sforza. La proposta fu però bocciata dal Consiglio dei venticinque del comune di Fano, che invitò il gonfaloniere ed i priori ad intervenire per liberare Costanzi dall’impegno preso con lo Sforza186.

Il 17 dicembre 1468 l’umanista ricevette Federico III, di passaggio a Fano, nel corso del suo viaggio in Italia187.

Il 29 maggio 1469 Costanzi successe a Menario de’ Simonetti nel Consiglio dei cento188. È da collocare in questo periodo anche il suo matrimonio con Taddea Pallioli,

figlia del giureconsulto Paolo, da cui ebbe tre figli: Lucrezia, Camilla189 e Giacomo, il più

noto in quanto considerato uno degli studiosi più brillanti dell’epoca190.

Il 26 luglio 1471 Paolo II (1464-1471) morì e Costanzi fu designato ambasciatore del Comune al Collegio dei cardinali, riunitisi per scegliere il successore. È questo il periodo in cui Roberto Malatesta (Roma 1440 - 1482), succeduto al padre Sigismondo, morto nel 1468, tentava di riconquistare Fano: Costanzi cercò di opporsi a questo progetto, avvalendosi anche di qualche sostenitore in ambiente curiale191.

      

185 Cf. Formichetti 1984, p. 371; Prete 1991, p. 46. L’intervento di Costanzi fu così opportuno ed efficace, scrive Cleofilo nella sua Historia de bello Fanensi, da rendere giustificabile quasi l’appellativo di Pater Patriae: Octavii Cleophilii Fanensis opera nunquam alias impressa, Anthropotheomachia, Historia de bello Fanensi et quaedam alia, in aedibus Hieronym. Soncini, 1515, l. III, vv. 99 ss. Cf. Castaldi 1916, p. 281.

186 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 15, Die xviii Augusti 1470, Adunanza del Consiglio Speciale dei xxv, f. 24v. Cf. Castaldi 1916, p. 285.

187 Cf. Castaldi 1916, pp. 285-286; Formichetti 1984, p. 371; Prete 1991, p. 48. Sull’ode con la quale l’umanista ringrazia Federico III per averlo laureato poeta vd. supra.

188 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. III, f. 152r, 29 maggio 1469. Cf. Castaldi 1916, p. 287.

189 Delle nozze di Costanzi, dell’aspetto poco avvenente della moglie Taddea e dei tre figli che l’umanista da questa ebbe scrive Cleofilo nell’orazione (f. liir): «Vxorem non tam uenustam quam probatae pudictiae et quod perarraro usu uenit, sapientem elegit Thadaeam Pauli Pallioli iurisconsulti nobilissimi filiam Lodouicique Pallioli mei. Ex ea tris genuit liberos: uirilis stirpis unum, foeminas duas, quarum alteram, cum uixit maiorem natu, nomine Camillam Ioanni Antonio Taurello, Malatestae Taurelli flio [...] uxorem dedit; alteram, cuius Lucretia nomen, moriens innuptam reliquit». Camilla andò sposa a Giovanni Antonio Torelli. Da questo matrimonio sarebbe nato Lelio (su Lelio Torelli vd. infra). Cf. Castaldi 1916, pp. 275, 287; Formichetti 1984, p. 317

190 Su Giacomo Costanzi vd. § 3.1.

191 Negli atti consiliari dell’Archivio del Comune di Fano (vol. III, f. 152, 29 maggio 1469) si legge che Costanzi, convocato d’urgenza il consiglio dei cittadini, fu eletto ambasciatore del Comune al Collegio dei cardinali «ut ipsi prouuiderent ne Robertus Malatesta facerit aliquam nouitatem huic ciuitati et casu quo se moueret prouuidere de gentibus armigeris ut resistatur et reprimatur si opus fuerit et pro aliis negotiis communis». Cf. Castaldi 1916, p. 287

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L’elezione al soglio pontificio di Sisto IV (1471 – 1484), amante della cultura e in particolare delle arti e delle lettere, sembrava aprire buone prospettive, in campo politico ed artistico, per Costanzi. Queste prospettive, però, finirono con il rivelarsi illusorie con il profilarsi di una tendenza del nuovo pontefice, nepotista e compromissoria, testimoniata ulteriormente dal suo appoggio alla causa dei Malatesta192.

Ancora nel 1471 Costanzi entrò a far parte del Consiglio dei venticinque, ottenendo, fra l’altro, l’anno successivo, l’incarico di dirigere i lavori di demolizione del castello delle Caminate, già dei Malatesta e donato da Pio II ai Fanesi, a condizione che, dopo essere stato distrutto, si riutilizzassero i materiali per rafforzare le mura della città193.

I primi mesi del 1473 furono per la città di Fano particolarmente turbolenti dal punto di vista politico e, dopo l’intervento del governatore pontificio di Fano, Lupo, vescovo di Tivoli e del predicatore francescano frate Arcangelo, il Consiglio incaricò sei cittadini, tra cui anche Costanzi, di occuparsi del problema, proponendo una serie di riforme politiche atte a sedare gli animi194.

Dopo essere stato eletto tra i Priori nel 1474, il 20 ottobre dello stesso anno l’umanista diveniva gonfaloniere195.

Nel 1474 Sisto IV inviò il vescovo di Città di Castello Giovanni Gianderoni come nuovo governatore di Fano. Dopo aver cacciato via il prelato, il Consiglio inviò al papa un’ambasceria capeggiata da Costanzi, con l’obiettivo di ottenere l’autonomia per Fano. La missione ebbe successo, dal momento che la città poté riconquistare la sua indipendenza politica196.

      

192 Pare che appoggiasse le scelte del pontefice lo stesso Federico di Urbino, che vedeva di buon occhio un eventuale matrimonio di sua figlia Isotta con Roberto Malatesta. Nel 1471, infatti, Roberto sposò la figlia di Federico di Urbino, e, nello stesso anno, morto Pio II, recuperò parecchi castelli, che rese al nuovo papa Sisto IV, il quale ricambiò annullandogli l'interdizione da Rimini, impostagli da Pio II nel 1468. Sulle speranze di Costanzi e dell’amministrazione fanese, in merito all’elezione del nuovo papa, cf. i resoconti dei consigli dell’Archivio comunale di Fano, vol. 15, ff. 178rv; 180r; 183v. Cf. Castaldi 1916, p. 288. 193 Il castello delle Caminate è situato su una collina, a circa 400 metri di altezza, nel comune di Meldola in provincia di Forlì-Cesena. Sull’iter burocratico relativo alla demolizione del castello cf. i resoconti degli Atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 16, f. 54, 31 gennaio 1472. Cf. Castaldi 1916, pp. 290- 291; Formichetti 1982, p. 371.

194 Dalla lettura dei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano (vol. 16, f. 188, 20 giugno 1473) si apprende che i primi mesi del 1474 furono turbati da numerose contese con il contado, fra fazioni cittadine e soprattutto da fiere opposizioni alle investiture che, contro i patti ( Pio II aveva promesso ai Fanesi che la loro città non sarebbe stata sottoposta ad altri, ma direttamente al pontefice che vi avrebbe tenuto un governatore) la Chiesa ne fece in persona di altri, fra cui il duca di Urbino, al quale la città non volle sottomettersi in alcun modo. Cf. Castaldi 1916, p. 291; Formichetti 1984, p. 371.

195 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 16, f. 271v, 24 luglio 1474. Cf. Castaldi 1916, p. 291; Formichetti 1984, p. 371.

196 Gli atti del consiglio del comune (vol. 17, f. 251r, 5 aprile 1474) recano testimonianza della missione di Costanzi, mentre nell’oratio funebre Cleofilo dipinge l’umanista come un novello Bruto, per ben due volte salvatore della patria (f. liir). Cf. Castaldi 1916, p. 293.

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Nel 1475 Costanzi rappresentò, poi, il comune di Fano in occasione del matrimonio, che si celebrò a Pesaro, tra il principe Costanzo Sforza e Camilla, nipote di Alfonso d’Aragona,197.

Nel 1476 fu nuovamente priore e nel 1480 gonfaloniere198.

Nel 1481 fronteggiò il partito malatestiano, sempre più forte nelle campagne e si occupò della costruzione del porto199.

Il 21 settembre 1486 si dimise da pubblico insegnante di Fano, con l’intenzione di trasferirsi a Cesena, ma il Consiglio generale si oppose strenuamente a tale decisione e gli offerse un aumento di stipendio di cento ducati annui, non volendo perdere un personaggio che aveva dato tanto lustro alla città200.

Col trascorrere degli anni la partecipazione alla vita pubblica da parte di Costanzi si fece sempre più saltuaria. L’ultimo suo intervento, nel 1490, consistette nella difesa dei priori, i quali si erano visti sequestrare il proprio salario dal governatore. Costanzi propose di inviare una commissione al papa201.

Morì il 28 aprile 1490 a Fano e fu sepolto nella chiesa di S. Francesco.Nel terzo volume dei codici Malatestiani dell’Archivio comunale di Fano si legge (f. 1v):

Anno Domini 1490 et die XXVIII aprilis. Famosissimus et execellentissimus uir dominus Antonius Constantius Fanenis, poeta laureatus, obiit et sepultus est in ecclesia sancti Francisci.

Il 2 maggio fu convocato un Consiglio speciale202 e Cleofilo, il suo discepolo prediletto,

per l’occasione compose e declamò un’orazione funebre Oratio ad Senatum Fanensem

Antonii laudes continens, che il figlio Giacomo volle poi stampata nell’edizione

sonciniana203.

      

197 Sulla partecipazione di Costanzi alle nozze cf. Castaldi 1916, pp. 293-296: lo studioso riporta le fonti che testimoniano la declamazione dell’ode durante il banchetto nuziale. Sull’ode vd. anche infra.

198 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 17, f. 158r, agosto 1476 e vol. 19, f. 70, 7 agosto 1480. Cf. Castaldi 1916, pp. 291-292, 2916-297; Formichetti 1984, p. 372.

199 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 20, f. 24r, 21 aprile 1481: Costanzi è eletto, con altri, «pro malignitate et temeritate rusticorum et qui post quam nemus Ecclesie defecerunt ab eius fidelitate ad dominum Robertum de Malatestis». Cf. Castaldi 1916, p. 297; Formichetti 1984, p. 372.

200 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 21, f. 202r, 4 ottobre 1486, Cons. gen. Cf. Castaldi 1916, pp. 297-298; Formichetti 1984, p. 372.

201 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 21, f. 115r, 28 marzo 1490, Cons. gen. Cf. Castaldi 1916, p. 298; Formichetti 1984, p. 372.

202 La notizia si trova nei resoconti degli atti consiliari dell’Archivio Comunale di Fano, vol. 24, f. 128, 2 maggio 1490, Cons. spec. Cf. Castaldi 196, p. 298.

46  2.4 Le opere

Nel 1502, presso la stamperia di Girolamo Soncino, il figlio di Antonio, Giacomo, dà alle stampe una raccolta di opere del padre che, prescindendo dalla tradizione manoscritta e a stampa del commento ai Fasti di Ovidio, costituisce, insieme ai testi contenuti nel ms. Ravenna, Biblioteca Classense, 74, l’unico testimone della produzione letteraria, in versi e in prosa, dell’umanista.

L’edizione sonciniana risulta così strutturata:

ff. 1-2: epistola prefatoria di Giacomo Costanzi ad Agostino Villa da Ferrara; ff. air-cir: 34 epigrammi di A. Costanzi;

ff. civ-fir: 2 lettere di Costanzi a Giovanni Battista Almadiano e 1 di Almadiano a

Costanzi;

ff. fir-fiir: lettera a Galeotto Manfredi;

ff. fiir-hiir: 13 orazioni;

ff. hiir-iiv: 2 praelectiones in Rhetoricam Tullii ad Herennium, 1 praelectio alle Tusculanae, 1 al De senectute.

ff. lir-mivr: Oratio ad Senatum Fanensem Antonii laudes continens;

ff. niir-oviiir: epigrammi di G. Costanzi.

Nell’epistola prefatoria premessa alla silloge Giacomo dichiara di aver disposto la pubblicazione solo di alcune delle numerosissime composizioni del padre: si tratta dunque di un’antologia, nella quale dovrebbero trovarsi i migliori versi dell’autore204.

E che Costanzi avesse scritto altri epigrammi oltre a quelli tramandati dagli esemplari dell’edizione sonciniana è provato dal manoscritto Classense205, in cui si trovano altre

composizioni dell’umanista, alcune in prosa e altre in versi, precisamente 33 epigrammi (ai ff. 1r-40r) e due orazioni (ff. 90r-91r).

2.4.1 Gli epigrammi e le odi

Dei 33 epigrammi di Costanzi contenuti nel manoscritto classense, diversamente da quanto dichiarava Castaldi206, solo uno non è presente nella silloge sonciniana207. Negli

altri casi, tuttavia, si rileva talora la massiccia presenza di significative varianti fra il testo       

204 Sonc. 1r: «collegique in unum ex ingenti excartabulorum eius [di Costanzi] aceruo, nonnullas orationes, odas et epigrammata quamprimum daretur aliquis». Cf. Prete 1972, p. 11.

205 Notizie sul codice si trovano in Mazzatinti, 4, p. 160; Kristeller 1967, p. 80. Una più dettagliata descrizione è in Uguccioni 1998, pp. 8-9. 

206 Cf. Castaldi 1916, pp. 68-73. 207 Cf. Prete 1972, p. 11

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dei componimenti presente nella stampa e nel codice: la paternità di queste modifiche, d’altra parte, potrebbe essere attribuita sia ad Antonio, che a Giacomo, come si è visto, editore del testo paterno208.

In ogni caso, gli argomenti trattati, sia negli epigrammi contenuti nell’edizione sonciniana che in quelli del manoscritto classense, sono vari, molti sono occasionali: un semplice saluto, una richiesta di un favore, un ringraziamento per una richiesta esaudita209.

In essi, dedicati ad amici o mecenati, figurano alcuni dei più illustri personaggi dell’epoca: famosi personaggi politici, come Pio II, Borso d’Este, Federico III, Paolo II, Giuliano della Rovere, Federico da Montefeltro, Sisto IV, Alessandro e Francesco Sforza, Innocenzo VIII; eminenti figure politiche di Fano o amici dell’umanista (dei quali sono bonariamente elogiati i vizi e criticate le virtù), come Mario Filelfo, figlio di Francesco; il giurista fanese Giovanni Martinozzi; Niccolò Perotti; Angelo Tifernate210.

Sono presenti poi anchenumerosi componimenti satirici che contengono osservazioni sui difetti e le stranezze dei personaggi che popolano un piccolo centro211.

Venticinque epigrammi sono traduzioni latine di epigrammi greci dell’Anthologia

Palatina (A. P. VIII 46, 136, 150, 282, 669; IX 8, 48, 55, 66, 166, 369, 515; X 27, 28,

39, 58, 65, 112; XI 50, 193, 307; XVI 50, 193, 307; XVI 14, 98)212.

Charlet, che nel 2011 si è occupato delle versioni poetiche costanziane213, rileva

nell’operazione di traduzione dell’umanista «une tentative de réception/version massive et, d’une certaine manière, articulée de l’Anthologie de Planude»214. L’analisi dei testi

permette di rilevare la tendenza ad una traduzione molto letterale, oltre che una spiccata predilezione per i componimenti costituiti da un unico distico (22 su 25)215.

L’attività versoria di epigrammi dell’Anthologia Graeca da parte di Antonio (e, in seguito, di Giacomo) andrà intesa quale fase preparatoria, modello e al contempo esercizio, alla composizione di epigrammi latini216.

Seguono agli epigrammi tre odi in strofe saffiche217. Nella prima Ode dicolos tetrastrophos exicitans Christianorum principes in Turcos (ff. bivr-bvir) sono celebrati i

       208 Cf. Prete 1972, p. 19.

209 Cf. Prete 1972, p 10.

210 Sui destinatari degli epigrammi di Costanzi cf. Castaldi 1916, pp. 307-310; Prete 1972, pp. 12-19. 211 Cf. Prete 1978; Prete 1991, p. 49.

212 Le traduzioni degli epigrammi occupano i ff. biir – bii[=iii]v dell’edizione sonciniana. Cf. Charlet 2011, p. 21. Sulle versioni latine di Costanzi dei componimenti dell’Anthologia Palatina cf. anche Dal Zotto 1912; Hutton 1935, pp. 111-112.

213 Charlet 2011, pp. 20-23. 214 Charlet 2011, p. 20. 215 Cf. Charlet 2011, p. 21. 216 Cf. Charlet 2011, p. 23.

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principi cristiani contro i Turchi; nella seconda Ad Federicum tertium Caesar (ff. bvir-

bviir, scritta nel 1469, al tempo della laurea poetica di Costanzi218) l’umanista esorta

Federico III a preparare con altri principi europei la guerra contro i Turchi e lo ringrazia di averlo laureato poeta. La terza Ode in Costantii Sfortiae et Camillae Aragoniae laudem (ff. bviir-cir, datata al 1475) fu recitata da un fanciullo in occasione del matrimonio di

Costanzo Sforza e Camilla d’Aragona (1475)219. Nell’ode sono esaltate le virtù militari e

le benemerenze dello Sforza verso la città di Pesaro e la nobiltà di Camilla, assimilata dal poeta alla Camilla virgiliana220.

Manca nell’edizione sonciniana quella che è forse la più importante composizione in versi di Costanzi: un’elegia di circa 100 versi, con la quale egli si rivolge al re di Ungheria Mattia Corvino (1464-1490), esortandolo a combattere contro i Turchi. In essa, inoltre, l’umanista lamenta l’indifferenza degli altri paesi cristiani di fronte al pericolo turco ad eccezione di Venezia e si scusa per la modestia dei suoi versi, inadeguati a cantare la grandezza di un tale monarca, che avrebbe meritato di essere celebrato da Virgilio o da Omero. L’elegia si conclude con un accorato invito al re a prendersi cura delle sorti dell’Italia221.

Costanzi ottenne in risposta da Corvino un’elegia di 156 versi, tramandata da molti codici, diversamente da quella dell’umanista contenuta in un unico codice (Melk, Stiftsbibibliothek, ms. 1153/Q 45/ [N.A. 906], ff. 67-69)222.

2.4.2 Le orazioni

Le orazioni presenti nell’edizione sonciniana sono 13 e, per temi e destinazione, possono essere facilmente ripartite in: orazioni nuziali (ff. fiir, gir, giv, giir, giir, givr,hir) 223, orazioni per l’assunzione di un ufficio pubblico o ecclesiastico o destinate alle sedute

che si tenevano in senato (ff. iiiirv), orazioni funebri per cittadini illustri (f. iiv), orazioni

per feste religiose, di glorificazione di santi e della Beata Vergine (ff. iivv, kiv, kiiiv)224.

        217 Cf. Prete 1991, p. 49.

218 Sulla laurea poetica di Costanzi vd. infra. 219 Cf. Prete 1991, p. 50 e infra.

220 Cf. Prete 1991, pp. 49-50. 221 Cf. Prete 1991, p. 50.

222 Il testo di Costanzi, con quello del Corvino, fu poi pubblicato dall’umanista Giano Pannonio, allievo di Guarino. Cf. (Janii Pannoni […] Poemata […] Pars prior et altera (Traiecti ad Rhenum MDCCLXXXIV), pp. 304-312. Cf. Prete 1991, p. 50.

223 Sulle orazioni nuziali di Costanzi cf. Bartoccetti 1923; Galli 1974, pp. 71-73. 224 Cf. Prete 1991, pp. 53-54.

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Di queste si segnala quella con la quale il 17 dicembre 1468 Costanzi accolse Federico III (1452-1493): l’orazione colpì a tal punto il monarca da invitarne l’autore a seguirlo a Roma, conferendogli la laurea di poeta prima, la nomina di cavaliere poi, riconoscimenti che l’umanista ricambiò scrivendo un ode per il sovrano225.

Alle orazioni della Sonciniana vanno aggiunte le due orazioni tramandate dal manoscritto classense, una nuziale e un’altra pronunciata dinanzi ai Priores, la cui attribuzione a Costanzi è resa altamente probabile da alcune corrispondenze e riferimenti ad altri testi dell’umanista226.

2.4.3 Le praelectiones in Ciceronem

Fra i lavori esegetici di Costanzi il principale è, senza dubbio, il commento ai Fasti di Ovidio, ma di un certo interesse sono pure le due praelectiones in Rhetoricam Tullii ad

Herennium (Sonc. ff. hiir-hiiiv), una praelectio alle Tusculanae (Sonc. hiiv-hivv), ed una al De senectute (Sonc. hivv-iiv)227.

Nella prima praelectio in Rhetoricam Tullii ad Herennium l’umanista spiega che tre sono le qualità che distinguono l’uomo dall’animale: la ratio, cioè la facoltà di distinguere il bene dal male, l’oratio, cioè la possibilità di manifestare i sentimenti dell’animo e l’incessus, cioè la posizione eretta del corpo umano.

Tra tutte le qualità, però, predomina l’oratio, che se accompagnata dall’eloquenza porta l’uomo alla felicità completa.

Pur esortando i giovani a tener conto delle parole di Cicerone, Costanzi, tuttavia, li invita a non seguirne l’esempio. L’Arpinate avrebbe, infatti, potuto evitare di andare incontro ad calamitosum exitum, se non avesse composto le Filippiche228.

Nella seconda praelectio in Rhetoricam Tullii ad Herennium l’umanista ricorda, invece, i più illustri cultori dell’eloquenza e commenta i libri della Rhetorica.

Nella praelectio alle Tusculanae di Cicerone Costanzi spiega che a spingerlo verso la strada dello studio di quest’opera è stato il desiderio di far comprendere agli altri che essere eloquente significa saper trattare argomenti di vario genere. L’esercizio retorico, secondo l’umanista, è vano se non c’è la sapientia229. L’allievo, pertanto, dopo aver

      

225 Sull’accoglienza di Costanzi a Federico III e la laurea poetica vd. anche supra. 226 Cf. Uguccioni 1998, pp. 8-9.

227 Una trattazione più ampia del contenuto delle praelectiones è in Prete 1991, pp. 51-53. 228 Cf. Prete 1991, pp. 51-52.

229 Sono ricordati a questo proposito personaggi greci e romani, che per la loro saggezza sono stati d’aiuto alla patria. Fra questi particolare importanza è conferita a Nestore, nello stesso tempo sapiente ed eloquente.

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appreso i precetti dell’arte retorica, deve dedicarsi alla filosofia, in special modo, quella