CAPITOLO 4: L‟ESECUZIONE
5- L‟azione esecutiva e le altre procedure concorsuali
L‟art. 41 non fa riferimento all‟ipotesi in cui il debitore sia sottoposto a procedure concorsuali diverse dal fallimento. Per comprendere la ratio delle scelte legislative e giurisprudenziali è opportuno ricordare, in breve, quali sono tali procedure e a quali esigenze rispondono.
In primo luogo il concordato preventivo: è un mezzo che la legge accorda al debitore in stato di crisi o insolvenza per evitare le conseguenze più gravose del fallimento, può aversi solo prima della dichiarazione di fallimento e il mezzo con cui si realizza è un accordo fra debitore e creditori circa le modalità con le quali dovranno essere estinte tutte le obbligazioni (art. 160 l.f.).
Le riforme hanno soppresso l‟amministrazione controllata (artt. 187-193 l.f.) a partire dal 16 luglio 2006. Questa presupponeva una temporanea incapacità di far fronte ai pagamenti e l‟esistenza di comprovate possibilità di risanare l‟impresa. Il debitore doveva essere ritenuto dal tribunale meritevole del beneficio.
La liquidazione coatta amministrativa è, invece, stata introdotta per particolari categorie d‟imprese, come banche o assicurazioni, per le quali è previsto un particolare controllo da parte dello Stato a tutela di interessi pubblici. Infatti, è disposta sempre dalla pubblica amministrazione con decreto (artt. 194-215 l.f.). Regola generale è che la liquidazione coatta amministrativa esclude il fallimento salvo alcune eccezioni (es. società cooperative che esercitano attività commerciale) in cui si applica il principio di prevenzione e cioè fra i due istituti prevale quello che sia stato richiesto per primo. I presupposti per attivare la liquidazione coatta amministrativa sono differenziati all‟interno delle diverse leggi che regolano la procedura ma sono riconducibili allo stato d‟insolvenza, alla violazione di norme o di atti amministrativi che comportino irregolare funzionamento dell‟impresa, a motivi di pubblico interesse che impongono la soppressione dell‟ente.
L‟amministrazione straordinaria delle gradi imprese in crisi fu introdotta col d.l. 26 del 1979 convertito nella legge 95 del 1979 (legge Prodi) ed è stata profondamente modificata con il d.lgs. 270 del 1999 (Prodi bis); nasce per realizzare finalità non raggiungibili con le procedure tradizionali, in quanto tende a conciliare il soddisfacimento dei creditori dell‟imprenditore insolvente con il salvataggio del complesso produttivo e del livello occupazionale. I presupposti per poter accedere ai benefici della procedura riguardano: il numero dei dipendenti (pari o superiore a 200 unità), l‟esposizione debitoria (pari almeno ai due terzi dell‟attivo patrimoniale e dei ricavi provenienti dalle vendite e dalle prestazioni
dell‟ultimo esercizio), le concrete prospettive di recupero dell‟equilibrio economico delle attività imprenditoriali.215
La giurisprudenza sulla scorta del carattere eccezionale della norma prevista dall‟art. 51 l.f. e del tenore letterale della norma dell‟art. 41 del R.D. 646 del 1905 ha sempre ritenuto non estendibile a procedure concorsuali diverse dal fallimento la facoltà del creditore fondiario di iniziare o proseguire la procedura esecutiva individuale.
Unica eccezione al sistema è l‟ipotesi della liquidazione coatta amministrativa cui deve ritenersi applicabile l‟art. 51 l.f. in forza dell‟espresso richiamo operato dal successivo art. 201 l.f. (effetti della liquidazione per i creditori sui rapporti giuridici pendenti)216. In virtù della genericità ed ampiezza del richiamo dell‟art. 51 l.f. da parte del successivo art. 201 l.f.217 si è data una lettura restrittiva volta al recepimento della sola regola dell‟improponibilità ed improseguibilità dell‟esecuzione individuale, e non anche delle deroghe alla medesima, che potrebbe essere consentita a fronte di ragioni di incompatibilità di tali deroghe con la disciplina di liquidazione. Tale incompatibilità è stata esclusa dalla Corte di Cassazione, sentenza 7 giugno 1988 n. 3847, perché una diversità di trattamento non sarebbe supportata da differenziazioni delle posizioni soggettive coinvolte: anche nella liquidazione coatta amministrativa ricorrono esigenze di garanzia dell‟immediata aggressione dell‟immobile ipotecato.
Un‟eccezione al principio affermato è contenuta nella legge 17 luglio 1975, n. 400, all‟art. 3 in relazione agli enti cooperativi: alla data del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa sui beni compresi nella liquidazione “non può essere iniziata o proseguita alcuna azione esecutiva individuale anche se prevista ed ammessa da leggi speciali in deroga al disposto dell‟art. 51 l.fall.”218. Eccezione all‟eccezione è stata prevista per i
mutui edilizi agevolati assistiti da garanzie dello Stato, nel qual caso l‟art. 4 legge 457 del 1978 concede all‟istituto il diritto di procedere comunque all‟esecuzione individuale, nonostante la liquidazione coatta dell‟ente cooperativo.
215DARIO DI MAJO, Compendio di diritto fallimentare, IX edizione, Edizioni giuridiche Simone, 2013, pag.
141 ss.
216
DOTT. FRANCESCO COTTONE, Giudice del Tribunale di Roma, Consiglio Superiore della Magistratura Incontro di studio sul tema “La riforma del processo esecutivo”, LA GRADUAZIONE DEI CREDITI NEL PIANO DI RIPARTO. LE CAUSE DI PRELAZIONE: EFFETTI NEL PROCESSO ESECUTIVO. I PRIVILEGI DEL CREDITORE FONDIARIO, Roma, 6-8 giugno 2007, pag. 27.
217Art. 201 l.f. Effetti della liquidazione per i creditori e sui rapporti giuridici preesistenti.
Dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano le disposizioni del titolo II, capo III, sezione II e sezione IV e le disposizioni dell'art. 66.
Si intendono sostituiti nei poteri del tribunale e del giudice delegato l'autorità amministrativa che vigila sulla liquidazione, nei poteri del curatore il commissario liquidatore e in quelli del comitato dei creditori il comitato di sorveglianza.
Altra eccezione è, a parere del Prof. Bozza219, l‟art. 83 III comma T.U.B.: “dal termine previsto nel comma 1 contro la banca in liquidazione non può essere promossa né proseguita alcuna azione, salvo quanto disposto dagli articoli 87, 88, 89 e 92, comma 3, né, per qualsiasi titolo, può essere parimenti promosso né proseguito alcun atto di esecuzione forzata o cautelare. Per le azioni civili di qualsiasi natura derivanti dalla liquidazione è competente esclusivamente il tribunale del luogo dove la banca ha la sede legale”; sebbene la norma pecchi di chiarezza, essa assume un senso se le si attribuisce il significato di escludere le deroghe contenute nell‟art. 51 l.f.
Per riassumere, in pendenza di liquidazione coatta amministrativa, i creditori fondiari possono iniziare o proseguire l‟azione esecutiva, tranne se alla procedure sono sottoposte banche o enti cooperativi, ad eccezione delle cooperative che abbiano ricevuto mutui edilizi agevolati assistiti da garanzie dello Stato, nei cui confronti l‟istituto può procedere all‟azione esecutiva individuale nonostante la liquidazione coatta.
Per quanto riguarda l‟amministrazione straordinaria il problema è stato legislativamente risolto dal d.l. 414 del 1981 (art. 4 II comma) convertito nella legge 544 del 1981: “le azioni esecutive individuali anche in deroga a quanto stabilito da disposizioni di leggi speciali, non possono essere iniziate né proseguite dopo l‟emanazione del provvedimento che dispone l‟apertura della procedura di amministrazione straordinaria”.
Mancano indici legislativi per la, oggi soppressa, amministrazione controllata e per il concordato preventivo; tuttavia sembra confermata la posizione giurisprudenziale. La Cassazione, sentenza 3 giugno 1996 n. 5081, ha chiarito che, per le procedure fallimentari cosiddette minori, l‟art. 168 l.f. stabilisce, riferendosi al concordato preventivo, che le azioni esecutive iniziate o proseguite sul patrimonio del debitore sono nulle. La portata assoluta del divieto non si applica all‟amministrazione controllata, sia perché l‟art. 168 citato non è richiamato dal successivo art. 188 l.f., che indica le altre norme applicabili all‟amministrazione controllata; sia per la diversità che esiste fra i due istituti.
Ancora la Cassazione, nella sentenza 19 marzo 1998 n. 2922, ha affermato che l‟art. 42 del T.U. del 1905 nella parte in cui consente l‟applicazione della disciplina del credito fondiario anche in caso di fallimento del debitore, per i beni ipotecati agli istituti di credito fondiario, non opera nei confronti del debitore ammesso al concordato preventivo; l‟art. 168 l.f. infatti, non detta deroghe a differenza dell‟art. 51 l.f.220
. La posizione giurisprudenziale è confermata in dottrina221 la quale ritiene che il legislatore del ‟42,
219GIUSEPPE BOZZA, Il credito fondiario nel nuovo t.u. bancario, Cedam, 1996, pag. 153. 220
CE.DI.B, Rassegna di diritto e legislazione bancaria, Giurisprudenza Bancaria 1997-1998, Giuffrè, 2000, pag. 317-318.
nell‟ambito di una visione unitaria della materia fallimentare, ha dettato una disciplina globale del fallimento ed ha regolato gli istituti singolarmente, mediante un complesso di norme in parte peculiari ad ognuno di essi e in parte recepita, tramite rinvii, dal fallimento; la regolamentazione deve ritenersi allora esaustiva e solo chiari, inequivoci, espliciti elementi potrebbero legittimare un‟interpretazione estensiva o restrittiva. Per il concordato e l‟amministrazione controllata non è possibile ripetere l‟interpretazione fatta per la liquidazione coatta: in quest‟ultima il divieto deriva dal rinvio all‟art. 51 l.f. In sostanza l‟eccezione al divieto di azioni esecutive è configurabile solo dove la norma fallimentare consenta la deroga: mentre l‟art. 51 l.f. consente tale deroga, gli artt. 168 e 188 l.f. pongono il divieto, senza salvezza di diverse disposizioni di legge.
Si è detto che la normativa sul credito fondiario prevale su quella fallimentare e pertanto dovrebbe prevalere anche sulle procedure “deboli” di concordato preventivo e amministrazione controllata; tale sillogismo non tiene conto, nel vigore della vecchia normativa come nell‟attuale, delle diverse funzione delle procedure concorsuali, che giustificavano e giustificano la possibilità di derogare al divieto delle azioni esecutive nelle procedura maggiore a carattere liquidatorio e non in quelle minori a carattere dilatorio (amministrazione controllata) o remissiorio dilatorio (concordato preventivo). Infatti una riscossione dei crediti in tempi più rapidi rispetto all‟esecuzione collettiva non trova giustificazione nell‟amministrazione controllata in cui è necessaria la conservazione del patrimonio del debitore per consentire la ripresa dell‟attività; nel concordato preventivo in quanto la tutela dei creditori, in passato, era assicurata dal pagamento immediato dei creditori con preferenza. Oggi, in sede concordataria, il debitore può prevedere la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi economici omogenei, e proporre trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse. La proposta di concordato può prevedere anche la soddisfazione non integrale dei creditori privilegiati; in tal caso, la tutela è garantita dalla condizione che il piano di riparto ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita del bene su cui cade la prelazione.