I.2 I L M ADE IN I TALY
I.2.2 L E TRUFFE ALIMENTARI : L ’ AGROPIRATERIA
Il successo del Made in Italy e l’immagine positiva che veicola, ha favorito l’insorgere di fenomeni di appropriazione indebita del marchio in tutti i settori di eccellenza. Per quanto riguarda il settore alimentare si è soliti parlare di “agropirateria”, riferendosi agli illeciti internazionali e di agromafia per la contraffazione nazionale. I volumi d’affari stimati per i due fenomeni sono di 60 miliardi di euro per il primo e di 14 miliardi di euro per il secondo. I danni conseguenti questo traffico sono ingenti e coinvolgono l’intera società. In primo luogo, l’export nazionale viene penalizzato dall’alta presenza di merci contraffatte, soprattutto sul mercato estero, dove il consumatore è meno preparato a riconoscere il falso. In secondo luogo, si ha un danno d’immagine per tutte le aziende italiane, poiché i prodotti illegali sono imitazioni di scarsa qualità e potenzialmente dannosi per la salute dell’uomo. Inoltre, la concorrenza sleale dell’agropirateria, favorisce la contrazione delle esportazioni nazionali, con una conseguente perdita di posti di lavoro e di ricchezza per il Paese. Ne deriva un maggior inquinamento ambientale causato dall’illecito, poiché produce a basso
77 Google Blog Team, «Made in Italy: eccellenze in digitale», in www.googleitalia.blogspot.it, 21
costo, ignorando le norme di tutela dell’ambiente. Si passa così alla vendita di derrate alimentari prodotte in condizioni igienico-sanitarie precarie, le quali possono anche recare gravi danni alla salute dei consumatori. Infine, le imprese che operano in questo modo sono solite evadere le tasse, causando un aggravamento fiscale sull’intera società78.
Il fenomeno più cospicuo riguarda l’agropirateria internazionale e nello specifico il cosiddetto “Italian Sounding”, cioè l’evocazione dell’origine italiana del prodotto mediante l’utilizzo di nomi di località o prodotti tipici, l’uso del tricolore, la raffigurazione del Paese o di emblemi dello stesso, etc. Il volume d’affari è stimato intorno ai 54 miliardi di euro e coinvolge tutti i settori di produzione. Il prodotto più imitato in assoluto è il Parmigiano Reggiano, mentre il triste primato per la categoria più contraffatta è assegnato ai vini. Solamente in Italia, nel 2012, sono stati sequestrati 7 mila tonnellate di prodotti alimentari contraffatti, di cui 3 mila di mosto e vino dichiarato DOC o DOCG. Sul mercato internazionale, le stime di Coldiretti affermano che due prodotti “italiani” su tre sono falsi. Emblematico è il caso degli Stati Uniti, uno dei principali importatori del Made in Italy e, allo stesso tempo, il Paese con il più alto numero di prodotti contraffatti. Circa l’80% della pasta presente sul mercato statunitense è falsa. A questo si aggiunge il 90% dei formaggi pirata e il 44% dei vini imitati79. In generale, i prodotti più colpiti sono pasta, vini, formaggi, conserve di pomodoro, oli e aceti. Tuttavia, il 33% della produzione dell’agropirateria totale è creato con l’ausilio di imprese nazionali, le quali utilizzano materie prime importate. In queste modo il prodotto finale, lavorato e trasformato su territorio italiano, può essere legalmente dichiarato Made in Italy. La recente riforma della normativa europea dovrebbe apportare un importante miglioramento della situazione, estendendo l’obbligo di indicare la provenienza delle materie prime anche per quanto riguarda alimenti composti da carni suine, pollame, avicole e caprine80.
A questa pratica, si affianca il più recente fenomeno della vendita dei kit “fai da te”, grazie ai quali sarebbe possibile fabbricarsi in casa e in piena autonomia vini pregiati come il Chianti, Barolo, Prosecco, Verdicchio, etc. e formaggi freschi come la mozzarella e la Bufala Campana, o stagionati, come il Parmigiano Reggiano o il Pecorino, in poche settimane. Questi kit, venduti in negozio o su siti di e-commerce come Amazon o E-bay, sono recentemente stati sottoposti a regolamentazione all’interno dell’Unione Europea. La normativa vieta l’utilizzo di Denominazioni di Origine Protetta o Indicazioni Geografiche
78 Federconsumatori, La contraffazione agroalimentare fra piccoli e grandi inganni, pubblicazione
online su www.federconsumatori.it, 2012.
79 www.coldiretti.it
80 Federconsumatori, La contraffazione agroalimentare fra piccoli e grandi inganni, pubblicazione
Garantite, cercando così di limitare il danno economico e soprattutto d’immagine che questi prodotti possono creare81.
A livello nazionale, la lotta alla contraffazione alimentare cerca di fronteggiare principalmente il problema delle agromafie, le quali si sono infiltrate in tutti i comparti della filiera produttiva, dall’agricoltura alla grande distribuzione. La stima del volume d’affari generato è di circa 14 miliardi di euro, di cui il 30% è ottenuto da reinvestimenti in attività legali, mentre il restante 70% proviene dall’illecito82. La criminalità organizzata opera mediante il contrabbando di merci, la contraffazione e il “caporalato”, ovvero lo sfruttamento di manodopera in nero, che porta inevitabili riscontri negativi sul sistema economico e sociale del Paese. Nello specifico, la mafia è presente principalmente al Sud, per la produzione delle materie prime del comparto, dove detiene un investimento su quattro, e nelle zone industriali del Nord, per la trasformazione degli alimenti. Il fenomeno è preoccupante e in continua crescita (+12% negli ultimi due anni), poiché queste organizzazioni dispongono di grandi capitali per il finanziamento delle proprie attività, mentre i lavoratori onesti sono costretti a dipendere dai prestiti bancari, cui è sempre più difficile accedere83. Inoltre, si aggiunge il sempre più preoccupante rischio per la salute dei consumatori, i quali si ritrovano nel piatto cibi apparentemente sani e di origine certa ma di provenienza illecita. I rischi alimentari sono molteplici, poiché la mafia si occupa di trasformare materie prime di bassa qualità, derrate alimentari scadute e scarti di produzione in prodotti per il consumo quotidiano. È il caso ad esempio del miele arricchito con lo zucchero e altri additivi utilizzati per migliorarne il sapore e non dichiarati in etichetta, i quali sono un grave pericolo per intolleranti, allergici o, in questo caso, per i diabetici. Altro prodotto di punta dell’agroalimentare italiano è l’olio extra vergine di oliva, il quale viene contraffatto partendo da una base di olio di semi colorato con della clorofilla per farlo sembrare più verde. Infine, ci sono casi di mozzarelle prodotte senza l’utilizzo di latte, partendo da cagliata industriale importata dall’estero per essere trasformata in loco e così ottenere il marchio di denominazione. La mafia completa la filiera dell’agroalimentare illecito con il trasporto delle derrate su mezzi non idonei, insieme a merci di contrabbando
81 Bizzotto M., «Vini in polvere: UE contro i siti di e-commerce», in www.europarlamento24.eu, 8
aprile 2013.
82 Coldiretti, Eurispes, «Rapporto “agromafie” sui crimini agroalimentari in Italia» in
www.coldiretti.it, 2013.
83 Federconsumatori, La contraffazione agroalimentare fra piccoli e grandi inganni, pubblicazione
come droghe e armi, che giungono infine anche in note catene di supermercati come Carrefour, Conad o Esselunga84.
La globalizzazione ha permesso una grande espansione dell’export nazionale sui mercati esteri, i quali giocano un ruolo di fondamentale importanza per contrastare la crisi. Tuttavia, il sistema economico italiano, caratterizzato da piccole e medie imprese, è in parte penalizzato dall’ampliamento dei mercati, poiché non ha le risorse e le conoscenze per competere con le grandi società presenti. Da un altro punto di vista però, le piccole dimensioni permettono di rispondere alla crescente domanda di personalizzazione, poiché un’industria “artigianale” fatta di persone consente di adattare il prodotto finale alle esigenze di ciascun cliente. Ciò nonostante, la competizione sleale indebolisce il mercato interno, poiché la mancanza di trattati internazionali di tutela del Made in Italy e delle produzioni tipiche in genere, offre un’opportunità di guadagno alle aziende che vogliono sfruttare la buona immagine dell’etichetta italiana, dotando così la propria produzione di un valore aggiunto e un vantaggio comparato che normalmente non avrebbe. A questo proposito, Google si rivela un importante alleato, grazie al quale è possibile diffondere i prodotti tipici e artigianali, informando il consumatore straniero ed educandolo a riconoscere i falsi per quello che sono. In aggiunta, sarebbe opportuno raggiungere un accordo internazionale all’interno del WTO che consenta di riconoscere a livello globale la tutela delle denominazioni di tutte le produzioni tipiche, non solo quelle italiane, instituendo sanzioni più pesanti per i trasgressori, in modo da contrastare l’aumento della contraffazione.
84 Gambini A., «Agromafia. “Obblighi” per gli acquisti: al mercato con la mafia», in www.infiltrato.it,