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L’evoluzione del settarismo durante l’Impero Ottomano

2. L’EVOLUZIONE DEL SETTARISMO IN MEDIO ORIENTE E NORD AFRICA

2.1 L’evoluzione del settarismo durante l’Impero Ottomano

Alla luce di quanto riportato fino ad ora e riprendendo il filo conduttore di questo paragrafo, si ritiene che la disamina degli effetti contemporanei del settarismo non possa che partire dall’analisi degli eventi che nel XIX secolo hanno marcato il percorso di sviluppo del fenomeno settario.

Per quanto il secolo preso in esame sia estremamente ricco di avvenimenti storici potenzialmente influenti in questo processo, Ussama Makdisi ne isola due sopra tutti gli altri. Il primo si lega al vuoto politico mediorientale determinato dalla caduta dell’Impero Ottomano alla fine della Prima Guerra Mondiale; la fine di un sistema di governo che si era dimostrato capace di amministrate un impero plurale dal punto di vista etnico, religioso e linguistico apre ora a nuove prospettive politiche ed ideologiche uno spazio prima sigillato. Il secondo ha a che vedere con l’importazione nei domini ottomani di concetti dalla natura propriamente europea come, ad esempio, quelli di nazionalismo, di cittadinanza e di equità politica tra i cittadini membri di un medesimo stato-nazione.76

Che cosa rappresentava l’Impero Ottomano nel XIX secolo? L’impero della Sublime porta costituiva una tra le più plurali istituzioni politiche multi-settarie del tempo ed organizzava la propria struttura interna lungo le differenze religiose e faceva ciò mediante il sistema dei millet che raggruppava gli individui all’interno della società secondo la loro appartenenza

76 Makdisi, U. (2017) The Problem of Sectarianism in the Middle East in Age of Western Hegemony in Sectarianization: Mapping of the New Politics of the Middle East edited by N. Hashemi, D. Postel, Oxford University Press, pp. 23-34.

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religiosa. Gli elementi di diversità etnica, religiosa e linguistica tra i sudditi dell’impero erano alla base del sistema ottomano, e, per quanto importanti, queste differenze non costituivano necessariamente causa di conflitto anzi al contrario rappresentavano la base della convivenza tra queste realtà plurali. Indubbiamente, l’Impero Ottomano era una realtà religiosa dove l’Islam si poneva al vertice della gerarchia del sistema dei millet ma allo stesso tempo costituiva anche un’entità politica dove il suo massimo leader, il Sultano, aveva l’incarico di vegliare sulla sicurezza e sulla protezione di tutti i raggruppamenti religiosi inclusi nei millet.77 Per quanto inseriti in un contesto di formale dominazione islamica, il pluralismo religioso e la coesistenza generalmente pacifica tra diverse sette religiose erano alla base del sistema ottomano; come si è pertanto potuto passare da un multi-settarismo di coabitazione ad un multi-settarismo marcatamente conflittuale?

Fu la presenza di tre congiunture storiche a determinare questo passaggio, e più precisamente queste hanno a che vedere con l’affermarsi dei nazionalismi etno-religiosi, con l’ascesa dell’imperialismo occidentale e con il processo di riforma interna (tanzimat) che l’impero aveva avviato. La stagione delle tanzimat, 1836-1869, coniugandosi alle altre due congiunture storiche determinò una profonda trasformazione del sistema di governo dell’impero che passò a riconoscere come proprio pilastro fondativo non più la diversità religiosa dei propri sudditi bensì la loro equità di cittadini.78

In una parentesi di tempo di appena trent’anni l’Impero Ottomano rinuncia ad una tradizione politica databile secoli addietro, passando dall’essere un sistema multi-settario a dominazione islamica ad un sistema secolare di eguaglianza civile tra tutti i sudditi a prescindere dell’appartenenza religiosa. Per quanto nel sistema imperiale tutti i sudditi godessero di una pressoché sostanziale uguaglianza grazie al regime dei millet, quando con le tanzimat si passò dal piano sostanziale a quello di formale equità, i membri delle comunità musulmane rimasero scioccati da una trasformazione così radicale e profonda avvenuta in un così breve tempo.79 Secondo Makdisi, la criticità della situazione non si limita a ciò ma si estende al fatto che:

«questo sentimento di risentimento fu aggravato, per forza, dall’ascesa dell’imperialismo occidentale nell’Impero ottomano – in modo tale che divenne impossibile separare 77 Ibid.

78 Ibid. 79 Ibid.

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l’emancipazione dei cristiani dall’imperialismo occidentale. Tanto più gli Ottomani cercavano di secolarizzare, tanto più le potenze europee – Inghilterra, Francia e Russia in primo luogo – intervennero come “Potenze Cristiane” con il dovere di proteggere coloro che essi consideravano gli oppressi cristiani dell’impero.»80

Con la loro ingerenza le potenze europee crearono le condizioni per cui un clima di odio settario potesse diffondersi in modo endemico all’interno dell’impero ottomano; inoltre, il conflitto settario andò rafforzandosi in seguito al riconoscimento ed all’istituzionalizzazione delle nuove strutture politiche settarie da parte degli europei e degli ottomani. Bisogna soffermarsi ad evidenziare che queste forme di rappresentanza politica su base settaria non rappresentavano minimamente una rivendicazione popolare, ma furono bensì un’imposizione esterna che ebbe altresì la gravosa colpa di far naturalizzare l’idea che la rappresentanza settaria fosse l’unico strumento capace di risolvere la questione del pluralismo religioso.81 Per quanto le tanzimat costituirono uno shock per i sudditi islamici nell’impero e l’ingerenza europea contribuì in parte a definire le fondamenta su cui si sono radicate le varie ondate di settarismo, Makdisi pone i propri sforzi anche nel descrivere un processo del tutto antitetico rispetto alla narrazione settaria conflittuale e che egli definisce come nahda (“rinascita”) ecumenica. La nahda si sviluppa nei domini ottomani del Levante e rappresenta l’idea di eguaglianza politica tra i sudditi maschi dell’impero, si costruisce sulla diffusa consapevolezza di poter creare una comunità civile dove l’equità dei cittadini superi le differenze religiose e lo spazio pubblico si consacri alla multireligiosità. L’esperienza rivoluzionaria e positiva della nahda cadde rovinosamente sotto i colpi dello state-building britannico e francese, del nazionalismo etno-religioso sionista e del conflitto arabo-israeliano del 1948.82

L’analisi di Ussama Makdisi rappresenta una prospettiva interpretativa estremamente ricca per lo studio del settarismo in quanto non solo evidenzia i fattori storici e politici che crearono le condizioni favorevoli al radicarsi del seme del settarismo, ma soprattutto si sofferma nell’evidenziare la necessità di recuperare le numerose esperienze di convivenza multireligiosa del passato.