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4. LO SCIISMO POLITICO E LA STORICITÀ DELL’OPPOSIZIONE IN BAHREIN: TRA COOPTAZIONE E

4.1 Lo sciismo politico

Quando si è chiamati ad analizzare l’evoluzione delle dinamiche politiche, sociali ed economiche del Medio Oriente, Marc Owen Jones mette giustamente in guardia dal facile ed eccessivo ricorso al principio del «Iranian Revolution as a turning point»244. Secondo l’autore, quest’ultimo costituisce uno strumento spesse volte utilizzato a sproposito per decifrare le vicende mediorientali e pertanto in grado di consegnare dei quadri interpretativi eccessivamente semplificatori o falsati.

Pur mantenendo viva l’attenzione su questo avvertimento, non si può prescindere dal riconoscere come la Rivoluzione Iraniana del 1979 sia stata l’evento che, nel corso del ‘900, ha maggiormente contribuito non solo ad influenzare ma anche a trasformare il lato politico

244 Jones, M. O. (2018) Contesting the Iranian Revolution as a Turning-Point Discourse in Bahraini Contentious Politics in Gulfization of the Arab World edited by M. O. Jones, R. Porter, M. Valeri, Gerlach Press, p. 90.

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dello sciismo, specialmente per quanto riguarda le sue modalità di mobilitazione. L’instaurarsi della Repubblica Islamica sul modello del vilayat-e faqigh, così come definito da l’Ayatollah Ruhollah Khomeini, rappresentò il risultato finale di un lungo processo di trasformazione dello sciismo politico. Un percorso le cui origini sono da ritracciare addietro nei secoli, ma il cui effettivo risveglio si può individuare negli anni ’60. Questo periodo si contraddistinse per essere una stagione di rifioritura dello sciismo che acquisì gradualmente nuovo slancio grazie ad una maggior consapevolezza e ad una crescente politicizzazione dell’identità sciita.245 Identificando i tre punti cardine dello sciismo nella dottrina dell’Imamato, nell’interpretazione religiosa escatologica e nel riconoscimento della sofferenza storica, fu proprio a partire dalla ripresa e dalla trasformazione di quest’ultimo elemento che iniziò a definirsi lo sciismo politico moderno. Come si è avuto modo di vedere in precedenza, il martirio di Husayn e dei suoi compagni a Karbala ha rappresentato l’evento cardine nell’istituire lo sciismo come una realtà religiosa quanto politica a sé stante. Da sottolineare in merito, che è proprio dal medesimo episodio che ha avuto origine la percezione della comunità sciita di esser stata vittima di una tremenda ingiustizia.246

A partire dalla morte di Husayn, lo sciismo, pur continuando a conservarsi e ad evolversi nel corso dei secoli, acquisì una vocazione marcatamente minoritaria all’interno del panorama musulmano. La coabitazione tra sunnismo e sciismo fu spesse volte travagliata ed ostile, una condizione che ripetutamente forzava i membri della comunità sciita a vivere dietro le quinte o a praticare la taqiyya (pratica di dissimulazione religiosa) per sfuggire alle violenze dei sunniti. Secondo questo principio, i musulmani sciiti erano legittimati a nascondere o a negare nelle pratiche esteriori la loro affiliazione allo sciismo se ciò consentiva loro di aver salva la vita e di preservare intatta la loro fede interiore. Detto ciò, non ci si può esimere dal riconoscere come la condizione di minoranza della comunità sciita all’interno del mondo musulmano e la pratica della taqiyya abbiano indubbiamente contribuito a plasmare nel corso dei secoli la vocazione marcatamente quietista dello sciismo.247

245 Brunner, R. (2009) Shiism in the Modern Context: From Religious Quietism to Political Actvism, Religion Compass, 3/1, pp. 136-153.

246 Ibid. 247 Ibid.

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Il passaggio nodale che permise l’affermarsi della mobilitazione politica sciita come un fenomeno attivo risiede nella reinterpretazione dello sciismo da religione quietista e passiva ad ideologia attiva e di riscatto. Tra i primi a compiere tale percorso bisogna citare Ali Shariati il quale con la sua “teologia della liberazione” riprese l’eredità di Karbala e trasformò l’esperienza del martirio di Husayn in una forza proattiva dal potenziale rivoluzionario capace di rompere i vincoli dell’oppressione che pesavano sulla comunità sciita. Secondo la visione di Shariati, Karbala ed il martirio acquisiscono un nuovo valore, a partire da ciò la consapevolezza di aver subito un’ingiustizia perpetuatasi nei secoli non deve più espletarsi unicamente attraverso il quietismo e la dissimulazione, ma al contrario deve diventare una forza capace di riscattare l’ingiustizia subita. Mediante il motto «ogni giorno è l’ashura, ogni luogo è Karbala»248 Shariati mirava esattamente a presentare il martirio di Husayn come una via d’uscita applicabile in ogni luogo ed in ogni tempo rispetto alla storica condizione di oppressione che gravava sulla comunità sciita.249

Indubbiamente, la teoria politica sciita che ebbe maggior riscontro storico fu quella del velayat -e faqih definita dell’Ayatollah Khomeini e sulla quale venne fondata la Repubblica Islamica Iraniana in seguito alla rivoluzione del 1979. Quest’ultima esercitò in un primo momento un forte entusiasmo in molte formazioni politiche islamiste, sia sunnite che sciite, le quali videro nel successo della rivoluzione un percorso da seguire. Alla breve fase idillica, seguì prontamente una disillusione dettata dalla comprensione che la rivoluzione iraniana conservava delle proprie specificità, legate tanto al contesto iraniano quanto e soprattutto alle caratteristiche dello sciismo così come definito ed interpretato dall’Ayatollah Khomeini. In tal senso, si può certamente riconoscere alla Rivoluzione Iraniana il merito di esser stata un evento capace di suscitare entusiasmo rispetto alla destituzione di un regime autoritario come quello dello Scià Reza Pahlavi, allo stesso tempo bisogna però sottolineare con particolare attenzione che la Rivoluzione di Khomeini non divenne praticamente mai un modello concretamente perseguibile per altre formazioni sciite presenti nella regione. Questo è dovuto al fatto che, nel panorama sciita, la leadership di Khomeini, per quanto elevata, era chiamata

248 Ivi., p. 140. 249 Ivi., pp. 136-153.

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a competere con altrettanto importanti concorrenti come ad esempio gli Ayatollah Ali al- Sistani, Muhammad Husayn Fadlallah e Muhammad Muhammad Sadiq al-Sadr.250

Sebbene si possa individuare per le diverse formazioni sciite del Medio Oriente un quadro di riferimento comune rispetto alla nascita della mobilitazione politica come un fenomeno attivo e dinamico, bisogna evidenziare come ciascuna di queste abbia sviluppato dei percorsi a sé stanti ed influenzati dal contesto storico-politico in cui esse sono generete.

Dar credibilità all’idea dell’emergere di una «mezzaluna crescente»251 sciita dall’Iran al Libano così come sostenuto dal Re di Giordania Abdullah II nel 2004 o al fatto che «gli sciiti son sempre leali all’Iran»252 come affermato dall’ex Presidente egiziano Hosni Mubarak nel 2006 rappresentano dei tentativi fuorvianti di interpretazione della realtà geopolitica regionale. Non si può negare che, dal Libano all’Iran, si possono trovare sia governi sia movimenti accomunati da una forte affiliazione allo sciismo politico ma ciò non vuol dire che questa vicinanza si sia tradotta nella creazione di una qualsivoglia «alleanza pan-sciita»253. Al contrario, tra loro, le realtà politiche hanno conservato differenze importanti, se non sostanziali sotto alcuni punti di vista, che rendono di fatti superfluo ed impossibile parlare dello sciismo come un gruppo unitario.254 Come afferma Moshe Ma’oz:

«La “Shi’i crescent” è ampiamente un mito che maschera importanti, ma malleabili interessi statali

[…] (si riconosce quindi come gli sciiti siano) delle comunità diverse con tanto che li unisce quanto

li divide, partner potenziali in alcuni luoghi, aspiranti avversari in altri.»255

4.2 L’evoluzione storica della mobilitazione politica in Bahrein: dal protettorato britannico