4. LO SCIISMO POLITICO E LA STORICITÀ DELL’OPPOSIZIONE IN BAHREIN: TRA COOPTAZIONE E
5.2 Il fronte delle rivendicazioni:
5.2.2 Pearl Roundabout: tra innovazione e tradizione
La scelta da parte dei manifestanti di radunarsi a Pearl Roundabout permette di comprendere l’importanza di alcuni degli aspetti che caratterizzarono l’ondata di proteste del 2011 come un fenomeno nuovo e peculiare all’interno di un’arena politica, quella del Bahrein, dove la dialettica cooperativa e conflittuale tra gli attori tradizionali sembrava detenere un monopolio consolidato.
Al centro di Pearl Roundabout vi era un imponente monumento eretto per celebrare la prima volta in cui il Bahrein ospitò un vertice del CCG, in particolare si fa riferimento al terzo incontro generale del CCG che si tenne nel 1982. Le sei spade, metafora degli stati membri del CCG, che
352 Ulrichsen, K. C., op. cit., p. 12. 353 Aziz, S., Musalem, A., op. cit., p. 20. 354 Matthiesen, T. (2013) op. cit., pp. 18-32. 355 Ivi., pp. 33-49.
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reggevano una perla, simbolo dell’eredità comune del Golfo, rappresentavano un monumento volto a commemorare tanto il passato condiviso, quanto le prospettive di cooperazione presenti e future. In tal modo, Pearl Roundabout divenne l’emblema dell’identità storica e politica del Golfo.356
La scelta di legare le proteste a questo simbolo deriva anche dalla specificità del luogo in cui questo monumento venne costruito. L’area sulla quale venne edificato appartiene a quelle che Omar Hesham Alshehabi definisce «reclaimed land»357, ed in particolare rappresenta una zona che in precedenza veniva chiamata il mare di Sanabis, un’area di mare prospicente a quello che era un piccolo omonimo villaggio di pescatori e che ad oggi si trova invece a più di 3 chilometri di distanza dal mare. Un destino comune e condiviso con gli altri villaggi sciiti, ed un tempo costieri, di Burhama, Jedhafs e Daih, i quali assisterono inermi all’espropriazione del mare ed alla realizzazione dei «new real estate mega projects»358 tra cui le Al Lulu Towers ed il Bahrain Financial Harbour.359
Gli effetti legati alla costruzione di grandi opere edilizie ed infrastrutturali non si ripercuotono unicamente sugli aspetti concreti dell’organizzazione degli spazi, ma si riflettono bensì anche su questioni più profonde. Come evidenziano in merito Sahar Aziz e Abdullah Musalem:
«Lo sviluppo sregolato ha portato alla distruzione di siti storici, alcuni dei quali registrati alle
Nazioni Unite come siti patrimonio dell’umanità, per la realizzazione di progetti che avrebbero arricchito unicamente la famiglia regnante […] Per una popolazione che sussisteva grazie alla pesca ed all’agricoltura, quest’operazione di distruzione dell’ambiente è stata molto di più di una mera perdita economica; fu una perdita identitaria causata da una palese cattiva gestione di un governo indifferente»360
Riprendendo quanto sostenuto da Amal Khalaf, Pearl Roundabout rappresentava il perfetto esempio di «state-controlled image economy»361, ovvero quel tentativo da parte del regime di dar vita ad un’identità nazionale e regionale plasmandola mediante il ricorso alle politiche di pianificazione urbana, a pratiche commemorative ed all’esaltazione di una presunta
356 Fibiger, T. (2017) Potential Heritage: The Making and Unmaking of the Pearl Monument in Bahrain, Journal of Arabian Studies, 7:2, pp. 195-210.
357 Alshehabi, O. H. (2014) op. cit., p. 29. 358 Ivi., p. 47.
359 Ivi., pp. 29-51.
360 Aziz, S., Musalem, A., op. cit., p. 11.
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“cultura araba tradizionale” che poggia sulla triade identitaria: sunnismo, mascolinità e tribalismo.362
Tutto ciò si concretizza in quanto affermato da Sulayman Khalaf:
«Le famiglie regnanti ed i loro alleati hanno inventato e fatto ricorso a tradizioni culturali, nazionalismo, autenticità, e valori “tradizionali” per presentarsi come i guardiani dei valori e delle tradizioni autentiche arabe, e rafforzare “la struttura politica dinastica”»363
Come analizzato precedentemente nel Capitolo 3, la pianificazione urbana e l’organizzazione delle aree pubbliche sono state trasformare in una strumenti politici da parte del regime allo scopo di preservare il proprio status quo. Pertanto, in un contesto dove l’urbanistica diviene una questione eminentemente politica, non sorprende che i manifestanti abbiano scelto di trasformare Pearl Roundabout nel luogo simbolo delle proteste.364
I manifestanti fecero molto di più che limitarsi al mero atto di occupare fisicamente Pearl Roundabout. Non solo essi «rivendicavano uno spazio pubblico un tempo confiscato»365, ma soprattutto «ridefinivano il ruolo della cittadinanza»366. Nella pressoché totale mancanza di spazi pubblici adatti alle grandi manifestazioni popolari, come può essere ad esempio piazza Tahrir al Cairo, gli attori della protesta optarono per riappropriarsi di un luogo che ritenevano appartenere legittimamente ai cittadini e lo trasformarono nel focolaio delle loro rivendicazioni politiche e sociali.367
Oltre al valore simbolico attribuito a Pearl Roundabout, bisogna riconoscere come furono anche le sue intrinseche e strutturali caratteristiche a favorire la sua centralità durante le proteste. L’intersezione stradale giocava un ruolo fondamentale nel reticolo infrastrutturale della capitale: da un lato consentendo un rapido accesso al centro di Manama e dall’altro rappresentando un crocevia nodale per i collegamenti con le periferie ed i villaggi vicini. Soffermandosi su quest’ultimo elemento e tenendo a mente che furono proprio gli shabab di
362 Ivi., pp. 265-280.
363 Khalaf, S. (2000) Poetics and Politics of Newly Invented Traditions in the Gulf: Camel Racing in the United Arab Emirates, Ethnology, 39:3, p. 243.
364 Ivi., pp. 243-261.
365 Khalaf, A., op. cit., p. 270. 366 Ibid.
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periferia ad organizzare il movimento, Pearl Roundabout era l’unico luogo in grado di accogliere un ampio numero di manifestanti e di permetterne il rapido afflusso.368
In conclusione, si può affermare che il movimento del 14 febbraio sia nato dall’impegno congiunto di gruppi informali di giovani che, trasformando i social network, i forum online ed i siti web nella loro piattaforma prediletta di comunicazione, riuscirono a dar vita ad una mobilitazione senza precedenti. Ciò che contraddistingue questa generazione è il fatto di non aver preso parte attivamente all’intifada del 1994-1999 e di non conservare una memoria diretta della Rivoluzione Iraniana del 1979. Maturando politicamente durante il primo decennio degli anni 2000, essa si fa testimone dell’aggravarsi delle diseguaglianze socioeconomiche, del contrarsi delle capacità del welfare state, dell’arenarsi del processo di democratizzazione e dell’incapacità delle società politiche storiche di conseguire risultati concreti. La mancanza di una tradizione politica, di una struttura formale e di una leadership definita, permisero al movimento di restare estremamente fluido consentendogli di costruire un forte sostegno popolare trans-settario e trans-ideologico.369
5.3 La risposta del regime e l’escalation della tensione: tra repressione, stallo e