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L’impatto locale della Legge di Stabilità spagnola

LA FINANZA LOCALE NELL ’ ORDINAMENTO SPAGNOLO

3. L’impatto locale della Legge di Stabilità spagnola

Ancor prima del Trattato di Maastricht, la Carta Europea delle Autonomie Locali del 25 ottobre 1985, espresse il principio del riconoscimento della esigenza in capo all’ente locale del diritto a risorse finanziarie proprie ed adeguate nell’esercizio delle rispettive competenze.

La Spagna, così come l’Italia, ha scelto di adottare un Patto di Stabilità interno che vincoli non solo lo Stato centrale ma anche le autonomie locali e periferiche, coinvolgendo tutti gli organi decentrati verso l’obiettivo del pareggio di bilancio197

. Nell’ordinamento spagnolo, quindi, vige l’obbligo di pareggio ed a tal fine sono imposti anche determinati vincoli alle spese: nello specifico si è scelto di privilegiare come periodo di applicazione dei vincoli per il rispetto del Patto di Stabilità, gli obiettivi pluriennali di pianificazione ed autonoma organizzazione delle scelte gestionali, tali obiettivi sono distribuiti in un periodo di tre anni. Ciò consente alle amministrazioni locali di poter andare a prestabilire, e poi a realizzare, una programmazione dell’attività amministrativa che vada incontro alle specifiche necessità del territorio locale. Tale distribuzione è potenzialmente migliore e rilascia maggiore autonomia rispetto agli ordinamenti che hanno optato per una modifica annuale dei vincoli (come avviene ad esempio in Italia).

L’ordinamento spagnolo si è evoluto verso un modello avanzato di processo cooperativo, tale evoluzione è stata sempre caratterizzata da un costante progresso della decentralizzazione fiscale di pari passo con l’esigenza di assicurare costantemente la stabilità dei bilanci degli enti territoriali locali.

197 Sul punto si v. M.F.A

MBROSANIO e M.BORDIGNON, Patti interni di stabilità. L’esperienza europea, in A. Villafranca (a cura di), Le sfide della governance economica europea, Bologna, 2007; E. TASSA, Il Patto di stabilità interno: evoluzione in Italia ed esperienze analoghe in alcuni paesi europei, in Studi e note di economia, 3, 2002; J.M.GONZÁLEZ-PÁRAMO, Costes y beneficios de la disciplina fiscal: la ley de estabilidad presupuestaria en perspectiva, in Ed. Instituto de Estudios Fiscales, Madrid, 2001.

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Il perno del sistema spagnolo della finanza pubblica è tradizionalmente costituito dal Consiglio per la politica fiscale e finanziaria (Consejo de Política Fiscal y Financiera-CPFF), uno speciale organo di coordinamento fra lo Stato e le Comunità Autonome (Comunidades Autónomas-CCAA) in materia fiscale e finanziaria creato dall’art. 3 della Lofca. Nel Consejo de Política

Fiscal y Financiera sono rappresentate le diciassette Comunità

Autonome.

A partire dalla seconda metà degli anni ’90 il Consiglio ha svolto funzioni di coordinamento effettivo tra i vari livelli di governo ed ha sostenuto l’impiego di strumenti di finanziamento e di indebitamento, in generale ha comunque gestito la distribuzione delle risorse tra i livelli locali delle amministrazioni periferiche. Anteriormente non era liberamente consentito il ricorso all’indebitamento per gli enti locali, era necessaria un’autorizzazione del Governo centrale ed inoltre vi era un vincolo in base al quale l’ammontare degli interessi passivi non poteva eccedere il 25% delle entrate correnti dell’ente sottoposto all’indebitamento.

Il sistema vincolato ha mostrato presto le sue lacune, la stretta morsa dello Stato sul versante della spesa delle autonomie locali non si è palesato come schema vincente visto lo scarso rendimento. Ciò anche in base al dato pattizio, nel senso che i controlli delle amministrazioni locali vengono effettuati mediante negoziazioni bilaterali, ritenute comunque poco adeguate anche sotto il profilo della trasparenza.

Tali risultati hanno condotto all’approvazione della legge del 2001 di stabilità finanziaria198, mediante la quale è stato adottato il Patto di Stabilità interno della Spagna, in accordo sempre con la Lofca.

198 Ley General de Estabilidad Presupuestaria, n. 18 del 12 dicembre 2001. Sul

tema si v. A.DODERO JORDÁN, La aplicación de la ley general de estabilidad presupuestaria en el ámbito de las administraciones locales, in Revista de Empresa y Estudios Económicos, 4, 2002; A.M. LÓPEZ HERNÁNDEZ e M.P. RODRÍGUEZ BOLÍVAR, La Ley de Estabilidad Presupuestaria: algunas reflexiones en torno a su difícil concreción, in Revista de Empresa y Estudios Económicos, 4, 2002.

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La legge di stabilità entra in vigore dall’esercizio del 2003 e si riferisce ai tre livelli di amministrazione (centrale, autonomo e locale), essa pone alcuni principali obiettivi: competenza dello Stato centrale nella fissazione dell’obiettivo di bilancio consolidato; l’obiettivo complessivo di bilancio in relazione ad ognuno dei livelli di amministrazione; la programmazione su base pluriennale dell’obiettivo complessivo per ciascuno dei livelli di governo; l’adozione da parte del Parlamento del programma pluriennale; la supervisione sulla implementazione del programma pluriennale da parte del Consejo de Política Fiscal y Financiera.

Detto Consiglio ha il compito di ripartire tra i vari enti territoriali amministrativi gli obiettivi di deficit e di debito, di concerto con la Commissione nazionale delle amministrazioni locali, anche se le Autorità locali mantengono la propria autonomia decisionale per ciò che concerne le decisioni di bilancio.

Nel 2005, al fine di concedere maggiore flessibilità e contrastare le operazioni fuori bilancio degli enti locali (che incidevano in misura negativa sulla trasparenza dei bilanci stessi), sono state apportate modifiche al Patto di Stabilità interno.

Nello specifico si è cercato di attenuare la rigidità dei vincoli, permettendo alle amministrazioni di presentare deficit aggiuntivi nel caso in cui essi siano finalizzati a reperire finanziamenti per progetti di investimento. Attualmente l’individuazione degli obiettivi generali per i differenti livelli di governo territoriale non viene più effettuata in maniera unilaterale dal Governo centrale, ma è invece definita all’esito di un complesso processo negoziale, che contempla sia consultazioni bilaterali fra lo Stato centrale e le singole Comunità Autonome, sia anche un ruolo maggiormente attivo, sul piano propositivo e del coordinamento, del Consiglio per la politica fiscale e finanziaria come pure della Commissione nazionale delle autonomie locali.

Dunque le Comunità Autonome presentano al Ministero delle Finanze i piani di rientro, e nel predisporre i bilanci, glie enti, devono contestualmente mettere a disposizione ogni informazione

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necessaria a verificare la compatibilità tra i bilanci e gli obiettivi fissati dalla programmazione pluriennale, in tal modo viene migliorato lo stesso sistema di monitoraggio.

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CAPITOLO IV

LA FASE CONCLUSIVA DEL PROCESSO IMPOSITIVO: LA