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L’inadeguatezza organizzativa come parametro

la sanzione amministrativa.

Le disposizioni sub-legislative sopra richiamate consentono di introdurre alcune considerazioni critiche circa un profilo di tutela molto sviluppato in giurisprudenza (378). Il dovere di informare la clientela si atteggia, naturalmente, a posterius logico del più ampio dovere di informarsi. Soltanto un intermediario che si è diligentemente informato può, in maniera altrettanto diligente, informare la controparte negoziale. Tuttavia, il dovere di informarsi si atteggia, a sua volta, a posterius logico del più ampio dovere, da parte dell’intermediario, di dotarsi di procedure interne e di assetti organizzativi idonei ai fini della realizzazione del dovere informativo (379).

In altri termini, dalla c.d. adeguatezza organizzativa discende la c.d. adeguatezza informativa (380). Una carenza organizzativa, intesa come difetto strutturale del soggetto abilitato di acquisire informazioni utili per tratteggiare il profilo del cliente, si riverbera inevitabilmente a catena sul corretto adempimento degli obblighi informativi nei confronti dello stesso.

Si è compreso, in altri termini, che l’adozione, da parte del soggetto abilitato, di un sistema organizzativo proporzionato, efficiente e razionale costituisce il migliore presidio per la correttezza dei comportamenti dell’impresa di investimento nei confronti dei propri clienti.

La posizione del legislatore interno, dunque, è molto chiara: la tutela della clientela deve fondarsi su precetti che guidino la predisposizione dell’organizzazione interna dell’intermediario in una direzione che garantisca l’allineamento delle condotte assunte ai principi fondamentali della trasparenza e della correttezza.

(378) Cfr., ad esempio, Tribunale di Udine, sentenza del 1 luglio 2011, in www.ilcaso.it; Corte di

Appello di Milano, decreto del 13 novembre 2008 in www.ilcaso.it; Corte di Appello di Venezia, decreto

del 16 luglio 2008, in www.ilcaso.it; Tribunale di Vigevano, sentenza del 7 agosto 2006, in

www.ilcaso.it; Tribunale di Brindisi, sentenza del 4 ottobre 2005, in www.ilcaso.it; Tribunale di Novara, sentenza del 10 gennaio 2006 in www.ilcaso.it; Tribunale di Brindisi, sentenza del 4 ottobre 2005, in www.ilcaso.it.

(379) Le procedure di controllo (c.d. semafori) trovano il loro fondamento normativo nel più ampio

disegno di aggiornamento professionale a cui tutti i soggetti abilitati sono tenuti ai sensi dell’art. 56 reg. intermediari.

(380) Come vedremo nel Capitolo IV, paragrafo 4.4.3, l’importanza dell’assetto organizzativo è diventato, dopo il recepimento del sistema MIFID, nodo centrale della politica di gestione del conflitto di interesse.

Non deve ingannare il rilievo che la c.d. adeguatezza organizzativa – quale indice di espressione della politica di gestione sana e prudente degli intermediari – sia ricompresa nell’ampio dettato dell’art. 5, comma 2, TUF che disciplina il raggio di azione del potere di vigilanza, e di conseguenza anche di quello sanzionatorio, della Banca d’Italia.

In effetti, la c.d. adeguatezza organizzativa riveste un duplice ruolo: il primo, ad efficacia prettamente interna, concerne la stabilità patrimoniale dell’intermediario e, pertanto, rientra nell’oggetto di vigilanza della Banca d’Italia; il secondo, ad efficacia prettamente esterna, concerne la fonte del processo informativo e, pertanto, rientra nell’oggetto di vigilanza della Consob (381).

Di talché, a seconda del tipo di efficacia, avremo una diversa titolarità del potere di vigilanza nonché di quello sanzionatorio. Per quanto qui ci interessa, il sindacato di adeguatezza organizzativa, nella sua veste di presupposto giuridico dei doveri informativi, non deve essere ancorato a parametri quantitativi quanto, piuttosto, qualitativi.

Si privilegia, in altri termini, non un imponente mole di informazioni cartacee - schermo dietro al quale l’intermediario spesso si protegge – bensì “accorgimenti

procedurali adeguatamente preordinati ad assicurare al medesimo un prodotto finanziario corrispondente alle di lui specifiche esigenze” (382).

Come è stato felicemente sintetizzato, cogliendo in maniera sinergica entrambe le dimensione della c.d. adeguatezza organizzativa, le procedure interne devono “oltre ad

essere efficienti nell’interesse dell’intermediario, anche improntati a criteri di trasparenza e ordinata sequenzialità nell’interesse dell’investitore e devono perciò essere confezionati in modo tale da «ricostruire» le modalità e i tempi e le caratteristiche dei comportamenti posti in essere nella prestazione dei servizi” (383).

Le pronunce in tema di adeguatezza organizzativa (384), unitamente alle delibere dell’autorità di vigilanza esaminate nel paragrafo che precede, costituiscono espressione di una forte anticipazione della tutela dell’investitore e denotano l’efficacia preventiva dell’apparato sanzionatorio pubblicistico.

(381) Vedi la giurisprudenza richiamata nella nota n. 378.

(382) Corte di Appello di Venezia, decreto del 16 luglio 2008, in www.ilcaso.it

(383) Corte di Appello di Milano, decreto del 13 novembre 2008, in www.ilcaso.it

La scelta di rafforzare la protezione dell’investitore con interventi sanzionatori “a monte”, vale a dire sganciati da un futuro e potenziale danno patrimoniale, è da salutare con estremo favore perché elimina in nuce – o, meglio, dovrebbe eliminare eventuali comportamenti pregiudizievoli a detrimento dei risparmiatori.

A tal proposito, l’organizzazione interna del soggetto abilitato e le procedure deputate ai canali del flusso informativo assurgono a parametro giurisprudenziale prediletto per valutare la sussistenza o meno degli standards organizzativi che, in sede di negoziazione, devono sussistere per rendere concreta ed effettiva la tutela del cliente. Come, tuttavia, ampiamente dimostrato nel capitolo che precede, una soglia così arretrata di protezione non ha comunque impedito il profilarsi di numerose controversie giudiziarie aventi ad oggetto l’inosservanza di quegli obblighi informativi che, al contrario, idonei assetti organizzativi avrebbero dovuto maggiormente consolidare.

La duplicazione, in caso di inosservanza degli obblighi informativi, della responsabilità (amministrativa e civile) in cui incorre l’intermediario negligente non ha quindi sortito l’effetto desiderato.

In altri termini, la funzione di “argine” dell’art. 190 TUF – con conseguente duplicazione della tutela apprestata all’investitore - non è stata svolta appieno da tale disposizione che, nella realtà dei fatti, non ha comunque impedito la realizzazione di comportamenti opportunistici e di speculazioni a danno dei risparmiatori.

Di talché, almeno dagli sconfortanti numeri che si registrano nelle aule giudiziarie, nonché dai dubbi di natura costituzionale che solleva (e di cui ci occuperemo nel paragrafo immediatamente successivo), è lecito dubitare dell’efficacia “realmente” preventiva dell’apparato sanzionatorio pubblicistico predisposto dal TUF.

L’intensità di un simile apparato, invero, si misura con la capacità dello stesso di prevenire potenziali conflitti tra intermediari ed investitori: il numero impressionante di controversie instaurate in questo decennio, nonché i recenti scandali finanziari che hanno minato alla base l’integrità dei mercati, mostrano come la finalità preventiva dell’apparato pubblicistico sia, quantomeno, da raffinare.