Fin qui la ricostruzione della teoria della conoscenza di Tommaso ha visto la trattazione di concetti che considerano il subiectum quasi come un’entità
passiva, che non ha alcun ruolo nella conoscenza di qualcosa, dal momento che la ‘sintonizzazione’ tra intelletto e oggetto sensibile avviene per mezzo di formae e di processi che non prevedono un suo possibile ruolo attivo. Tuttavia, l’abstractio, come momento di (ri)conoscimento di alcune caratteristiche dell’oggetto, prevede un’attivazione del soggetto, che si volge verso il mondo e ne contempla le sue parti costitutive. Il subiectum, rovesciando lo schema delineato a conclusione del paragrafo precedente57, potrebbe essere realmente inteso come parte attiva del processo di conoscenza, a partire dal momento dell’abstractio. In quest’ottica, Tommaso introduce il concetto di intentio che rappresenta una ‘svolta’ nella sua teoria della conoscenza.
L’intentio viene definita da Tommaso «dicendum quod intentio, sicut ipsum nomen sonat, significat in aliquid tendere. […] Sed hoc quod motus mobilis in aliquid tendit, ab actione moventis procedit»58. L’Aquinate, nell’articulus I della quaestio 12 della pars I-II della Summa Theologiae, tenta di stabilire se l’intenzione possa essere pertinente al solo atto di volontà o anche a quello di intellezione e, concludendo che primariamente indica l’atto di volontà, sostiene che è possibile definirla come il ‘tendere di qualcosa verso qualcos’altro’. Ciò sarebbe confermato sia a) filologicamente che b) logicamente:
a) intentio, derivato dal verbo intendere, può assumere molteplici significati:
‘tensione’, ‘attenzione’, ‘sforzo’, ma anche ‘intenzione’ e ‘proposito’. Tale lista di termini presenta, pur nella sua varietà, un denominatore comune, che consiste nel mettere in relazione due elementi, colui che compie l’azione e ciò verso cui questa azione è diretta, poiché significati come ‘tensione’ o ‘intenzione’ rimandano proprio all’esistenza di un rapporto tra due relata59. Inoltre, il significato del verbo intendere, ‘tendere in’ o ‘volgersi verso’, indica il
57 Sul possibile rovesciamento dello schema conoscitivo della gnoseologia Tommaso, cfr. H.D.
Simonin, La notion d’intentio dans l’oeuvre de Thomas d’Aquin, «Revue des Sciences Philosophiques et Théologiques», n. 29, 1930, pp. 445-463; A. Hayen, L’intentionnel dans la
philosphie de Saint Thomas, de Brouwer, Paris, 1942; M.D. Chenu, Introduction á l’étude de Saint Thomas d’Aquin, Institut d’Etude Médiévales, Montréal-Paris, 1950; J. Jacobs-J. Zeis, Form and Cognition. How to Go Out of Your Mind, «The Monist», n. 80, 1997, p. 540;
58 Thomas de Aquino, Summa Theologiae, I-II, q. 12, a. 1, respondeo.
59 Bisogna chiedersi se il rapporto soggetto-oggetto sia una relazione o una correlazione; ovvero, è
necessario comprendere se uno dei due membri della relazione possa esistere indipendentemente dall’altro (correlazione) o se, viceversa, la non esistenza dell’uno comprometta l’esistenza dell’altro (relazione).
movimento che si attiva nel momento in cui esiste un nesso tra soggetto e oggetto60;
b) tale movimento di tensione è indagabile anche da un punto di vista logico,
considerando che il tendere possiede l’intrinseca caratteristica di ‘volgersi verso qualcosa’ in una relazione. Tommaso, a ragione, sottolinea che il tendere contiene in sé il concetto di mobilitas, che permette la realizzazione di questa tensione. In tal modo, si stabilisce anche logicamente che il movimento ha come elemento distintivo peculiare il mettere in relazione due entità attraverso la tensione.
Ciò che resta da chiarire è la direzione di tale movimento; infatti, si è detto che l’intentio costruisce un rapporto tra un agente e un suo oggetto attraverso il ‘tendere in’; tuttavia, non è esplicitato il verso di questo rapporto, in quanto non è immediatamente intuibile se l’agente sia tendente al suo oggetto o se quest’ultimo attivi il movimento di tensione. Tale chiarimento è decisivo per comprendere se il
subiectum sia, effective, parte attiva del processo di conoscenza.
Tommaso risolve la difficoltà sottolineando che il tendere intenzionale ab
actione moventis procedit; in tal modo il processo intenzionale è diretto
dall’agente verso l’oggetto e il verso del movimento va dal primo al secondo. La chiave di questa interpretazione risiederebbe in una ri-assegnazione del significato dei tre elementi che compongono lo schema appena delineato che, nel paragrafo precedente, mostravano il soggetto come mero recettore passivo degli oggetti.
Per Tommaso, il modello intenzionale continua a contemplare la presenza dei medesimi elementi: un soggetto che conosce, un oggetto che è conosciuto, un
medium tra soggetto ed oggetto che rende possibile la conoscenza61. Quando un soggetto conoscente si rivolge a un oggetto, il processo che ne regola la sua conoscenza è scandito da due momenti, denominabili a) cognitio sensitiva e b)
cognitio intellectualis62. Nel primo momento l’intelletto del soggetto conoscente si limita a conoscere, per mezzo dei sensi, ciò che esiste nel mondo sensibile in quanto oggetto di quel mondo; nel secondo momento, invece, la conoscenza di
60 Sarebbe opportuno precisare di che tipologia sia il nesso generato dal tendere; tuttavia, non
avendo ancora chiarito né lo statuto né il ruolo dell’intentio, Tommaso lo presenta come entità che mette in rapporto soggetto ed oggetto all’interno del processo di conoscenza sensibile umano.
61 La giustificazione addotta da Tommaso rimanda sempre al II articolo della questione 85 della I
parte della Summa Theologiae. Cfr. infra, p. 17.
62 Cfr. P. Moya, La intencionalidad como elemento clave en la gnoseología del Aquinate, cit., p.
quest’oggetto subisce un’elaborazione intellettuale che culmina nella creazione, all’interno della mente del soggetto conoscente63, dell’immagine di quell’oggetto conosciuto. Questo secondo momento è reso possibile dall’azione della vis
imaginativa che – come spiegato in precedenza64 – crea il phantasma e porta l’intelletto alla completezza del suo atto conoscitivo.
Dal punto di vista logico la direzione dell’atto conoscitivo procede dal soggetto verso l’oggetto, fermo restando l’importanza fondamentale di quest’ultimo, essenziale affinché l’atto stesso possa avere il suo inizio. Tale ipotesi è confermata anche dal fatto che Tommaso sostiene che i precedenti momenti coniungitur nell’intelletto e, di conseguenza, qualsiasi atto conoscitivo intellettuale deve avere il suo svolgimento nell’intelletto.
Tuttavia, nonostante questa teoria spieghi in che modo un soggetto65 possa conoscere qualcosa, non fa alcuna luce sul modo in cui queste due entità entrino in relazione reciproca; in altre parole, non si comprende come colui che conosce si relazioni con ciò che apprende.
Tenendo ben presente lo schema precedente, bisogna individuare il
medium. Occorre chiedersi: esiste qualcosa che possa fungere da medio della
relazione conoscitiva intenzionale, definendo meglio l’espressione ‘tensione intenzionale’? Come prima alternativa si può optare per i cinque sensi, che sembrano essere i primi a mettere in contatto un individuo con il mondo circostante; questa alternativa, però, è subito da scartare, dal momento che i sensi esterni non soddisfano la condizione di medium, anche perché Tommaso stabilisce in modo inequivocabile che è dentro l’intelletto che la conoscenza diviene completa.
Una risposta può essere rappresentata dall’intentio che, come si è visto66, porta con sé il significato di tendere in (aliquid); per confermare questa possibilità, è utile prendere in considerazione due ulteriori passi del corpus
63 Trattandosi ancora di un momento elementare di elaborazione del problema, preferisco parlare
di intelletto e mente senza operare alcuna distinzione tra di essi; l’indistinzione risiede anche nel fatto che, in questo momento, è importante sottolineare il processo di acquisizione dell’oggetto da parte del soggetto conoscente.
64 Cfr. infra, pp. 11, 17-18.
65 Il sostantivo ‘uomo’ può essere sostituito a ‘soggetto’ senza generare problemi, ma preferisco
usare ‘soggetto’ per evidenziare il carattere eminentemente logico di questo tipo di teoria.
thomisticum, tratti dallo Scriptum super Sententiis e dalla Summa Theologiae. Nel
primo Tommaso, cercando di comprendere in che modo l’intentio possa essere intesa come propria dell’intelletto, scrive che:
[intentio] dicitur in aliquid tendere, importatur quaedam distantia illius in quod aliquid tendit; et ideo quando appetitus fertur immediate in aliquid, non dicitur esse intentio illius, sive hoc sit finis ultimus, sive sit aliquid ad finem ultimum: sed quando per unum quod vult, in aliud pervenire nititur, illius in quod pervenire nititur, dicitur esse intentio […]. Unde intentio in ratione sua ordinem quemdam unius ad alterum importat. Ordo autem unius ad alterum, non est nisi per intellectum, cujus est ordinare.67
La dimostrazione ha il suo cominciamento dal significato di intentio, con il quale viene ulteriormente precisato il concetto di ‘tensione verso qualcosa’; naturalmente ciò, in sé, non ha alcun valore per stabilire se l’intentio sia eleggibile a medium della conoscenza. Tuttavia, qui si aggiunge un particolare importante, ossia la distantia creata dalla tensione tra il soggetto e l’oggetto della conoscenza. Spiega infatti che una delle proprietà delle intentiones è proprio quella di creare uno spazio tra i due relata del rapporto conoscitivo; per converso, le intenzioni sono le entità mediatrici tra i relata stessi. Tale funzione si può apprezzare richiamando lo schema del movimento intenzionale, in cui l’elemento mediatore è quello che permette di far tendere colui che conosce verso l’oggetto di apprensione.
Ciò consente di stabilire, ancora una volta, l’esistenza mentale delle intenzioni, dal momento che è l’intelletto a esser mosso verso l’aliquid e non viceversa. E non potrebbe essere altrimenti, poiché Tommaso prosegue la sua argomentazione sostenendo che, quando un soggetto è mosso verso la conoscenza di qualcosa, quest’ultima non è l’intenzione verso la quale ci si muove, ma è il fine ultimo dell’esser mosso. Questo fine è raggiunto per mezzo delle intentiones, proprie dell’intelletto del soggetto. Ciò è confermato anche dalla sottile differenza che qui viene introdotta tra ‘essere oggetto dell’intenzione’ ed ‘essere intenzione nell’oggetto’: quando è presente una tensione intenzionale, ciò verso cui si tende è
intenzione da un punto di vista mentale ma non è, in sé, un’intenzione68. Tommaso chiarisce questo aspetto anche attraverso l’utilizzo dell’espressione ‘pervenire nititur’. L’uso del verbo nitor rafforza il concetto di ‘tendere’, dal momento che, insieme a un altro verbo indicante uno scopo, si traduce proprio con ‘tendere’. Inoltre, l’accostamento di questa espressione con per unum quod
vult, restituisce in modo ancor più chiaro e definito che la componente
fondamentale del processo di conoscenza intellettuale intenzionale è il soggetto. Un'altra proprietà dell’intentio che è possibile desumere da questo passo è l’ordo
intentionis, ovvero la capacità di mettere in relazione soggetto e oggetto in modo
gerarchicamente ordinato. Ancora una volta, infatti, Tommaso sottolinea che il rapporto tra soggetto e oggetto deve esser regolamentato in modo rigoroso. L’intentio, da questo punto di vista, svolge appieno questo compito e, dal momento che essa è appartenente all’intelletto del soggetto che conosce, spetta a quest’ultimo il compito di ordinare la conoscenza.
L’obiectum è ciò che viene conosciuto dal soggetto conoscente a seguito di un atto di intellezione, esiste indipendentemente dall’esistenza di questo atto ed è ciò verso cui si dirige la conoscenza intenzionale. Il subiectum è l’individuo che conosce il mondo che lo circonda, secondo il modum per intentiones, con il quale ha coscienza degli oggetti circostanti attraverso un atto che lo dirige verso di essi69. L’intentio. Entità mentale che si pone tra soggetto e oggetto e che permette al soggetto conoscente di conoscere.
Secondo Tommaso le proprietà dell’intentio sono la mediatio. Per mediazione si intende ciò che mette in comunicazione due elementi, in questo caso soggetto e oggetto, affinché tra di essi si stabilisca una relazione. La
distensio. Attraverso la creazione di una distanza tra soggetto ed oggetto
l’intenzione diviene medio tra i due e consente la tensione di uno verso l’altro.
68 Quando un soggetto ha la volontà di fare qualcosa, ad esempio bere, egli tenderà verso quella
serie di oggetti che gli permetteranno di soddisfare l’aver intenzione di bere. Il bicchiere d’acqua da cui berrà sarà, a livello mentale, l’oggetto intenzionale per mezzo del quale egli potrà dissetarsi (il fine ultimo espresso da Tommaso); tuttavia, il bicchiere d’acqua non possiede, propriamente, quell’intenzione: infatti, può servire anche a innaffiare le piante.
69 Tommaso, prendendo a prestito da Avicenna, introduce l’espressione intentio intellecta,
utilizzata per indicare l’azione con la quale l’intelletto del soggetto senziente riflette sul risultato della sua conoscenza. Cfr. Thomas de Aquino, Summa contra Gentiles, cit., IV, 11; P. Moya, La
intencionalidad como elemento clave en la gnoseología del Aquinate, cit., págs. 28-30; M.
L’ordo giustifica l’eminenza di uno dei due elementi della relazione; in questo caso, il soggetto sull’oggetto nel processo di apprensione del mondo.
Per Tommaso è possibile, attraverso l’intentio, spiegare il problema della conoscenza dei particolari attraverso il processo di tensione intenzionale che lega il soggetto all’oggetto. La conoscenza degli universali, invece, pone delle difficoltà maggiori, dal momento che il processo di conoscenza dei particolari non permette di spiegare come da un oggetto si possano astrarre le sue proprietà. Bisogna ricercare – da un punto di vista logico – in che modo le proprietà comuni a diversi oggetti siano conoscibili da un soggetto che, per mezzo delle intentiones, sarebbe in grado di conoscere solo gli oggetti esistenti concretamente nel mondo che lo circonda.
Tommaso affronta e tenta di risolvere questa difficoltà nel terzo articolo della quaestio LXXXV della I parte della Summa Theologiae; in tale passo, ricercando le condizioni di possibilità di cognizione intellettuale dell’universale, scrive che:
universale dupliciter potest considerari. Uno modo, secundum quod natura universalis consideratur simul cum intentione universalitatis. Et cum intentio universalitatis, ut scilicet unum et idem habeat habitudinem ad multa, proveniat ex abstractione intellectus, oportet quod secundum hunc modum universale sit posterius […]. Alio modo potest considerari quantum ad ipsam naturam, scilicet animalitatis vel humanitatis, prout invenitur in particularibus. Et sic dicendum est quod duplex est ordo naturae. Unus secundum viam generationis et temporis, secundum quam viam, ea quae sunt imperfecta et in potentia, sunt priora […]. Alius est ordo perfectionis, sive intentionis naturae; sicut actus simpliciter est prius secundum naturam quam potentia, et perfectum prius quam imperfectum. Et per hunc modum, minus commune est prius secundum naturam quam magis commune, ut homo quam animal, naturae enim intentio non sistit in generatione animalis, sed intendit generare hominem.70
Da questo passo si deduce che la conoscenza dell’universale è scandita da due momenti interconnessi fra loro, come appartenenti ad un medesimo atto. Nel primo modo l’universale è considerato come intentio universalitatis, ossia come
singola intenzione che è propria del soggetto che conosce ma che, a livello di relazione attributiva, può dirsi di diversi oggetti. Questo tipo di intenzione dipende sempre da ciò che esiste al di fuori del soggetto conoscente ma il suo contenuto, ovvero l’universale, non esistendo concretamente in natura, è il risultato di un’operazione di astrazione intellettuale che avviene per mezzo della stessa intenzione. In questo primo momento, l’intelletto è ‘informato’ per opera di ciò che esiste al di fuori di esso e che si dice ‘universale’ per il suo predicarsi di diversi oggetti particolari.
Nel secondo momento, con l’operazione di acquisizione dell’universale già conclusa, avviene la formulazione del verbum mentale che realizza intellettualmente ciò che è stato conosciuto per mezzo dell’astrazione intenzionale. Nell’intelletto del soggetto conoscente, infatti, l’astrazione conclude nella possibilità di generare il concetto corrispondente alle proprietà universali di una molteplicità di oggetti71.
Uno degli aspetti più interessanti di questo processo, oltre a spiegare logicamente in che modo l’uomo conosca gli oggetti che si danno alla sua sensibilità nel modo più completo possibile72, è quello che sembra stabilire una duplice esistenza delle intentiones. Infatti, esisterebbero due tipi di intenzioni che insistono sul medesimo processo intenzionale:
y il primo tipo è quello che permette a un soggetto conoscente di porsi in relazione con il mondo circostante e di conoscere gli oggetti che lo formano;
y il secondo tipo è quello che consente allo stesso soggetto conoscente di apprendere le proprietà universali degli oggetti conosciuti, attraverso il processo di astrazione da esse.
Il processo intenzionale che funge da denominatore comune è determinato dall’intentio come medium che mette in relazione soggetto ed oggetto. Con le nozioni che sono state individuate in quest’ultimo passo, il processo intenzionale
71 Per una breve ma esaustiva trattazione del significato di ‘universale’ in Tommaso, cfr. R.
McInerny, L’analogia in Tommaso d’Aquino, trad. it. F. Di Blasi, Armando Editore, Roma, 1999, pp. 71-75. Cfr. anche A. Kenny, Aquinas on Mind, cit., p. 109.
72 La conoscenza degli oggetti avviene, comunque, sempre al netto della loro quidditas, dal
di conoscenza è ulteriormente definito: potremo schematizzarlo nel modo seguente:
subiectum Æ intentio come medium Æ obiectum Æ cognitio del particolare per mezzo del primo tipo di intenzione Æ abstractio per la formazione dell’universale Æ cognitio universalis come concetto costituito per mezzo del secondo tipo di intenzione.
I.4 – I Commentaria biblica di Tommaso. L’uomo e il senso della sua vita nel