nella Escuela de Salamanca tra XV e XVI secolo
II. 5 – Il ritorno al metodo della Scolastica Gli Scholastica Commentaria di Domingo Báñez
In tale direzione, si innesta Domingo Báñez (1528-1604). Domenicano, generalmente associato alla controversia de auxiliis e allo scontro intellettuale con Luis de Molina (1535-1660), Báñez ha avuto il merito di aver raccolto l’eredità dei commentatori tomisti tardo-medioevali e rinascimentali, adattandola ai nuovi propositi dei padri conciliari – egli fu uno dei principali esponenti spagnoli a Trento–, e dei compilatori degli statuti dell’università di Salamanca, dove insegnò per ventitré anni a partire dal 1576, del 1529, del 1538 e del 1551. Tali statuti, modificati anche in accordo con i risultati del concilio di Trento e delle nuove politiche imperiali, prevedevano per le discipline umanistiche un irrigidimento dei programmi e delle materie insegnate, con un ritorno alla stricta filosofia e teologia Scolastiche. In tal senso, l’esperienza luterana aveva notevolmente provato le coscienze dei docenti spagnoli, e a Salamanca la reazione consistette anche in questo deciso ritorno ai temi della Scolastica271.
Tale ritorno alla Scolastica, tuttavia, non è da considerarsi negativamente, come una riproposizione pedissequa del passato, ma è da considerare come una ripresa feconda della tradizione, che va soprattutto nella direzione di una ricomprensione non solo metodologica e di stile (uso del commentario), ma anche di riconsiderazione tematica, in continuità con gli autori precedenti.
Se si focalizza l’attenzione sui testi di Báñez, si noterà come la sua teoria viene analizzata soprattutto in due opere, i commentari alla Summa Theologiae, in particolare quelli alla prima pars, editi tra 1585 e 1588, rispettivamente con i titoli
Scholastica commentaria in primam partem Angelici Doctoris D. Thomae usque ad LXIII quaestionem complectentia e Super primam partem Divi Thomae a quaestione sexagesimaquinta usque in finem Commentariorum. Trattandosi dei
commentari alla Summa di Tommaso, la teoria della conoscenza sostenuta da Báñez sarà rintracciabile seguendo proprio il filo rosso che lega le questioni di Tommaso sulla teoria della conoscenza. In tali testi, Báñez ritorna a una teoria della conoscenza maggiormente legata alla gnoseologia, dal momento che le problematiche etiche e morali erano già state trattate nei testi dedicati alle controversie con il molinismo. Ciò non inficia, in ogni caso, la comprensione dell’idea bañeziana del rapporto uomo-mondo.
La prima questione nella quale individuare la trattazione della teoria di Báñez è la quaestio XII e, in particolare, l’articolo IV. A commento di tale questione, nella quale Tommaso si occupa di stabilire se Dio sia conoscibile dagli uomini, Báñez aggiunge che
radix et initium cognitionis provenit ex eo quod aliqua natura est non solum id quod est, sed etiam alia a se […]; diversi modi essendi alia a se consurgunt ex diversis modis ipsarum naturarum: et propterea secundum ordinem ipsarum naturarum cognoscentium, necesse est ponere diversos modos, quibus cognoscens est cognitus. Unde de primo ad ultimum sequitur, quod esse cognitum modificatur secundum naturam cognoscentis , et non e contrario. Hinc est oportet, quod naturalis mensura cognitionis sit ipsa cognoscentis natura.272
Secondo Báñez, ogni conoscenza inizia nel momento in cui si riconosce che la conoscibilità degli oggetti del mondo è dovuta al fatto che la natura che possiedono non è univoca ed esclusiva di ogni singolo oggetto, ma è condivisa, cioè è altro da sé. Con ciò si intende che una natura, come per esempio quella dell’albero, sarà condivisa da tutti gli oggetti che avranno quella natura come loro
272 D. Báñez, Scholastica commentaria in primam partem Angelici Doctoris D. Thomae, usque ad
base formatrice. Nel mondo, infatti, non è dato che ogni singolo albero possieda una natura per se stessa propria ed esclusiva. In questo senso – proseguendo con l’esempio – ogni albero possiederà diversi gradi di ‘esser albero’ e, per tale motivo, Báñez sottolinea che, nel mondo, si danno diversi modi della stessa natura, ovvero un albero avrà una forma diversa dall’altra, in quanto ogni albero possiede una differente maniera di ‘essere albero’. Dal momento che ciò che sottende a una conoscenza è il concetto di adaequatio, a tante nature conoscibili (res) devono esistere tante nature conoscenti (intellectus), che riescono a prender coscienza della diversità delle nature esistenti nel mondo. Di conseguenza, ogni albero esistente in natura sarà conoscibile come differente dal resto, poiché la natura conoscente riuscirà a discernerli correttamente. Ciò permette la teorizzazione dell’esistenza di diversi modi attraverso i quali una natura conoscente può accedere all’apprensione di una natura conoscibile, che dipendono proprio dalle differenti adaquationes che sottendono al processo di conoscenza.
Non si deve, tuttavia, incorrere in un errore ingenuo. Se in natura esistono differenti specie di alberi, l’intelletto deputato alla loro conoscenza sarà in grado di discernere le differenze tra le varie specie. Bisogna sottolineare, però, che ogni intelletto – ovvero ogni uomo che conosce – osserverà diverse sfumature di un dato albero, giungendo alla conclusione che quell’albero possa o meno appartenere a una data specie. Seguendo in modo pedissequo l’associazione natura conoscibile – natura conosciuta, seguirebbe che un albero potrebbe essere contemporaneamente proprio di più specie, cosa che è chiaramente impossibile nel campo della realtà sensibile. Per questo motivo, Báñez aggiunge che, all’interno del processo di conoscenza, avvengono delle modificazioni successive al processo di adeguazione, le quali danno luogo a differenze percettive.
Tali differenze sono completamente a carico della natura conoscitiva, ovvero l’intelletto, il quale, dopo che la natura conoscibile è divenuta cognita, assegna un giudizio X su ciò che ha conosciuto. In questo modo, è effettivamente possibile affermare che ‘esistono’ più conoscenze contrapposte relative a una sola natura conosciuta, dal momento che ogni modificazione è da ascriversi al solo intelletto deputato alla conoscenza degli oggetti. La res, in sé, non cambia,
nemmeno quando è immediatamente conosciuta da un intelletto. Ciò che cambia è l’interpretazione che se ne dà dopo tale atto conoscitivo. Per questo, sottolinea Báñez, la misura della conoscenza non è data dagli oggetti esistenti nel mondo, ma dall’intelletto che li conosce.
A corollario della teoria della conoscenza introdotta dal domenicano lungo il commento a tale articolo della Summa di Tommaso, emergono due elementi da considerare: la diversità degli oggetti presenti nel mondo, che dipendono da una stessa natura che non è solo id quod est (viceversa sarebbe assimilabile all’essenza), e la presa di coscienza dell’esistenza di molteplici relazioni che possono instaurarsi tra i diversi oggetti. Per questi motivi, Báñez sottolinea che ad confirmationem videtur quod D. Thomas non infert aequalitatem inter cognitum et naturam cognoscitivam secundum se et specifice, sed solum quantum ad modum essendi genericum, secundum quem distinguuntur gradus essendi, et per consequens gradus cognoscendi.273
La teoria di Báñez a proposito della conoscenza dei diversi oggetti esistenti nel mondo trova conferma nel pensiero dello stesso Tommaso il quale, secondo le stesse parole del domenicano spagnolo, non assocerebbe il conoscibile al conoscente in modo diretto in ogni possibile caso di conoscenza, ma solo in quelli generici, ovvero nei casi in cui il conoscente riconosce il conoscibile per i suoi aspetti generali e non particolari. Riprendendo l’esempio dell’albero, la corrispondenza completa tra l’oggetto conoscibile e l’intelletto conoscente si ha solo nel momento in cui il conoscente riconosce in quell’oggetto il suo essere albero, senza addurre altre specificazioni di sorta. Quando, invece, il soggetto che apprende comincia a specificare, ovvero a determinare in modo più preciso di che tipo sia l’albero che sta conoscendo, allora si assisterà alla diversificazione dei gradi della conoscenza, così come espressa da Báñez. La loro distinzione, infatti, interviene solo successivamente, quando generaliter gli oggetti sono stati conosciuti.
273 Ivi, q. XII, a. 4, p. 252.
Come conseguenza di tale ‘gerarchizzazione’ della conoscenza, vi è la necessità di affermare diversi gradi di raffinatezza di un’apprensione, partendo da una generale, per terminare a una maggiormente precisa e specifica. Tale gerarchizzazione non è casuale, ma è il frutto di una reinterpretazione gnoseologica dei concetti aristotelici di genere e di specie. Infatti, nel momento in cui si è di fronte a una diretta corrispondenza tra conoscente e conosciuto, allora, in quel preciso momento, il tipo di conoscenza che sta avvenendo è proficua alla sola conoscenza del genere degli oggetti del mondo (quell’oggetto è riconosciuto appartenere al genere degli alberi). Viceversa, quando il grado di conoscenza è maggiormente approfondito e la corrispondenza non è più perfecte diretta, allora il soggetto conoscente starà avendo apprensione degli elementi specifici di quell’oggetto, ovvero lo collocherà in una determinata specie (quell’oggetto, riconosciuto come appartenente al genere degli alberi, viene collocato nella specie delle conifere, dei aghiformi, etc.). In base alle parole di Báñez, è già possibile abbozzare uno schema relativo alla sua concezione di conoscenza, che non si distacca da quelle viste fin qui, ma presenta una metodo differente, che parte proprio da una reinterpretazione dei concetti di genere e di specie aristotelici: oggetto nel mondo Æ conoscenza generica (corrispondenza diretta soggetto- oggetto) Æ conoscenza specifica (corrispondenza indiretta soggetto-oggetto) È interessante soffermarsi brevemente sul significato del termine ‘indiretta’, che emerge dallo schema appena presentato, per capire cosa effettivamente Báñez intenda per corrispondenza indiretta tra soggetto e oggetto. Il concetto, ormai acquisito, di corrispondenza diretta, richiama a una conoscenza immediata dell’oggetto da parte del soggetto, la cui conseguenza è il riconoscimento dell’appartenenza di tale oggetto a un determinato genere. Continuando con l’esempio dell’albero, esso è il momento nel quale il soggetto riconosce l’albero,
sic et simpliciter. Non bisogna dimenticare, tuttavia, che ogni albero è composto
da fusto, foglie, radici, etc. e che ogni componente di questo tipo è, in ogni caso, conosciuto dal soggetto senziente. Nel momento della conoscenza diretta, però, tale tipo di conoscenza non può avvenire, dal momento che ci si limita a
un’apprensione di tipo diretto e generico. Occorre, dunque, la presenza di un ulteriore scatto conoscitivo, che permette al soggetto senziente di prender coscienza dei vari elementi che costituiscono l’albero conosciuto. Entra in gioco, in questo preciso momento dell’apprensione sensibile, il concetto di conoscenza specifica, che dà luogo a una corrispondenza indiretta tra soggetto e oggetto. In altre parole, il soggetto non studia più l’oggetto nella sua totalità, ma riesce a carpirne gli elementi che lo compongono e, in base a questi, a inserire tale oggetto in una determinata specie. Seguendo sempre l’esempio dell’albero, è questo il momento della conoscenza nel quale il soggetto senziente comprende che un determinato tipo di fusto, o di radici, o di fogliame, determinano l’inclusione di tale albero in una determinata specie. Tale conoscenza è indiretta proprio perché il soggetto non ha più una cognizione globale di ciò che sta apprendendo, ma particolare, desunta dalla scomposizione dell’oggetto nei vari costituenti che lo compongono. Per questo motivo, la conoscenza specifica è una conoscenza di tipo indiretto. La relazione soggetto-oggetto è fatta salva dall’atto conoscitivo, ma non è più diretta alla comprensione globale dell’oggetto, ma dei suoi elementi.
Tra i due tipi di conoscenza, generica e specifica, è opportuno approfondire la seconda, sebbene sia immediatamente successiva al riconoscimento dell’oggetto che avviene per mezzo della prima. Tale capovolgimento si rende necessario per comprendere come effective l’uomo possa avere conoscenza di un oggetto esistente nel mondo. Nel caso della cognitio
generica è sufficiente, infatti, l’esistenza dell’adaequatio. Per comprendere a
fondo come avvenga la conoscenza specifica indiretta bisogna spostarsi in un altro luogo del bañeziano, il terzo articolo della questione LXXVIII della prima parte del commentario alla Summa. In tale questione, che si occupa di decidere sullo statuto dei sensi deputati alla conoscenza, Báñez si chiede in che modo il momento ‘specifico’ contribuisca a rendere possibile una conoscenza nella sua totalità. La risoluzione della questione è in sé molto complessa – Báñez stesso impiega più cento pagine per venirne a capo. Il primo problema che Báñez ritiene di dover affrontare è quello relativo al rapporto tra la species e la sensazione e afferma che
primo: species non est totale principium sensationis […]. Principium actionis vitalis, qualis est sensatio, debet esse vitale; sed species sola hoc non habet, ergo […]. Secundo: anima est causa activa sensationis, ergo praeter speciem debet concurrire ad illam aliqua eius vis. Tertio: species cum sit forma accidentalis corporalis non potest agere nisi mediante aliqua parte corporea, in qua recipiatur, at recipitur in potentia, ergo potentia mediante illa specie producit sensationem.274
La correlazione tra la conoscenza specifica e la specie, evidenziata nel commentario alla questione XII, potrebbe lasciare la possibilità ermeneutica di una specie che è decisiva nel processo di conoscenza. In altre parole, senza la specie non potrebbe esserci alcuna conoscenza. Tuttavia, Báñez è attento a non far passare per verosimile questa conclusione, e blocca tale deriva ermeneutica affermando esplicitamente che la specie non può concorrere in modo esclusivo alla generazione della sensazione. Infatti, la conoscenza sensibile è frutto dell’incontro del soggetto con l’oggetto; se fosse la specie la sola responsabile di tale incontro, si tornerebbe a una definizione della conoscenza nella quale il soggetto senziente era passivo nei confronti dell’apprensione. Invece, il domenicano spagnolo afferma chiaramente che la conoscenza deve possedere qualcosa di vitale e, per questo, è necessario altro rispetto alla ‘semplice’ specie.
Secondo Báñez, la ricerca di questo ‘altro’ è da condursi nell’anima del soggetto senziente, dal momento che essa possiede una parte attiva nel processo di conoscenza. Inoltre, la specie è una forma accidentale corporale – nel senso che è possibile che non sia in tutti i corpi – adaequata e, per questo, qualsiasi ricerca che si voglia intraprendere per rintracciare tale ‘forza’ animica, deve tener presente che la parte del soggetto dalla quale nasce la sensazione è necessariamente corporea. Riassumendo, per scoprire cosa, oltre la specie, rende possibile la conoscenza è necessario: a) ricordare che la specie non produce sensazione; b) l’anima rende possibile la sensazione; c) la sensazione nasce da qualcosa di corporeo.
Fissati questi tre punti, il domenicano spagnolo sente la necessità di precisare ulteriormente il ruolo della specie nel processo conoscitivo, al fine di
274 D. Báñez, Super primam partem Divi Thomae a questione sexagesimaquinta usque in finem
stabilire con certezza cosa dia luogo a una sensazione. Difatti, intendendo in questo modo il processo conoscitivo, si rischierebbe di creare una teoria in cui tale processo è retto dal relativismo, dal momento che si ammette essere il soggetto l’unico ‘responsabile’ della cognitio mundi. Per questo, Báñez, nella prosecuzione del commentario alla questione, scrive che
primo: activa sensationis sunt estrinseca sensibilia.Visibile, audibile et coetera at haec non causant sensationem per se, sed per suas species, ergo non causant sensationem per se, sed per suas species, ergo […] species concurrunt ad eliciendam sensationem. Secundo: potentia sensitiva non potest conoscere suum obiectum nisi factas in actu per species rei sensibilis […]. Species est principium sensationis.275
Nella relazione soggetto-oggetto, che regola una conoscenza, bisogna prima di tutto esplicitare che la sensazione è un’azione completamente aliena ai sensibili, i quali sono solamente la causa per mezzo della quale una sensazione può avvenire. Ciò che rende possibile una sensazione al livello del soggetto viene attivato da tali sensibili, ovvero dagli oggetti, i quali per mezzo della specie che possiedono, permettono al soggetto senziente la creazione di una sensazione. Riprendendo l’esempio dell’albero, sarà la particolare costituzione dell’albero a rendere possibile l’attivazione della sensibilità umana, la quale viene stimolata e spinta a creare una sensazione. Non è la sensibilità a generare la sensazione, ma sono le specie – gli elementi particolari presenti negli oggetti – a rendere possibile l’attivazione della sensibilità, che dà successivamente luogo alla sensazione. La strada relativistica, che sembrava lo spettro nascosto della teoria bañeziana, viene confutata dall’aggiunta di tale postilla. La potentia sensitiva, ovvero ciò che nel soggetto senziente rende possibile l’attivazione della sensibilità per la produzione della sensazione, non può in alcun modo venire in atto se non esiste qualcosa, nel mondo, che la stimoli. In altre parole, se un uomo ha la possibilità di conoscere un albero, perché possiede tutte le potentiae che rendono fattuale il processo di apprensione, tale possibilità potrà convertirsi in vera cognitio solo quando sussiste
275 Ivi, q. LXXVIII, a. 3, p. 605.
un particolare albero esistente nel mondo che porta all’atto tali potentiae276. Per questo, Báñez conclude che la specie è principium sensationis. Tale considerazione non contraddice quella secondo la quale la specie non procuce la sensazione. La specie, in quanto principium, rende possibile il cominciamento della sensazione, ma non ha alcun ruolo attivo nella produzione della sensazione, dal momento che è un processo tutto interno al soggetto che conosce. La specie come principium conferma, altresì, la considerazione in base alla quale la sensazione deve nascere da qualcosa di corporeo: la specie, essendo rei sensibilis, porta con sé effettivamente la corporeità, dal momento che è la particolare declinazione dell’oggetto a cui appartiene a muovere la sensibilità e a rendere possibile la sensazione.
La precisazione di cosa sia la specie e del modo in cui entra in relazione con la sensibilità del soggetto senziente, permette a Báñez di definire con maggiore precisione il ruolo dell’intelletto (animam) nel processo di conoscenza. Nel medesimo luogo del suo commentario alla Summa si legge
receptio specierum sensibilium in potentia non est sensatio […]. Nam animam est principium actiuum alterationis, augmentationis et sensationis, ergo anima non concurrit mere passive ad sensationem, sed active producit illam media potentia.277
A conferma di quanto stabilito in precedenza, tutto ciò che appartiene alla potenza, alla possibilità di conoscere qualcosa, non è propria della sensazione, nemmeno le specie sensibili in potenza. Infatti, l’intelletto ha in sé la possibilità di ri-conoscere tali specie ma, finché non le ha effettivamente ‘incontrate’ nel mondo, esse non potranno mai dirsi oggetto di conoscenza. D’altra parte, la segnalazione dell’adaequatio soggetto-oggetto come punto di partenza di qualsiasi conoscenza, conferma la necessità di tale ‘incontro’ nel mondo, altrimenti qualsiasi conoscenza sarebbe impossibile. In questo senso, il soggetto senziente mantiene un ruolo attivo durante il processo di apprensione, dal momento che l’anima è principio di diversi atti, tra i quali vi è anche quello della
276 Tale concezione bañeziana, ammettendo la necessità dell’oggetto esistente nel mondo per la
produzione della sensazione, si accorda perfettamente con i concetti di veritas e di adaequatio tomista.
sensazione278. Considerare attivo l’intelletto nel processo di conoscenza, conferisce al soggetto senziente il suo essere attivo durante l’apprensione, dal momento che è il suo ‘mettersi in moto’ verso l’oggetto a rendere possibile la sensazione e, conseguentemente la conoscenza.
Tale giudizio rende circolare l’argomentazione bañeziana, perché attesta in modo inequivocabile i ruoli che il soggetto e l’oggetto hanno all’interno del processo di conoscenza. Da una parte l’oggetto con le sue determinazioni, generali e particolari; dall’altra il soggetto, con le sue potenze. Quando il soggetto percepisce e l’oggetto si manifesta nelle sue determinazioni, in quel momento comincia la conoscenza. Dapprima quella generale, che consiste nel riconoscimento del genere a cui appartiene tale oggetto; successivamente, quella particolare, che consta dell’individuazione della specie, ovvero delle proprietà specifiche proprie di quell’oggetto che si sta conoscendo. Le specie attivano l’intelletto, che si occupa per mezzo della sensibilità di ‘portare’ l’oggetto nel soggetto, dando così luogo a una sensazione. Di qui, il soggetto comincia a determinare con precisione ciò che sta trovando davanti a sé. Grazie a tale circolarità, Báñez può concludere che
sensatio est operatio vitalis, ergo producitur active a principio vitali intrinseco. Ex hac conclusione sequitur primo sensationem esse operationem a sensu active productam […]. Sequitur secundo, quod si potentia sensitiva comparetur in ordine ad sensationem est potentia activa simpliciter non passiva nisi secundum quid.279