Dopo aver trattato dell’unità biologica del senso del tatto, Scoto prosegue la sua trattazione da un punto di vista formale (formaliter): «tactus formaliter esse duos: unum tamen sensum constituere, quia qualitates discretive tangibilium, se invicem concomitantur in eodem nervo vel organo»128. Da ciò possiamo dedurre che il senso, per mantenere la propria unità nel processo di conoscenza, a livello biologico è costituito da due elementi, la carne che costituisce l’organo e il nervo recettore, i quali formano un’unità. Inoltre, l’unità sensoriale è giustificata dal fatto che le qualità discrete delle cose reali sono concomitanti in nervo vel
organo.
Definire il tatto formaliter è necessario anche per poter spiegare in che modo uno stesso senso possa conoscere proprietà appartenenti a specie diverse. A questo proposito, Scoto utilizza129 l’esempio di alcune proprietà dell’acqua, come freddo ed umido. In prima istanza, al contatto con l’acqua, il corpo umano la percepirà come una sostanza unitaria che possiede diverse qualità; in questa fase del movimento intenzionale ‘organo di senso – oggetto’, ciò che esiste nel mondo reale viene conosciuto in modo piuttosto grezzo e non del tutto definito.
Per Scoto la conoscenza sensibile è fondamentale perché a) scegliere come punto di partenza la mera conoscenza sensibile (tattile) conferisce ad una teoria
128 Duns Scotus, Quaestiones super libros Aristotelis De Anima, cit., q. 1, p. 554. 129 Cfr. ivi, pp. 554-555.
della conoscenza uno statuto di scientificità non solo filosofico e b) sostenere che l’apprensione ha inizio dal sensibile evita derive di tipo metafisico e teologico. D’altra parte, Scoto utilizza strategicamente questo tipo di conoscenza in quanto rende possibile la connessione tra argomentazioni di tipo logico e gnoseologico.
Nel prosieguo della questione, Scoto nota che «tactus simul sentit aquam frigidam et humidam esse, sed non eodem actu»130. Se da un punto di vista fisico la conoscenza di qualcosa avviene nello stesso momento e secondo ogni proprietà di questo qualcosa, dal punto di vista logico si deve tener conto della differenza tra potenza e atto. Questa differenza permette a Scoto di salvaguardare, anche in questo caso, il principio di non contraddizione, dal momento che è possibile spiegare come i sensi possano conoscere lo stato di una res e il suo opposto131 e gli consente di introdurre un ordine nel processo di conoscenza sensibile.
Nel processo di conoscenza della res ‘acqua’, la sua temperatura ed umidità132 sono proprietà conoscibili, ma non nel medesimo tempo e nel
medesimo rispetto. Questa affermazione viene giustificata attraverso la nozione di respectus, riconducibile a quella di relatio: in un obiectum reale, infatti, tutte le
proprietà ad esso appartenenti sono in correlazione tra loro ed esiste, perciò, un
respectus che le mette in relazione le une con le altre. Tuttavia, l’intelletto non
può apprendere tutte queste proprietà nel medesimo momento, sia per l’esistenza del già citato principio di non contraddizione sia per il fatto che la percezione è gerarchicamente ordinata. Scoto risolve questa potenziale incompletezza della conoscenza spiegando che:
ab aqua in quantum frigida recipitur una species in organo tactus, et in quantum humida alia species in eodem organo; species enim frigiditatis non est species humiditatis; sed species in organo est principium actus vel formale vel inclinativum;[…] sequitur quod actus sentiendi frigiditatem et humiditatem aquae sunt diversi.133
130 Duns Scotus, Quaestiones super libros Aristotelis De Anima, cit., q. 1, p. 554.
131 Nella conoscenza sensibile di un pezzo di metallo, ogni intelletto conoscente può affermare sia
il suo esser caldo che il suo esser freddo, in dipendenza dal suo riscaldamento o raffeddamento; giustificando questo cambiamento di stato con l’esistenza di potenza ed atto, si afferma che è possibile conoscere uno stesso oggetto, sia che abbia una determinata qualità sia che ne possegga l’opposta.
132 In generale, questo ragionamento si può estendere a tutte le proprietà di un oggetto. 133 Duns Scotus, Quaestiones super libros Aristotelis De Anima, cit., q. 1, p. 555.
In questo passo delle Quaestiones, vengono introdotte tre nuove proprietà, appartenenti sia al soggetto senziente che all’oggetto reale:
a) specie. L’aspetto della res che prima era stato definito come sua
proprietà, adesso viene re-interpretato come ‘specie’. Quando l’oggetto viene conosciuto dall’intelletto, non solo c’è un riconoscimento a livello elementare di tipo fisiologico, ma avvengono anche processi di tipo logico, come ad esempio il riconoscimento della specie nell’oggetto stesso. Scoto elabora una formalizzazione del processo conoscitivo consistente, primariamente, in una categorizzazione mentale delle proprietà di una res. Il risultato di quest’ultima operazione è la suddivisione tra genere e specie. Il genere è il risultato mentale della conoscenza di un oggetto del mondo, con ogni sua proprietà e queste proprietà, dal momento che identificano in modo peculiare che cosa sia quell’oggetto, sussistono come specie che si accompagnano alla res134;
b) principio dell’atto di conoscenza. Duns Scoto sostiene che il
cominciamento della conoscenza umana avviene grazie alla conoscenza delle specie individuate nell’oggetto conosciuto. Per questo egli afferma che la conoscenza della res in organo, ovvero da parte dell’intelletto conoscente, è principalmente determinata dall’individuazione del genere e della specie che compongono l’oggetto stesso. Con questo ragionamento, Scoto sottolinea non solo l’indipendenza reciproca di soggetto e oggetto, ma anche che il processo intenzionale di conoscenza avviene a partire dal discernimento della stessa specie, che si dice di una res. Egli sostiene che l’atto proprio di individuazione della specie di un oggetto non è solamente formale, ma anche inclinativum. Esso dirige l’atto mentale verso la conoscenza di una proprietà discreta della res. Il guadagno teorico è piuttosto importante, in quanto la specie è non solo definita, ma viene anche connotata all’interno del paradigma intenzionale. La conoscenza per genere e specie permette a Scoto di poter fissare un saldo fondamento alla sua teoria
134 Si introduce, qui, il termine res, poiché il contesto di conoscenza sensibile comincia ad
assumere lo statuto epistemologico di teoria della conoscenza. In breve, Scoto sta sostenendo che la mente umana può conoscere solo se alla res viene riconosciuta la possibilità di avere genere e specie, secondo gli insegnamenti aristotelico e porfiriano. Così facendo, la conoscenza da parte della mente umana (quello che sarà l’intellectus herveiano) anche nel caso scotista può assumere lo statuto di conoscenza attraverso primae intentiones; quest’argomentazione è legittima se a ciò si aggiunge l’actus sentiendi, introdotto da Scoto insieme alla specie, probabilmente in modo non casuale: il sentire attraverso i sensi è, infatti, condizione necessaria affinché vi sia conoscenza sensibile.
dell’intenzionalità, in quanto non si ferma solo al piano della conoscenza sensibile135. Egli trova, così, un’ulteriore connessione che mette in relazione il soggetto senziente e la res;
c) actus sentiendi. La presenza di questo atto è necessario perché il
soggetto senziente sarebbe individuato solo dal poter conoscere in modo passivo. Fino a questo momento, Scoto non ha suggerito in alcun modo le condizioni di possibilità interne che permettono all’uomo di conoscere, ma ha descritto solo la funzione del senso e il suo operato nel processo di recezione della res136. Tale
actus diviene non solo responsabile dell’attività non passiva del soggetto, ma è
anche il medio della conoscenza: l’intelletto conoscente, spiega Scoto, possiede la specie formaliter e inclinative. L’actus sentiendi non elimina, evidentemente, la passività del soggetto senziente, che resta un ente immerso in una realtà che già esiste137 e, per questo, ‘subisce’ ciò che lo circonda.
L’argomentazione precedentemente proposta da Scoto faceva riferimento all’esistenza della specie in atto. Tuttavia, dal momento che, secondo l’insegnamento aristotelico, l’atto è sempre accompagnato dalla potenza, Scoto prosegue mostrando che all’obiectum si associa anche la potenza:
potentiae correspondent ipsis obiectis: sicut igitur se habent ad invicem obiecta tactus, quae sunt qualitates activae et passivae, ita et potentiae tactivae; modo ita est, quod qualitates activae fundantur in passivis et se invicem concomitantur […] ergo et potentiae activae se invicem consequuntur, et ubicumque et in quocumque est una et alia.138
La potenza ha una relazione di corrispondenza con la res. Del resto, Scoto sostiene la graduale conoscenza delle proprietà dell’oggetto, che lascia
135 Bisogna ribadire che Scoto non elabora mai una teoria sistematica dell’intenzionalità; tuttavia,
è possibile ricostruirla attraverso la lettura di alcune questioni chiave del suo pensiero.
136 Emerge qui, ancora una volta, l’importanza della relazione soggetto senziente – res. La relatio,
infatti, funge da elemento unificante tra ciò che conosce e la cosa che è conosciuta, realizzando, nell’ambito del processo gnoseologico, una sorta di unità psicologica tra i due elementi relazionati. Cfr. le parole di Juan Cruz Cruz che introducono il trattato di Juan Sánchez Sedeño,
La relación (1600), introdución, tradución y notas por Juan Cruz Cruz, ed. EUNSA, Barañáin,
2005, p. 11.
137 Non potrebbe essere altrimenti. Scoto, anche se fa riferimento esclusivamente al processo
conoscitivo, non può elaborare una teoria antropocentrica, dal momento che deve potersi conciliare con gli insegnamenti teologici.
presupporre il passaggio di queste proprietà dalla potenza all’atto. La specie è conoscibile nel mondo reale maggiormente come proprietà in potenza, piuttosto che come elemento conoscibile da parte dell’uomo. In questo senso, l’uomo conosce prima la res e poi le sue proprietà. Si può apprezzare questa argomentazione anche attraverso l’analisi dei termini utilizzati nel testo da Scoto: Il termine potentia è accompagnato dall’avverbio invicem e dal sostantivo
concomitantia: invicem, indica che, nella res conosciuta, il passaggio dalla
potenza all’atto avviene secondo uno schema logico discendente dall’elemento primario poco definito all’elemento maggiormente definito. Per questo, Scoto afferma che quando l’uomo conosce, prima apprende gli aspetti generici delle cose e poi quelli più ‘raffinati’139. Anche in questo caso viene ribadita la successione biologico-fisico-gnoseologico, che rende possibile la conoscenza. Nell’ambito dell’apprensione della res, non bisogna trascurare che potenza e atto sono proprietà che esistono eodem tempore (concomitantia)140 nella res. In Scoto, la nozione di contemporaneità è applicabile a) alla potenza e all’atto; b) alle potenze attive e passive; c) alla materia e alla forma.
La concomitantia tra potenza e atto si spiega attraverso l’apprensione delle proprietà della res, nel rapporto tra la cosa stessa e l’intelletto umano. È da ricordare, infatti, che Scoto sostiene che «tactus simul sentit aquam frigidam et humidam esse, sed non eodem actu»141.
La concomitantia tra potenze attive e passive, invece, è chiara attraverso la relazione soggetto-oggetto. Si è detto, infatti, che l’uomo è un essere che sussiste in un mondo già esistente. Da ciò consegue che egli conosce attivamente il mondo che lo circonda, ma possiede anche una certa passività nei confronti di quest’ultimo poiché, in un certo senso, è costretto a conoscere ciò che lo circonda. La conoscenza di un oggetto può avvenire secondo potenze attive e passive, che in successione passano all’atto: così, per esempio, se si tocca una tazza
139 Il termine ‘raffinato’, qui, non è da intendere nella sua accezione di ricercatezza, ma nel senso
di ‘affinare’ o ‘perfezionare’, anche perché la progressione citata si muove sempre verso il perfezionamento della conoscenza della res.
140 L’uso di questa locuzione, probabilmente, rende bene il senso dell’argomentazione scotista.
Bisogna tener presente, infatti, che il concetto al quale Scoto si attiene è ‘l’essere-nel-tempo’ della conoscenza. La nozione di simultaneità, quindi, esprime più un’accezione sia di tipo fisico che di tipo logico, benché quest’ultimo sia l’ambito in cui il filosofo sta elaborando la sua teoria.
involontariamente, la potenza conoscitiva sarà passiva. In seguito, se si conosce la
tazza in tutte le sue caratteristiche, si attualizzeranno tutte quelle potenze attive, le quali permetteranno all’organo di senso di conoscere completamente l’oggetto in questione. Da ciò segue che tutte le potenze e tutte le loro possibili attualizzazioni esistono già nell’oggetto. Quest’ultimo gode, quindi, di un’esistenza indipendente dal soggetto senziente. Quando, poi, si instaura una relazione tra oggetto e soggetto, sarà il soggetto, in base alla propria intenzionalità142, a conoscere con i sensi i vari passaggi dalla potenza all’atto.
Le potenze attive, infine, risultano universaliter conseguenti le une alle altre; di una res non è possibile conoscere solo questa o quella proprietà, ma questa e quella. La precedente affermazione dimostra che tutte le potenze sono contenute nella res conosciuta, così che, tenendo conto di specie, conoscenza e
actus sentiendi, Scoto dimostra perché il passaggio dalla potenza all’atto avviene invicem.
Il percorso elaborato da Scoto, che ricostruisce le modalità della conoscenza sensibile, è introduttivo alla sua teoria della conoscenza e ne fa risaltare due modalità fondamentali. Quella materialiter, per la quale il senso è unitario, e quella formaliter, per la quale il senso è composto da una molteplicità di piccole sensazioni143. Entrambe le modalità spiegano la conoscenza intellettiva del mondo, ma non introducono alcun elemento medio conclamato che metta in relazione soggetto ed oggetto.
La teorizzazione lascia ancora in sospeso alcuni punti fondamentali, che Scoto avrà cura di trattare nel prosieguo del suo commento al De Anima:
142 Il termine ‘intenzionalità’, qui, potrebbe assumere sia il significato di ‘volontà’ sia quello di
‘atto che indirizza verso una conoscenza’: difatti, la conoscenza di un oggetto nella sua totalità è tale solo se l’individuo lo vuole; tuttavia, rispettando i canoni dell’argomentazione logica, questa volontà può essere attivata solo se il soggetto è in grado di poter conoscere questa cosa secondo le proprie potenzialità. Allora, si concluderà che, in tal caso, il termine intenzionalità designa, qui, l’atto che indirizza verso una conoscenza, piuttosto che volontà nel senso proprio del termine.
143 Cfr. Duns Scotus, Quaestiones super libros Aristotelis De Anima, cit., q. 1, p. 556: «dicendum
est quod organum non est unum formaliter, sed tantum materialiter. Unde in eodem nervo est alia qualitas, secundum quam est discretivus humidi et sicci, et alia secundum quam est discretivus frigidi et calidi, quia tamen se invicem concomitantur istae qualitates, ideo non est organum ita distinctum, sicut organa aliorum sensuum; sicut est nervus vel vena linguae secundum aliam et aliam qualitatem est organum gustus et tactus; et sic humor vel potus per aliam qualitatem est gustabili set tangibilis». In questo passo, Scoto conferma l’unità del senso da un punto di vista materiale, mentre la sua scomposizione nelle componenti fondamentali dell’organo (nervi e carne) è a livello formale.
• ricerca di un medium che permetta la conoscenza e l’interazione tra soggetto e res;
• modalità di sussistenza del sensibile, oltre che nella realtà esterna al soggetto, anche nel senso o nell’organo recettivo del soggetto;
• conoscenza della specie, che è una proprietà dell’oggetto, senza la corrispondente materia che lo costituisce;
• modalità di ricezione dei contrari da parte del soggetto; • funzionamento e finalità del senso comune.