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L’interpretazione degli elementi (normativi) extragiuridici di natura

3. I casi ‘di confine’

3.3. L’interpretazione degli elementi (normativi) extragiuridici di natura

Si dicono ‘normativi’ quegli elementi della norma penale (olisticamente concepita94) il cui significato, inteso come referente reale, può essere individuato solo attraverso ulteriori norme. A seconda del tipo di norma necessaria per l’interpretazione dell’elemento si distingue tra elementi giuridici ed extragiuridici95. In base al medesimo criterio gli elementi normativi extragiuridici si distinguono ulteriormente in etico-sociali e in tecnico-scientifici. Questi ultimi saranno oggetto di studio nel presente paragrafo dopo alcune brevi considerazioni preliminari.

Dagli elementi normativi si differenziano quelli c. d. ‘descrittivi’ i quali sono “individuati dal legislatore con termini che fanno riferimento, descrivendoli, a oggetti della realtà fisica o a fenomeni psichici, suscettibili di essere accertati con i sensi o comunque attraverso l’esperienza” 96. Orbene, la dicotomia generale tra elementi normativi e descrittivi è assai problematica. Da un lato si potrebbe ritenere che ogni elemento sia normativo. Ciò per due ragioni. In primis anche per l’interpretazione degli elementi descrittivi è necessario rifarsi a norme esterne a quella penale, ovvero alle regole d’uso di una determinata comunità linguistica97. Inoltre, come si è avuto modo di vedere nello studio del problema interpretativo, ogni elemento acquista significato non solo in funzione di una classificazione semantica,

94 Si ricordino le considerazioni svolte nel capitolo primo.

95 Per una tassonomia degli elementi normativi si rimanda a: L. RISICATO, Gli elementi normativi

della fattispecie penale. Profili generali e problemi applicativi, Giuffrè, Milano, 2004, p. 72 ss.; G.

MARINUCCI, E. DOLCINI, Corso di diritto penale, Giuffrè, Milano, 2001, p. 136 ss.; PALAZZO, Il

principio di determinatezza nel diritto penale, op. cit., p. 333 ss.; ENGISH, Introduzione al pensiero

giuridico, op. cit., p. 172 ss. Delle ulteriori distinzioni riportate dalla dottrina citata si ricordano:

quella tra elementi normativi valutativi (che implicano una valutazione da parte dell’interprete che si riflette sulla portata del precetto penale. In tal caso la norma richiamata non ha contenuto descrittivo, ma funge solo da criterio per la valutazione. Si pensi all’elemento della ‘pubblica decenza’ di cui all’art. 726 c. p.) e definitori (che sono oggetto di un’apposita definizione normativa. Si pensi all’elemento del ‘pubblico ufficiale’ di cui all’art. 357 c. p.); quella, basata sulla rispettiva determinatezza, tra elementi normativi rigidi (che permettono un giudizio sicuro sull’appartenenza ad una classe. Vi rientrerebbero gli elementi normativi giuridici), elastici (la cui classe presenta una ‘zona grigia’ in cui si ritrovano casi di non agevole collocamento. Vi rientrerebbero gli elementi normativi extragiuridici) e vaghi (che non consentono l’individuazione di alcuna area semantica definita. A parere di taluno vi rientra l’elemento normativo extragiuridico di ‘oscenità’ di cui all’art. 529 c.p.). Per quest’ultima classificazione si veda, in particolare, RISICATO, Gli elementi normativi della

fattispecie penale, op. cit., p. 194 ss.

96 Così MARINUCCI, DOLCINI, Corso di diritto penale, op. cit., p. 131 (in corsivo nell’opera).

97 Si tratta di generalizzazioni che rivelano la funzione svolta da un termine in una certa comunità linguistica.

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ma anche in funzione del disvalore che esso catalizza, o meglio, dello scopo di tutela che l’ordinamento persegue attraverso la norma98: questi sono i due ingredienti fondamentali dell’interpretazione penalistica. Ora, dal momento che lo scopo di tutela è determinato facendo ricorso ad altre norme che pongono vincoli all’incriminazione (si pensi, ad esempio, ai principi costituzionali) si comprende che a rigore l’interpretazione di ogni elemento richiede la considerazione (anche implicita) di norme giuridiche esterne, seppur penali. Dall’altro lato si può ritenere che ogni elemento sia descrittivo. Infatti, per quanto sia complessa la sua interpretazione e per quante norme penali o extrapenali essa richieda di prendere in esame, di ogni elemento va in definitiva individuato un concetto, inteso come astrazione dal molteplice concreto e, dunque, come descrizione essenziale del medesimo. La stessa qualificazione successiva è una descrizione di quella porzione del reale che è il caso singolo. Ricapitolando: vi sono sempre norme extragiuridiche che intervengono nell’interpretazione; vi sono sempre norme (principi) penali che intervengono nell’interpretazione; ogni elemento descrive un referente reale (almeno in una situazione fisiologica).

Con questa consapevolezza una corretta partizione degli elementi potrebbe basarsi non sulla dicomotia normativo/descrittivo, bensì solo sul carattere della norma, esterna a quella incriminatrice, che gioca un ruolo prevalente nell’interpretazione. Si potranno così chiamare: ‘elementi giuridici’ quelli la cui interpretazione dipende prevalentemente da una norma giuridica (si pensi all’elemento del ‘pubblico ufficiale’); ‘elementi extragiuridici’ quelli la cui interpretazione dipende prevalentemente da una norma extragiuridica (si pensi all’elemento di ‘uomo’). I primi possono essere ulteriormente distinti a seconda della natura (penale o extrapenale) della norma giuridica prevalente. I secondi possono invece essere ripartiti a seconda della natura (etico-sociale o tecnico-scientifica) della norma extragiuridica prevalente: si individuano così gli ‘elementi extragiuridici di natura tecnico-scientifica’, oggetto del presente studio. Peraltro solo gli elementi giuridici rilevano ai fini delle discipline della successione delle norme penali, dell’errore sul precetto e dell’errore di diritto sul fatto. Si tratterà comunque di stabilire se la norma

98 Sul punto cfr. RISICATO, Gli elementi normativi della fattispecie penale, op. cit., pp. 205, 206 e PALAZZO, Il principio di determinatezza nel diritto penale, op. cit., pp. 351, 352.

giuridica prevalente è penale o extrapenale e, in quest’ultimo caso, se essa integra il precetto penale o no99.

Con l’espressione ‘elementi extragiuridici di natura tecnico-scientifica’ si indicano quei termini la cui interpretazione richiede il ricorso a norme tecniche o scientifiche non incorporate in norme giuridiche100. Tra questi la dottrina fa rientrare anche la ‘colpa per imperizia’101 in quanto essa “consiste nella non conformità di una condotta concreta ad un modello di comportamento delineato da norme tecniche con funzione preventiva, finalizzate al riconoscimento e alla neutralizzazione dei pericoli connessi al compimento di attività (…) che richiedono il possesso di particolari cognizioni e/o abilità”102. Si ritiene però che questa classificazione sia scorretta, come rivela un veloce esame degli elementi della ‘colpa’ e dell’ ‘imperizia’. Il primo non può senz’altro dirsi un ‘elemento extragiuridico tecnico-scientifico’, atteso che esso è oggetto di definizione (seppur imprecisa) da parte dell’art. 43, comma 1, c. p. Ma neanche il secondo può dirsi tale, in quanto per l’individuazione del concetto di ‘imperizia’ non è necessario ricorrere a norme tecniche o scientifiche: dicesi infatti imperito il comportamento che viola tali norme, ovvero che è inesperto,

99 Pur trattandosi di una partizione assai dubbia e scivolosa la giurisprudenza e taluna dottrina distinguono tra elementi giuridici extrapenali che integrano il precetto ed elementi giuridici extrapenali che non lo integrano. Da questa distinzione deriverebbe l’applicazione della disciplina di cui all’art. 5 c. p. (nel primo caso) o della disciplina di cui all’art. 47, comma 3, c. p. (nel secondo caso). Per un approfondimento sulla dicotomia si rinvia a RISICATO, Gli elementi normativi della

fattispecie penale, op. cit., p. 171 ss. (secondo cui “quanto più il significato della norma extrapenale è autonomo rispetto alla costruzione della fattispecie incriminatrice, limitandosi a specificare o a

delimitare – per esigenze di economia legislativa – concetti comunque posti dalla norma penale, tanto più il rapporto di integrazione tra legge extrapenale e precetto penale dovrà essere negato, e certamente non confuso (…) col dato meramente formale del richiamo da quest’ultimo operato ad altri rami del diritto”). Altra dottrina (cfr. PULITANÒ, Diritto penale, op. cit., p. 374 ss.) fa dipendere l’applicazione dell’art. 5 c. p. o dell’art. 47, comma 3, c. p. dalla distinzione tra le norme extrapenali che individuano il “nucleo significativo del concetto normativo, consistente nel recepire e rendere rilevante in sede penale una data qualifica extrapenale” (ad esempio l’art. 832 c. c. per definire la ‘cosa altrui’) e le norme extrapenali che individuano i “criteri per l’applicazione della qualifica nei casi concreti” (ad esempio le norme civili sui modi d’acquisto o trasferimento della proprietà). Nel caso di errore sulle prime norme si ha errore sul precetto penale. Viceversa, nel caso di errore sulle seconde si ha errore di diritto sul fatto, atteso che l’errore cade sulla qualifica del fatto concreto e non sul concetto che è presupposto dalla qualificazione. Tuttavia, anche alla luce di quanto visto supra in merito al problema interpretativo è opinabile l’affermazione secondo cui i criteri per la qualificazione del caso concreto sono separati o separabili dalla qualifica che si vuole dare, ovvero non partecipano del concetto stesso (sarebbe corretto affermare che le norme sull’acquisto della proprietà non fan parte del concetto stesso di ‘proprietà’?).

100 Cfr. MARINUCCI, DOLCINI, Corso di diritto penale, op. cit., p. 141. Non rientra dunque in questa categoria l’elemento dell’‘ebbrezza’ di cui all’art. 186 c. d. s., atteso che è il medesimo articolo a definire l’elemento (in base a conoscenze e nozioni scientifiche).

101 Della colpa per imperizia ci si è occupati in via generale nel paragrafo 3.1 studiando l’individuazione della regola cautelare nella colpa generica.

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incompetente etc. Il riferimento alle norme in questione serve sì per qualificare il comportamento concreto come violativo delle stesse, e dunque imperito, ma non per interpretare l’elemento dell’ ‘imperizia’.

Tra gli elementi extragiuridici di natura tecnico-scientifica si ricordano, ad esempio, l’ ‘embrione’103, il ‘gruppo nazionale, etnico, razziale, religioso’104, l’ ‘infermità’105, la ‘cronica intossicazione da alcool’106. Si tratta peraltro di elementi sempre più frequenti per via della crescente ingerenza del diritto penale in ambiti della vita altamente specialistici. Per l’individuazione dei concetti di ciascuno di questi elementi è necessario il ricorso ad un campo del sapere tecnico o scientifico, ovvero, genericamente, ad un area sapienziale caratterizzata da un livello di specializzazione più elevato rispetto alla conoscenza di senso comune e da un apparato normativo che disciplina i metodi e giustifica i risultati dell’indagine teorica o dell’agire pratico.

Le discipline tecniche e scientifiche non vengono qui interpellate dal diritto affinché aiutino nella ricostruzione di un fatto penalmente rilevante (come accade sovente nella quaestio facti) bensì perché aiutino il legislatore nella scelta di un elemento oppure il giudice nella sua interpretazione, soprattutto qualora, per esigenze di sintesi e/o di apertura all’evoluzione della conoscenza, si è preferito lasciare lo stesso indefinito. Eppure nello svolgere questa operazione tali discipline forniscono anche quelle ricostruzioni fattuali che servono per delimitare l’area semantica di un termine, alle quali sono inscindibilmente connesse le valutazioni tecnico-scientifiche in merito all’opportunità di tale delimitazione107. Ad ogni modo, così come l’esigenza di certezza della ricostruzione fattuale impone l’uso di quelle sole conoscenze che rispettano determinati criteri di attendibilità, altrettanto è imposto dall’esigenza di determinatezza, o di ragionevole prevedibilità, della qualificazione. Pertanto si può ritenere che i noti criteri enunciati dalla Corte Suprema statunitense

103 Si vedano gli artt. 12, comma 6 (commercializzazione di gameti o di embrioni), 13 (sperimentazione sugli embrioni umani), 14 (limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni) della legge n. 40 del 19 febbraio 2004 recante ‘Norme in materia di procreazione medicalmente assistita’.

104 Si veda l’art. 6 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, diritto vigente in Italia dopo la ratifica dello Statuto ad opera della legge n. 232 del 12 luglio 1999.

105 Si vedano gli artt. 88 e 89 c. p.

106 Si veda l’art. 95 c. p.

in Daubert108 e richiamati dalla dottrina italiana109, non solo possano servire ad orientare il giudice quando interpella un sapere tecnico-scientifico al momento della ricostruzione del fatto, ma inoltre possano essere d’ausilio al legislatore e al giudice quando fanno altrettanto, rispettivamente, nell’atto di posizione della norma e nella sua interpretazione110.

Quanto all’attività interpretativa bisogna peraltro notare che per diverse ragioni è prudente il ricorso alla perizia di un esperto nel settore rilevante da cui l’elemento extragiuridico tecnico-giuridico proviene, al fine di individuare il concetto e anche di aiutare nella qualificazione del caso concreto. In primo luogo un continuo aggiornamento del concetto in sede processuale è reso necessario dalla permanente evoluzione delle conoscenze tecniche e scientifiche e dal parallelo evolversi del linguaggio specialistico. Esemplare è l’evoluzione del concetto di ‘infermità mentale’ che nel corso del Novecento ha abbracciato quattro distinti paradigmi: quello c. d. medico (secondo cui l’infermità è una malattia con causa organica individuabile e può essere classificata ‘nosograficamente’), quello c. d. psicologico (secondo cui l’infermità è determinata da una scorretta dinamica tra le componenti della personalità, ovvero l’ es, l’io e il super-io); quello c. d. sociologico (secondo cui l’infermità consiste in un problematico rapporto tra l’individuo e le strutture sociali); quello c. d. integrato (secondo cui l’infermità è multifattoriale e dunque potenzialmente derivante da elementi sia organici, sia psicologici, sia sociali)111.

In secondo luogo l’immanente componente d’incertezza che interessa ogni campo del sapere e l’inevitabile dialettica che questa produce (che è poi il motore del

108 Si veda Daubert v. Merrel Dow Pharmaceuticals inc. 509 U. S. 579, 1993. Si ricordano i criteri della falsificabilità della teoria, della sottoposizione a peer review, dell’indicazione del tasso di errore, della general acceptance della teoria.

109 Si considerino fra gli altri: F. STELLA, Giustizia e modernità. La protezione dell’innocente e la

tutela delle vittime, Giuffrè, Milano, 2003, Parte II, Capitolo V; G. CANZIO, Prova scientifica,

ragionamento probatorio e libero convincimento del giudice nel processo penale, in Diritto Penale e

Processo, 2003, p.1193 ss.; L. MASERA, Accertamento alternativo ed evidenza epidemiologica nel

diritto penale. Gestione del dubbio e profili causali, Giuffrè, Milano, 2007, Parte I, Capitolo I.

110 Con riferimento all’interpretazione sono interessanti le seguenti parole di Ubertis: “per il giudice penale il vincolo all’osservanza delle leggi scientifiche (…) trova il suo fondamento anche in ambito costituzionale. Sostenere il contrario, infatti, implicherebbe, almeno qualora le leggi scientifiche

influissero sulla determinazione della fattispecie, violare il principio di tassatività di quest’ultima, scaturente dall’art. 25 comma 2 Cost.” (corsivo aggiunto). Così G. UBERTIS, La prova penale. Profili

giuridici ed epistemologici, UTET, Torino, 1995, pp. 35, 36.

111 Per un approfondimento si rimanda a M. T. COLLICA, Vizio di mente: nozione, accertamento,

prospettive, Giappichelli, Torino, 2007, pp. 44 ss. e G. PONTI, Il dibattito sull’imputabilità, in A. CERETTI, I. MERZAGORA (a cura di), Questioni sulla imputabilità, CEDAM, Padova, 1994.

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progresso conoscitivo) consigliano il ricorso ad un esperto che renda edotto il giudice sugli eventuali dibattiti terminologici e sul più corretto significato da attribuire ad un dato elemento. Emblematico è qui il dibattito sul concetto di ‘embrione’. Se alcuni studiosi ritengono che esso sia il prodotto dell’unione del gamete maschile (spermatozoo) con l’ovulo femminile fino all’ottava settimana di gravidanza, altri affermano che si abbia un embrione soltanto al momento della comparsa della stria embrionaria (circa 14 giorni dopo la fecondazione), ovvero quando si forma un individuo multicellulare con asse corporeo e simmetria bilaterale (prima si avrebbe invece un pre-embrione). Infine taluno usa il termine per riferirsi alla cellula risultante dalla fecondazione solo dal momento in cui i due assetti cromosomici (materno e paterno) sono riuniti in un solo nucleo (c. d. fase singamica), e non quando essi si trovano ancora in due nuclei separati (c. d. fase presingamica)112. Specialmente in assenza di una definizione legislativa (chè altrimenti non si tratterebbe di un elemento extragiuridico) le informazioni sul dibattito terminologico sono fondamentali per un’adeguata interpretazione dell’elemento.

Inoltre la conoscenza dell’esperto risulta talvolta fondamentale non tanto per l’individuazione del concetto, quanto soprattutto per l’operazione di qualificazione, poichè permette l’eventuale riscontro delle proprietà rilevanti nel caso concreto ricostruito col fact finding. Esemplare è l’elemento del ‘gruppo nazionale, etnico, razziale, religioso’ contenuto nella fattispecie di genocidio prevista dall’art. 6 dello Statuto della Corte Penale Internazionale. La perizia dell’esperto (storico, sociologo, etnografo, antropologo etc.), specie se conoscitore delle aree interessate dalle condotte incriminate e dei popoli che vi abitano, è un mezzo necessario a stabilire se il gruppo vittima sia suscettibile di essere qualificato attraverso uno o più termini che compongono l’elemento113.

Vi sono infine casi, invero rari, in cui la perizia serve a testare la stessa possibilità di individuare il referente reale di un elemento e a porre un ‘vincolo di realtà’

112 Per una ricostruzione del dibattito si rinvia a E. DOLCINI, Embrione, pre-embrione, ootide: nodi

interpretativi nella disciplina della procreazione medicalmente assistita, in Riv. It. Dir. e Proc. Pen,

2004, in particolare p. 461 ss.

113 Sul punto si veda C. SOTIS, Le principe de précision et la justice pénale internationale, in M. DELMAS-MARTY, E. FRONZA, E. LAMBERT-ABDELGAWAD (a cura di), Les Sources du droit

all’interpretazione del giudice. Il tema del rapporto tra norma penale e realtà fattuale sarà ripreso nel capitolo quinto. Qui interessa valutare l’aspetto specifico del ruolo che la scienza, tramite la perizia, può svolgere in sede interpretativa, proprio per garantire una corrispondenza tra i due piani. Esemplare è l’evoluzione interpretativa dell’elemento della ‘cronica intossicazione da alcool’, tradizionalmente concepito come uno stato di tossicodipendenza equiparabile all’infermità mentale per i suoi effetti sulle capacità intellettive e volitive e distinto dalla mera ubriachezza abituale (di cui all’art. 94 c. p.) per il suo carattere irreversibile. Di fronte alle difficoltà, evidenziate dalla scienza, di individuare un siffatto stato e, soprattutto, di distinguerlo dall’abitualità (peraltro oggetto di una disciplina penale diametralmente opposta!), il giudice delle leggi ha ‘salvato’ l’elemento re-interpretandolo alla luce del principio di colpevolezza. Si è così affermato che la cronica intossicazione si ha quando vi è uno stato di tossicodipendenza, assimilabile nel trattamento, ma non uguale all’infermità mentale, non necessariamente irreversibile e tale da escludere l’imputabilità; l’ubriachezza abituale si ha, invece, quando l’imputabilità non è esclusa114. E’ importante sottolineare che l’intento della Corte è stato quello di garantire la determinatezza dell’elemento studiato dopo aver preso atto, grazie alla scienza, dell’irragionevolezza della preesistente interpretazione dello stesso115.

Quest’ultimo esempio permette di svolgere alcune importanti considerazioni conclusive. Nella ricostruzione fattuale la realtà empirica veicolata dalle generalizzazioni basate sull’esperienza (scientifica e non) non può essere disattesa dal giudice. Egli potrà senz’altro preferire i contenuti di una perizia a quelli di un’altra, ma detta preferenza deve sempre dipendere da una valutazione di verosimiglianza, poiché il fine perseguito, pur irraggiungibile, è l’assoluta aderenza della ricostruzione alla realtà pregressa. Nell’interpretazione le cose stanno diversamente. Le conoscenze tecniche e scientifiche intervengono a delimitare l’area semantica di un termine, ma le ricostruzioni fattuali e le valutazioni che esse

114 Si veda Corte Costituzionale, 16 aprile 1998, n. 114, in Cass. Pen., 1998, p. 1909 ss. con nota di G. AMATO, ‘Cronica intossicazione’ e imputabilità del tossicodipendente, p. 1913 ss. Si vedano anche le brevi riflessioni svolte in PULITANÒ, Giudizi di fatto nel controllo di costituzionalità di norme penali, op. cit., p. 1008 ss.

115 Ricorda infatti la Corte che “perché si possa pervenire ad una declaratoria di illegittimità costituzionale occorre che i dati sui quali la legge riposa siano incontrovertibilmente erronei o

raggiungano un tale livello di indeterminatezza da non consentire in alcun modo una interpretazione ed una applicazione razionali da parte del giudice” (corsivo aggiunto).

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svolgono a questo fine, pur se attendibili, non vincolano il giudice116. Infatti egli può preferire una diversa individuazione del concetto o una diversa qualificazione in ragione di un autonomo giudizio di valore che, si ricorda, costituisce il secondo ingrediente dell’interpretazione giuridica. L’unico vincolo per il giudice consiste nell’impossibilità di andare contro la realtà empirica: in altri termini nessun concetto può essere privo di referente reale! Dunque, sia che la scienza e la tecnica permettano di individuare un referente reale, sia che esse affermino la sua inesistenza, il giudice può sempre re-interpretare l’elemento a patto di rispettare il ‘vincolo di realtà’. Ad esempio, come si è visto, egli può modificare l’interpretazione della ‘cronica intossicazione da alcool’, alla luce di considerazioni valoriali basate sul principio di colpevolezza. Oppure egli può disattendere una corretta perizia sul carattere ‘nazionale’ di un certo gruppo, vittima ipotetica di genocidio, e operare una qualificazione autonoma in virtù di un dirimente giudizio di valore. Deve tuttavia trattarsi delle scelte di azione più ragionevoli, considerando peraltro che nel giudizio di ragionevolezza rientra non solo il rispetto del ‘vincolo di realtà’, ma anche la (connessa) ragionevole prevedibilità della risposta ordinamentale.

In conclusione si può dunque affermare che se il ‘dover essere’ non va ricavato automaticamente dall’ ‘essere’ (esposto nelle ricostruzioni e valutazioni tecniche e scientifiche relative all’area semantica di un termine), la ragionevolezza del primo dipende pur sempre da una condizione di aderenza alla realtà empirica. Questa condizione sarà oggetto di studio nei prossimi capitoli.

CAPITOLO QUARTO

LA DIMENSIONE PROCESSUALE DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ PENALE

1. Premessa

E’ possibile descrivere il rapporto tra concetto penalistico (ovvero caso paradigmatico) e relativa prova (intesa come ‘risultato probatorio concludente’1) come un ‘sistema di vasi comunicanti’,il cui flusso bidirezionale (dal vaso ‘concetto’ al vaso ‘prova’ e viceversa) determina l’output del processo. La posizione della norma o la modificazione del concetto in via interpretativa comportano, come ovvio,