Diego Stefanelli
4 L‟ INTERPRETAZIONE DI UN ALLIEVO: WERNER BEINHAUER
La IU va letta insieme ad altre opere tedesche sulla Umgangssprache: come quella di Hermann Wunderlich (Wunderlich, 1894; tradotta in italiano da Giovanna Massariello Merzagora e Anna Maria Ulivieri nel 2010), che fu un modello importante per Spitzer, o quella di Johann Baptist Hofmann sul latino (Hofmann, 1926), tradotta nel 1980 da
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Licinia Ricottilli15; o (opportunamente ricordata in Barbera, Marello, 2011) Italienische
Umgangssprache di Oskar Hecker, apparsa in prima edizione nel 1897 e in seconda nel 1901 (cfr. Hecker, 1901). Va collocata entro questa costellazione di studi pionieristici anche la Spanische Umgangssprache di Werner Beinhauer, laureatosi con Spitzer a Bonn nel 1923 con una tesi riguardante già la Umgangssprache spagnola (Beiträge zur Kenntnis der spanischen Umgangssprache). L‟influenza di Spitzer fu fondamentale per i futuri studi di Beinhauer16: oltre alla Spanische Umgangssprache, si pensi a Spanischer Sprachhumor, uscito nel 1932 (e tradotto in spagnolo nel 1973: cfr. Beinhauer, 1973), che sviluppava una linea di ricerca (quella delle Augenblicksbildungen) su cui Spitzer si era concentrato già ai tempi della dissertazione su Rabelais.
Spanische Umgangssprache uscì nel 1930. Ne venne ristampata quindi una seconda edizione dopo la guerra, nel 1958 (dedicata a Spitzer per i suoi 70 anni), tradotta poi in spagnolo nel 1963 con il titolo El español coloquial. Non è un caso che l‟opera di un allievo del massimo esponente della Stilkritik primonovecentesca venisse prefata da uno dei più importanti rappresentanti della estilística española: Dámaso Alonso (direttore tra l‟altro della «Biblioteca Románica Hispanica» dell‟editore Gredos di Madrid, presso cui uscì il libro). Sarebbe certo interessante approfondire il legame tra l‟opera di Beinhauer e IU, così come riconsiderare l‟opera stessa di Beinhauer17. Vorrei però limitarmi a citare un punto della Prefazione della prima edizione del 1930, in cui Beinhauer si richiamava al proprio modello, IU, e nel contempo si soffermava sulle differenze tra l‟opera del maestro e il suo studio:
in der äußeren Form habe ich mich vielfach an Leo Spitzer‟s “Italienische Umgangssprache” (Bonn 1922) angelehnt. Während dieses jedoch ein wesentlich wissenschaftliches Werk darstellt, das die Erforschung der Umgangssprache als solcher zum Gegenstand hat und für das die italienische sozusagen als Musterbeispiel gewählt ist, liegt bei meiner „Spanischen Umgangssprache“ der Hauptnachdruck auf „Spanisch“. Auch ist das wissenschaftliche Element darin nicht Selbstzweck, sondern soll in erster Linie dazu dienen, das eigentliche Sprachmaterial, auf dessen Vermittlung ich den Hauptwert lege, beim Leser zu befestigen und ihm das Verständnis der einzelnen Phänomene durch sprachpsychologische Deutungen zu erleichtern (Beinhauer, 1930: VIII).
15 Si tenga presente la terza edizione (Hofmann, 2003). Particolarmente interessante per intendere il
contesto degli studi sulla Umgangssprache latina risulta la Introduzione della stessa Riccottilli (Hofmann e il concetto di lingua d‟uso, Riccottilli, 2003). In effetti, come mette in luce la studiosa, fu proprio nel campo della Latinistik tedesca che cominciarono gli studi sulla Umgangssprache, a partire dallo studio di F. Winckelmann, Über die Umgangssprache der Römer, nei «Neue Jahrbücher für Philologie und Pädagogik» (1833: 493-509).
16 Lettore di lingua spagnola e portoghese all‟Università di Colonia, Beinhauer venne interdetto
dall‟insegnamento e dalla ricerca universitaria nel 1939, per essersi pronunciato contro il nazismo. Caduto prigioniero dei russi nel 1945 venne internato nei campi sovietici fino al 1953. Nel 1954, tornato in Germania, venne nominato professore a Colonia. Si veda, anche per i dati biografici, il necrologio scritto da Ursula Doetsch nel 1984 sulla Revista de Filología Española (Doetsch, 1984).
17 Ci si limita a rinviare al breve, ma significativo, accenno in Nencioni, 1983: 130: «l‟opera di Spitzer fu
modello a quella del suo discepolo Werner Beinhauer, Spanische Umgangssprache (Köln 1929), nella quale, accanto ad esempi forniti dalla viva esperienza spagnola dell‟autore, i più sono tratti da moderne fonti scritte: dizionari, novelle, drammi. Sussiste, anche nella seconda edizione del 1958, l‟impostazione spitzeriana, cioè la stessa classificazione dei fenomeni, la stessa mancanza di una trattazione meno che fuggevole dei fatti intonazionali e gestuali, esplicitamente accusata dall‟autore, la stessa consapevolezza di ordinare i fatti con criteri più psicologici (o, per meglio dire, semantici) che grammaticali».
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(dal punto di vista della forma esteriore, mi sono appoggiato più volte alla
Italienische Umgangssprache di Leo Spitzer. Mentre essa però rappresenta un
lavoro essenzialmente scientifico che ha come oggetto la ricerca sulla
Umgangssprache come tale e per il quale quella italiana è scelta per così dire
come esempio tipico, nella mia Spanische Umgangssprache l‟accento principale cade su “Spanisch”. Inoltre l‟elemento scientifico non è in essa fine a se stesso, ma serve in primo luogo a fortificare nel lettore il vero e proprio materiale linguistico, alla cui mediazione attribuisco il valore principale, e a facilitargli la comprensione dei singoli fenomeni attraverso spiegazioni linguistico-psicologiche).
La versione spagnola del passo, che si legge in Beinhauer (1963), non si limita a tradurre l‟originale, ma lo amplia in alcuni punti, esplicitando meglio proprio le differenze di Spanische Umgangssprache rispetto al modello spitzeriano:
para la disposición de la materia, he seguido en parte la pauta que informa la obra titulada “El lenguaje coloquial italiano” (“Italienische Umgangssprache”) de mi maestro Leo Spitzer. Sin embargo, media una diferencia fundamental entre su libro y el mío. Y es que, mientras la obra de Spitzer, exclusivamente de tipo científico, tiene por objeto investigar el mecanismo del lenguaje coloquial en general, para lo cual el italiano le sirve únicamente de ejemplo, la mía está orientada por el principio contrario: el español y lo español forman en ella el centro de gravedad, en tanto que el elemento rigurosamente científico (para gran escándalo de algunos filólogos) aparece como relegado a un plano secundario, reduciéndose especialmente a la interpretación psicológica de los diversos fenómenos lingüísticos, con el fin principal de que estos mismos se les graben mejor en la memoria – y en todo su ser – a los alemanes deseosos de aprender (y no ya de conocer teóricamente) este incomparable idioma (Beinhauer, 1963: 12).
Sulle evidenti differenze tra l‟originale e la traduzione spagnola (il cui autore, l‟«entrañable amigo» Fernando Huarte Morton, l‟importante bibliotecario della «Biblioteca Universitaria de Madrid», era ringraziato da Beinhauer nel Prólogo a esta segunda edición española) è probabile che avesse operato lo stesso Beinhauer. Proprio nella versione spagnola era espresso ancor più chiaramente che nell‟originale tedesco il giudizio su IU e la «diferencia fundamental» tra questa e la Spanische Umgangssprache: l‟interesse teorico generale di Spitzer era, a detta del suo allievo, cogliere i meccanismi della Umgangssprache in generale, utilizzando per così dire la sua variante italiana. Era un giudizio a suo modo interessante: non solo perché prodotto da un allievo diretto di Spitzer, ma anche perché esso, nonostante le sue basi del tutto differenti, può essere accostato alle attuali interpretazioni “pragmatiche” di IU. In effetti la stessa attualizzazione in senso pragmatico di IU è possibile proprio in virtù dell‟interesse di Spitzer nei confronti dei meccanismi dialogici slegati dalla identità per così dire nazionale della lingua (da qui la possibilità di accostare dialetti e lingua).
Va però anche detto che non del tutto errata era l‟interpretazione in senso lato idealistica dell‟opera (come appare nell‟accenno del 1925 di Terracini e come traspare dalla recensione di Jordan che giustamente coglieva i legami di IU con l‟idealismo linguistico): la IU come ricostruzione dello spirito italiano colto nella sua Umgangssprache. Lo stesso Spitzer fece spesso riferimenti (oggi per lo meno discutibili) alla psiche italiana
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rispecchiata nella lingua. Come si vede anche solo da questi brevi accenni alla ricezione di IU, la sua interpretazione non fu mai del tutto scontata, neppure per gli studiosi coevi. I contributi qui citati rendono poi esplicito un certo contrasto insito nell‟idea di Sprache che emerge da IU: quello tra una lingua considerata come specchio di un determinato Volksgeist e un‟attenzione ai meccanismi della colloquialità in generale.
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