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Elisa Corino, Carla Marello

1. QUALE PARLATO?

Il parlato è costituito da un insieme di caratteristiche strutturali e funzionali che si manifestano quando si usa la lingua attraverso il canale fonico-uditivo in condizioni naturali e spontanee. «Tali caratteristiche però sono osservabili anche in altre modalità di espressione, ad esempio nello scritto, quando il parlante/scrivente decida, più o meno consapevolmente, di usarle» (Voghera, 2010). Anzi l‟assorbimento di tratti linguistici tipici del parlato nello scritto è sempre stato uno dei principali motori del cambiamento linguistico, ma è un dato quanto mai acuto nella scrittura contemporanea dei nativi. Come nota Ferrari (2010: 10), il fenomeno coinvolge tutti i livelli linguistici, dal lessico denotativo e funzionale dall‟ordine dei costituenti, dagli usi della punteggiatura alla configurazione dei movimenti testuali.

In particolare sono considerati caratteristici del parlato quegli elementi che appaiono quantitativamente rilevanti in testi non scritti. Ferrari (2010: 13) riporta tra i tratti tipici del parlato nello scritto:

la presenza di subordinate avverbiali e relative oblique introdotte da che;

 le frasi con tema sospeso;

 la ripetizione lessicale (accolta solo in alcuni tipi testuali);

 le dislocazioni a sinistra;

 i segnali discorsivi;

i deittici e gli avverbi presentativi come ecco.

Non si può ignorare che, specie fra non addetti ai lavori, c‟è spesso un‟identificazione di lingua parlata e registri informali: è invece bene distinguere le proprietà generali della lingua parlata da quelle che derivano da fattori di variazione diafasica o diastratica, soprattutto se si analizza l‟italiano L2 scritto degli apprendenti non italofoni. Osserva Bernini (2010) «La lingua di arrivo passa attraverso le varietà del repertorio dell‟italiano cui gli apprendenti sono esposti, dipende cioè dalla qualità e dalla quantità di interazioni con i parlanti nativi, oltre che, legata a questa, da un processo di complessificazione interna del sistema».

Forti di questa realtà, ci siamo perciò proposte di analizzare le tracce di oralità negli scritti degli apprendenti di italiano L2 raccolti nel corpus VALICO2.

1 Università degli Studi di Torino. Il contributo è il risultato della collaborazione tra le autrici, tuttavia i §§

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Cercheremo dunque di toccare cursoriamente alcuni degli aspetti indicati come tipici del parlato nello scritto: partiremo dalla dimensione lessicale, verificheremo poi l‟uso di elementi tipicamente pragmatici quali i segnali discorsivi, le tracce di oralità nelle varietà di discorso riportato. Accenni a VINCA, il corpus di italofoni appaiato a VALICO, integreranno il quadro con dati sull‟uso da parte di nativi, e la riflessione sui dati sociolinguistici degli autori dei testi – in particolare annualità di studio e permanenza in Italia – consentirà di tracciare un primo quadro descrittivo delle tendenze che caratterizzano la scrittura degli apprendenti.

1.1.

Varietà diamesiche e insegnamento

Negli scritti degli apprendenti di italiano L2 si trova spesso traccia delle esposizioni all‟orale dei nativi, talvolta in modo più consapevole, talaltra in modo che sembrerebbe del tutto casuale e frutto di un non riconoscimento dell‟ampia variazione diafasica e diastratica che caratterizza l‟italiano contemporaneo.

L‟errore nell‟insegnamento formale e guidato delle lingue si misura quasi esclusivamente sulla scrittura e si concentra, soprattutto nei livelli A1-A2 su questioni di accordo soggetto-verbo, nome-aggettivo, correttezza dei clitici, tempi verbali: il docente cerca di correggere gli errori causati dall‟interferenza della lingua madre dell‟apprendente e da altre lingue apprese in precedenza.

Quando si passa a livelli più alti, B1 e oltre, non si possono più tralasciare gli errori cosiddetti di interferenza interna (varietà locali, differenze parlato-scritto, varietà diafasiche) che spesso commettono anche i parlanti italofoni non sorvegliati o non colti, ma che difficilmente gli apprendenti considereranno errori “gravi”, e anzi non riterranno nemmeno errori, se i loro docenti non hanno fatto un intervento costante sull‟orale degli allievi stessi3 e soprattutto un‟accurata selezione e confronto degli input orali e scritti a cui li hanno esposti.

Resta il fatto che oggi l‟input dell‟apprendente sfugge al controllo dell‟insegnante, perché gli allievi viaggiano, fisicamente o in internet, e sono esposti ad ogni tipo di italiano scritto e parlato e quando si osserva il parlato nello scritto competente degli italofoni ci si accorge che l‟inserimento richiede un elevato livello di consapevolezza. Come nota Roggia (2010: 199) lo scrivere come gli italiani parlano può rappresentare un rischio per l‟apprendente: «non si tratta tanto di una agevolazione, quanto di una competenza in più da apprendere».

Infatti i tratti che i non italofoni inseriscono nei loro scritti non sono quelli che filtrano nello scritto competente dell‟italofono, il quale importa tratti linguistici del parlato adattandoli alle esigenze dello scritto e spesso cambiandone la funzione.

Fermandoci ad una varietà usuale di parlato a cui l‟allievo è esposto e che considera autorevole, cioè il parlato dell‟insegnante in classe, nel corpus VALICO si trovano enunciati come:

2 Il corpus il cui acronimo deriva da Varietà di Apprendimento Lingua Italiana Corpus Online è

liberamente accessibile al sito www.valico.org. Per la sua composizione si veda Corino, Marello 2017 (i.s.)

3 Obbedendo alle ragioni dell‟insegnamento comunicativo, non avviene quasi mai che il docente di L2 in

classi di livello intermedio corregga nell‟orale degli allievi errori di registro o di intrusione di linguaggio eccessivamente colloquiale. Non corregge per timore di danneggiare la scorrevolezza del parlato dell‟allievo. Nella migliore delle ipotesi il docente fa una correzione-eco che però l‟apprendente non sempre è in grado di cogliere come vera correzione (cfr. Bosc, Minuz, 2012).

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1. E lui dicono4 : “ Non è il tuo problema . Per favore , tu devi andare via ”

In 1 oltre all‟interferenza dell‟inglese nell‟espressione non è il tuo problema, troviamo le regole di gentilezza insegnate dal parlato dell‟insegnante nell‟incongruo per favore inserito in un contesto in cui il parlante nativo avrebbe detto (e scritto):

1b. “non sono affari tuoi. Te ne devi andare”

Alla ricerca delle tracce d‟oralità in VALICO abbiamo pensato di utilizzare ricerche complesse selezionando il campo “permanenza”, che contiene un dato ricavabile dalle risposte date dagli autori dei testi alla domanda “Sei mai stato in Italia? Se sì, per quanto tempo?”.

Selezionando una permanenza di 10 mesi, si ottengono testi il cui autore ha avuto più occasioni di essere esposto al parlato, in forme diverse, e più naturalmente può aver inserito tracce di parlato nei suoi scritti per VALICO. L‟enunciato 2, prodotto da una giapponese con 10 mesi di permanenza in Italia, mostra un attacco “parlato” a cui segue un dovunque tipico dello scritto, a sua volta seguito da un vuoi, più tipico dell‟italiano parlato rispetto al tu voglia che dovunque richiederebbe per restare su un registro elevato.

2. Allora andiamo dovunque vuoi.