• Non ci sono risultati.

Elisabetta Banfi

3. LA SCRITTURA EPISTOLARE DI GUERRA

3.4. La norma linguistica

Da ultimo, poiché appunto la lingua dei semicolti non è riconducibile alla sola componente della riproduzione scritta dell‟oralità (Testa, 2015: 108) e come accennato precedentemente le scritture semicolte forniscono importanti spunti di riflessione per quanto riguarda il grado di adesione o accostamento ai modelli linguistici normativi coevi (vd. supra), è interessante osservare gli elementi positivi “all‟attivo” di questi scriventi (ivi: 110). Ne L‟italiano nascosto, dopo aver osservato testi prodotti da semicolti di diverse epoche, Testa afferma essere in loro possesso una serie di punti quali «un lessico povero e usuale ma anche solidamente concreto, i costrutti sintattici più semplici, funzionali strategie di coesione, la progressiva acquisizione di una regolare morfologia

23A tale proposito si veda anche Volpi, 2014a: 29: «Se talora si ha l‟impressione di avere di fronte qualcosa

di molto simile alla trascrizione del parlato, alla registrazione di un italiano colloquiale variamente intriso di regionalismi, è altrettanto vera e operante la consapevolezza diamesica che orienta le scelte dei semicolti nell‟atto del redigere lettere o, in altri casi, diari e materiali simili».

145

verbale, il non sporadico uso del congiuntivo, una minimale ma affascinante sapienza retorica» (ibid.).

Dando uno sguardo complessivo al corpus, ho notato che queste sono caratteristiche presenti, in modo più o meno variegato, anche nei testi da me analizzati. In particolare, vorrei focalizzare l‟attenzione sull‟uso del modo congiuntivo. Generalmente negli scritti dei semicolti questo modo subisce un livellamento sulla spinta dell‟indicativo, tuttavia, esso viene utilizzato dagli scriventi abbastanza di frequente e con esiti meno negativi di quanto ci si potrebbe aspettare: nonostante non sempre le persone o il modo scelti siano corretti (ad esempio, con scambi vedessi-vedesti o l‟uso della 3° persona sing. dell‟imperfetto esteso anche alle prime due, ad esempio, che io cantasse; se potesse), emerge comunque la volontà degli scriventi di utilizzarlo – correttamente o in modo ipercorretto – in presenza delle condizioni che lo richiedono. Ciò accade, ad esempio, con verbi reggenti come credere, sperare (es. GAZZOLA: speriamo che vada tutto bene; ROGUZZI: io credevo che mi portasse qualche notizia; SALA A.: speriamo che venga a casa presto che sarebbe ora); nei periodi ipotetici (es. VIGONI: sarebbe stato più bello […] che fossimo stati sempre vicini stretti uno nell‟altro; LANDONIO: se io avessi la possibilità di avere ha mia disposizione le lettere e i francobolli vi farei sapere le mie notizie almeno una lettera ogni due giorni; BORSERINI: se fosse vero sarebbe ora ma non bisogna inlusingarsi perche le chiacchere sono sempre chiacchere); nelle proposizioni indipendenti con valore esclamativo e ottativo (es. GAREGNANI: se potesse avere vicino voi mama; GALLI: lo so che quando ti trovi con delle donne tu dici sempre, se avessi a casa mio marito?; SCARABELLI: se tu sapessi sapessi che desiderio che avevo).

Vi sono, ovviamente, lettere e testi dove il congiuntivo e l‟indicativo si contendono il primato, sfociando in esiti scorretti come in alcuni periodi ipotetici (es. LANDONIO: se almeno capireste voi e mettereste qualche francobollo dentro alle lettere potrei almeno aspettare il pacco; SCARABELLI: o cara mia Rosetta se fossi vera chi sa che gioia che tu avrai; LEINER: se saprei il suo indirizzo sapro scriverli anche lui). In ogni caso, l‟uso dell‟indicativo in occasioni in cui uno scritto formalizzato prevederebbe il congiuntivo (ad esempio, nelle proposizioni completive o con alcune congiunzioni subordinanti), è da ricondurre anche ai tratti di colloquialità insiti nel genere epistolare e appartenenti alla “grammatica del parlato”: infatti, anche la presenza di periodi ipotetici misti – nei limiti della correttezza (ad esempio, BALCONI: se io lo sapevo si poteva provare; VILLA F.: se te mi mandavi le raccomandate almeno una settimana, io non cercavo da fumare ai miei compagni; VIGONI: sarebbe stato più bello se non si doveva ricorrere a scrivere su della carta il nostro amore) – è un fatto largamente attestato nella tradizione e piuttosto tollerato, in questo senso, anche dalla grammatica tradizionale (si veda, ad esempio, Antonelli, 2003: 222). L‟indicativo irreale infatti è tipico del registro colloquiale (anche di parlanti colti), ma contrariamente a quello che si potrebbe credere il suo uso non è né recente né limitato allo scritto informale: se ne trova traccia nei secoli passati persino nella poesia più eletta quale quella del Petrarca (Serianni, 1997: 549).

Infine, segnalo alcune autocorrezioni dovute probabilmente alla rilettura della frase da parte degli scriventi: MANTEGAZZA: quando serai veg vechia moriai; MANGIAGALLI: sen non lanno comperato. Nel primo esempio, come si può notare, il soldato sta per scrivere vegia, ma immediatamente sostituisce il termine dialettale con l‟italiano vecchia, anche alla luce di quanto detto precedentemente sul rapporto dialetto-italiano; nel secondo caso, il mittente capisce di avere fatto un errore di segmentazione e si corregge eliminando con un tratto di penna il refuso. Sono anche queste piccole accortezze a rivelarci quanto fosse sentita l‟esigenza di scrivere nel modo più corretto possibile.

146

4.

CONCLUSIONI

Nelle precedenti pagine si è dato uno sguardo, seppure in modo sommario, alla scrittura epistolare di guerra. Si è cercato di mettere in luce il rapporto dei soldati con la scrittura e con le sue convenzioni, osservando soprattutto come la grammatica epistolare venisse rispettata anche in questi scritti, in un momento storico tanto difficile quanto prolifico per la scrittura dei semicolti. I soldati dimostrano di avere bene interiorizzato le principali formule atte a introdurre e concludere le lettere, così come emerge la riproposizione di uno schema epistolare tendenzialmente fisso. Molto importante inoltre è l‟indagine di queste testimonianze alla luce delle nuove prospettive linguistiche in merito; di particolare importanza si rivela perciò la nozione di continuum, fondamentale per verificare le molteplici gradazioni di quello che veniva considerato, in modo quasi monolitico, italiano popolare.

In secondo luogo, partendo dalla distinzione di Bellosi tra scrittura superficiale – una sorta di mera trascrizione del parlato – e scrittura profonda – una scrittura con regole correttamente assimilate che talvolta si serve anche di strategie espressive – ci si è proposti di indagare quanto l‟oralità, in questo corpus, influenzasse la scrittura. È emerso un quadro piuttosto variegato, con soldati che attuano, in modo più o meno omogeneo e più o meno inconsapevole, quelle strategie espressive a fini comunicativi necessarie per ovviare alla mancanza di un interlocutore in praesentia. Esse si ritrovano in ambito testuale con la presenza dei costrutti marcati; in ambito stilistico con la presenza di proverbi, modi di dire, espressioni italianeggianti ricalcate su sintagmi prettamente dialettali, dialettismi voluti o utilizzati in quanto termini sentiti più vicini alla propria esperienza e intimità. Inoltre, l‟oralità influenza la scrittura per quanto riguarda la grafia (con problemi nella segmentazione delle parole, scempiamenti consonantici e altri fatti fonetici) e la sintassi (con l‟utilizzo del che polivalente senza un valore sintattico ben definito, tipicamente utilizzato nel parlato diastraticamente marcato).

A conclusione del lavoro, vorrei semplicemente ricordare queste parole di Bellosi, riferite a lettere di soldati della Grande Guerra, ma non per questo meno valide:

la ripetitività delle formule e la schematicità della composizione di questi testi non ne annullano la vivacità espressiva, così come l‟incertezza fonetica, grammaticale e lessicale non ne oscura la funzione comunicativa. Nello sforzo compiuto dai soldati per passare dall‟oralità dialettale alla scrittura italiana, che diventa strumento di riflessione e presa di coscienza, il disagio prodotto dall‟insufficiente conoscenza della lingua e della scarsa familiarità con i segni grafici è superato dalla necessità e dalla volontà di dire (Bellosi, 2014: 81).

Dopo aver letto migliaia di testimonianze, come già aveva notato Cortelazzo riportando in calce a Lineamenti di italiano popolare una breve antologia di testi, si può asserire come i contenuti di questi scritti rendano “vera” anche la forma che li riveste, rendendo – dal punto di vista umano – molto difficoltosa un‟analisi fredda e imparziale, poiché «la verità della sofferenza patita e pagata riscatta totalmente le costruzioni incoerenti, i verbi tralasciati o discordanti, le parti omesse e le parti ridondanti» (Cortelazzo, 1972: 167).

147

Tavola 1. Disegno del soldato Gaspare Rossetti, Centro Documentale di Milano

R

IFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

Agozzino D. (1985), “Analisi delle strutture informative nel parlato”, in Franchi DeBellis A., Savoia L.M. (a cura di), Sintassi e morfologia della lingua italiana d‟uso. Teorie eapplicazioni descrittive. Atti del XVII Congresso Internazionale di Studi, Urbino (11-13settembre 1983), Bulzoni, Roma, pp. 19-32.

Alessio G.C. (1998),“Preistoria e storia dell‟«ars dictaminis»”, in Chemello A. (a cura di), Alla lettera: teorie e pratiche epistolari dai Greci al Novecento, Guerini studio, Milano, pp. 33-49.

Alippi A. (2010), (dir.), Enciclopedia Treccani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma:

http://www.treccani.it/enciclopedia/.

Alisova T. (1965), “Relative limitative e relative esplicative nell‟italiano popolare”, in Studi di Filologia Italiana, XXIII, pp. 299-332.

Amenta L. (2015), “Analisi linguistica di un epistolario in “italiano colto” di Sicilia”, in Fresu R.(a cura di), Questa guerra non è mica la guerra mia. Scritture, contesti, linguaggi durante la Grande Guerra, il Cubo, Roma, pp.133-149.

Antonelli G. (2003), Tipologia linguistica del genere epistolare nel primo Ottocento, Edizioni dell‟Ateneo, Roma.

Antonelli G., Chiummo C., Palermo M. (2004), La cultura epistolare nell‟Ottocento. Sondaggi sulle lettere del CEOD, Bulzoni, Roma.

Antonelli Q. (2014), Storia intima della Grande Guerra, Donzelli, Roma. BartoliLangeli A. (2000), La scrittura dell‟italiano, il Mulino, Bologna.

Bellosi G. (2014), “La voce «in un pezo di carta»”, in Bellosi G., Savini M. (a cura di), Verificatoper censura. Lettere e cartoline di soldati romagnoli nella prima guerra mondiale, [2002], Il Ponte Vecchio, Cesena, pp. 41-90.

148

Bernardi Perini G. (1985), “Alle origini della lettera familiare”, in Quaderni di retorica e poetica, I, pp. 11-15.

Berruto G. (1985), “«Dislocazioni a sinistra» e «grammatica» dell‟italiano parlato”, in Franchi De Bellis A., Savoia L.M. (a cura di), Sintassi e morfologia della lingua italiana d‟uso. Teorie e applicazioni descrittive. Atti del XVII Congresso Internazionale di Studi, Urbino (11-13 settembre 1983), Bulzoni, Roma, pp. 59-82.

Berruto G. (1987), Sociolinguistica dell‟italiano contemporaneo, Carocci, Roma.

Bianconi S. (2013), L‟italiano lingua popolare. La comunicazione scritta e parlata dei senza lettere nella Svizzera italiana dal Cinquecento al Novecento, Accademia della Crusca, Firenze. Bruni F. (1978), “Traduzione, tradizione e diffusione della cultura: contributo alla lingua

dei semicolti”, in Bartoli Langeli A. (a cura di), Alfabetismo e cultura scritta nella storia della società italiana. Atti del Seminario tenutosi a Perugia il 29-30 marzo 1977, Università degli Studi, Perugia, pp. 195-234.

Caffarena F. (2005), Lettere dalla Grande Guerra. Scritture del quotidiano, monumenti della memoria, fonti per la storia. Il caso italiano, Unicopli, Milano, 2005.

Cardona R. (1983), “Culture dell‟oralità e culture della scrittura”, in Asor Rosa A. (a cura di), Letteratura italiana, vol. II, Einaudi, Torino, pp. 25-101.

Cavalli T. (1983), Isonzo infame. Soldati bresciani nella guerra ‟15-‟18, Edizioni del Moretto, Brescia.

Cherubini F. (1839-1843), Vocabolario Milanese-Italiano, Imperial Regia Stamperia, Milano. Cortelazzo M. (1972), Avviamento critico allo studio della dialettologia italiana. Lineamenti diitaliano popolare, Pacini, Pisa.

Cugusi P. (1989), “L‟epistolografia. Modelli e tipologie di comunicazione”, in Cavallo G., Fedeli P., Giardina A. (a cura di), Lo spazio letterario di Roma Antica, vol. II, Salerno, Roma, pp. 379-419.

D‟Achille P. (1990), Sintassi del parlato e tradizione della lingua scritta, Bonacci, Roma.

D‟Achille P. (1994), “L‟italiano dei semicolti”, in Storia della lingua italiana, vol. II, Einaudi, Torino, pp. 41-79.

D‟Achille P. (2008), “Le varietà diastratiche e diafasiche delle lingue romanze dal punto di vista storico: italiano”, in Ernst G. (a cura di), Romanische Sprachgeschichte: ein internationationales Handbuch zur Geschichte der romanischen Sprachen, vol. III, De Gruyter, Berlin-New York.

DEI = Dizionario Etimologico Italiano, a cura di Battisti C., Alessio G. 5 voll., Barbera,Firenze, 1950-1957.

DELI = Dizionario Etimologico della Lingua Italiana, a cura di Cortelazzo M., Zolli P., 5 voll., Zanichelli, Bologna, 1979-1988.

De Mauro T. (1970), “Per lo studio dell‟italiano popolare unitario”, in Rossi A. (a cura di), Lettere da una tarantata, De Donato, Bari, pp. 43-75.

De Mauro T. (1991), Storia linguistica dell‟Italia unita [1963], Laterza, Roma-Bari. Fiorentino G. (2010): “Che polivalente”, in Simone (2010-2011):

http://www.treccani.it/enciclopedia/che-polivalente.

Fresu R. (2014), “Scritture di semicolti”, in Antonelli G., Motolese M., Tomasin L. (a cura di), Storia dell‟italiano scritto, vol. III, Carocci, Roma, pp. 195-223.

Fresu R. (2015), “Scritture e Grande guerra: una storia linguistica tra “alti” e “bassi””, in Fresu R. (a cura di), ‹‹Questa guerra non è mica la guerra mia››. Scritture, contesti, linguaggi durante la Grande Guerra, il Cubo, Roma, pp. 7-31.

GDLI = Grande Dizionario della Lingua Italiana, fondato da Battaglia S., diretto da Barberi Squarotti G., 21 voll., UTET, Torino, 1961-2002.

149

Gibelli A. (1991), L‟officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Bollati Boringhieri, Torino.

Grandi N.(2011), “Ordine degli elementi”, in Simone ((2010-2011):

http://www.treccani.it/enciclopedia/ordine-degli-elementi_(Enciclopedia- dell'Italiano)/

Halliday M.A.K. (1992), Lingua parlata e lingua scritta, La Nuova Italia, Firenze. Hans-Bianchi B. (2005), La competenza scrittoria mediale, Max Niemeyer,Tübingen. Lombardi Vallauri E. (2010), “Focalizzazioni”, in Simone (2010-2011):

http://www.treccani.it/enciclopedia/focalizzazioni_(Enciclopedia_dell'Italiano)/

Magro F. (2014), “Lettere familiari”, in Antonelli G., Motolese M., TomasinL. (a cura di), Storia dell‟italiano scritto, vol. III, Carocci, Roma, pp. 101-157.

Moroldo A. (2010), Dictionnaire étymologique. Méridionalismes chez les auteurs italiens contemporains: http://www.unice.fr/lirces/langues/real/dialectes/index.htm.

Palermo M. (1994), Il carteggio vaianese, Accademia della Crusca, Firenze.

Petrucci A. (1987), Scrivere e no. Politiche della scrittura e analfabetismo nel mondo d‟oggi, Editori Riuniti, Roma.

Rati A.R. (2009), “«Continua a scrivermi sempre»: corrispondenza dal fronte russo (1942)”, in Mario A. (a cura di), Saggi e documenti per la memoria della seconda guerramondiale in Umbria e nelle Marche, Morlacchi, Perugia, 2009.

Righetti C. (1970), Dizionario Milanese-Italiano [1896], Hoepli, Milano. Serianni L. (1997), Italiano, Garzanti, Milano.

Simone R. (2010-2011), (diretta da), Enciclopedia dell‟italiano Treccani, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma.

Sornicola R. (1985), “Il parlato: fra diacronia e sincronia”, in Holtus G., Radtke E. (a cura di), Gesprochenes Italienisch in Geschichte und Gegenwart, Gunter Narr, Tübingen. Spitzer L. (1976), Lettere di prigionieri di guerra italiani, 1915-1918, Boringhieri, Torino

(Italienische Kriegsgefangenenbriefe. Materialen zu einer Charateristik der volkstümlichen italienischen Korrespondenz, Hanstein, Bonn, 1921).

Sturani E. (1995), Otto milioni di cartoline per il duce, Centro Scientifico, Torino.

Testa E. (2008), “Storia della lingua parlata nella Romania: italiano”, in Ernst G. (a cura di), Romanische Sprachgeschichte: ein internationationales Handbuchzur Geschichte der romanischen Sprachen, vol. III, De Gruyter, Berlin-New York.

Testa E. (2014), L‟italiano nascosto. Una storia linguistica e culturale, Einaudi, Torino.

Volpi M. (2014a), Sua maestà è una pornografia! Italiano popolare, giornalismo e lingua della politica tra la grande guerra e il referendum del 1946, Libreria universitaria.it, Padova. Volpi M. (2014b) «Cara moglie...»: la prima grande prova di lettere:

150