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4. Dalla libertà di concorrenza alla tutela della concorrenza

4.5 La sentenza n 14 del 2004

4.5.2 L’intervento dinamico

In merito all’intervento dinamico, richiamato più volte dalla stessa sentenza, ci si riferisce agli interventi di promozione e sostegno della concorrenza che appartengono alla regolazione economica.

L’introduzione della promozione del meccanismo concorrenziale presuppone l’esistenza di settori del mercato con caratteristiche tali da rendere inefficace o insufficiente il controllo antitrust a difesa della concorrenzialità del mercato. In questi casi la promozione della concorrenza in senso dinamico è perseguita attraverso la regolazione. Sono dunque funzioni che appartengono alla regolazione economica l’istaurazione di assetti concorrenziali e la predisposizione di condizioni per un sufficiente sviluppo del mercato.

È opportuno, quindi, distinguere tra tutela e regolazione antitrust. Esse, infatti, operano con strumenti differenti: la regolazione interviene allo scopo di creare o favorire le condizioni necessarie di concorrenzialità di mercati in via di liberalizzazione, nei quali la concorrenza è assente o insufficiente, e si distingue dalla tutela antitrust poiché quest’ultima ha il solo compito di vietare i comportamenti anticoncorrenziali e ripristinare la situazione precedente alla violazione.

La regolazione è un controllo continuo e concentrato che le autorità pubbliche svolgono sul mercato con l’imposizione di vincoli di comportamento rivolti agli operatori privati. Le scelte regolative sono, dunque, espressioni di scelte di politica economica che riguardano determinati settori di mercato.

Nel quadro delle competenze di Stato e Regioni definito dalla riforma costituzionale, le scelte che attengono alla regolazione dovrebbero, quindi, mantenere i tratti che le distinguono dagli interventi a tutela della concorrenza e dovrebbero conformarsi con gli spazi di politica economica che sono consentiti alle Regioni nello svolgimento di talune

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competenza che coinvolgono ambiti e settori produttivi interessati dall’intervento pubblico di tipo regolativo.

Le soluzioni che attengo a determinati settori dovrebbero essere ripensate alla luce del riparto di competenze tra Stato ed autonomie regionali: in tal modo si potrebbe giungere ad un bilanciamento equo tra l’esigenza di uniformità del mercato nazionale, garantita da autorità di regolazione statali, e la valorizzazione delle risorse e delle strategie economiche elaborate dalle Regioni nell’ambito delle proprie competenza legislative71.

4.5.3 Gli aiuti di stato

La Corte Costituzionale non è nuova all’uso del diritto comunitario per leggere la Costituzione, tuttavia, in questo caso, il richiamo all’ordinamento comunitario assume una rilevanza particolare poiché, nel ricostruire la tutela della concorrenza, non viene fatto alcun richiamo né al significato o ai limiti della concorrenza nel nostro ordinamento costituzionale, né alla disciplina della tutela della concorrenza già presente, dovuta alla copiosa normativa di disciplina dell’Autorità antistrust e dei suoi poteri e competenze.

In questa decisione tanto è forte il richiamo all’ordinamento comunitario, tanto, per contro, la Corte non è convincente nella ricostruzione che di esso fa e delle conclusioni che ne trae.

La Consulta, avvalendosi di un argomento puramente sistematico, attrae nell’orbita della tutela della concorrenza la tematica degli aiuti di stato, i quali non costituiscono la disciplina della concorrenza, ma le deroghe, che sono o possono essere ammesse, ai principi della concorrenza ed ai divieti espressi nel Trattato, alla luce della normativa CEE72.

Per completezza espositiva ricostruiamo brevemente la nozione di aiuti di stato.

La definizione di aiuti di stato la ritroviamo all’articolo 87 del Trattato CE, nei termini di “aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse

statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune

71 Op. Ult. Cit.

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produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”. In ragione

di questa capacita di alterazione dell’assetto concorrenziale la disposizione sancisce la regola generale del divieto, salvo la possibilità di derogare nei casi contemplati dai paragrafi 2 e 3 della norma.

La dottrina si trova concorde nel ritenere questa che definizione è insufficiente, in quanto incapace di indicare un criterio unitario di qualificazione delle misure statali. In realtà l’ampiezza della nozione è voluta, al fine di non cristallizzarla e lasciarla sufficientemente elastica, anche per andare incontro alle esigenze degli Stati.

Infatti gli aiuti di stato si collocano tra gli strumenti che gli Stati di frequente usano e spesso rispondono all’esigenza di rimediare al fallimento del mercato, ma, allo stesso tempo, rappresentano un’arma pericolosa perché a seconda delle modalità che assumono possono causare ulteriori distorsioni e concorrono in ogni caso ad appesantire il bilancio degli Stati.

Per aiuto di Stato si intende un qualsiasi intervento che risponde ai seguenti requisiti: deve portare un vantaggio economico all’impresa interessata, deve essere concesso da uno Stato o mediante risorse statali, deve avere carattere specifico (cioè deve favorire solo talune imprese o talune produzioni), ed infine deve incidere sugli scambi tra Stati membri.

Come già richiamato, la Corte di Giustizia ha apportato notevoli contributi in quest’ambito, enucleando principi giuridici e criteri generali.

Il primo, e più importante, è il principio di rilevanza degli effetti. La Corte ha, infatti, sostenuto che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 87 del Trattato, l’unica valutazione di tipo obiettivo possibile è quella riferita all’insieme degli effetti che le misure producono sul mercato di riferimento, mentre, all’opposto, la valutazione della meritevolezza degli obiettivi che le medesime perseguono è priva di rilevanza73.

Tanto è vero che la classificazione che degli aiuti è stata fatta, soprattutto in sede giudiziale, si basa proprio sul vantaggio concorrenziale che l'intervento è in grado di generare a favore di un'impresa o di una categoria di imprese, con conseguente costo a

73 Sentenze Corte di Giustizia, Fleuren Compost BV/Commissione, T-109/01 del

2004, Italia/Commissione, 173/73 del 1974, Paesi Bassi/Commissione, C-382/99 del 2002.

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carico del pubblico erario in termini di maggiori spese o di minori entrate.

Ulteriore principio è quello secondo cui la qualificazione di una misura come aiuto di stato dipende dalla questione secondo cui l’impresa beneficiaria riceva un vantaggio che in condizioni normali di mercato non avrebbe ottenuto74.

Ad esso si aggiunge il criterio secondo cui “la nozione di aiuto può

designare non soltanto prestazioni positive come le sovvenzioni, i prestiti o le assunzioni di partecipazione al capitale di imprese, ma anche interventi che, in varie forme, alleviano gli oneri normalmente gravanti sul bilancio di un'impresa e che di conseguenza, senza essere sovvenzioni in senso stretto, hanno la stessa natura e producono effetti identici”75.

Infine, la Corte di Giustizia, sancisce che l’interpretazione dell’articolo 92, n.2, lett. C (ex art. 87 del trattato, oggi Art 107 TFUE), in relazione alle deroghe previste in materia, deve essere di tipo restrittivo76.

Si possono così fissare gli elementi caratterizzanti l'istituto degli aiuti di Stato. Si tratta di interventi che accordano un vantaggio a determinati operatori economici, il quale deriva non necessariamente da un'azione positiva, ma, eventualmente, anche da una sorta di esenzione di varia natura; tali interventi non vengono valutati, in sede comunitaria, per gli scopi che perseguono, ma esclusivamente per gli effetti che generano nel mercato concorrenziale; vale la regola generale della loro incompatibilità, salvo il ricorso a deroghe tassativamente previste, delle quali è stata tuttavia affermata la necessità di un'interpretazione restrittiva77.

Tornando alla sentenza 14 del 2004, alla luce di quanto appena detto possiamo affermare che la ricostruzione della Corte è infondata. Sebbene sia vero che “la concorrenza costituisce il fondamento storico

e dogmatico del diritto comunitario”78, non è sostenibile che qualsiasi

disposizione di diritto comunitario, ivi comprese quelle sugli “aiuti di

74 Sentenze Corte di Giustizia, Thermenhotel Stoiser Franz e.a./Commissione, T-

158/99 del 2004, Linde/Commissione, T-98/00 del 2002.

75 Sentenza Corte di Giustizia, GEMO, C-126/01 del 2003

76 Sentenza Corte di Giustizia, Repubblica federale di Germania/Commissione delle

Comunità europee, C-301/96 del 2003.

77 C. Buzzacchi, Principio della concorrenza e aiuti di stato tra diritto interno e diritto

comunitario, Giurisprudenza Costituzionale, n.1, 2004.

78 V. Franceschelli, Concorrenza e antitrust: profili generali, in M.P. Chiti, G.

Greco (a cura di), Trattato di diritto amministrativo europeo. Parte speciale: vol. 1, Milano, 1997.

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stato”, pertenga alla “tutela della concorrenza” e giustifichi una competenza esclusiva dello Stato, anche in considerazione del fatto che seguendo tale lettura i commi 1 e 5 dell’articolo 117 Cost. non avrebbero senso79.

Come ricorda la Corte, la disciplina degli aiuti concessi dagli Stati si trova al Titolo VI, capo I, del Trattato, ma non certo in funzione “promozionale”, proprio in ragione del modello di generale divieto ed eventuali deroghe, proposto dal diritto comunitario.

È certamente ammissibile che, in determinate ipotesi, gli interventi promozionali degli stati siano considerati legittimi anche dal diritto europeo se, ad esempio, costituiscano delle misure di sostegno a determinate attività. Tuttavia se l’intervento economico si risolve in un aiuto, è dubbio che esso costituisca una misura a tutela della concorrenza, ancorché consentito dall’ordinamento comunitario. Del resto, l’intervento di sostegno concerne il settore in sé e per sé considerato, pertanto solo indirettamente e in prospettiva tutelerà (probabilmente) il mercato della concorrenza80.

Contrariamente a quanto affermato dalla Corte Costituzionale, le disposizioni comunitarie in materia di aiuti di stato non sono certo idonee a fondare le competenze in capo agli Stati, ma a limitare o indirizzare, l’esercizio di competenze, qualora siano fondate.

L’impostazione seguita dalla Consulta viene ulteriormente smentita dal Regolamento della Commissione 2001/69/CE, relativo all’applicazione degli artt. 87 e 88 del Trattato agli aiuti di stato di minore importanza (de minimis). Questo testo non può in alcun modo essere considerato alla stregua di una disciplina positiva dell’intervento pubblico nell’economia, tanto che, né in nessun punto del testo né nella motivazione, ci sono riferimenti in merito. La Commissione si limita a rilevare che “Alla luce dell’esperienza maturata (...) è possibile

stabilire che gli aiuti non eccedenti un massimale di 100.000 EUR su un periodo di tre anni non incidono sugli scambi tra gli Stati membri, non falsano né minacciano di falsare la concorrenza e non rientrano pertanto nel campo di applicazione dell’art. 87, paragrafo 1, del Trattato”81.

79 R. Caranta, La tutela della concorrenza, le competenze legislative e la difficile

applicazione del Titolo V della Costituzione, Le Regioni, n.4, 2004.

80 A. Pace, Gli aiuti di stato sono forme di “tutela” della concorrenza?,

Giurisprudenza Costituzionale, n.1, 2004.

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Il regolamento de minimis, risponde ad esigenze di semplificazione, ma deve comunque far salva l’effettività dei controlli sulla compatibilità degli aiuti con le regole di un mercato concorrenziale. Tale disciplina, al contrario di quanto dice la Corte, non ha nulla a che fare con la disciplina positiva in favore dell’intervento pubblico dell’economia, sia pur nel settore delle piccole e medie imprese.

In altri termini, l’opzione interpretativa operata dalla corte non è in alcun modo giustificata dal diritto comunitario, peraltro invocato in modo del tutto insufficiente82.

82 R. Caranta, La tutela della concorrenza, le competenze legislative e la difficile

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