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4. Dalla libertà di concorrenza alla tutela della concorrenza

4.4 La tutela della concorrenza

Abbiamo sin ora illustrato la concezione della libertà di concorrenza nel nostro ordinamento, la sua scarsa e spesso erronea applicazione in sede giurisdizionale e, all’opposto, la chiara disciplina europea del diritto

59 Merita di essere ricordato che la novella costituzionale del 2001, con

l’introduzione della norma contenuta al I comma dell’articolo 117, aprì una strada più diretta al processo di integrazione, nel nostro ordinamento interno, delle normative europee.

60 M. De Benedetto, Il principio di concorrenza nell’ordinamento italiano, Rivista

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della concorrenza dalla quale è scaturita, in un tentativo approssimativo di armonizzazione tra i due ordinamenti, la legge antitrust.

Dall’esame di quanto detto possiamo isolare un dato di fondamentale importanza: il diritto europeo della concorrenza funge da anello di congiunzione, da tassello mancate, tra la libertà di concorrenza e la tutela della concorrenza.

Sono innumerevoli gli esempi in cui il diritto europeo ha influito, in modo sempre crescente, nel sistema italiano, tanto che il legislatore costituzionale del 2001 ha allargato le maglie attraverso cui il diritto comunitario filtra nell’ordinamento interno. Ci riferiamo ovviamente all’articolo 117, comma I.

Al contempo il legislatore, in un’apparente presa di coscienza, ha costituzionalizzato anche la tutela della concorrenza, al comma II, lettera e) del detto articolo.

Tuttavia, se l’enunciazione contenuta al I comma dell’articolo 117 è testimonianza di un’avvenuta maturazione del legislatore nei confronti delle interazioni con l’ordinamento europeo, non altrettanto matura sembra la concezione di tutela della concorrenza.

Infatti, nonostante il notevole progresso, la cultura giuridica italiana porta ancora con se alcune delle incertezze che hanno accompagnato la disciplina interna della materia per cinquant’anni.

Esemplare è, nonostante la chiara classificazione di Ferri, l’errore in cui ancora oggi incorrono i giuristi italiani, costituito dalla confusione tra libertà di concorrenza, come situazione soggettiva attribuita a persone e imprese, e concorrenza effettiva, come modo di funzionamento reale di un mercato.

In questo contesto il lavoro Libertini61 porta maggiore chiarezza. Abbiamo già diffusamente parlato della libertà di concorrenza. Riguardo la concorrenza effettiva, una definizione si presenta più problematica. È intuitivo che quando si parla di “tutela della concorrenza” è necessario definire la concorrenza come bene giuridicamente tutelato.

La possibilità di conflitti tra libertà di concorrenza e concorrenza effettiva è da tempo presente in dottrina. Su di essa si è innestato un dibattito fra una linea di pensiero, che ha ritenuto la concorrenza in

61 M. Libertini, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, Rivista

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senso oggettivo estranea alla tutela costituzionale dettata dall’art. 41 Cost., e un’altra linea di pensiero, che ha invece ritenuto che la tutela della concorrenza (effettiva) costituisca un limite alla tutela della libertà d’iniziativa economica, già nell’impostazione originaria dell’art. 41 Cost.

Tuttavia, anche fra i giuristi coscienti della differenza tra libertà di concorrenza e concorrenza oggettiva, è mancato un serio sforzo nella definizione di quest’ultima anche dopo la riforma costituzionale. Essa è stata considerata come un concetto autoevidente o vi sono state date diverse interpretazioni insoddisfacenti.

Per giungere ad una definizione accettabile il giurista, dice Libertini62, deve scegliere tra i possibili contenuti che possono trarsi dal patrimonio culturale generale, a cui ha attinto lo stesso legislatore nel redigere gli atti normativi.

In quest’ottica finalità politiche e finalità economiche erano considerate come due lati della stessa medaglia: la concorrenza era vista come difesa della libertà individuale contro i pericoli di limitazioni imposte dal potere privato (di imprese dominanti o di coalizioni di imprese) e come mezzo di promozione del benessere economico collettivo. Oggi questa sintesi appare insufficiente poiché il riconoscimento di questi valori non ci consente di definire compiutamente le finalità della politica di concorrenza e di definire cosa sia la concorrenza effettiva come bene giuridico.

Infatti, pur riconoscendo questa base comune, la concorrenza effettiva è suscettibile di due diverse declinazioni: in senso statico, in cui una grande quantità d’imprese opera nello stesso mercato, ovvero in senso dinamico in cui un numero, anche ristretto, di imprese produce un flusso continuo di innovazioni e di nuove offerte commerciali. È evidente che l’applicazione dell’una o dell’altra ipotesi avrebbe effetti ben diversi. Di conseguenza la determinazione della tutela della concorrenza richiede la scelta di un modello di funzionamento dei mercati, ritenuto ottimo rispetto all’obiettivo di sostenere lo sviluppo economico e conseguire il maggior benessere economico collettivo.

Così impostato il discorso possiamo desumere degli elementi chiave per determinare cosa sia la concorrenza effettiva.

In primo luogo è da escludere che la concorrenza come bene giuridico tutelato possa essere costruita sulla base del modello della concorrenza

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perfetta. Ciò non solo perché esso è un modello estraneo alla realtà dei fatti, ma anche e soprattutto perché uno stato di concorrenza perfetta si caratterizza per l’assenza di innovazione e quindi esulerebbe dall’obiettivo dello sviluppo economico e del maggior benessere economico collettivo.

Si è andata così delineando l’idea che il modello di mercato appropriato per il detto fine è quello di una concorrenza imperfetta tra imprese medio-grandi caratterizzata da un forte processo dinamico di innovazioni (tecnologiche, commerciali e organizzative) e dalla concreta possibilità di scelta per il consumatore.

L’evoluzione della politica della concorrenza ha portato a considerare la stessa come mezzo per garantire l’efficienza del sistema economico. Alle posizioni più risalenti, che riducevano la nozione di efficienza al profilo allocativo si è sostituita una concezione di più ampio respiro, volta ad evidenziare gli obiettivi di efficienza allocativa alla stregua di quelli dell’efficienza produttiva e di quella dinamica63. In una

prospettiva dinamica, l’obiettivo di efficienza allocativa può essere in larga parte assorbito da quello della garanzia di un’effettiva libertà di scelta in capo al consumatore64.

Si ha peraltro l’impressione che quest’ultima abbia importanza preminente nella costruzione degli obiettivi della politica della concorrenza. L’efficienza dinamica è, infatti, la ragione di fondo dell’affermazione storica del sistema capitalistico e dell’incremento di benessere collettivo, ad essa collegato.

63 Vista la natura giuridica della trattazione è opportuno chiarire questi tre concetti

di efficienza. L efficienza allocativa è legata ad una certa struttura della domanda, che a sua volta dipende da condizionamenti storico-culturali, da scelte politiche di distribuzione del reddito e di fornitura del beni pubblici. Il fine dell’efficienza produttiva è, invece, la massimizzazione della produzione che può essere assicurato anche da efficienti scelte organizzative interne all’impresa, le quali possono essere imposte anche dalla pressione dell’ambiente esterno (in particolare dai mercati finanziari). Ai dei due precedenti concetti statici di efficienza, si contrappone l’efficienza dinamica, la quale mira al livello ottimale di innovazione nei mercati. In tale prospettiva, un contesto monopolistico non costituisce necessariamente un’eventualità negativa. La prospettiva di conseguire rendite monopolistiche per le aziende maggiormente innovative è di per sé un grande stimolo alla concorrenza. Vietare prezzi monopolistici può dunque sopprimere la concorrenza dinamica e ostacolare il processo innovativo nei mercati caratterizzati da rapida evoluzione tecnologica.

64 M. Libertini, La tutela della concorrenza nella Costituzione italiana, Rivista

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Alla luce di ciò possiamo ricostruire in modo attendibile la nozione di concorrenza effettiva come bene giuridico sulla base di tre elementi: la mancanza di barriere artificiali all’ingresso nel mercato, l’esistenza di un’effettiva possibilità di scelta dei consumatori e l’esistenza di un effettivo processo competitivo dinamico, caratterizzato da innovazioni tecniche, commerciali ed organizzative65.

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