DELL’11 NOVEMBRE 2008 NN 26972/3/4/
1. L’ordinanza della Terza Sezione della Cassazione n 4712/2008.
È stato nell‟intento di ottenere un chiarimento definitivo riguardo al sistema risarcitorio in materia di danno non patrimoniale che la Terza
Sezione della Cassazione, nel febbraio 2008, ha emesso un‟ordinanza121 con la quale ha evocato la necessità di un intervento delle Sezioni Unite ed ha loro sottoposto un articolato elenco di quesiti, riassumibili come segue122:
1) se sia concepibile un pregiudizio non patrimoniale, diverso tanto dal danno morale quanto dal danno biologico, consistente nella lesione del fare a-reddituale della vittima e scaturente dalla lesione di valori costituzionalmente garantiti123;
2) se sia corretto ravvisare le caratteristiche di tale pregiudizio nella necessaria sussistenza di una offesa grave ad un valore della persona e nel carattere di gravità e permanenza delle conseguenze da essa derivate124;
121
Cass.civ., sez. III, 25.2.2008 n. 4712, in Resp. civ. prev., 2008, pag. 1050, con commento di Ziviz; in Guida dir. 2008, n. 12, pag. 42, con nota di Pirruccio; in Danno
e resp., 2008, pag. 553, con nota di Ponzanelli e Bona.
122 Così li hanno riassunti le Sezioni Unite della Corte di Cassazione nella sentenza
24 giugno – 11 novembre 2008 n. 26972.
123 Così l‟ordinanza: “Rispetto alla tripartizione delle categorie del danno non
patrimoniale operata dalla Corte costituzionale nel 2003, è lecito ed attuale discorrere, a fianco del danno morale soggettivo e del danno biologico, di un danno esistenziale, con esso intendendosi il danno derivante dalla lesione di valori/interessi costituzionalmente garantiti, e consistente nella lesione del fare a-reddituale del soggetto, diverso sia dal danno biologico (cui imprescindibile presupposto resta l‟accertamento di una lesione medicalmente accertabile) sia dal danno morale soggettivo (che attiene alla sfera dell‟intimo sentire)?”.
124 Così l‟ordinanza: “I caratteri morfologici del danno “esistenziale” così
rettamente inteso consistono nella gravità dell‟offesa, del diritto costituzionalmente protetto (come pur postulato da autorevole dottrina), ovvero nella gravità e durevolezza delle conseguenze dannose scaturenti dal comportamento illecito?”.
3) se sia corretta la teoria che, ritenendo il danno non patrimoniale “tipico”, nega la concepibilità del danno esistenziale125
;
4) se sia corretta la teoria secondo cui il danno esistenziale sarebbe risarcibile nel solo ambito contrattuale e segnatamente nell‟ambito del rapporto di lavoro, ovvero debba affermarsi il più generale principio secondo cui il danno esistenziale trova cittadinanza e concreta applicazione tanto nel campo dell‟illecito contrattuale quanto in quello del torto aquiliano126;
125 Così l‟ordinanza: “Va dato seguito alla teoria che distingue tra una presunta
“atipicità dell‟illecito patrimoniale” rispetto ad una presunta “tipicità del danno non patrimoniale” (Cass. 15022/2005, secondo la quale, come si è già avuto modo di ricordare in precedenza, mentre per il risarcimento del danno patrimoniale, con il solo riferimento al danno ingiusto, la clausola generale e primaria dell‟art. 2043 c.c. comporta un‟atipicità dell‟illecito, eguale principio di atipicità non può essere affermato in tema di danno non patrimoniale risarcibile che sarebbe, dunque, tipico in quanto la struttura dell‟art. 2059 c.c. limita il risarcimento del danno ai soli casi previsti dalla legge”), o va piuttosto precisato che quello della atipicità dell‟illecito – di cui alla Generalklausel dell‟art. 2043 – è concetto riferibile all‟evento di danno, inteso (secondo la migliore dottrina che si occupa dell‟argomento fin dagli anni 60) ccome lesione di una situazione soggettiva giuridicamente tutelata, e giammai come conseguenza dannosa dell‟illecito, sì che il parallelismo con la (pretesa, ma non dimostrata) “tipicità del danno non patrimoniale” parrebbe confondere, anche rispetto a tale ultima fattispecie, il concetto di evento di danno con quello di conseguenza dannosa dell‟evento?”.
126 Così l‟ordinanza: “Deve, ancora, darsi seguito all‟orientamento espresso da
Cass. n. 23918 del novembre 2006, secondo il quale il dictum di cui alla sentenza a Sezioni unite di questa Corte del precedente mese di marzo doveva intendersi limitato, quanto al riconosciuto danno esistenziale, al solo ambito contrattuale, ovvero affermarsi il più generale principio secondo cui il danno esistenziale trova cittadinanza e concreta applicazione tanto nel campo dell‟illecito contrattuale quanto in quello del torto aquiliano?”.
5) se sia risarcibile un danno non patrimoniale che incida sulla salute intesa non come integrità psicofisica, ma come sensazione di benessere127;
6) quali debbano essere i criteri di liquidazione del danno esistenziale128;
7) se costituisca peculiare categoria di danno non patrimoniale il c.d. danno tanatologico o da morte immediata129;
8) quali siano gli oneri di allegazione e di prova gravanti su chi domanda il ristoro del danno esistenziale130.
127
Così l‟ordinanza: “A quale tavola di valori/interessi costituzionalmente garantita
pare corretto riferirsi, oggi, per fondare una legittima richiesta risarcitoria a titolo di danno esistenziale?
In particolare, un danno che non abbia riscontro nell‟accertamento medico, ma incida tuttavia nella sfera del diritto alla salute inteso in una ben più ampia accezione (come pur postulato e predicato in sede sovranazionale) di “stato di completo benessere psico-fisico” può dirsi o meno risarcibile sotto una autonoma voce di danno esistenziale da lesione del diritto alla salute di tipo non biologico dacchè non fondato su lesione medicalmente accertabile? (la questione trova una sua possibile concreta applicazione, tra le altre, nella vicenda dell‟uccisione dell‟animale di affezione, di cui sopra si è dato cenno)”.
128 Così l‟ordinanza: “Quali sono i criteri risarcitori cui ancorare l‟eventuale
liquidazione di questo tertium genus di danno onde evitare illegittime duplicazioni di poste risarcitorie?
Possono all‟uopo soccorrere, in parte qua (come accade per il danno morale soggettivo) le tabelle utilizzate per la liquidazione del danno biologico, ovvero è necessario provvedere all‟elaborazione di nuove ed autonome tabelle?”.
129
Così l‟ordinanza: “Quid iuris, ancora, in ordine a quella peculiare categoria di
danno c.d. “tanatologico” (o da morte immediata), la cui risarcibilità è stata costantemente esclusa dalla giurisprudenza tanto costituzionale quanto di legittimità, ma che pare aver ricevuto un primo, espresso riconoscimento, sia pur a livello di mero obiter dictum, con la sentenza della III sezione di questa Corte?”.
130 Così l‟ordinanza: “Quali sono, in concreto, gli oneri probatori e gli oneri di
allegazione posti a carico del danneggiato che, in giudizio, invochi il risarcimento del danno esistenziale (il problema si è posto in tutta la sua rilevanza in fattispecie quali
Alla base di tale pronuncia vi è il caso di Tizio che, a seguito di un intervento chirurgico per ernia inguinale, subì una progressiva atrofizzazione del testicolo sinistro, poi asportato con altra operazione chirurgica.
Tizio quindi, assumendo che il secondo intervento era stato reso necessario per gli errori del primo, promosse un giudizio contro il medico e la USL, all‟esito del quale il Tribunale di Venezia riconobbe a suo favore un importo risarcitorio a titolo di danno biologico.
Tizio tuttavia, insoddisfatto dal quantum liquidatogli, appellò la sentenza, domandando tra l‟altro anche il danno esistenziale.
All‟esito del giudizio, la Corte d‟Appello rigettò il gravame sul presupposto che la richiesta di liquidazione del danno esistenziale costituisse domanda nuova, e come tale fosse inammissibile.
Avverso tale sentenza Tizio ricorse in Cassazione.
Ecco allora che la Terza Sezione della Suprema Corte, rilevato che il ricorso investiva questione di particolare importanza, in relazione al c.d. danno esistenziale, sul quale ravvisava sussistere un contrasto di giurisprudenza in seno alla Cassazione, e ritenuta indispensabile una presa di posizione delle Sezioni Unite, ha rimesso la causa al Primo Presidente per l‟eventuale assegnazione alle stesse.
Tuttavia, come si evince dalla lettura dei quesiti formulati nell‟ordinanza, i punti che le Sezioni Unite sono state chiamate a
quella dell‟uccisione di un figlio minore: la relativa domanda risarcitoria è stata, difatti, negata con riferimento al caso di specie, da Cass. 20987/2007, proprio in relazione ad una vicenda di uccisione di una giovanissima figlia, per insufficiente allegazione e prova, da parte dei genitori/attori, della relativa situazione di danno, diversa da quella relativa al danno morale soggettivo e da quella psicofisica di danno biologico)”.
chiarire vanno ben al di là dell‟ammissibilità circa la previsione di una categoria come il danno esistenziale in seno alla disciplina dei fatti illeciti.
Le questioni da dirimere coinvolgono, infatti, l‟intera materia dei pregiudizi non economici, interessando sia l‟estensione della relativa regola di risarcibilità che i rapporti tra art. 2043 e art. 2059 c.c.
Come rilevato in dottrina, si può quindi dire che “ciò che viene chiesto
ai giudici di legittimità, in buona sostanza, è di identificare – nel viluppo di indicazioni che sono venute a sovrapporsi dopo la svolta del 2003 – quel sentiero che possa approdare ad un modello di riferimento coerente ed armonioso”131.
La necessità circa un pronunciamento delle Sezioni Unite viene evidenziata nell‟ordinanza n. 4712/2008 alla luce dell‟esistenza, in tema di danno non patrimoniale, di un contrasto di opinioni esistente in ordine alla configurabilità, come autonoma categoria, del danno esistenziale, inteso come pregiudizio non patrimoniale attinente alla sfera del fare a-reddituale del soggetto e perciò distinto tanto dal danno biologico (in assenza di una lesione in corpore), quanto dal danno morale (in quanto non concretantesi in un mero patema d‟animo interiore di tipo soggettivo).
Al fine di chiarire i termini attraverso i quali si dispiega il contrasto di opinioni presso la Cassazione, l‟ordinanza provvede a ricostruire l‟intero percorso attraverso il quale sono venute a maturare, a livello di giurisprudenza di legittimità, le diverse posizioni in campo.
Il punto di partenza è fornito dalla constatazione che in seno alle sentenze gemelle n. 8827 e 8828 del 2003 nessun rilievo risulta
131
attribuito alla figura del danno esistenziale, sottolineando, gli estensori di quelle pronunce, che “non sembra proficuo ritagliare all‟interno di
tale generale categoria (quella del danno non patrimoniale – n.d.r.) specifiche figure di danno, etichettandole in vario modo”.
Le predette sentenze hanno tuttavia ridefinito, rispetto alle opinioni tradizionali, presupposti e contenuti del risarcimento del danno non patrimoniale, affermando che il danno non patrimoniale è risarcibile, non solo nei casi espressamente previsti dalla legge, secondo la lettera dell‟art. 2059 c.c., ma anche in tutti i casi in cui il fatto illecito abbia leso un interesse o un valore della persona di rilievo costituzionale non suscettibile di valutazione economica, e affermando altresì che “il
danno non patrimoniale deve essere inteso come categoria ampia, comprensiva di ogni ipotesi in cui sia leso un valore inerente alla persona” e che “si risarciscono così danni diversi da quello biologico e da quello morale soggettivo, pur se anch‟essi, come gli altri, di natura non patrimoniale”.
A quest‟orientamento – prosegue l‟ordinanza di rimessione – ha dato continuità la Corte Costituzionale, la quale, con la sentenza n. 233/2003, nel dichiarare non fondata la questione di legittimità costituzionale dell‟art. 2059 c.c., ha tributato un espresso riconoscimento semantico alla categoria del danno esistenziale, ponendolo quale terza sottocategoria di danno non patrimoniale al fianco del danno biologico e del danno morale subiettivo, in un sistema risarcitorio dei danni ormai definitivamente riconosciuto come sistematicamente bipolare (danno patrimoniale/danno non patrimoniale).
L‟ordinanza ricorda poi che, pur in presenza di tale affermazione della Corte Costituzionale, si è assistito a reiterati arroccamenti su posizioni contrapposte, cosicchè si possono chiaramente distinguere due scuole di pensiero, definite, rispettivamente “esistenzialista” e “anti- esistenzialista”.
La prima, favorevole alla configurabilità del danno esistenziale come categoria autonoma di danno non patrimoniale, ovvero come tertium
genus accanto al danno biologico e a quello morale, la seconda che
nega dignità concettuale a tale figura di danno, sulla base della considerazione per cui una categoria generalizzante come quella del danno esistenziale finirebbe per privare il danno non patrimoniale del carattere della tipicità.
L‟ordinanza menziona poi alcune tra le decisioni più rilevanti della Corte di Cassazione in un senso e nell‟altro.
In particolare, tra le pronunce esistenzialiste, le sentenze n. 7713/2000, n. 9909/2001, n. 6732/2005, n. 13546/2006, n. 2311/2007 e, soprattutto, n. 6572/2006 delle Sezioni Unite, la quale ha dato una precisa definizione del danno esistenziale da lesione del fare areddituale della persona, e un‟altrettanto precisa distinzione di esso dal danno morale, fondata sul fatto che il danno esistenziale non ha natura meramente emotiva e interiore.
Tra le decisioni espressione del filone anti-esistenzialista, l‟ordinanza menziona le sentenze n. 15760/2006, n. 23918/2006, n. 9510/2006, n. 9514/2007 e n. 14646/2007.
Così riassunti i contrapposti orientamenti, l‟ordinanza di rimessione conclude invitando le Sezioni Unite a pronunciarsi sugli otto quesiti sopra menzionati.
2. Le sentenze delle Sezioni Unite nn. 26972/3/4/5 dell’11 novembre