DELL’11 NOVEMBRE 2008 NN 26972/3/4/
4. Il danno non patrimoniale dopo le sentenze di San Martino.
4.1. La conferma giurisprudenziale dei principi affermati.
All‟indomani delle sentenze di San Martino, la Suprema Corte ha proceduto, in numerose occasioni, a confermare i principi affermati nel novembre 2008.
Con una pronuncia del 14 gennaio 2009186, le stesse Sezioni Unite, trattando di danno da perdita del rapporto parentale a seguito di incidente stradale mortale, hanno affermato che il danno morale, liquidato anche in assenza di danno biologico, assorbe il c.d. danno esistenziale da uccisione del congiunto, richiamandosi espressamente all‟insegnamento delle sentenze di San Martino secondo cui il c.d. danno esistenziale non costituisce un‟autonoma categoria di danno e tutti i danni non patrimoniali devono essere ricondotti nell‟ambito della previsione dell‟art. 2059 c.c., ivi compreso il danno da perdita del rapporto parentale.
Le Sezioni Unite hanno quindi ritenuto che correttamente la sentenza impugnata avesse riassorbito il danno da perdita del rapporto parentale nel danno morale, considerato che proprio le ben note pronunce del novembre 2008 avevano affermato che “determina duplicazione di
risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l‟esistenza del soggetto che l‟ha
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subita altro non sono che componenti del complesso pregiudizio che va integralmente ed unitariamente ristorato”187.
Con una pronuncia del 15 gennaio 2009188, poi, affrontando un caso di pubblicità ingannevole in cui era stato riconosciuto un danno esistenziale dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio di verificarsi gravi danni all‟apparato cardiovascolare o respiratorio189
, le Sezioni Unite, per negare nella fattispecie la risarcibilità del “danno da paura di ammalarsi,” riconosciuta invece in relazione al “danno da pericolo” a seguito del disastro di Seveso, si sono esplicitamente richiamate alle
187 Le Sezioni Unite con la sentenza n. 557/2009 aggiungono infine che qualora la
perdita sofferta sia di particolare gravità, è legittima la decisione che incrementa il ristoro del “danno morale da perdita della congiunta” in ragione della giovane età della vittima e del ruolo di riferimento familiare per i figli piccoli. Nella specie, “la
perdita sofferta appariva di particolare gravità, sia per il coniuge – in relazione alla giovane età della vittima ed alla centralità del ruolo che essa veniva ad occupare nella compagine familiare in ragione della poliedricità del suo impegno di moglie, madre e lavoratrice – che per i figli, privati della madre in un‟età in cui in cui la madre costituisce la figura genitoriale di primario rilievo sotto il profilo affettivo”.
188 Cass. civ., sez. un., 15.1.2009, n. 794, in Il civilista, 2009, 5, pag. 56, con nota di
Fabiani, e in Foro it., 2009, pag. 717.
189 Nel caso di specie, il Giudice di Pace di Napoli aveva condannato la British
American Tabacco – Bat Italia s.p.a. – al pagamento di una somma di denaro in favore dell‟attore a titolo di risarcimento del danno per aver colpevolmente prodotto, commercializzato e pubblicizzato confezioni di sigarette con l‟utilizzo della dicitura “light”, atta ad indurre in errore il consumatore medio in ordine alla presunta minore pericolosità e nocività di tali prodotti rispetto a quelli “normali”. Errore nel quale – secondo il giudice – è incorso l‟attore, il quale ha subito sia il danno da perdita della
chance di scegliere liberamente una soluzione alternativa “rispetto al problema
fumo”, sia il danno esistenziale dovuto al peggioramento della qualità della vita conseguente allo stress ed al turbamento per il rischio di verificarsi gravi danni all‟apparato cardiovascolare o respiratorio.
conclusioni cui è pervenuta la sentenza della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 26975 dell‟11 novembre 2008.
Così, mentre con riferimento al disastro di Seveso era stato correttamente ritenuto risarcibile il danno morale soggettivo lamentato da coloro che avevano subito un turbamento psichico a causa dell‟esposizione a sostanze inquinanti ed alle conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita (Cass., sez. un., 21 febbraio 2002 n. 2515), trattandosi di un caso in cui il danno lamentato era posto in collegamento causale con un fatto costituente il reato di disastro colposo e, dunque, in riferimento all‟art. 185 c.p., nel caso preso in esame dalle Sezioni Unite del 15 gennaio 2009, invece, opposta è la conclusione cui si deve giungere, dal momento che, secondo l‟insegnamento delle sentenze di San Martino, in assenza di reato e al di fuori dei casi determinati dalla legge, il danno non patrimoniale di cui all‟art. 2059 c.c., composto in categoria unitaria non suscettibile di sottodivisione in sottocategorie, va tutelato in via risarcitoria solo quando si verifichi la lesione di specifici diritti inviolabili della persona, ossia in presenza di un‟ingiustizia costituzionalmente qualificata. Tenendo, dunque, conto dell‟interesse leso e non del mero pregiudizio sofferto o della lesione di qualsiasi bene giuridicamente rilevante.
Con una pronuncia del 16 febbraio 2009190, poi, affrontando il caso dell‟illegittima sospensione e revoca dell‟incarico di due dirigenti di un Comune, che vede gli stessi agire per richiedere il risarcimento dei relativi danni, le Sezioni Unite hanno ancora una volta richiamato
190 Cass. civ., sez. un., 16.2.2009, n. 3677, in Resp. civ. prev., 2009, 4, pag. 745, con
l‟insegnamento delle Sezioni Unite del novembre 2008 e hanno affermato che “costituendo il danno non patrimoniale una categoria
ampia ed omnicomprensiva, all‟interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sotto-categorie, esso comprende il c.d. danno esistenziale, inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, causato dal fatto illecito lesivo di un diritto costituzionalmente garantito: quest‟ultimo, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato.”
Con la pronuncia in commento, inoltre, le Sezioni Unite del 16 febbraio 2009 hanno ribadito i principi sanciti dalle sentenze di San Martino in tema di allegazione e prova del danno, ricordando che “il diritto al
risarcimento del danno morale, in tutti i casi in cui è ritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione, da parte del richiedente, degli elementi di fatto dai quali desumere l‟esistenza e l‟entità del pregiudizio”.
Merita infine menzione la pronuncia delle Sezioni Unite del 19 agosto 2009191, che, facendo puntuale applicazione dei principi sanciti dalle sentenze di San Martino, dopo aver ricordato che il danno non patrimoniale, al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, è risarcibile alla sola condizione che l‟interesse leso dal fatto illecito (e non il pregiudizio sofferto) abbia rilievo costituzionale, che la lesione sia grave (superi cioè la soglia minima di tollerabilità, imposta dalla solidarietà sociale) e che il danno non sia futile (ovvero non consista in
191 Cass. civ., sez. un., 19.8.2009, n. 18356, in Giust. civ., 2010, 4, I, pag. 936 e in
meri disagi o fastidi), ha escluso che possa essere risarcito l‟asserito pregiudizio non patrimoniale – liquidato dal Giudice di Pace di Benevento a titolo di danno esistenziale – legato ai disagi, ai fastidi, e alle ansie provocati dalle formali, reiterate, insistenti richieste della RAI-Radiotelevisione italiana dirette ad ottenere il pagamento del canone, peraltro già tempestivamente versato dall‟abbonato.
A quelle sin qui elencate si aggiungono poi, in senso conforme, numerose altre recenti pronunce della Suprema Corte, ragion per cui ritengo che possa agevolmente affermarsi che il “post sentenze di San Martino” è costellato da sentenze dei giudici di legittimità che, ponendosi nel solco tracciato dalle Sezioni Unite del novembre 2008, affrontano il tema del danno non patrimoniale ribadendo i principi da queste sanciti e facendone puntuale applicazione192.
192 Tra le tante v. Cass. civ., sez. III, 25.9.2009, n. 20684, in Guida al diritto, 2010,
10, pag. 85; Cass. civ., sez. III, 13.11.2009, n. 24030, in Giust. civ. Mass., 2009, 11, pag. 1585; Cass. civ., sez. lav., 30.11.2009, n. 25236, in Red. Giust. civ. Mass., 2009, 11; Cass. civ., sez. lav., 30.12.2009, n. 27845, in Guida al diritto, 2010, 6, pag. 58; Cass. civ., sez. lav., 10.2.2010, n. 3023, in Guida al diritto, 2010, 13, pag. 70; Cass. civ., sez. III, 13.4.2010, n. 8724, in Guida al diritto, 26, 10, pag. 88; Cass. civ., sez. III, 1.6.2010, in Red. Giuffrè, 2010; Cass. civ., sez. III, 14.9.2010, n. 19517, in Dir. &
giust., 2010 e in Il civilista, 2010, 11, pag. 22; Cass. civ., sez. III, 17.9.2010, n. 19816,
in Il civilista, 2010, 11, pag. 22; Cass. civ., sez. III, 18.11.2010, n. 23259, in Resp. civ.
prev., 2011, 3, pag. 700; Cass. civ., sez. III, 9.12.2010, n. 24864, in Dir. & giust.,
2011; Cass. civ., sez. lav., 18.1.2011, n. 1072, in Il civilista, 2011, 4, pag. 21; Cass. civ., sez. III, 3.2.2011, n. 2557, in Dir. & giust., 2011.