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La sentenza della Corte Costituzionale n 184 del 1986.

IL DANNO NON PATRIMONIALE ALLA LUCE DEL CODICE CIVILE DEL

2. La nozione di danno non patrimoniale secondo la Corte Costituzionale.

2.2. La sentenza della Corte Costituzionale n 184 del 1986.

Proprio il predetto dubbio generato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 88 del 1979 portò nuovamente la questione davanti al giudice delle leggi.

Il rimettente59 infatti osservò che se il danno alla salute doveva ricomprendersi nell‟ambito dei danni non patrimoniali, allora era incostituzionale il fatto di doverlo risarcire solo in caso di reato.

A fronte di ciò, consapevole del fatto che se il danno alla salute fosse stato inteso come danno non patrimoniale, il suo risarcimento non sarebbe potuto sfuggire ai limiti posti dall‟art. 2059 c.c., con conseguente violazione dell‟art. 32 Cost., e conseguente illegittimità costituzionale della predetta norma del codice civile, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 84 del 1986, distaccandosi dalla precedente decisione del 1979, ripropose l‟equazione danno non patrimoniale – danno morale subiettivo60.

Detto in altri termini, di fronte all‟alternativa tra dichiarare illegittimo l‟art. 2059 c.c. perché limitativo della tutela della salute, ed evitare tale esito sostenendo che non fosse quella norma ad occuparsi del danno alla salute, il giudice delle leggi scelse la seconda opzione, evitando di

59

Trib. Genova, 8.10.1979, in Giur. it., 1980, I, 2, pag. 1. Più o meno analoga questione venne sollevata da Trib. Salerno, 15.12.1981, in Giur. it., 1982, I, 2, pag. 604).

60 “L‟esame della legislazione e della dottrina, precedenti e successive

all‟emanazione del codice civile, induce a ritenere che nella nozione di danno non patrimoniale, di cui all‟art. 2059 c.c., vadano compresi soltanto i danni morali subiettivi.” (Corte Cost. 14.7.1986, n. 184, in Foro it., 1986, I, pag. 2053; in Giust. civ., 1986, I, pag. 2324; in Giur. it., 1987, I, 1, pag. 392; in Nuova giur. civ. comm.,

pronunciarsi sulla natura di tale danno – qui definito per la prima volta dalla Corte Costituzionale come “danno biologico”, quale lesione dell‟integrità psico-fisica del soggetto – ma riconducendolo comunque nell‟ambito dell‟art. 2043 c.c.61

Per escludere il danno biologico dal novero dei danni non patrimoniali, la Corte non utilizzò un argomento tratto dalla natura stessa del danno,

61 “La vigente Costituzione, garantendo principalmente valori personali, svela che

l‟art. 2043 c.c. va posto soprattutto in correlazione agli articoli della Carta fondamentale (che tutelano i predetti lavori) e che, pertanto, va letto in modo idealmente idoneo a compensare il sacrificio che gli stessi valori subiscono a causa dell‟illecito.

L‟art. 2043 c.c., correlato all‟art. 32 Cost., va necessariamente esteso fino a ricomprendere il risarcimento, non solo dei danni in senso stretto patrimoniali, ma (esclusi, per le ragioni già indicate, i danni morali subiettivi) tutti i danni che, almeno potenzialmente, ostacolano le attività realizzatrici della persona umana.

Ed è questo il profondo significato innovativo della richiesta di autonomo risarcimento, in ogni caso, del danno biologico: tale richiesta contiene un implicito, ma ineludibile, invito ad una particolare attenzione della norma primaria, la cui violazione fonda il risarcimento ex art. 2043 c.c. al contenuto dell‟iniuria di cui allo stesso articolo, ed alla comprensione (non più limitata, quindi, alla garanzia di soli beni patrimoniali) del risarcimento della lesione di beni e valori personali.”

La Corte con tale pronuncia ha affermato altresì che: “Il danno biologico costituisce

evento del fatto lesivo della salute mentre il danno morale subiettivo (ed il danno patrimoniale) appartengono alla categoria del danno-conseguenza in senso stretto”.

(Corte Cost. 14.7.1986, n. 184, cit.).

Giova ricordare che, sulla base di quest‟ultima affermazione, parte della dottrina ha sostenuto che con questa sentenza la Corte Costituzionale, intendendo il danno biologico come danno-evento, lo ha configurato come tertium genus, distinguendolo sia dal danno morale soggettivo che dal danno patrimoniale, che di quell‟evento sono invece conseguenze (c.d. danno-conseguenza). In questo senso v. Franzoni, Il danno

alla persona, Milano, 1995, pag. 215 e Cricenti, Il danno non patrimoniale, op. cit.,

pag. 227.

Di diverso avviso invece Mastropaolo, Il risarcimento del danno nell‟ipotesi di

ma più semplicemente riaffermò l‟identificazione tra danno non patrimoniale e danno morale.

Le argomentazioni addotte in funzione di tale identificazione si incentrarono su un piano storico62, sui lavori preparatori dell‟art. 2059 c.c. e dell‟art. 185 c.p., e sul diritto vivente.

In particolare, secondo la Corte, la ragione dell‟equazione danno non patrimoniale – danno morale subiettivo andava desunta dalla Relazione ministeriale al progetto definitivo di Codice penale del 1930, in cui era scritto: “Quanto alla designazione del concetto, ho creduto che la

locuzione danno non patrimoniale sia preferibile a quella di danno morale, tenuto conto che spesso nella terminologia corrente la locuzione danno morale ha un valore equivoco e non riesce a differenziare il danno morale puro da quei danni che, sebbene abbiano radice in offese alla personalità morale, direttamente o indirettamente menomano il patrimonio”.

Da ciò – affermava la sentenza n. 184/1986 – “si evince che, almeno

nelle intenzioni del legislatore penale del 1930, il danno non patrimoniale di cui al 2°comma dell‟art. 185 c.p., costituisce l‟equivalente del danno morale subiettivo e che i danni direttamente od

62 “La prima sottolineatura va fatta ricordando che l‟immediato precedente

legislativo del risarcimento del danno non patrimoniale ex art. 2° comma 185 c.p. è da rintracciarsi negli artt. 38 c.p. del 1889 e 7 c.p.p. del 1913. Questi ultimi articoli, nel prevedere la riparazione pecuniaria per alcuni reati, prescindono dalla causazione del danno (da intendersi: patrimoniale). (Omissis)

L‟art. 185 c.p.c, al 2°comma, seguendo l‟orientamento già accolto dal codice di procedura penale del 1913, teso all‟allargamento delle ipotesi di riparazione pecuniaria, estende a tutti i reati (e non soltanto ai delitti) la precitata riparazione, includendola nella generale nozione di risarcimento e definendo non patrimoniale il danno morale subiettivo.” (Corte Cost. 14.7.1986, n. 184, cit.).

indirettamente incidenti sul patrimonio non possono essere compresi nei danni non patrimoniali ex art. 185 c.p.”.

Una conferma delle intenzioni avute dal legislatore penale circa il significato dell‟espressione danno non patrimoniale proveniva poi, secondo la Corte, proprio dalla Relazione al Codice civile, in cui era stata manifestata la stessa volontà di limitare gli ambiti dell‟art. 2059 c.c. al solo danno morale63.

Infine, quanto all‟argomento tratto dal diritto vivente, va rilevato che, con la pronuncia de quo, la Corte tenne presente, e volle assecondare, il modo in cui dottrina e giurisprudenza intendevano il danno non patrimoniale, facendolo cioè consistere soltanto nel danno morale soggettivo64.

63 “I lavori preparatori del vigente codice civile confermano quanto ora precisato:

la relazione della commissione reale al progetto del libro “Obbligazioni e Contratti” definisce il danno morale “quello che in nessun modo tocca il patrimonio ma che arreca solo un dolore morale alla vittima” e la relazione ministeriale al vigente codice civile così si esprime: “Circa il risarcimento dei danni cosiddetti morali, ossia circa la riparazione o compensazione indiretta di quegli effetti dell‟illecito che non hanno natura patrimoniale, si è ritenuto di estendere a tutti la risarcibilità o la compensabilità che l‟art. 185 c.p. pone soltanto per i reati.” (Corte Cost., 14.7.1986,

n. 184, cit.).

64 “Ed è da ricordare altresì, da un canto, che la giurisprudenza successiva

all‟emanazione del vigente codice civile identifica quasi sempre il danno morale (o non patrimoniale) con l‟ingiusto perturbamento dello stato d‟animo del soggetto offeso, e, dall‟altro, che ancora oggi la prevalente dottrina riduce il danno non patrimoniale alla sofferenza fisica (sensazione dolorosa) o psichica.” (Corte Cost.,