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La sentenza della Corte Costituzionale n 372 del 1994.

IL DANNO NON PATRIMONIALE ALLA LUCE DEL CODICE CIVILE DEL

2. La nozione di danno non patrimoniale secondo la Corte Costituzionale.

2.3. La sentenza della Corte Costituzionale n 372 del 1994.

Come si è sopra evidenziato, con riferimento alla giurisprudenza della Corte Costituzionale, la questione della definizione degli ambiti dell‟art. 2059 c.c. e di cosa comprenda l‟espressione danno non patrimoniale trovò una prima sistemazione nella sentenza n. 184 del 1986.

Successivamente ad essa, due altre decisioni della Corte65, occupandosi della nozione di danno non patrimoniale in occasione della questione di legittimità circa il diritto dell‟assicuratore di surrogarsi nei confronti dell‟autore dell‟atto illecito per quanto da lui corrisposto alla vittima, confermarono l‟orientamento dominante.

Ben presto, tuttavia, si ripropose la questione inerente al danno biologico.

La sentenza n. 184 del 1986 suscitò infatti molte perplessità, dal momento che, identificando il danno non patrimoniale con il danno morale, portava di conseguenza a considerare il danno alla salute come danno patrimoniale.

Fu così che la Corte Costituzionale, nuovamente investita in relazione ad un altro aspetto del danno biologico, ovvero quello da morte di un congiunto, con la sentenza n. 372 del 199466, ridefinì i confini del danno non patrimoniale, riconducendo entro questi il danno biologico e ponendosi così in controtendenza con le proprie precedenti decisioni

65 Si tratta di Corte Cost., 18.7.1991, n. 356, in Foro it., I, pag. 2967, e di Corte

Cost., 17.2.1994 n. 37, in Giur. it., 1995, I, 1, pag. 10, nonché in Foro it., 1994, I, pag. 1326.

66 Corte Cost., 27.10.1994, n. 372, in Foro it., 1995, I, pag. 3297, in Giust. civ.,

1995, I, pag. 887, in Giur. it., 1995, I, pag. 406, in Resp. civ. prev., 1994, pag. 976, nonché in Nuova giur. civ. comm., 1995, I, pag. 406.

che tendevano a considerare il danno alla salute di tipo patrimoniale, e conseguentemente a limitare l‟area del danno non patrimoniale a quella del danno morale soggettivo67.

In particolare, la Corte affermò che al danno alla salute subito dai congiunti della vittima (c.d. vittime secondarie) non poteva applicarsi l‟art. 2043 c.c., dal momento che il danno subito dai parenti, se loro riconosciuto, sarebbe stato attribuito all‟autore dell‟illecito in via di responsabilità oggettiva, non essendo tale danno una conseguenza diretta della violazione della regola di condotta posta nell‟interesse della vittima primaria.

Detto in altri termini, il criterio di imputazione del danno, basato sulla presenza dell‟elemento soggettivo colposo e sulla prevedibilità dell‟evento, costituiva l‟ostacolo al risarcimento del danno alla salute dei congiunti secondo il modello dell‟art. 2043 c.c.68

67 Per commenti alla sentenza della Corte Costituzionale n. 372/1994, v. Busnelli,

Tre «punti esclamativi», un «punto e a capo», in Giust. civ., 1994, pag. 3035;

Ponzanelli, La Corte costituzionale e il danno da morte, in Foro it., 1994, I, pag. 3297; Scalfi, L‟uomo, la morte e la famiglia, in Resp. civ. prev., 1994, pag. 976; Franzoni, Il danno alla persona, op. cit., pag. 447 ss.

68 Questo il ragionamento seguito dalla Corte: “All‟estinzione dei rapporti di

coniugio o di parentela della persona deceduta, non inerisce necessariamente una lesione della salute del coniuge o dei parenti superstiti. Perciò, ove si dimostri che l‟infortunio mortale ha causato ad un familiare una lesione fisico-psichica (infarto da shock o uno stato di prostrazione tale da spegnere il gusto di vivere), l‟ipotesi di risarcibilità del danno nei termini dell‟art. 2043 deve essere valutata in una prospettiva diversa, la quale assuma la lesione del terzo quale evento dannoso integrante una autonoma fattispecie di danno ingiusto, così trasferendo il problema dal presupposto dell‟ingiustizia del danno a quello della colpa.

Questa impostazione mette in luce il vero ostacolo al risarcimento secondo il modello dell‟art. 2043: il criterio di imputazione del danno ivi indicato si ridurrebbe a mera finzione, non essendo possibile, per difetto della prevedibilità dell‟evento, una valutazione autonoma della colpa.

La difficoltà di riferire il danno biologico delle vittime secondarie all‟art. 2043 c.c. obbligava pertanto la scelta di ricondurlo al modello dell‟art. 2059 c.c., che non andava quindi ristretto al solo danno morale soggettivo69.

La decisione de qua lasciava tuttavia aperto il problema della tutela del danno alla salute, dal momento che, se la norma di riferimento andava ravvisata nell‟art. 2059 c.c., il danno alla salute subito dai familiari della vittima sarebbe stato risarcibile soltanto nei casi in cui la lesione

L‟evento di danno ai familiari sarebbe messo in conto all‟autore in base a una valutazione “allargata” della colpa commessa nei confronti di un altro soggetto, titolare del bene (vita) protetto dalla regola di condotta violata (nella specie, una regola del codice della strada); valutazione compiuta ex post dal giudice, assumendo a referente l‟elemento soggettivo di un‟altra fattispecie e con ampio margine di arbitrio, come dimostra, a modo di esempio, la distinzione, praticata dalle corti inglesi (col solo argomento economico dell‟opportunità di non aggravare troppo il rischio delle compagnie di assicurazione) a seconda che il terzo sia stato colpito da shock nervoso come spettatore occasionale dell‟incidente, o, più tardi, lontano dal luogo del sinistro.” (Corte Cost., 27.10.1994, n. 372, cit.).

69 Secondo la sentenza de quo, il danno alla salute rientrava pertanto, al pari dei

danni morali soggettivi, nella categoria del danno non patrimoniale. La distinzione tra queste due species di danno non patrimoniale era basata semplicemente sul carattere della lesione inferta, permanente nel caso di danno alla salute, e temporaneo nel caso di danni morali.

Tale distinzione è stata però aspramente – e, a mio avviso, giustamente – criticata dalla dottrina, in particolare da Cricenti, che scrive: “Tale decisione (Omissis) è

inoltre basata sulla distinzione tra danni temporanei (danni morali) e danni permanenti (danni alla salute), che è una distinzione infondata, sia in quanto non è ricavabile dal sistema, sia in quanto non appartiene alla configurazione naturalistica dei danni. Ci sono danni biologici che sono temporanei, come avviene in tutti casi in cui la lesione di un arto o di una funzione non lasci effetti invalidanti. E ci sono danni morali che, secondo una accezione medico-legale diffusa, tendono a diventare permanenti” (Cricenti, Il danno non patrimoniale, op. cit., pag. 29).

cagionata a questi ultimi avesse costituito reato, e non in tutti quelli in cui fosse stata la conseguenza di un mero illecito civile.

2.4. La svolta della giurisprudenza costituzionale: Corte Cost. n. 233 /