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l tratti giuridico-sociologici del collaboratore di giustizia

Grafo 9 – Distribuzione dell’intensità delle relazioni nel reticolo

7. I COLLABORATORI DI GIUSTIZIA

7.1. l tratti giuridico-sociologici del collaboratore di giustizia

La figura del Cdg ha una genesi giuridica in un certo senso travagliata ed è contraddistinta da contorni incerti che hanno dato adito a critiche di diversa natura. Senza scendere troppo nel dettaglio delle specifiche storico-giuridiche, per le quali rimandiamo ad altri autori (ad esempio, Parrini 200772 e Riolo 2006), ricordiamo che la figura del Cdg viene giuridicamente riconosciuta per la prima volta nel 1991 con il Decreto di Legge 8/1991 convertito in Legge 82/1991, per essere poi confermata con opportune modifiche nel 2001 con la ormai celebre legge 45/2001.

Il Cdg è un soggetto affiliato che decide di uscire dal contesto mafioso stipulando una sorta contratto con lo Stato con cui si impegna, in cambio di alcuni benefici, a fare dichiarazioni auto ed etero accusatorie su fatti e persone legati alla vita della criminalità organizzata. Tali soggetti, però, non sono da confondere con coloro che decidono di rendere dichiarazioni autoaccusatorie su specifici fatti criminosi e, in taluni casi, forniscono anche informazioni su altri affiliati purché questi siano deceduti o abbiano già intrapreso il percorso collaborativo – siano già fuori dai circuiti associativi insomma; questi ultimi non accedono per loro esplicita volontà allo status di Cdg ma, colpiti già da misure cautelari, offrono dichiarazioni per chiarire quanto detto su di loro dai Cdg. Una simile strategia difensiva sembrerebbe autorizzata o, in un certo senso, concessa dall’organizzazione criminale purché le dichiarazioni non ledano altri affiliati o la famiglia nel suo complesso – per questo motivo, nell’offrire simili dichiarazioni sostanzialmente confessorie, i soggetti si mostrano inevitabilmente generici e laconici con l’obiettivo di precisare quanto già detto dai Cdg senza approfondire ulteriormente il narrato (per alcuni esempi si veda l’Ordinanza Perseo pp. 185-189 e pp. 212-214). Un’accorta definizione del Cdg, inoltre, richiede una breve parentesi su un’altra figura molto importante, il cosiddetto testimone di giustizia (Tdg) – le due figure nella conoscenza comune vengono spesso confuse – che si contraddistingue per caratteristiche ben diverse: i testimoni di giustizia, come definiti dalla legge 45 del 2001, sono «coloro che assumono rispetto al fatto o ai fatti delittuosi in ordine ai quali rendono le dichiarazioni esclusivamente la qualità di persona offesa dal reato, ovvero di persona informata sui fatti o di testimone, purché nei loro confronti non sia stata

72 Il testo di Parrini è consultabile al link http://www.altrodiritto.unifi.it/ricerche/law-

ways/parrini/index.htm - nel testo online non è presente la numerazione delle pagine, perciò, rimanderemo ai capitoli di riferimento.

disposta una misura di prevenzione, ovvero non sia in corso un procedimento di applicazione della stessa» (art. 12). In sostanza, i Tdg sono soggetti che non hanno commesso alcun reato – anzi, in molti casi ne sono vittime – e collaborano con lo Stato fornendo informazioni su fatti e persone, nonché, mettendo a rischio la propria vita e quella dei loro familiari.

Chiarite queste importanti differenze, spostiamo nuovamente l’attenzione sui Cdg e sui connotati sociologici che caratterizzano tale figura.

Decidere di “pentirsi” non vuol dire solo tradire il proprio gruppo di riferimento, disonorare i valori che hanno guidato le proprie azioni e caratterizzato la propria esistenza per lungo tempo – in molti casi dalla nascita – diventando un tragediatore73 e macchiandosi di infamità74, ma vuol dire anche schierarsi dalla parte degli sbirri infami, dalla parte di chi da sempre è stato considerato il nemico per antonomasia. Questi due significati, strettamente legati tra loro ma colorati si specificità simboliche rilevanti, concorrono a delineare un risvolto psicologico non indifferente, che segnerà in maniera indelebile la vita di chi decide di intraprendere la strada collaborativa, di chi spezza i legami con il gruppo di appartenenza e rinnega se stesso come uomo d’onore (Sciarrone 2006).

La vita del Cdg viene stravolta, ovviamente, anche dal punto di vista materiale: «altre linee portanti della riforma – scrive Parrini analizzando i cambiamenti apportati con la legge 45/2001 – possono rintracciarsi nella previsione di un limite tassativo (180 giorni) entro il quale il collaboratore deve rivelare tutti i fatti di cui è a conoscenza; nella redazione di un verbale illustrativo; nella riduzione delle fattispecie di reato per le quali si può applicare la disciplina premiale; la confisca del patrimonio del pentito; la

reclusione75, in vista della raccolta delle deposizioni, in apposite sezioni degli istituti penitenziari per favorire, da un lato, il reinserimento sociale ed evitare, dall'altro,

73 Genericamente è definito tragediatore colui che con il proprio comportamento mette in pericolo la

famigghia e, per trasposizione, anche il Cdg è considerato tale. Quest’ultimo, inoltre, infrange la sacra regola dell’omertà ricordata in tutti i riti d’iniziazione e di passaggio: «Ciò che si dice in questo circolo a forma di ferro di cavallo – recita, ad esempio, la formula per formare la Società dopo il battesimo del Locale – qua si dice e qua rimane, chi parla fuori da questo luogo è dichiarato tragediatore a suo carico ed a discarico di questa società» (in Gratteri e Nicaso 2007, p. 240).

74 «La macchia di infamità si ha quando uno ‘ndranghetista testimonia contro gli altri affiliati in tribunale

o rende pubbliche notizie dell’organizzazione» (Gratteri e Nicaso 2007, p. 264).

75 «La fruizione dei benefici penitenziari, compatibili con lo status di collaboratore – scrive più avanti

Parrini – è subordinata alla espiazione di almeno un quarto della pena inflitta al collaboratore e se si tratta di persona condannata all'ergastolo di almeno dieci anni» (2007, cap. II, nota 47).

possibili concertazioni fra i collaboratori» (corsivo aggiunto, Parrini 2007, cap. II, paragrafo 1). I Cdg, quindi, devono comunque scontare parte della pena prevista – non sono uomini “liberi” – e vengono spogliati dei loro averi76, quindi, la loro condizione muta sia da un punto di vista psicologico – riformulano la loro identità di uomini d’onore non acquisendo, comunque, una totale libertà – sia da un punto di vista economico-materiale – rinunciando ai beni materiali acquisiti negli anni con l’operato mafioso – continuando ad essere caratterizzata da uno stato di incertezza e precarietà – mentre prima l’incertezza era generata dalla condizione di pericolo percepita nel contesto d’affiliazione, ora è causata dalla possibilità della revoca dello status di collaboratore di giustizia e delle relative condizioni di protezione e sostentamento da parte della Stato77.