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9. Non classificabile – soggetto che non siamo in grado di collocare nelle categorie elaborate, ma sul quale possediamo informazioni sufficienti per poterlo inserire nelle analisi successive;

3.6. Social Network Analisys

3.6.1. L’analisi di rete delle organizzazioni mafiose

In risposta ai mutamenti sociali conseguenti alla globalizzazione, all’internazionalizzazione dell’economia e allo sviluppo incessante dei mezzi di comunicazione, le organizzazioni criminali si sono ristrutturate, adottando dei modelli reticolari più flessibili e complessi, in opposizione a modelli organizzativi chiusi e rigidamente gerarchici (Castiello 2015). Come spiegava Savona già alla fine degli anni Novanta, «analizzando i cambiamenti quantitativi e qualitativi della criminalità nel mondo, si possono individuare alcuni segnali di una sua parziale trasformazione da una dimensione individuale a una sempre più complessa e organizzata. […] Più complessa diventa la società nelle sue articolazioni, più complessa tende a diventare la criminalità che ne riproduce le patologie» (1998, p. 421) – mutamento, precisa più avanti Savona, che ha interessato anche le organizzazioni criminali italiane come, ad esempio, la mafia siciliana (ivi, p. 427). L’ammodernamento del crimine organizzato e l’adeguamento ai nuovi obiettivi dettati dall’evoluzione dei modelli culturali ed economici, inoltre, ha agevolato la formazione di modelli organizzativi flessibili reticolari, capaci di

variabile categoriale ordinale articolata nelle seguenti modalità: nessuno status mafioso, sottoposto basso livello, sottoposto livello intermedio, sottoposto alto livello, vertice.

A tal proposito, però, è bene precisare che l’ordinanza di fatto si presenta come una narrazione di fatti o eventi specifici e, benché vengano delineati anche i profili dei vari soggetti, solo per pochi di loro sono riportate informazioni espresse in termini gerarchici – solo in alcuni casi, ad esempio, i collaboratori dichiarano in maniera esplicita se un soggetto fa parte della bassa manovalanza o dei vertiti della cosca, o se possiede una dote. L’attribuzione dello status dei soggetti in queste modalità, dunque, è a discrezione del ricercatore – nel capitolo successivo (paragrafo 4.3.) verranno illustrati gli esatti criteri che hanno guidato l’attribuzione delle modalità ai soggetti.

connettere «da una parte, le organizzazioni criminali tra loro e con la criminalità comune e, dall’altra, con istituzioni e consulenti professionali dell’economia legale. […] È un processo di razionalizzazione della criminalità che comporta una complicata riorganizzazione, in circuiti collegati di forme diverse di criminalità e di un continuum tra attività criminali e attività legali» (ivi, p. 428).

L’evoluzione e la ristrutturazione dei fenomeni organizzativi criminali – sempre più incisiva ed evidente negli ultimi anni – necessita dell’adozione di strumenti teorici e metodologici più sofisticati per raggiungerne una comprensione scientifica. A questo proposito, «la prospettiva di rete e gli strumenti ad essa sottesi appaiono, in un contesto sociale criminale di tipo reticolare, più adeguati ad interpretare i fenomeni criminali nelle loro forme organizzative» (Castiello 2015, p. 15; vedi anche Scaglione 2011). Uno studio empirico sulla criminalità organizzata, infatti, non sarebbe in alcun modo esaustivo se fosse limitato all’utilizzo di metodologie tradizionali orientate all’analisi degli attributi individuali, più che alle dinamiche relazionali che guidano l’associazione degli individui tra loro. D’altronde, come già visto, che i mafiosi siano «specialisti delle relazioni sociali» è un concetto noto da tempo, grazie all’affermazione dell’ampio filone di studi che adotta un approccio relazionale all’analisi del fenomeno mafioso. Per questo motivo, scegliendo un approccio metodologico integrato che accordi gli strumenti di ricerca “classici” e gli strumenti della SNA, si è deciso di dedicare una terza fase della ricerca allo studio delle dinamiche relazionali insite del sistema mafioso, nell’idea che la prospettiva di rete riesca a cogliere al meglio le specificità di un fenomeno sociale per sua natura caratterizzato dalla combinazione di molteplici forme di associazione.

Rimandando alla lettura di altri autori per una più attenta panoramica degli approcci della SNA, dei vantaggi rispetto alle tradizionali tecniche di analisi che impiegano le matrici casi per variabili e delle criticità (per citarne solo alcuni: Scott 1991; Chiesi 1996 e 1999; Piselli 2005; Salvini 2005 e 2007; Freeman 2007; Vargiu 2001), vediamo quali sono i vantaggi e le difficoltà di utilizzare la prospettiva di rete e le tecniche ad essa relative per lo studio delle fenomenologia mafiosa.

Innanzitutto, come accennato poc’anzi, l’approccio di rete - «basato sulla nozione intuitiva che lo schema (pattern) dei legami sociali, nei quali gli attori sono inseriti, abbia per questi importanti conseguenze» (Freeman 2007, p. 28) – permette di oltrepassare i limiti delle metodologie mainstream – che «si sforzano di interpretare la realtà solo indirettamente attraverso gli attributi di individui singolarmente presi»

(Chiesi 1999, p. 14) –, agevolando la comprensione e lo studio delle dinamiche relazionali. Come ha in diverse occasioni sottolineato Sciarrone:

il modello della rete vuole privilegiare gli aspetti processuali del fenomeno mafioso, prestando attenzione in particolare ai processi di radicamento, di espansione e di riproduzione. […] in questo modello sono importanti non solo le relazioni verticali, ma anche quelle orizzontali, anzi grande rilievo è assegnato alle dinamiche di cooperazione e di reciprocità. La dimensione relazionale può essere esaminata alla luce della teoria del capitale sociale, inteso come insieme di risorse disponibili nella rete, ma anche come rete di organizzazioni, mentre l’ottica privilegiata è appunto quella che focalizza le connessioni tra versante interno e versante esterno» (Sciarrone 2009b, p. XIX).

Nello studio della mafia in una prospettiva reticolare, dunque, sono i processi di

embeddedness – di influenza delle relazioni sociali sui comportamenti e sulle istituzioni

(Granovetter 1985) – che assumono rilevanza, occupando il centro della riflessione. Nonostante l’indubbio vantaggio nell’applicazione del modello a rete allo studio della criminalità organizzata – un fascino sempre più riconosciuto, che ha favorito il proliferare costante dell’utilizzo di tali tecniche per lo studio dei fenomeni criminali – bisogna considerare anche una serie di problematiche che il ricercatore deve riconoscere, e quando possibile arginare, se decide di applicare l’approccio e le tecniche della SNA allo studio della mafia.

Le criticità che si incontrano quando si decide di utilizzare l’approccio reticolare per lo studio dei fenomeni mafiosi sono in parte coincidenti con quelle riferibili all’analisi di rete generalmente intesa: l’incompletezza dei dati, la delimitazione dei confini della rete, le difficoltà di acquisire dati relazionali e la dinamicità dei gruppi criminali, problematiche che sono ancora più evidenti nel caso dei «dark network», ovvero «strutture composte da soggetti che oltre ad agire illegalmente perseguono i loro fini in modo occulto e segreto» (Castiello 2015, p. 197).

Parte di questi elementi critici sono stati già discussi a proposito dell’utilizzo dei materiali giudiziari come fonti (paragrafo 3.3.) e ulteriori note sulla selezione dei soggetti – quindi sulla delimitazione dei confini della rete – verranno specificate nel prossimo capitolo. Per quanto riguarda il problema riguardante la dinamicità dei gruppi criminali, una soluzione è stata proposta da Scaglione (2011) con un tentativo di analisi longitudinale.

si ritiene che i vantaggi dell’utilizzo della prospettiva relazionale e degli strumenti che mette a disposizione nello studio delle reti mafiose assumono, comunque, un maggiore valore delle problematiche che presenta, e per questo motivo conferma l’utilità dell’approccio relazionale per lo studio della mafia.

3.6.2. L’applicazione dell’approccio reticolare al fenomeno mafioso

Lo studio delle reti sociali, secondo Burt, può essere affrontato secondo due differenti prospettive d’osservazione – centrata sulle relazioni o sulle posizioni dei soggetti – e/o tre oggetti d’analisi – l’individuo, il gruppo o la rete globale:

Le sei modalità della network analysis sono distinte attraverso due parametri: (1) il livello di aggregazione degli attori – individui versus sottogruppi all’interno di un sistema versus sistemi globali, e (2) l’approccio assunto nei confronti dei legami tra attori – l’approccio relazionale versus l’approccio posizionale. L’approccio relazionale è tipizzato nella sociometria tradizionale che pone l’accento sulle relazioni tra attori. […] L’approccio posizionale si concentra sul modello delle relazioni di un attore. L’insieme delle relazioni di un attore nei confronti di altri attori all’interno di un sistema determina la posizione dell’attore nel sistema (Burt 1978, traduzione della citazione in Vargiu 2001, p. 75)43.

Similmente, lo studio delle reti mafiose può essere affrontato secondo diverse dimensioni analitiche:

«nello studio della criminalità organizzata, la metafora della rete può essere allora ulteriormente declinata in almeno quattro modalità differenti, le quali suggeriscono altrettante dimensioni di analisi. Per isolare tali prospettive è possibile incrociare un duplice livello di analisi: il punto di vista individuale/collettivo e il tipo di focus interno/esterno. Ad un livello individuale, possiamo parlare di reti in termini di risorse relazionali possedute dal singolo criminale, sia in termini di legami forti, che uniscono i sodali di una cosca, e si fondano sulla condivisione di una solidarietà e di una intimità di gruppo; sia in termini di legami deboli, che connettono soggetti appartenenti a cerchie sociali distanti e differenti. Si tratta, in altre parole, del concetto di «capitale sociale» che si accompagna all'immagine del mafioso come imprenditore di relazioni [Sciarrone 1998, 2000; Catanzaro 2009]. In questa formulazione, le varianti individuali distinte si ricollegano rispettivamente alla nozione di

43 La classificazione di Burt è stata ripresa da diversi autori, tra i quali: Niemöller e Schijf (1980), Chiesi

capitale sociale bonding e a quella di capitale sociale bridging [Putnam 2000].

Anche ad un livello collettivo, ovvero in una dimensione organizzativa, il concetto di rete presenta due modalità: da un punto di vista intraorganizzativo ci troviamo di fronte al modello dell'organizzazione a rete; da un punto di vista inter-organizzativo possiamo, invece, fare riferimento alle reti di organizzazioni, di cui l'esempio più noto è costituito dalla criminalità transnazionale» (Scaglione 2011, p. 43-44).

Seguendo le diverse indicazioni suggerite dagli autori, nella ricerca sulle cosche lametine abbiamo deciso di toccare più dimensioni, restringendo gradualmente il focus analitico: siamo partiti, così, dall’analisi della dimensione strutturale dell’intero reticolo, evidenziandone le caratteristiche morfologiche attraverso indicatori quali ampiezza, densità, diametro, distanza relazionale media, etc.; successivamente, abbiamo analizzato la coesione del gruppo, rilevando la presenza di eventuali sotto-gruppi attraverso il calcolo la modularity – una misura che individua i sotto-gruppi all’interno della rete sulla base del differenziale di connettività (densità); infine, con uno zoom sui soggetti abbiamo analizzato le loro caratteristiche relazioni e la posizione che ricoprono nel reticolo attraverso il calcolo delle misure di centralità.

Concludiamo queste note metodologiche ricordando che le cosche da analizzare non sono state scelte con il criterio della rappresentatività, quindi, l’intento di questo lavoro non può essere – e non vuole essere – quello di spiegare i modelli relazionali tipici delle organizzazioni mafiose – per raggiungere un simile obiettivo avremmo dovuto studiare, per molto più tempo e collezionando una mole di materiale ben più ampia, una varietà di cosche italiane di diverse regioni. Gli obiettivi di questa ricerca sono di duplice natura: da una parte, c’è la curiosità di esplorare la configurazione e le dinamiche relazionali mafiose che si delineano in un contesto mafioso, in un certo senso, sottovalutato dall’attenzione scientifica; dall’altra parte, la necessità di elaborare e testare una prassi metodologica che possa tornare utile allo studio della criminalità organizzata.