ECONOMIA PER LA PLASTICA
3.2 La centralità dei materiali
Nello spazio aperto che l’economia circolare crea at-traverso i suoi obiettivi, si può dunque sviluppare una grande ricchezza di opportunità tecnologiche e produt-tive, anche e soprattutto grazie al design, in cui il ma-teriale diventa il protagonista fisico della produzione industriale. La centralità del materiale deriva proprio dal fatto intrinseco per cui esso è sia elemento costi-tuente dei prodotti di consumo, sia a sua volta pro-dotto e risorsa. Perciò un materiale è circolare quan-do è rinnovato e rinnovabile, ovvero quanquan-do proviene da risorse rinnovabili per loro stessa natura (perché di coltura) e quando sono prodotti a partire da materia reimmessa nel ciclo produttivo, che sia essa prove-niente da filiera omogenea o diversa.
Tutti i materiali prodotti in questo modo si offrono, quindi, sia come materie prime sostenibili sostituibili a quelle tradizionali, ma anche come alternative dal punto di vista tecnico-prestazionale ed estetico.
In base alla loro origine, si possono suddividere in ma-teriali36 :
NEOCLASSICI
Provenienti dalle “miniere urbane o industriali”, con-siderati fino ad oggi rifiuti, ma sottratti alle discari-che tramite le filiere industriali consolidate per diveni-re nuove materie prime. Fra questi materiali troviamo carta, vetro, alluminio, acciaio, legno e più recente-mente, anche le materie plastiche, le gomme e i rifiuti elettronici.
EX-NOVO
Materiali tradizionalmente considerati irrecuperabili e destinati alla discarica o all’incenerimento, quali scarti industriali alimentari, polveri, reflui gassosi, rifiuti ur-bani e mix plastico. Questi materiali, inizialmente dati per “terminali”, possono essere invece trasformati in nuovi materiali grazie allo sviluppo di nuovi processi e nuove filiere.
BIO-BASED
Materiali di origine genericamente biologica, quindi costituiti in tutto o in parte da componenti organiche considerate rinnovabili in quanto soggette ai processi di riproduzione della vita biologica secondo i suoi ritmi.
Tra i materiali bio-based più importanti le bio-plasti-che, le quali possono avere diversa origine (anche fos-sile), ma riducono notevolmente il loro impatto rispet-to alle plastiche tradizionali.
Berriestex è una finta pella vegana a base di fragole e altre bacche troppo mature, steli e foglie. Luckynelly, Berlino.
Tessuto non tessuto in fibra di basalto tritata realizzato senza leganti.
Vulkan Europe, Olanda
3.2.1 Bioplastiche
ORIGINI E CLASSIFICAZIONE
Le prime materie plastiche utilizzate a livello indu-striale dall’uomo erano di origine naturale, infatti, pri-ma di utilizzare i monomeri derivati dalla raffinazione del petrolio, molti degli oggetti della vita quotidiana erano prodotti con polimeri bio-based (come visto nel capitolo 1 con la gomma naturale, la cellulosa w la ca-seina). È nel 1947 che viene sintetizzato il Rilsan (o po-liammide 11), la prima bioplastica tecnica introdotta sul mercato proprio per le sue eccellenti proprietà mecca-niche e di resistenza chimica. Poi, a partire dagli anni Novanta, fu la volta delle bioplastiche che sono ancora oggi tra le più comuni, come il PLA (acido polilattico), i PHA (poliidrossialcanoati) o ancora gli amidi plastificati che hanno potuto sfruttare i rapidi progressi dei settori della green e della white chemistry nella valorizzazione della biomassa (amidi, zuccheri, cellulosa, ecc.).
Oltre ai polimeri bio-based e/o biodegradabili di ul-tima formulazione, come il PEF (polietilene furanoa-to), i principali sviluppi riguardano la diversificazione delle fonti utilizzate per produrre questi materiali, che si concentrano principalmente sulla valorizzazione dei co-prodotti o dei rifiuti di diverse biomasse.
Al giorno d’oggi esistono molte tipologie di bioplasti-che, differenziate proprio in base alla loro origine, la quale ne influenza anche i processi di sintesi e di ge-stione a “fine” vita. La maggior parte delle bioplastiche proviene dalla biomassa, per questo vengono chiamate bio-based, ma alcuni polimeri biodegradabili vengono ancora ottenuti a partire da risorse fossili, nonostante il loro numero sia molto basso (principalmente PBAT e PCL)37.
La biomassa utilizzata per la fabbricazione dei polimeri bio-based è principalmente rinnovabile e proviene da diverse attività quali l’agricoltura o l’industria agroali-mentare. Il processo centrale per la produzione di bio-plastiche consiste nella fermentazione batterica degli zuccheri di diversa origine.
È infatti mediante questi procedimenti che si ottengo-no le molecole piattaforma della green chemistry che possono essere utilizzate come monomeri per la pro-duzione di polimeri bio-based.
37 Sito internet http://natu-replast.eu/it/
il-mercato-del-le-bioplastiche/
storia-delle-bio-plastiche/
CAPITOLO 3 - UNA NUOVA ECONOMIA PER LA PLASTICA
Perciò l’origine della materia prima con cui vengono prodotte le bioplastiche si può distinguere in:
Alimentare (di prima generazione)
Derivante da oli vegetali, amido (contenuto, ad esem-pio in mais, grano, patata, taesem-pioca) e dal glucosio (con-tenuto nella canna da zucchero e nella barbabietola).
Non alimentare (di seconda generazione)
Derivante dalla biomassa lignocellulosica come legno, co-prodotti o rifiuti dell’agricoltura o del legno (casca-mi di canne da zucchero, pacciamatura, ecc.) e dai ri-fiuti urbani (riri-fiuti organici, acque reflue).
Non alimentare, coltivabile fuori terreno (di terza generazione)
Ovvero derivante dall’attività di microorganismi, come microalghe, funghi, lieviti e batteri.
Altre bioplastiche, di fatto, non derivano da fonti rin-novabili, bensì anch’esse da fonti fossili, proprio come le plastiche tradizionali, ma rispetto a queste ultime, sono biodegradabili.
Altre bioplastiche, di fatto, non derivano da fonti rin-novabili, bensì anch’esse da fonti fossili, proprio come le plastiche tradizionali, ma rispetto a queste ultime, sono biodegradabili38.
38 Report What are biol-plastics?
Material types, terminology, and labels – an introduction.
European Bio-plastics, 2018 Sito internet https://www.
european-bio-plastics.org/
bioplastics/
PRINCIPALI APPLICAZIONI
Per quanto riguarda le applicazioni a livello di produ-zione industriale, il primo settore a sfruttare le bio-plastiche è stato quello dei prodotti monouso (si può ricordare la totale sostituzione delle tradizionali buste di plastica dei supermercati con buste in PLA), in quan-to l’utilizzo di polimeri biodegradabili e compostabili rappresentava un importante vantaggio tecnico in gra-do di attutire l’impatto ambientale dell’usa-e-getta.
Nonostante, al giorno d’oggi, le bioplastiche vengano utilizzate in un numero crescente di mercati, il setto-re del packaging detiene ancora il segmento maggiosetto-re con il 48% (1,15 milioni di tonnellate) del mercato tota-le deltota-le bioplastiche nel 2021. Altre applicazioni che stanno acquistando importanza riguardano il settore dell’agricoltura e dell’orticoltura, che sfrutta le sue risorse per la produzione stessa delle bioplastiche, e il settore tessile, che sperimenta la possibilità di produr-re nuove fibprodur-re sostenibili39.
Bio-based/
Non biodegradabili
Biodegradabili PET PE PA PP PTT altro
PBAT PLS PLA PHA mix di amidi film di cellulosa altro
39 Sito internet http://natu-replast.eu/it/
applicazioni-in- dustriali-del-le-bioplastiche/
* Produzione globale di bioplastiche nel 2021 (per segmento applicativo e tipologia di polimero) Fonte: European Bioplas-tics, nova-Institute, 2021.
www.european-bioplastics.
org/market
www.bio-based.eu/market
BIODEGRADABILITÀ e SMALTIMENTO
La categorizzazione delle bioplastiche è da tenere a mente anche per quanto riguarda il loro fine vita.
Quelle strutturalmente simili a polimeri esistenti (PET o PE bio-based, ad esempio) avranno, a fine vita, le stesse possibilità di valorizzazione mediante riciclag-gio dei loro equivalenti derivati dal petrolio. Nel caso, invece, del riciclaggio di imballaggi domestici in pla-stica (oggi principalmente corpi cavi), la distinzione non è tecnicamente possibile con i mezzi attualmente utilizzati per la loro cernita dopo la raccolta. Queste versioni bio-based devono quindi poter essere ricicla-te esattamenricicla-te come i maricicla-teriali convenzionali, senza compromettere la qualità della plastica riciclata così ottenuta. Al contrario, le bioplastiche caratterizzate da strutture chimiche nuove devono poter essere con-siderate caso per caso come nuovi materiali, alcuni dei quali contraddistinti in più dalla possibilità di es-sere biodegradabili. Questo permette, ad esempio, di ipotizzare nuove metodologie di valorizzazione a fine vita, nello specifico mediante compostaggio o meta-nizzazione (ottenimento di biogas). Consentendo una riduzione del volume di rifiuti plastici abbandonati in natura, questa proprietà può inoltre essere vista come una funzionalità di cui è possibile approfittare a secon-da delle applicazioni e degli utilizzi dei materiali.
Perciò la biodegradabilità di un polimero è una pro-prietà che dipende dalla sua struttura chimica e, come definisce l’ADEME40: "Un materiale è detto biodegra-dabile se può essere decomposto grazie all’azione di microrganismi (batteri, funghi, alghe…). Il risultato è la formazione di acqua, CO2 e/o metano ed eventualmen-te di sottoprodotti (residui, nuova biomassa) non tossici per l’ambiente."
Il processo di degradazione necessario a smaltire le bioplastiche biodegradabili è, quindi, il compostaggio.
Un procedimento di trasformazione di materie fer-mentescibili in compost che permette di ammendare il terreno migliorando la sua fertilità.
Nel settore delle plastiche compostabili, ne vengono spesso menzionati due importanti tipi:
1. Il compostaggio domestico (chiamato anche Home