I. La città nell’Europa del Settecento tra realtà e immaginazione
1. La città settecentesca
1.5 La città e l’urbanità nella critica illuministica
Il dinamismo costruttivo e le riforme urbanistiche della seconda metà del XVIII secolo non arrestarono le polemiche: alla disapprovazione prettamente architettonica, evidente negli appelli al ‘buon gusto’ e al decoro stilistico169, si accompagnava una più ampia
tipologia di critiche, di volta in volta mirate a specifiche questioni e che nell’insieme plasmano una precisa rappresentazione della città, dove l’elogio dei suoi splendori si accompagna alla critica delle sue gravi mancanze. Del resto, la straordinaria crescita della popolazione aveva portato a un soffocante sovraffollamento, particolarmente visibile in alcune aree, e all’amplificazione dello sviluppo spontaneo e caotico della città che, in mancanza di una pianificazione razionale, mostra chiaramente i suoi disequilibri interni. Jacques-Hyppolite Ronesse sollevava la questione della mancanza
168 JEAN-JACQUES ROUSSEAU, Les Confessions, in Œuvres complètes, Paris, Gallimard, vol. I, 1959, p. 159.
169 Polemiche sul ‘buon gusto’ e sull’adeguatezza stilistica delle strutture urbane trapelano ovunque, anche in testi meno condizionati dalla dimensione prettamente architettonica. Ad esempio, la già citata proposta per la pulizia delle strade avanzata da Jacques-Hyppolite Ronesse, subito dopo aver condannato la mancanza di acqua, si dilunga in una nota in cui le fontane delle città venivano osservate con severo giudizio estetico: «Non seulement la ville n’a presque point d’eau, mais la petite quantité qu’elle possede, est distribuée dans des fontaines du plus mauvais goût, à peine dîgnes de figurer dans la place d’un village...» (RONESSE, cit., p.61).
di un piano come causa principale dello stato delle strade della capitale:
Plusieurs quartiers de Paris (…) se sont formés insensiblement, sans que personne y veillât; car les nouvelles constructions ont été le produit de spéculations particulieres & successives, sans aucun plan général. C’est ainsi que nous venons de voir s’élever une nouvelle ville, depuis la Madeleine jusqu’à Saint-Lazare. En moins de dix années tout ce grand espace s’est couvert de maisons faites pour en former un des plus beaux quartier de Paris, sans que l’on auit pourvu à ce que les rues fussent percées convenablement aux débouchés; sans qu’on ait réglé la hauteur des bâtimens; sans qu’on y ait établi ni places, ni fontaines, ni marches; sans seulement avoir marqué des emplacements pour tous ces objets de nécessité.170
Anche all’osservazione di Mercier non sfugge la problematicità di uno sviluppo disordinato, tragicamente evidente nei quartieri centrali:
Paris n’a pas été fait en un jour, dit le proverbe. On le voit dans la cité; on y est convaincu par ses propres yeux, que cette ville s’est formée au hasard, et de la réunion imprévue d’un grand nombre de maisons.
Chacun a d’abord choisi son emplacement d’après les édifices publics, les temples, les places; on n’a jamais songé à l’alignement des rues, c’est-à-dire, à l’agrandissement futur de la ville, de là les places resserrées, les angles, les détours, l’étranglement des issues, et voilà pourquoi cet ancien quartier offre un aspect désagréable de maisons petits, écrasées. Les voiture ont peine à tourner dans les rues; il faut être habile cocher, pour se tirer d’affaire. Quelques bâtiments qui dominent rendent les autres plus mesquines encore.171
Al contrario, i nuovi quartieri si distinguevano per un allineamento generale che, guidato anche dalle regolamentazioni edili, rifletteva la sontuosità di quella parte di popolazione che ne aveva finanziato lo sviluppo; in questo modo si profila una certa caratterizzazione dello spazio, che lentamente tende a materializzare, nell’ordinamento e nello stile degli edifici, i divari economico-sociali esistenti:
Dans les nouveaux quartiers, au contraire, tout est aligné; point de places resserrées, point de carrefours étroits; ils sont vastes et réguliers; on y travaille en grand, comme pour la ville de l’univers qui est devenue après plusieurs siècle le clef-lieu de la souveraineté, le centre et le cœur du royaume, le ressort principal d’où partent et où viennent réfléchir tous les mouvements qui agitent la monarchie.172
Come abbiamo visto, l’iniziativa edile che con più facilità potrebbe essere compresa in un’azione pre-urbanistica si concretizza nella normalizzazione dell’ampiezza delle
170 Ivi, p. 75.
171 MERCIER, cit., vol. I, p. 456.
strade, unita a quella relativa all’altezza degli edifici. Se quelle indicazioni auspicavano la concretizzazione di un modello cittadino omogeneo e pianificato, la loro emanazione è determinata da due differenti tipi di questione: innanzi tutto quelle sollevate da esigenze propriamente artistico-architettoniche, in linea con il tradizionale concetto di embellissement, e quindi quelle scaturite del dibattito contemporaneo sull’igiene. Tuttavia, sembra mancare ad esse la connessione con una rivalutazione del piano complessivo della città, in un’ottica che diventerà propriamente urbanistica solo nella sua regolamentazione a base scientifica ottocentesca. Pur essendo già forte la consapevolezza dell’impossibilità di uno sviluppo cittadino ordinato all’interno della spontaneità dei processi di urbanizzazione, nella riflessione degli intellettuali non sembra ancora comparire il deciso appello a un ripensamento radicale dell’ambiente attraverso l’organizzazione d’insieme.
Nella parte ‘introduttiva’ alla lunga serie di voci dedicate ai differenti tipi di città, l’Encyclopédie mostrava chiaramente la possibilità di una certa pianificazione, che però non si esprime in senso totalizzante, formulando invece una nuova rappresentazione di specifici spazi:
Pour qu’une ville soit belle, il faut que les principales rues conduisent aux portes; qu’elles soient perpendiculaires les unes aux autres, autant qu’il est possible, afin que les encoignures des maisons soient à l’angle droits; qu’elles aient huit toises de large, & quatre pour les petites rues. Il faut encore que la distance d’une rue à celle qui lui est parallèle, soit telle qu’entre l’une & l’autre il y reste un espace pour deux maisons de bourgeois, dont l’une a la vue dans une rue, & l’autre dans celle qui lui est opposée. Chacun de ces maisons doit avoir environ cinq à six toises de large, sur sept à huit d’enfoncement, avec une cour de pareille grandeur: ce qui donne la distance d’une rue à l’autre de trente-deux à trente-trois toises. Dans le concours des rues, on pratique des places dont la principales est celle où les grandes rues aboutissent; & on décore ces places en conservant une uniformité dans la façade des hôtels ou maisons qui les entourent, & avec des statues & des fontaines.173
Nonostante la minuzia di alcuni particolari, ciò che l’Encyclopédie mette al centro dell’attenzione non è la rappresentazione di un ideale di città configurato in senso scientificamente urbanistico, quanto piuttosto il ripensamento di alcune modalità di riorganizzazione cittadina in funzione di un’esigenza architettonico-stilistica che sembra avere il sopravvento, giacché la proporzionalità tra strade e costruzioni, la presenza di statue e fontane, l’apertura di ampie piazze, ecc., sono necessarie «pour qu’une ville soit belle». Debole sembra invece la visualizzazione complessiva del tessuto urbano, della
pianificazione d’insieme la cui mancanza era denunciata proprio da quelle critiche sulla caoticità cittadina che erano ormai di gran moda.
La necessità di un plan général era dichiarata anche da Pierre Patte che, nel proporre una città architettonicamente adeguata, precisa l’importanza di un ripensamento globale dell’organizzazione spaziale:
Mais pour réussir à procurer à une Ville des avantages si désirables, il seroit à propos d’en faire un plan général suffisamment détaillé (...) On connoîtroit par les nivellemens, la direction des pentes nécessaires pour l’écoulement des immondices, comment on peut distribuer ou placer les canaux, & recueillir de nouvelles eaux, soit pour les grossir, soit pour les amener dans les diverses réservoirs. Autant que faire se pourroit, il conviendroit d’allier l’agréable à l’utile, en conservant dans la réforme du plan d’une Ville, tout ce que est digne de l’être, tout ce qui forme déjà des embellissemens particuliers pour les lier avec art à un embellissement total.174
Pare opportuno sottolineare come nella riflessione di Patte la pianificazione urbana si delinei come una possibilità concreta, giacché non prevede la costruzione ex novo di uno spazio debitamente disegnato, ma la riforma progressiva degli ambienti già esistenti, la cui storia non viene negata, ma le cui asimmetrie e mancanze strutturali si vogliono superare:
Quand une fois le plan d’une Ville seroit suffisamment médité, peu-à-peu passeroit à son exécution, non pas en abattant, comme on pourroit le croire, toutes ses maisons; mais en ordonnant qu’à mesure qu’il se feroit de nouvelles constructions, elles fussent dirigées suivant l’arrangement projetté...175
L’assenza di un piano accresceva le distorsioni architettoniche, aggravando i problemi contingenti che alcune regolamentazioni tentavano di risolvere, ma con scarsi risultati. Al contrario la monarchia investiva in opere dal forte impatto sull’economia del paese e sugli ambienti della capitale, senza prevedere una revisione del sistema urbano nel suo complesso. Le critiche al «furore costruttivo» settecentesco erano allora rivolte più alla destinazione di quelle grandi imprese che alla loro stessa esistenza, dal momento che molte delle opere pubbliche inaugurate nel regno di Louis XV non erano state intraprese per la risoluzione dei disagi concreti della comunità, bensì per la glorificazione della monarchia, alla cui intenzioni celebrative si erano servilmente piegate.
Voltaire, esprime gravemente il suo dissenso in un celebre scritto, Des embellissements de Paris (1749), dove la disapprovazione è indirizzata contro una magnificenza
174 PATTE, Mémoires, cit., p. 63.
architettonica che, pur assecondando il prestigio della capitale, non rispondeva affatto alle esigenze contingenti dei suoi abitanti; e quando veniva decisa la creazione di una piazza in onore di Louis XV, si indignava:
Il s’agit bien d’une place! Paris serait encore très incommode et très irrégulier quand cette place serait faite; il faut des marchés publics, des fontaines qui donnent en effet de l’eau, des carrefours réguliers, des salles de spectacles; il faut élargir les rues étroites et infectes, découvrir les monuments qu’on ne voit point, et en élever qu’on puisse voir.176
Pochi anni prima, nel 1742, Voltaire aveva affidato a un piccolo opuscolo, Ce qu’on ne fait pas et ce qu’on pourrait faire, le sue riflessioni sullo stato di Parigi. Sfumando la polemica attraverso il trasferimento del discorso nell’antica Roma, l’autore immaginava che un «citoyen dont la passion dominante était le désir de rendre son pays florissant» avesse lasciato al primo console una proposta di trasformazione urbana; in essa la città veniva completamente ripensata in funzione di un’estetica geometrica, funzionale e armoniosa che, sola, avrebbe potuto rendere quegli ambienti propriamente magnifici, allontanandoli dalla ‘barbarie’ altrimenti caratterizzante:
Ces carrefours irréguliers, et dignes d’une ville de barbares, peuvent se changer en places magnifiques. Ces marbres, entassés sur le rivage du Tibre, peuvent être taillés en statues, et devenir la récompense des grandes hommes et la leçon de la vertu. Vos marchés publics devraient être à la fois commodes et magnifiques; ils ne sont que malpropres et dégoûtant. Vos maisons manquent d’eau, et vos fontaines publiques n’ont ni goût ni propreté.177
La compresenza di esigenze utilitaristiche ed estetiche appare qui in tutta la sua evidenza, poiché la progettazione di piazze e mercati pubblici si trova ad essere esplicitamente subordinata alla necessità di spazi adeguati e artisticamente rilevanti. Proprio il rispetto di tale duplice caratterizzazione consente alla città di elevarsi dallo stato di barbarie, associato alla mancanza di un ordine razionale, di stile e di «commodité»; quest’ultimo parametro, in particolare, amplia il discorso urbano coinvolgendo le istanze provenienti da quell’opinione ‘igienista’ che comincia ora a muovere i primi passi per diventare, con l’avanzare del XVIII secolo, un pensiero sempre più articolato e teoricamente influente.
La ripresa della politica delle places royales nel 1749 costringe però Voltaire al
176 VOLTAIRE, Des embellissements de Paris [1750], in Œuvre de Voltaire, Paris, Lefèvre, t. 39, 1830,
p.101.
177 VOLTAIRE, Ce qu’on ne fait pas et ce qu’on pourrait faire [1742], in Œuvres complètes de Voltaire,
superamento dell’ambientazione antica, prima formulata in termini di esemplarità, e alla traslazione della questione nello spazio del reale, in quel contesto parigino che cominciava a subire processi di trasformazione tangibili. La polemica si fonda sul rimprovero nei confronti delle autorità che sembravano indifferenti al deteriorarsi di alcune strutture urbane, come l’infelice facciata del Louvre, la cui progettazione aveva rappresentato un momento di grande orgoglio ‘nazionale’ nell’immaginario colto del tardo Seicento e della prima metà del Settecento; la penosa condizione di alcuni edifici si inseriva poi in un quadro urbanistico confuso, dove lo splendore di alcuni elementi architettonici, dalle porte ai ponti, dalle statue equestri alle passeggiate pubbliche, contrastava con la caotica disposizione di interi quartieri, retaggio doloroso dello sviluppo urbano medievale:
On passe devant le Louvre, et on gémit de voir cette façade, monument de la grandeur de Louis XIV, du zèle de Colbert, et du génie de Perrault, cachée par des bâtiments de Goths et de Vandales. (…) Nous n’avons que deux fontaines dans le grand goût, et il s’en faut bien qu’elles soient avantageusement placées; toutes les autres sont dignes d’un village. Des quartiers immenses demandent des places publiques; et tandis que l’arc de triomphe de la porte de Sainte-Denis, et la statue équestre de Henri-le-Grand, ces deux ponts, ces deux quais superbes, ce Louvre, ces Tuileries, ces Champs-Élysées, égalent ou surpassent les beautés de l’ancienne Rome, le centre de la ville, obscur, resserré, hideux, représente le temps de la plus honteuse barbarie.178
Agli occhi di Voltaire il ruolo della monarchia nella trasformazione degli spazi cittadini appare un obbligo che non era possibile eludere, compito intrinseco dei detentori del potere; a nutrire la fiducia nella positività di razionali interventi architettonico- urbanistici permangono elementi di diversa natura, giacché ad istanze tradizionalmente inclini all’accentuazione dei benefici fruibili dagli abitanti, si aggiungono ragioni economiche, fondate sul riconoscimento del fatto che dalle imprese costruttive «la circulation de l’argent en augmente, et le peuple qui travaille le plus est toujours plus riche»179. Tuttavia, le argomentazioni economiche sembrano servire più da stimolo
178 VOLTAIRE, Des embellissements de Paris, cit., pp. 99-100.
179 A più riprese Voltaire afferma la diretta connessione tra investimento statale in opere pubbliche e la mobilità dell’economia, a vantaggio dello Stato stesso: promuovendo opere di costruzione in tutta la città e in tutto il territorio nazionale, per quanto inizialmente dispendiose, non soltanto il paese si sarebbe arricchito architettonicamente, ma lo Stato avrebbe ricavato beneficio dall’aumento dell’occupazione e dalla circolazione del denaro. «On se décourage quand on songe à ce qu’il en coûtera pour élever ces grands monuments, dont la plupart deviennent chaque jours indispensables, et qu’il faudra bien faire à la fin, quoi qu’il en coûte; mais au fond il est bien certain qu’il n’en coûtera rien à l’état. L’argent employé à ces nobles travaux ne sera certainement pas payé à des étrangers. (…) Mais bien loin que l’État perdre à ses travaux, il y gagne; toutes les pauvres alors sont utilement employés; (…) Quand un souverain fait ces dépenses pour lui, il témoigne sa grandeur; quand il les fait pour le public, il témoigne sa magnanimité. Mais dans l’un et dans l’autre cas, il encourage les arts. Il fait circuler
all’intervento pubblico che da reale perno della questione; in effetti, l’insistenza posta sui vantaggi monetari e occupazionali assicurati dall’apertura di nuovi cantieri si trova in parte adombrata dalla predominanza della rappresentazione urbana che potrebbe fuoriuscire da quelle stesse opere costruttive: trovandosi stimolata da un ritorno politicamente conveniente, il sovrano avrebbe dovuto intraprendere, nel pensiero di Voltaire, un’operazione i cui effetti sarebbero andati molto al di là, riformulando una città più ordinata, razionale, salubre, efficiente e decorosa, a vantaggio del prestigio della monarchia e del benessere di tutti gli abitanti.
Se Voltaire incarna una delle voci più autorevoli, l’appello a un’attività edilizia completamente ripensata caratterizza la produzione di una certa letteratura, specifica o meno, lungo tutto il XVIII secolo. Diffuse sono ormai le pressioni su una progettazione in grado di supplire alle mancanze prodotte dalla storia e, in particolare, capace di risolvere uno dei nodi più complessi del problema, ovvero la funzionalità delle strutture. Le critiche settecentesche conducono così una lotta sempre più agguerrita contro l’inadeguatezza di molti elementi urbani che veniva misurata secondo criteri di volta in volta diversi. Ad esempio, l’osservazione della situazione delle strade della capitale suscitava il biasimo generale soprattutto per questioni di sicurezza. Le regolamentazioni del 1783-1784 non avevano infatti ostacolato il progressivo degrado delle strade, le cui condizioni non rientravano nei programmi normativi. Gli spostamenti tra quelle vie già ammorbate da rifiuti e odori pestilenziali erano resi ancora più disagevoli dallo stato del suolo stradale che soffriva la scarsa manutenzione; proprio in sua assenza, scrive Mercier, non era infrequente imbattersi, nei giorni di pioggia, in veri e propri ‘ruscelli’ che costringevano i pedoni a barcamenarsi malamente tra fiumi di fango putridi e pericolosi180.
l’argent, et rien ne se perd dans ces entreprises... (…) Ce n’est donc pas au roi, c’est à nous de contribuer à présenter aux embellissements de notre ville; les riches citoyens de Paris peuvent le rendre un prodige de magnificence en donnant peu de chose de leur superflu. (…) Que le corps de ville demande seulement permission de mettre une taxe modérée et proportionnelle sur les habitants, ou sur les maisons, ou sur les denrées; cette taxe presque insensible, pour embellir notre ville, sera sans comparaison moins forte que celle que nous supportions pour voir périr sur le Danube nos compatriotes.» (Ivi, pp. 217-226). E ancora, scrive: «Si la moitié de Paris était brûlée, nous la rebâtirions superbe et commode: et nous ne voulons pas lui donner aujourd’hui à mille fois moins de frais, les commodités et la magnificence dont elle a besoin ? Cependant une telle entreprise ferait la gloire de la nation, un honneur immortel au corps de ville de Paris, encouragerait tous les arts, attirerait les étrangers des bouts de l’Europe, enrichirait l’État bien loin de l’appauvrir, accoutumerait au travail mille indignes fainéants qui ne fondent actuellement leur misérable vie que sur leur métier infâme et punissable des mendiants, et qui contribuent encore à déshonorer notre ville; il en résulterait le bien de tout le monde, et plus d’une sorte de bien.» (Ivi, p. 232).
180 «Un large ruisseau coupe quelquefois une rue en deux, et de manière à interrompre la communication entre les deux côtés des maisons. À la moindre averse il faut dresser des ponts tremblants. Rien ne doit plus divertir un étranger, que de voire un Parisien traverser ou sauter un
Nelle critiche sono già percepibili alcune istanze ‘funzionalistiche’ che assumono maggior peso nell’osservazione di strutture urbane specifiche, come ad esempio i mercati. Luogo di incontro, di scambi e commerci, i mercati della capitale non sembrano soddisfare le esigenze contemporanee: sudici, maleodoranti, ma soprattutto inadeguati ad accogliere le attività alle quali sono destinati, essi diventano l’occasione per riflettere sulle caratteristiche che sarebbe auspicabile attribuir loro:
Les marchés de Paris sont malpropres, dégoûtants. C’est un chaos où toutes les denrées sont entassées pâle-mêle. Quelques hangars ne mettent pas les provisions des citoyens à l’abri des intempéries des saisons. Quand il pleut, l’eau des toits