I. La città nell’Europa del Settecento tra realtà e immaginazione
2. Rappresentazione della città ideale
2.4 La nuova città tra istanze igieniste e ripensamento architettonico
L’immaginazione di una città quale fulcro di un progetto alternativo di ordinamento politico-sociale non si arresta alla sua visualizzazione di insieme e, una volta stabilita la sua esistenza come oggetto di riflessione, in rapporto a un esterno territoriale più ampio e in accordo con una pianificazione razionale del suo insieme, l’utopia mette in scena alcuni specifici elementi urbani, la cui rappresentazione risulta immediatamente in contrasto con le realtà contemporanee. Appurata la forma e la composizione interna sulla base di un principio geometrico totalizzante, alcuni autori affrontano allora la
119 MERCIER, L’an deux mille quatre cent quarante, cit., vol. 1, pp. 34-35.
120 «Vous voyez pourtant quelques voitures; elles appartiennent à d’anciens magistrats, ou à des hommes distingués par leurs services & courbés sous le poids de l’âge. C’est à eux seuls qu’il est permis de roules lentement sur ce pavé où le moindre citoyen est respecté.» (Ivi, pp. 34-35).
121 Ivi, pp. 32-33. All’interesse sulla raffigurazione complessiva della città si unisce quello verso il ripensamento di alcune componenti essenziali dell’assetto stradale urbano, tra cui l’illuminazione notturna. Dando espressione letteraria a suggestioni che nel corso del XVIII secolo diventano un elemento chiave del discorso sulla città, la descrizione letteraria dell’utopia pone particolare attenzione ai rischi urbani più frequenti e alle soluzioni che è possibile mettere in pratica. La questione della sicurezza è certamente una di quelle che più insistentemente viene posta a condanna degli ambienti urbani reali, fortemente sentita a prescindere dall’epoca storica o la comunità in questione; per ovviare ai pericoli delle strade gli utopisti impongono un’illuminazione pubblica duratura che, oltre tutto, ha il vantaggio di garantire la libera circolazione delle vetture anche di notte: «Je vis les rues parfaitement éclairées. Les lanternes étoient appliquées à la muraille, & leurs feux combinés ne laissoient aucune ombre; elle ne répandoient pas non plus une clarté de réverbère dangereuse à la vue: les opticiens ne servoient pas la cause des oculistes.» (Ivi, pp. 294-296).
risoluzione di determinate criticità strutturali osservando con maggiore accuratezza la peculiarità di certe scelte architettonico-urbanistiche che danno forma alla città ideale. È questa il prodotto di un meccanismo di radicale capovolgimento della realtà esistente, di cui vengono messi in discussione non soltanto i disarmonici tratti di insieme, ma anche l’insufficienza e la dannosità delle infrastrutture fondamentali.
La produzione immaginaria di spazi urbani si delinea così all’insegna del superamento di problemi contingenti, secondo processi di riflessione del resto molto prossimi a quelli precedentemente considerati della teorizzazione architettonica. È infatti l’architettura lo strumento principale per la riuscita composizione della città ideale e, per quanto relegata alla pura dimensione speculativa, ‘l’arte della costruzione’ è messa al servizio di un ripensamento globale degli spazi su cui si modella la comunità urbana. Così, come la critica illuminista alla città si nutriva di quelle istanze medico-sanitarie che impongono una riformulazione degli ambienti e una maggiore sensibilità verso pratiche di pulizia, separazione e isolamento di determinate strutture e determinate pratiche, anche l’elaborazione utopica si sviluppa in tal senso, illustrando strade perfettamente ordinate e salubri, bacini idrici capillari collocati strategicamente nell’intero tessuto urbano, ospedali razionalmente organizzati se non separati dal resto della comunità, ecc.
Se l’approfondimento di tali specifiche questioni non interessa omogeneamente tutte le produzioni utopiche, laddove la città costituisce un elemento narrativo di importante impatto nell’economia generale del teso, anche la rappresentazione inversa delle mancanze reali assume un peso rilevante; è questo il caso di Mercier e Villeneuve, ma anche in parte di Morelly, le cui intenzioni riformistiche altrove ricordate, supportano ancora una volta l’intima connessione tra illustrazione di un’alterità immaginaria e desiderio di riforma concreta, che resta alla base del discorso settecentesco sulla città, qui formulata su un pensiero igienista fondamentale nella seconda metà del secolo. Salubrità urbana
In contrapposizione ai modelli reali, la città utopica è allora progettata per costituire innanzi tutto un ambiente salubre, in cui diversi provvedimenti sono adottati per assicurare la salute pubblica. Con il progredire delle scoperte mediche e con l’elaborazione settecentesca di teorie igieniste sempre più insistenti, la critica alla città si orienta verso un maggiore approfondimento delle questioni concernenti la salute pubblica, riflettendosi anche nell’immaginario utopico. Mercier e Villeneuve sono gli autori che più richiamano tali problematiche costringendo il lettore a un confronto
diretto tra il modello ideale presentato e le lacune della situazione effettiva, così da rendere possibile l’interpretazione di alcune parti dei loro testi come chiare risposte alle preoccupazioni igieniche che alimentavano la critica urbana settecentesca. Poiché «la propreté est le signe le moins équivoque de l’ordre & de l’harmonie publique»122, ordine
e igiene sono i parametri essenziali entro cui pensare la città ideale, dove la pulizia «règne dans tous les lieux»123.
Come nella realtà, la distribuzione dell’acqua costituisce quindi uno degli aspetti più rilevanti: se già More aveva accennato all’esistenza di un sistema di tubazioni che garantiva l’accesso idrico a tutti i quartieri della città124, alcune esempi settecenteschi
entrano maggiormente nel dettaglio, dedicando più estesa descrizione non tanto alla generosità della natura (aspetto comunque presente), che facilita l’approvvigionamento idrico, quanto piuttosto alle opere dell’uomo che permettono a tutti gli abitanti di accedere alla risorsa idrica:
Chaque coin de rue m’offroit une belle fontaine, qui laissoit couler une eau pure & transparente: elle retomboit d’une coquille en nappe d’argent, & son cristal donnoit envie d’y boire. Cette coquille présentoit à chaque passant une tasse salutaire.125
La presenza di splendide fontane, talvolta immaginate anche come distributrici di acque dalle proprietà benefiche126, si affianca alla progettazione di acquedotti pensati, come
ampiamente richiesto dalle polemiche sulle aggregazioni contemporanee, per condurre l’acqua nelle città alimentando un sistema di distribuzione tale da coinvolgere ogni casa e ogni famiglia:
Une eau pure étoit conduite en abondance dans la ville par des aqueducs. Chaque maison avoit sur le toît un réservoir qui distribuoit l’eau à tous les étages; les gens aisés se procuroient des sales de bains, & les voluptueux avoient fait pratiquer des jets d’eau dans les sales basses, où ils prenoient leurs repas d’en été.127
122 Ivi, p. 214. 123 Ibidem.
124 «Di lì [dalla sorgente fuori dalla capitale] l’acqua è portata in ogni senso per mezzo di tubi di cotto ai quartieri più bassi, e, dove il terreno non lo consente, servono lo stesso vaste cisterne, che raccolgono le acque piovane.» (MORE, cit., p. 60).
125 MERCIER, cit., p. 52.
126 «On trouve dans plusieurs endroits du Royaume des Fontaines qui ont des propriétés différentes, & toutes admirables pour plusieurs fortes maladies; on se baigne dans quelques unes de ses Fontaines, & on boit de l’eau des autres» (LASSAY, cit., p. 381). Ma anche Voltaire: «En attendant, on leur fit voir
la ville, les édifices publics élevés jusqu’aux nues, les marchés ornés de mille colonnes, les fontaines d’eau pure, les fontaines d’eau rose, celles de liqueurs de canne de sucre qui coulaient continuellement dans de grandes place pavées d’une espèce de pierreries qui répandaient une odeur semblable à celle de gérofle et de cannelle.» (VOLTAIRE, Candide, cit., p. 219).
Se l’accesso all’acqua da parte delle famiglie è la condizione essenziale al mantenimento di un’igiene privata fondamentale alla salute generale, essa è garantita anche dalla diffusione di bagni e latrine pubbliche:
Pour entretenir la propreté qui influe sur la santé, on avoit établi des bains publics, vastes & commodes, entretenus aux dépens de l’État pour le service des particuliers, qui l’étoient pas en état de s’en procurer chez eux. (…) …une eau vive & pure y couloit sans intermission…128
Anche la distribuzione idrica in una dimensione prettamente pubblica interessa la proposta utopica che, nel caso di Villeneuve, si esprime nella descrizione del sistema di pulizia stradale:
Une partie des eaux passoit dans toutes les rues; une pente insensibles aidoit leur écoulement; (...) En autre pour faciliter au public le soulagement des nécessités pressantes du corps humain & éviter l’infection dans les rues, on avoit eu l’attention de placer dans divers quartier de la ville, des réduits qu’une eau courante nettoyoit naturellement.129
La pulizia delle strade, facilitata dallo scorrere abbondante dell’acqua lungo di esse, era poi garantita da sistemi razionali di raccolta dei rifiuti:
…& maintenir la netteté, chaque maison avoit les fossés pour y jeter les immondices, qui par des conduits souterrains assez larges pour être visités & dégorgés au besoin, étoient charriées jusqu’à la mer…130
Pare necessario osservare come la puntualizzazione da parte di Villeneuve di simili soluzioni architettonico-urbanistiche sia un caso piuttosto eccezionale in termini di accuratezza descrittiva, che per sua natura costituisce un ostacolo piuttosto ingombrante nei confronti di quel dato romanzesco e avventuroso che caratterizza sempre di più la produzione utopica propriamente detta. Eppure, l’interesse che l’autore riserva a un progetto urbano pensato in ogni sua parte, anche quelle meno stimolanti a livello narrativo, mette in luce con ancor più forza le strutture urbane che più si discostavano da quelle delle realtà contemporanee. Proprio sull’assenza di un sistema stradale ordinato, ma soprattutto pulito, la critica settecentesca aveva infatti riversato le maggiori
128 Ivi, pp. 87-88. 129 Ibidem.
130 Ibidem. Insieme alle strade, anche le strutture problematiche come i mercati dovevano prevedere sistemi efficienti di pulizia: «Les marchés publics étoient vastes & concaves; au milieu étoit un grand égoût, dans le quel les eaux, qu’on lâchoit des fontaines, entraînoient & précipitoient, chaque jour, les ordures, pur ne laisser aucun vestige capable de corrompre l’air.» (Ivi, p. 88).
polemiche, stimolando il ripensamento urbano da parte di architetti come Pierre Patte. Quest’ultimo, come precedentemente visto, avrebbe dato forma a un piano urbano che, pur entro certi limiti, mirava alla risoluzione dei problemi più evidenti, tra cui appunto quello della pulizia delle strade, ripensata attraverso un sistema di canalizzazioni e tubature altamente efficiente; e la sua proposta riesce a dare espressione concreta a quella tensione verso l’elaborazione in termini scientificamente progettuali in piena affermazione nella cultura della seconda metà del XVIII secolo, e di cui Villeneuve costituisce uno dei numerosi esempi. La raffigurazione di un ambiente in cui ordine, pulizia e comodità sono gli attributi fondamentali consente la diffusione di un modello urbano auspicabile, le cui radici non possono essere rintracciate in un unico fenomeno culturale, quanto piuttosto nella fusione di molteplici elaborazioni intellettuali, dalla critica aperta alla progettazione teorico-architettonica, in cui anche l’utopia gioca un ruolo essenziale.
La questione idrica costituisce così un elemento importante dell’immaginario utopico, risolvendosi poi, come già nella rappresentazione forgiata dai progetti di riforma dei problemi contingenti, nella considerazione di parchi e giardini, oggetti urbani interessanti non soltanto nella loro esplicitazione di un rapporto complesso tra l’artificio della città e la manipolazione della natura, ma anche per questioni prettamente sanitarie, unite allo sviluppo di modalità di interazione sociale particolarmente evidenti tra XVII e XVIII secolo131. Se nella seconda età moderna il giardino diventa un elemento rilevate
della rappresentazione del tessuto urbano, permettendo l’incontro, lo scambio e la resa visibile di determinate gerarchie sociali, nella tradizione utopica esso interessa per la sua positiva influenza sul cittadino, armonicamente ricondotto in contatto con la produttività, lo splendore e l’ordine naturale, a vantaggio della sua salute e del proprio accrescimento. La presenza dei giardini era del resto già stata disegnata da More:
Di questi giardini poi fanno gran conto; in essi hanno vigne, frutti, erbaggi e fiori, con tanta bellezza e cura che in nessun luogo ho visto nulla di così produttivo e appariscente (…) …di nessuna cosa più che di tali giardini pare che si sia occupato il fondatore dello Stato.132
131 Cfr. LAURENT TURCOT, Le promeneur à Paris au XVIIIe siècle, Paris, Gallimard, 2007.
132 MORE, cit., p. 60. Se spesso la presenza di splendidi giardini emerge da cenni fugaci che si limitano a
richiamare la loro esistenza all’interno dello spazio urbano utopico, spesso è dedicata maggiore attenzione a un tipo particolare di giardino, ovvero quello botanico su modello del jardin de plantes di Parigi, come si legge ad esempio nell’opera di Terrasson: «Les jardins du roi de Memphis, par exemple, renfermoient tout ce que l’Égypte avoit jamais produit de ce genres et d’espèce de plantes connues, et même les plantes singulières que leurs voyageurs avoient apportées des climats les plus reculés (…) Mais, outre cela, on avoit ménagé pour le plaisir de la vue tout l’avantage que l’ordre et l’arrangement pouvoit preter à cette immense variété de plantes.» (TERRASON, cit., vol. I, p. 104). Il
Ancora più coinvolgente è l’esposizione del senso di ritrovata serenità sperimentato da Saint-Preux al momento di accesso al giardino dell’Élysée, indimenticabile per la freschezza che lo contraddistingue e che sembra proiettare il protagonista in un altrove dove si riscopre e riconosce, attraverso la mediazione della natura:
En entrant dans ce prétendu verger, je suis frappé d’une agréable sensation de fraîcheur que d’obscurs ombrages, une verdure animée et vive, des fleurs éparses de toute côtes, un gazouillement d’eau courante, et le chant de mille oiseaux, portent à mon imagination du moins autant qu’à mes sens; mais en même temps je crus voir le lieu le plus sauvage, le plus solitaire de la nature, et il me semblait d’être le premier mortel qui jamais eût pénétré dans ce désert.133
Suggestiva è anche la proposta di Mercier, che ci offre uno sguardo su una sorta di giardino pensile ininterrotto che sembra tramutare la città in un magnifico parco:
Quel plaisir ce fut pour moi qui aime la vue & le bon air, de rencontrer une terrasse ornée de pots de fleurs & couverte d’une treille parfumée. Les sommet de chaque maison offroit une pareille terrasse; de sorte que les toits, tous d’une égale hauteur, formoient ensemble comme un vaste jardin: & la ville aperçue du haut d’une tout étoit couronnée de fleurs, de fruits & de verdure.134
La relazione che intercorre tra costruzione utopica e raffigurazione di parchi curati e sorprendenti non si colloca così nella sola prospettiva igienista, dal momento che vengono coinvolte problematiche sullo scambio culturale che sembra operarsi tra l’immaginario dei giardini e la progettazione architettonico-urbanistica. Come abbiamo precedentemente sottolineato, lo sviluppo di una scienza pre-urbanistica si avvale dei numerosi esempi di giardini, in forte crescita tra Sei e Settecento, come modelli rappresentativi di una pianificazione complessiva che riusciva a dare organizzazione coerente ai singoli elementi. Se già il Rinascimento italiano aveva fornito modelli di notevole interesse compositivo, lo sviluppo in ambito francese si fa portatore di una vitale riconsiderazione del ruolo dell’ideatore e del valore del disegno immaginato. Il giardino di Le Nôtre, genio indiscusso di un nuovo concetto di progettazione, diventa
passo è poi seguito da una lunghissima descrizione delle numerose tipologie di piante che vi si potevano osservare. L’attenzione riservata a tali giardini è di tipo squisitamente pedagogico, giacché la valutazione delle meraviglie botaniche che vi erano conservate era finalizzata alla messa in evidenza delle scoperte naturalistiche e della diffusione della conoscenza scientifica .
133 ROUSSEAU, Julie ou La Nouvelle Héloïse, cit., p. 534.
134 MERCIER, cit., p. 53. O ancora: «Cette île est située vers le cap de Bonne-Espérance, regardant au
tropique du capricorne, remplie de plusieurs fontaines d’eau de fleurs d’orange, d’arbre qui ont toujours la tête verte, & d’une si grande quantité de muguet & de marjolaine, que l’air en est tout parfumé. Les terres y sont asses fertiles, & même quelquefois plus que les habitans ne voudroient... (…) L’air en est si sain, qu’on y voit jamais de grandes maladies.» (D’AUBIGNAC, Relation du Royaume de Coquetterie, in GARNIER, cit., vol. XXVI, 1788, p. 310).
allora non soltanto la manifestazione artificiale-naturale di precisi rapporti di potere e di peculiari intenzioni culturali, ma anche l’esempio di una rappresentazione del ‘tutto’ all’interno di un piano minuziosamente congegnato. Del resto scrive Lassay:
...la forme de la plupart de ces Village, est une grande place verte, entourée de Maisons, derrière lesquelles ils ont des petits Jardins; & au milieu de ces Places il y a une fontaines, un puits, ou du moins une mare pour abreuver les bestiaux & pour leur usage.135
L’attenzione riversata dagli utopisti nelle descrizioni di giardini e parchi rifletterebbe quindi un fenomeno di considerevole spessore culturale, che alla dimensione estetica affianca quella politica136. Il senso di meraviglia percepito allora da Mercier o da
Rousseau trapela allora dall’ormai presente consapevolezza del risvolto igienico, ma anche dalla comprensione di un imprescindibile legame tra arte dei giardini e progettazione urbana, compreso e in parte articolato dalla tradizione dell’utopia.
Individuazione e allontanamento delle fonti di infezione
Come nella realtà, alcune strutture pongono problematiche questioni architettoniche, sociali e culturali nel momento del loro inserimento all’interno di una cornice urbana complessa e della loro stessa progettazione. È questo il caso di edifici come ospedali o degli spazi riservati alla sepoltura. Come abbiamo visto, a questi luoghi guarda preoccupato il discorso illuminista sulla città, interessato alla riconsiderazione degli ambienti urbani alla luce di istanze medico-sanitarie ormai inderogabili.
Il caso degli ospedali è forse quello che maggiormente costringe al ripensamento urbano, giacché le drammatiche condizioni in cui versavano gli esempi reali invalidano ogni tentativo di riforma e miglioramento della condizione umana. Poiché la presenza nel cuore delle città europee di imponenti costruzioni adibite al controllo e, eventualmente, alla cura di malati e moribondi si presentava come la traccia più visibile di uno stato di malattia implicita nella dimensione stessa di urbanità, il ripensamento di tali strutture da parte dell’utopia accentua con maggiore insistenza il contrasto e la lontananza dei due universi.
La frizione con gli esempi contingenti si sviluppa così lungo due versanti: l’interesse verso una progettazione degli edifici ospedalieri secondo logiche razionali, applicate tanto nell’organizzazione interna della costruzione quanto nel suo collocamento in un
135 LASSAY, cit., p. 367.
136 Cfr. GEORGE GUSDORF, «Ville, campagne, jardins», in Id., Naissance de la connaissance romantique au siècle des Lumières, Paris, Payot, 1976, pp. 359-396.
piano urbano più ampio, e l’adozione di comportamenti medici più attenti e ‘sensibili’. Già More aveva messo in evidenza la duplice tensione, materiale e comportamentale, che contrapponeva gli ospedali di Utopia a quelli contemporanei:
Questi ospedali sono sì ben forniti e ripieni di tutto ciò che possa conferire alla buona salute, e vi si usa un’attenzione così delicata e zelante, e così continua è l’assistenza dei medici più esperti che, se nessuno ci viene mandato contro voglia, nessuno quasi si trova in quella città che, in cattive condizioni di salute, non preferisca restare a letto ivi anziché a casa sua137
Ma è soprattutto con il XVIII secolo che la critica agli ospedali si fa più tagliente, così da trovare elaborazione anche nella rappresentazione utopica che non rinuncia alla denuncia dell’utilizzo contingente di quelle strutture in sorta di labirintiche prigioni in cui erano reclusi i reietti della società. Al contrario, nelle città ideali, gli ospedali servono realmente alla cura di malati che vi si recano spontaneamente per effettive necessità sanitarie e non già perché costretti, come sottolinea Mercier:
D’ailleurs les malades ne sont pas conduits dans ces hôpitaux par l’extrême indigence: ils n’arrivent point déjà frappés de l’idée de mort, & pour s’assurer uniquement de leur sépulture; ils viennent, parce que les secours y sont plus prompts, plus multipliés que dans leurs propres foyers. On ne voit plus ce mélange horrible, cette confusion révoltante, qui annonçoit plutôt un séjours de vengeance qu’un séjour de charité. Chaque malade a son lit, & peut expirer sans