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La città materiale nella teoria architettonica

I. La città nell’Europa del Settecento tra realtà e immaginazione

1. La città settecentesca

1.3 La città materiale nella teoria architettonica

Gran parte dei problemi urbani finora menzionati trovò parziale risposta nelle proposte di riforma che erano edite in numero sempre crescente, testimonianza dell’esistenza di un pubblico particolarmente interessato all’evolversi del dibattito. Intellettuali di ogni

98 FIERRO, cit., pp. 1083-1085.

99 LUBERSAC, cit., pp. LXV-LXVI. L’argomentazione procede poi con la minuziosa analisi delle più

adeguate dimensioni da adottare per la costruzione di tali égouts. Largamente diffuse sono le richieste di una migliore pulizia delle strade per il miglioramento della salute dei cittadini, e si legge ad esempio nella proposta del già ricordato Ronesse: «Aussi, depuis plusieurs années, l’objet de la plus grande sollicitude de l’Administration de la Police a été le nettoiement des rues; objets de la plus grande importance, puisqu’il n’a pas seulement pour but l’agrément & la commodité, mais qu’il intéresse la santé des Citoyens. Car que effet ne doit pas produire sur le corps humain la respiration d’un air chargé de toutes les exhalations de boue fétide & d’eau croupie?» (RONESSE, cit., pp. 12-13).

Tuttavia, nonostante i dichiarati elogi dell’impegno delle autorità nello svolgimento dei compiti di pulizia, l’autore procede con un minuzioso programma di riorganizzazione generale, strutturato in modo da rispondere alle cinque cause che determinano il penoso stato delle strade della capitale, ovvero: «1° le mauvais état du pavé; 2° le défaut de l’air; 3° l’inexécution des Réglemens faits pour le balayage, & la mauvaise manière de balayer; 4° la disette de l’eau; & 5° le peu de pente de la plupart des rues, & l’insuffisance des égouts.» (Ivi, p. 17).

sorta, medici, matematici, chimici, fisici, ecc., intervennero con sentita partecipazione nella formazione di un’opinione pubblica che restituiva una determinata immagine della città, esigendone la trasformazione. Tra le molte figure si trovano anche quelle degli architetti, i soli ad avere gli strumenti per la vera e propria progettazione e quindi per la concreta attivazione del cambiamento.

Se già nella seconda metà del Seicento la produzione di trattati architettonici aveva trovato terreno fertile nel panorama editoriale francese100, nel corso del XVIII secolo

tale tendenza sperimenta uno sviluppo considerevole dal punto di vista sia quantitativo che qualitativo. Numerose sono infatti le teorie architettoniche composte sulla scia della fondamentale opera di Jean-Louis de Cordemoy che, nel 1706, inaugurava il ripensamento di concetti vitruviani di «ordine, disposizione e decoro» all’interno di una più vasta meditazione sui principi essenziali dell’arte, sui parametri stilistici caratterizzanti il gusto contemporaneo e soprattutto sulla strutturazione di particolari elementi secondo quelli che lentamente cominciano a profilarsi come criteri funzionalistici101. La proliferazione di una simile letteratura testimonia l’esistenza di un

panorama intellettuale interessato all’architettura come arte specifica e problematica, la cui autonomia dalle tecniche ingegneristiche non si era ancora profilata completamente e il cui valore sociale, pur sentito in filigrana, non era ancora divenuto il fulcro della

100 Già nella prima metà del XVII secolo esisteva in Francia una forte richiesta di manuali per la costruzione che fornivano in maniera chiara regole e indicazioni utili; si sviluppa perciò un tipo di pubblicistica interessato alle pratiche della progettazione, che tuttavia si disinteressa della formulazione più complessa di una vera e propria teoria architettonica. Nel corso della seconda metà del secolo alcune opere fondano la tradizione trattatistica francese nel senso di una più ampia meditazione. È questo il caso della traduzione del Palladio ad opera di Fréart de Chambray (ANDREA

PALLADIO, Les quartes livres de l’architecture, traduction intégral de Roland Fréart de Chambray,

Paris, 1650), dell’opera dello stesso Parallèle de l’architecture antique et de la moderne, avec un

recueil des dix principaux autheurs qui ont écrit de cinq Ordres... (Paris, 1650), ma soprattutto dei

contributi di JACQUES-FRANÇOIS BLONDEL, Cours d’architecture enseigné dans l’Académie Royale d’Architecture (Paris, 1675-1683), e CLAUDE PERRAULT, Les dix livres d’architecture de Vitruve corrigez et traduits nouvellement en François, avec des notes et des figures, Paris, 1673, e dello

stesso Ordonnance des cinq espèce de colonnes selon la méthode des anciens (Paris, 1683). A titolo indicativo, si ricordano poi alcune opere meno conosciute, che alimentano però un dibattito sull’architettura in progressiva affermazione, come ad esempio: ANTOINE DESGODETS, Les édifices antiques de Rome, Paris, 1682; ANDRÉ FÉLIBIEN, Des Principes de l’Architecture, de la Sculpture, de la Peinture, Paris, 1676; AUGUSTIN-CHARLES D’AVILER, Cours d’architecture qui comprend les ordres de Vignole.., Paris, 1691; Id., Dictionnaire d’architecture ou explication de tous les termes, Paris,

1691; PIERRE BULLET, L’Architecture pratique..., Paris, 1691. Si indica poi la ricostruzione e la

bibliografia proposte da HANNO-WALTER KRUFT, Geschichte der Architekturtheorie von der Antike bis zur Gegenwart, München, C.H. Beck’sche Verlagsbuchhandlung, 1985 (trad. it. Storia delle teorie architettoniche da Vitruvio al Settecento, Roma-Bari, Laterza, 2009, I ed. it. 1988).

101 Per l’approfondimento del Nouveau traité de toute l’architecture dell’abbé Jean-Louis de Cordemoy (Paris, 1706), cfr. KRUFT, cit; ROBIN MIDDLETON, «The Abbé de Cordemoy and the Graeco-Gothic

Ideal: A Prelude to Romantic Classicism», Journal of the Warburg and Courtauld Institute, n. 25, 1962, pp. 278-320; FRANÇOISE FICHET, La théorie architecturale à l’âge classique, Bruxelles,

riflessione. Per entrambe le questioni il limite più evidente è rappresentato dall’insistenza posta su quelle propriamente artistiche, che spingeva l’elaborazione teorica verso l’indagine delle linee-guida progettuali e delle procedure costruttive indispensabili ad un’adeguatezza stilistica che costituisce lo scopo principale della riuscita architettonica.

Proprio per questo, le teorizzazioni della prima metà del Settecento sembrano alimentare la discussione intorno a forme e composizioni di specifiche strutture architettoniche, di specifici edifici e monumenti, in parte scissi da una visione di insieme più ampia, urbanisticamente definita. Eppure, l’accresciuto successo di tali pubblicazioni nutre l’indagine artistica, promuovendo la formazione di un’opinione pubblica che, composta da specialisti e non, comincia ad assumere un ruolo di sempre maggiore autorevolezza, favorendo allo stesso tempo l’instaurazione di un momento intellettualmente aperto all’ulteriore evoluzione teorica102.

È infatti in un contesto di più marcato coinvolgimento nelle problematiche intrinseche alle modalità progettuali e ai fini dell’architettura che si inseriscono alcuni importanti contributi in cui l’indagine speculativa ‘tradizionale’ viene arricchita da una visualizzazione di insieme più complessa, che avvicina il discorso a una concezione pre- urbanistica di grande interesse: si tratta in particolare delle opere di Marc-Antoine Laugier e Pierre Patte in cui la disamina della distribuzione degli elementi fondamentali degli edifici viene integrata da una valutazione degli ambienti ad essi circostanti, preannunciando una considerazione della reciprocità degli spazi, talvolta esplicitamente formulata in senso urbanistico.

Per entrambi i teorici, punto di partenza è quella Parigi le cui mancanze fomentavano un’opinione pubblica sempre più agguerrita; in linea con l’ormai condivisa

102 Le pubblicazioni settecentesche di teoria architettonica sono particolarmente numerose, ma sembra opportuno ricordare quelle di SÉBASTIEN LE CLERC, Traité d’architecture, avec des remarques et des observations très utiles pour les jeunes gens qui veulent s’appliquer à cet bel art, Paris, 1714;

GERMAIN BOFFRAND, Livre d’architecture contenant les principes généraux de cet art, Paris, 1745;

JEACQUES-FRANÇOIS BLONDEL, Cours d’architecture, cit.. A tale opere fondamentali si aggiungono poi

le riflessioni sul ‘bello’ cui avremo modo di accennare nel corso dell’analisi del pensiero di Boullée. Ad ogni modo, per l’approfondimento si indicano le ricerche di: LOUIS HAUTECŒUR, Histoire de l’architecture classique en France, cit.; ALESSANDRO GAMBUTI, Dibattito sull’architettura nel Settecento europeo, Firenze, Alinea editrice, 1981; WOLFGANG HERRMANN, Laugier and Eighteenth Century French Theory, London, A. Zwemmer, 1985; WERNER SZAMBIEN, Symétrie, goût, caractère. Théorie et terminologie de l’architecture à l'âge classique, 1550-1800, Paris, Picard, 1986; ANTHONY

VIDLER, The Writing of the Walls: architectural Theory in the Late Enlightenment, Princeton,

Princeton Architectural Press, 1987; JEAN-MARIE PÉROUSE DE MONTCLOS, Histoire de l’architecture française. De la Renaissance à la Révolution, Paris, Mengès, 1989; GEORG GERMAN, Vitruve et le Vitruvianisme. Introduction à l’histoire de la théorie architecturale, Lausanne, Presse polytechnique

et universitaire romandes, 1991; HARRY FRANCIS MALLGRAVE, Modern architectural theory: a historical survey, 1673-1968, Cambridge, Cambridge University Press, 2005.

consapevolezza dello stato gravoso della capitale, anche Laugier e Patte denunciavano l’allarmante condizione delle strade, ricettacolo di immondizie e odori pestilenziali, ma anche pericolose ed esteticamente miserabili; accusando lo sviluppo edilizio più recente, osservavano con sofferenza il disordine radicato nella distribuzione delle case e la completa mancanza di un piano globale razionalmente strutturato. Nelle parole di Laugier103 troviamo una certa insistenza sull’inadeguatezza generale della città che, pur

dovendo riflettere la potenza e il prestigio della nazione, manca di tutte le caratteristiche che dovrebbero renderla convenientemente «commode, agréable, magnifique»:

Le centre de cette capitale n’a presque point changé depuis trois cents ans: on y voit toujours le même nombre de petit rues étroites, tortueuses, qui ne respirent que la mal-propreté & l’ordure, & où la rencontre des voitures, cause à tout instant des embarras. Les extrémités qui n’ont été habitées que long-temps après, sont un peu moins mal-bâties: mais on peut dire avec vérité, que si on en excepte quelques morceaux épars ça & là, Paris en total n’est rien moins qu’une belle Ville. Supérieure à toutes les autres, par son immense étendue, par le nombre & la richesse de ses habitans, elle est inférieure à plusieurs, par tous les avantages qui rendent une Ville commode, agréable, magnifique. Les avenues en sont misérables, les rues mal percées & trop étroites, les maisons simplement & trivialement bâties, les places en petit nombre & peu considérables en elles mêmes, les Palais presque tous mal disposés; en un mot, c’est une très-grosse Ville, sans arrangement, ou l’on rencontre très peu d’objets qui frappent, & où l’on est tout étonné de ne rien trouver qui réponde à l’idée qu’on s’en étoit faite, qui approche même de ce qu’on a vû dans plus d’une Ville beaucoup moins célebre.104

Evidenziando il contrasto che si delinea tra la percezione delle ricchezze materiali e morali francesi e le gravose condizioni della contingenza urbana, Laugier si appoggia alla forte convinzione che il degrado fisico influisca negativamente sul prestigio del paese, ovvero sulla propria immagine trasmessa ai sudditi e agli stranieri attraverso la materialità della capitale. Diversamente dal tipo di letteratura finora considerata, la preoccupazione maggiore sembra qui la necessità di un ambiente cittadino debitamente pensato per poter trasmettere una certa rappresentazione della monarchia, secondo una visione in qualche modo ‘tradizionale’ che resta alla base anche degli interventi di embellissement precedentemente osservati. L’insopportabile situazione in cui versavano

103 Si ricorda che Laugier non era un architetto, ma un gesuita dalla considerevole cultura che, interessandosi a questioni artistiche, si interroga sui principi del ‘bello’ e sulle modalità della sua realizzazione. In linea con concezioni molto vicine al pensiero di Rousseau, il contributo che maggiormente gli viene riconosciuto nella storia dell’architettura è rappresentato dalla celebre formulazione della ‘capanna originaria’ che diveniva il principio di ogni forma architettonica. Si indicano le importanti ricostruzioni offerte da: KRUFT, cit.; HERRMAN, cit.; VITTORIO UGO (ed.), Laugier e la dimensione teorica dell’architettura, Bari, Dedalo, 1990.

le strade parigine interessa non tanto sulla traccia delle polemiche ‘igieniste’ in affermazione, quanto piuttosto nell’approfondimento di una decadenza urbana che ostacola la realizzazione della grandeur architettonica105. Tuttavia, per quanto gran parte

delle condanne di Laugier obbediscano a logiche estetico-stilistiche, la rappresentazione che ne scaturisce assume le forme di una visualizzazione propriamente urbana, giacché i singoli elementi architettonici sono inseriti in una concezione di insieme più ampia, dove strade, edifici, piazze e monumenti partecipano in egual misura alla composizione di un unico organismo complesso.

Anche le riflessioni di Pierre Patte106 si articolano a partire da medesime istanze, ovvero

dallo scarto individuato tra l’idea di Parigi quale «Capitale du plus beau royaume d’Europe» e la tragica realtà di una città in cui l’evoluzione disordinata dei processi di urbanizzazione aveva determinato distorsioni esteticamente inaccettabili:

Il n’y a personne qui ne convienne que Paris, avec une infinité de bâtimens admirables, n’offre dans son ensemble qu’un aspect peu satisfaisant. Son extérieur ne répond point à l’idée que les étrangers doivent se former de la Capitale du plus beau royaume d’Europe. C’est un amas des maisons entassées pêlemêle, où il semble que le hasard seul ait présidé. Il y a des quartiers entiers qui n’ont presque pas de communication avec les autres: on ne voit que des rues étroites, tortueuses, qui respirent par-tout la mal-propreté, où la rencontre des voitures met continuellement la vie des citoyens en danger, & cause à tout instant des embarras. La Cité sur-tout n’a presque point changée depuis trois siècle; elle est restée dans l’état de confusion où l’ignorance de nos pères l’a laissée.107

105 È soprattutto nella scelta di certi aggettivi e verbi che il pensiero di Laugier sembra profilarsi come prosecuzione di una rappresentazione urbana subordinata al concetto di embellissement. Nel determinare le case come «simplement et trivialement bâties», le piazze come poco numerose e «peu considérables», le strade «misérables», ecc., Laugier indica i difetti più evidenti della città, senza investigare eventuali questioni ‘igieniste’, ma accontentandosi di osservare quanto la resa di quelle strutture non sia affatto sufficiente a riflettere il prestigio del paese che solo nella sontuosità, nello splendore, nel decoro, nell’ordine e l’armonia può trovare adeguata manifestazione.

106 Nato a Parigi nel 1723, Pierre Patte fu allievo di Boffrand grazie a cui si avvicinò all’architettura, cui si dedicò sotto il profilo pratico, progettando alcuni hôtels, ma soprattutto nella sua espressione iconografica e teorica. In effetti, egli fu l’autore non soltanto delle incisioni dell’Architecture

française di Blondel (Paris, 1752-1756), ma anche di raffigurazioni di particolari edifici, come ad

esempio dell’entrata della chiesa di Saint-Eustache, progettato da Le Vau, fino a divenire directeur

des gravures per l’Encyclopédie; la pratica del disegno e l’esperienza come incisore accostano la sua

figura a quella di Boullée, per il quale l’arte iconografica assume un peso importante sia dal punto di vista della progettazione, sia all’interno di un più ampio discorso sull’architettura. Ad ogni modo, l’attività di Patte si sviluppa inoltre nell’ambito teorico e numerosi sono i suoi scritti, tra cui la continuazione del già ricordato Cours d’architecture di Blondel, Monumens érigés en France à la

gloire de Louis XV (cit.), Mémoires sur les objets les plus importans de l’architecture (Paris, chez

Rozet, 1769). Se questi ultimi danno forma in maniera sistematica al suo pensiero architettonico, si ricordano anche: De la manière la plus avantageuse d’éclairer les rues d’une ville pendant la nuit... (Amsterdam, 1766) nonché i due scritti Mémoire sur la translation des cimetières hors de Paris e

Observation sur le mauvais état du lit de la Seine pubblicati all’interno della raccolta Mémoires qui intéressent particulièrement Paris, Paris, A. Bertrand, 1800. Morì a Mantes nel 1814.

Grande protagonista è qui il caso, in cui si radicano la confusione degli antichi quartieri, l’affastellamento delle case, la tortuosità dei tracciati stradali, l’assenza di interazione architettonica tra le diverse zone della città. Pur accennando al problema dell’insalubrità, proprio come in Laugier, la visione offerta da Patte si delinea nel senso del decoro architettonico e dell’inadeguatezza della contingenza rispetto al valore simbolico richiesto alla capitale. Eppure, proprio come in Laugier, la questione dell’embellissement si arricchisce nel momento in cui viene considerata non soltanto la specificità delle strutture, ma anche l’assenza di un piano generale:

Tout le goût des embellissements s’est borné seulement aux maisons des particuliers. Depuis environs cinquante ans, près de la moitié de Paris a été rebâtie, sans qu’il soit venu dans la pensée de l’assujettir à aucun plan général, et sans avoir encore cherché à changer les mauvaises distributions de ses rues.108

Se la presenza di una concezione urbanisticamente intesa è sentita come necessaria, si pone allora il problema dei limiti contingenti della trasformazione, poiché ogni proposta di pianificazione è costretta ad intervenire in una città già modellata dall’evoluzione storica, in cui gli spazi sono già delineati (ed occupati). Per questo motivo, l’indagine di Patte sulle possibilità di progettazione urbana prende corpo in un testo, Mémoires sur les objets les plus importans de l’architecture109, articolato intorno ad un altalenante

equilibrio tra codificazione di parametri ideali e concreti disegni riformisti. Esordio dell’argomentazione è qui la riflessione su una città di cui si immagina la fondazione ex novo, in un luogo da scegliere in base alle condizioni del clima, alla composizione del suolo, alla presenza di acqua e di venti, ecc.110; una città di cui l’architetto può deciderne

108 Ivi, p. 213.

109 PIERRE PATTE, Mémoires sur les objets les plus importans de l’architecture, Paris, chez Rozet, 1769.

110 «Si Platon, lorsqu’il composa des loix pour former une République & rendre les hommes aussi heureux qu’ils pourroient l’être dans l’état de société, avoit imaginé le plan d’une Ville pour ses nouveaux citoyens, ils auroit voulu que l’endroit destiné pour son emplacement fût sain, que les eaux en fussent salubres, qu’il ne sût pas sujet à des vents dommageables, à des brouillards ou à des exhalaisons pestilentielles, susceptibles de causer des maladies. Il auroit aussi cherché à la situer dans un climat tempéré, éloigné du trop grand chaud, comme du trop grand froid, inconvéniens également nuisible à sa santé. (…) La nature des eaux, des fruits & des légumes, dont la mauvaise qualité peut influer sur la santé des hommes, n’auroit pas aussi échappée à son examen, ainsi que la facilité des chemins pour arriver à sa nouvelle Ville. (…) Une autre attention non moins importante pour un Fondateur de Ville, ce seroit de s’assurer par l’examen de son sol & de ses environs, si le lieu destiné à son emplacement peut être susceptible des impressions des tremblemens de terre. On connoit les ravages affreux occasionnés par ce fléau, & combien de Villes ont été détruites par ses funestes effets. (…..) C’est pourquoi il seroit important lors de la fondation d’une Ville, de mettre à profit toutes les connoissances physiques, pour choisir un terrain convenable & exempt s’il se peut de tous les inconvéniens ci-dessus; mais jamais on n’a apporté de semblables attentions: on a agi sans cesse comme si l’emplacement des Villes pouvoit être indifférent ...» (PATTE, Mémoires..., cit.,

collocazione, forma e ampiezza, ma soprattutto di cui può pensarne la disposizione di strade, acque, attività e strutture. Si delinea allora un progetto in cui tornano i nodi delle questioni precedentemente valutate intorno al dibattito sull’igiene, così ad esempio, i processi di produzione insalubri vengono proiettati al di fuori della città in faubourgs autonomi:

On l’environneroit, dans son pourtour, de quatre rangées d’arbres; savoir, d’une grande allée pour les voitures, & de deux contre-allées pour servir de promenades. Au-delà de ces rangées d’arbres, on construiroit les Faubourgs, où seroient rejetés tous les métiers grossiers, & les arts qui produisent beaucoup d’odeurs & de bruit, tels que les Tanneries, les Triperies, les Maréchaux, les Taillandiers, les Blanchisseuses, les Hôtelleries où l’on prend les voitures publiques, &c. Les tueries des Bouchers, ainsi que leurs étables seroient aussi relégués vers ces endroits, afin que des troupeaux de bœufs ne fussent pas sans cesse obligés de traverser la Ville, où ils occasionnent des embarras pour leur passage.111

La gerarchizzazione degli spazi si esprime anche nella tradizionale proposta di