I. La città nell’Europa del Settecento tra realtà e immaginazione
1. La città settecentesca
1.2 Questioni di salubrità, regolamentazioni e progetti di riforma
La rapida crescita della popolazione urbana e una disposizione spaziale ispirata non già a logiche prestabilite quanto piuttosto alla spontaneità delle iniziative edili acuiscono le differenze tra le aree che compongono la realtà cittadina. Per quanto la vera e propria gerarchizzazione degli spazi sia un fenomeno posteriore, nella seconda metà del XVIII secolo iniziano a profilarsi alcune caratterizzazioni dei quartieri determinate dal raggruppamento di specifiche tipologie sociali40. Così, se le zone centrali continuano a
mantenere una certa varietà nella compresenza di ricche famiglie, con i rispettivi palazzi, e ‘classi’ popolari, con i rispettivi spazi abitativi e lavorativi, alcuni settori di
39 NIKOLAJ MIHAJLOVI KARAMZIN, Voyage en France, 1789-1790 traduit du russe et annoté par A. Legrelle, Paris, Librairie Hachette et Cie, 1867, p. 88.
più recente urbanizzazione intraprendono un cammino diverso, cominciando a instaurare quei meccanismi di diversificazione sociale che convergono in conseguenti interventi costruttivi. Ad esempio, lo sviluppo dei faubourgs occidentali intorno alla Chaussée d’Antin o agli Champs-Élysées è incoraggiato dalla costruzione di sontuose dimore, dall’interessante valore artistico, da parte dell’aristocrazia e della facoltosa borghesia; le autorità edilizie vi intervengono, regolamentando la disposizione generale delle strutture, codificando il decoro auspicato per quei nuovi spazi cittadini e assecondando, di fatto, la caratterizzazione ‘alta’ di quelle zone, sempre più in contrasto con la disorganica geografia dei quartieri sviluppati nel segno della compresenza sociale.
Tuttavia, se pure cominciano a manifestarsi profonde differenze, soprattutto sul piano estetico e prettamente architettonico, l’intera comunità condivide i medesimi problemi, che condizionano la vita dei cittadini e verso i quali un’opinione pubblica sempre più agguerrita indirizzerà le proprie condanne che, spesso implicite in veri e propri progetti di riforma, plasmano una rappresentazione della città dove sono messe sotto accusa le sue singole parti e la struttura di insieme. Due tipi di sollecitazioni sembrano contraddistinguere la critica settecentesca nei confronti delle realtà urbane, una di tipo in qualche modo estetico e una di tipo squisitamente igienico-sanitario; se il primo approccio si esplicita in alcuni interventi tesi alla riorganizzazione del tessuto stradale, il secondo emerge da progetti di riforma e scritti polemici interessati alla denuncia di specifiche criticità urbane considerate nella loro negativa influenza sull’uomo, sia all’interno di una dimensione di disagio sensoriale (rintracciabile in particolar modo nella questione degli ‘odori della città’), sia, soprattutto, in quella prettamente sanitaria, essendo ormai forte il peso delle scoperte scientifiche nei meccanismi di rappresentazione e nelle proposte di trasformazione della realtà.
La città risulta allora dalla riflessione intellettuale-riformista settecentesca come un organismo infetto, putrido, preoccupante, e ancora nel 1789, il giornalista Antoine Tournon ricordava la necessità di un immediato intervento, giacché «Le besoin est pressant, la Capitale n’est plus qu’un vaste cloaque, l’air y est putride»41. Alla radice di
41 Proseguiva: «…. Déjà il n’est plus possible d’aller à pied dans certains quartier, sans courir des dangers réels; déjà il en est de si infectes, que les habitans y respirent à peine; déjà de funestes effets de la putridité se sont trop fait apercevoir; attendra-t-on quelque invention miraculeuse?» (ANTOINE
TOURNON, Moyens de rendre parfaitement propres les rues de Paris, ainsi que les Quais, Places, Cul- de-sacs, Ateliers, Cours, Allées, Manufactures, Halles & Boucheries, avec l’avantage de rétablir la salubrité dans cette Capitale, & de faire l’application de ces mêmes Moyens dans toutes les Villes, Bourgs & autres lieux du Royaume, Paris, Lesclapart, 1789, p. 60). Cfr. JACQUES GUILHAUMOU,
tale condanna si trovano preoccupazioni di tipo sanitario che i progressi della medicina sei-settecenteschi hanno posto sotto nuova luce, premendo sulla riconsiderazione del rapporto tra malattia e ambiente. In effetti, l’opinione che il contagio potesse avvenire anche in assenza di un contatto diretto, giustificata dall’idea che i corpi esalassero corpuscoli sottili e rapidi, sulla base della teoria corpuscolare di Robert Boyle, coinvolgeva direttamente il ruolo dell’ambiente nella problematica questione della diffusione delle epidemie. La possibilità di un intervento sull’ambiente per ridurre le malattie, e la mortalità, è del resto consentita da quella ripresa della tradizione ippocratica che caratterizza lo sviluppo della medicina nel XVIII secolo. Al di là delle diverse impostazioni delle singole scuole, al di là degli scontri tra approcci meccanicistici e approcci vitalisti, al di là dell’interpretazione della medicina come scienza autonoma o meno, ciò che accomuna tale molteplicità di posizioni è la convinzione di un legame diretto tra malattia e ambiente, teorizzata nel trattato Sulle arie, le acque e i luoghi attribuito al celebre medico greco42.
Proprio la considerazione dell’ambiente come oggetto suscettibile di trasformazione, rende allora possibile un intervento che, agendo sulle cause ritenute responsabili del contagio, si delinea nell’ottica della prevenzione, diventata chiave della riflessione intellettuale e elemento essenziale per la comprensione di certe iniziative concrete che testimoniano il ruolo determinante della scienza nella pratica governativa settecentesca43.
In particolare, al centro delle preoccupazioni ‘igieniste’ sono le questioni legate all’insalubrità dell’aria e dell’acqua, causata dall’eccessiva densità urbana, dalla prossimità delle abitazioni ad ospedali e cimiteri, dall’inefficienza del sistema fognario
Révolution française, vol. 1, n. 351, 2008, pp. 3-27.
42 GRAZIA TOMASI, Per salvare i viventi. Le origini settecentesche del cimitero extraurbano, Bologna, Il
Mulino, 2001, pp. 238 e sgg. Cfr. SABINE BARLES, La ville délétère: médecins et ingénieurs dans l’espace urbain. XVIIIe – XIXe siècle, Seyssel, Champ Vallon, 1999; ELENA BRAMBILLA, «La medicina
del Settecento: dal monopolio dogmatico alla professione scientifica», in Storia d’Italia. Annali, vol.7, Malattia e medicina, 1984, pp. 129-133; ANDREW CUNNIGAM – ROBERT FRENCH (ed.), The Medical Enlightenment of the Eighteenth Century, Cambridge, Cambridge University Press, 1990;
JEAN EHRARD, «Opinions médicales en France au XVIIIe siècle. La peste et l’idée de contagion», Annales E.S.C., n. 12, 1957, pp. 49-59; JACQUES GUILLERME, «Le malsain et l’économie de la nature», Dix-huitième siècle, n. 9, 1977, pp. 61-72; ROSELYNE RAY, «Anamorphoses d’Hippocrate au XVIIIe
siècle», in DANIELLE GOUREVITCH (ed.), Maladie et maladies: histoire et conceptualisation, Genève,
Droz, 1992, pp. 257-276.
43 Éric Brian, L’État, l’armée, la science. Administrateur et géomètres au XVIIIe siècle, Paris, Albin Michel, 1994; CHARLES COULSTON GILLISPIE, Science and Policy in France at the End of the Old Regime, Princeton, Princeton University Press, 1980; HAROLD T. PARKER, «French Administrators and
French Scientist during the Old Regime and the Early Years of the Revolution», in RICHARD HERR –
HAROLD PARKER (ed.), Ideas in History, Durham, Duke University Press, 1965, pp. 85-109; GEORGE
ROSEN, From Medical Police to Social Medicine. Essays on the History of the Health Care, New
e in generale dal mal funzionamento della distribuzione idrica. Un passo del Tableau de Paris sintetizza con grande suggestione i principali nodi problematici della condizione urbana, riuscendo a interpretare perfettamente le preoccupazioni sollevate dalla medicina:
Dès que l’air ne contribue plus à la conservation de la santé, il tue; mais la santé est le bien sur lequel l’homme se montre le plus indifférent. Des rues étroites, et mal placées, des maisons trop hautes et qui interrompent la libre circulation de l’air des boucheries, des poissonneries, des égouts, des cimetières font que l’atmosphère se corrompt, se charge de particules impures, et que cet air renfermé devient pesant et d’une influence maligne.
Les maisons d’une hauteur démesurée sont cause que les habitants du rez-de- chaussée et du premier étage sont encore dans une espèce d’obscurité lorsque le soleil est au plus haut point de son élévation.
Les maisons élevées sur les ponts, outre l’aspect hideux qu’elles présentent, empêchent le courant d’air de traverser la ville d’un bout à l’autre, et d’emporter avec les vapeurs de la Seine tout l’air corrompu des rues qui aboutissent aux quais.44
Strade strette, edifici troppo alti, attività produttive e commerciali emananti nocive esalazioni, fogne e cimiteri sono così gli elementi essenziali di un discorso sulla città che si struttura sulla tensione ‘igienica’ derivata dai progressi scientifici; essa si impone come il fulcro di una ricomposizione urbana che prende forma in un insieme di critiche e progetti di riforma che sottolineano l’inadeguatezza e l’arretratezza della realtà attraverso il ripensamento di una incisiva trasformazione.
Ridefinizione degli spazi: la circolazione dell’aria
Come sottolinea Richard Etlin45, a partire dagli anni ’40 del XVIII secolo, con un
incremento consistente nei decenni successivi, le attenzioni igieniste contemporanee concentrarono l’attenzione sull’aria, la cui purezza e positività per la respirazione erano valutate in base alla ‘pesantezza’ determinata dall’azione di specifiche cause, nella convinzione che le esalazioni prodotte dai processi fisiologici umani e da particolari
44 MERCIER, cit., vol. I, p. 114-115. Prosegue inoltre ironizzando sull’impossibilità per i cittadini di
respirare aria pura anche nelle campagne, in quei luoghi che, lontani dalla città, avrebbero dovuto caratterizzarsi per la presenza di migliori condizioni: «Lorsque le citoyen veut, les fêtes et les dimanches respirer l’air pur de la campagne, à peine a-t-il mis le pied hors des barrières, qu’il trouve les exhalaisons infectes qui sortent des gadoues et autres immondices; elles couvrent les campagnes à demi-lieue de la capitale.» (Ivi, p. 115). È qui individuabile un accenno a quella diffusa condanna della città come organismo negativo rispetto alla campagna; tuttavia, è opportuno sottolineare come Mercier resti sempre un ‘cittadino’, così che la sua critica deve essere intesa coerentemente alle riflessioni generali sulle problematiche che caratterizzavano Parigi. Il peso della capitale si trova quasi riconfermato, anche nell’estensione delle sue più gravi mancanze, come in questo caso quelle legate all’immondizia, in spazi al di fuori di essa.
attività alterassero la composizione dell’aria rendendola talmente ‘spessa’ da obbligarla in una nociva stagnazione46, riconosciuta come una delle maggiori cause di infezione e
propagazione delle malattie47. Al di là delle specifiche interpretazioni sulle proprietà
dell’aria e sulle possibili cause di deperimento, con l’avanzare del Settecento le polemiche ‘igieniste’ si modellano su medesime linee, convergenti verso la condivisa certezza che esistesse un legame consequenziale tra salubrità e libertà dell’aria, tra malattia e immobilismo.
Proprio per questo, l’edilizia abitativa costituisce una delle principali cause ritenute responsabili dell’insalubrità dell’aria: se da una parte le esagerate altezze degli edifici influivano negativamente sulle condizioni dei piani inferiori, già penalizzati dalla maggiore vicinanza agli odori tipici delle strade moderne, dall’altra parte le case sui ponti, criticate anche secondo criteri estetici che ne condannavano la mancanza di buon gusto determinato dal generale ‘affastellamento’ che le contraddistingueva, impedivano la libera circolazione delle correnti d’aria provenienti dal fiume.
Nell’ultimo ventennio del XVIII secolo prendono così forma alcuni interventi specificamente rivolti alla riorganizzazione del tessuto stradale che, di fatto, si ispirano a un ripensamento urbano in termini di decoro estetico e di adeguatezza sanitaria. È questo il caso delle operazioni di distruzione delle case sui ponti (in cui si troverà coinvolto lo stesso Boullée)48 e, soprattutto, della regolamentazione riguardo l’altezza
46 In particolare si tratta delle concezioni mediche dette aéristes, che assegnavano all’aria un importante ruolo guaritore. Cfr. EMMANUEL LE ROY LADURIE (dir.), La ville classique de la Renaissance aux Révolutions, Paris, Seuil, 1981, pp. 453 e sgg.
47 Mathieu Géraud, professore alla facoltà di medicina di Parigi, scriveva: «Quoique nous ne sachons pas encore jusqu’à quel point sont salutaires ou nuisible les exhalaisons que fournit une classe d’êtres animés par rapport à une autre, la quantité énorme d’exhalaisons qu’ils poussent, soit par leurs poumons, soit par les pores infinies distribués sur toute la périphérie de leurs corps, les vapeurs de leurs immondices jointes aux miasmes variés, (…) que fournissent les arts et métiers qu’on exerce dans les villes, font que l’air y est continuellement épais et même dangereux.» (MATHIEU GÉRAUD, Essai sur la suppression des fosses d’aisances, et de toutes espèces de voiries, Amsterdam-Paris,
1786, pp. 92-93) Géraud è anche uno degli autori del Projet de décret à rendre sur l’organisation
civile des médecins et des autres officiers de santé (Paris, Pyre, 1791) Sulla stessa linea si pone
anche Félix Vicq d’Azyr, celebre anatomista, medico e professore: «Toute le monde sait combien les différentes modifications de l’air influent sur l’économie animale & sur la santé des hommes (…) Il est également certain que les qualités de l’atmosphère dépendent d’un nombre prodigieux de causes, qui concurrent plus ou moins à lui conserver ses propriétés naturelles, ou à lui en donner de factices; à le rendre léger ou dense, pur ou chargé de principes hétérogènes...» (FÉLIX VICQD’AZYR, Essai sur les lieux et les dangers des sépultures. Traduit de l’italien; publié avec quelque changement, & précédé d’un Discours préliminaire..., Paris, Didot, 1778, pp. 99-100). Cfr. JEAN-JACQUES PEUMERY,
«Vicq d’Azir et la Révolution française», Histoire des sciences médicales, n. 35, 2001, pp. 263-270; YVES POULIQUEN, Félix Vicq d’Azir. Les Lumières et la Révolution, Paris, O. Jacob, 2009.
48 Fu questa un’iniziativa riuscita e di grande importanza, in cui la richiesta di un’estetica urbana gradevole si coniugava perfettamente con l’esigenza di un’apertura che mettesse liberamente in comunicazione l’aria del fiume con quella della città. Scriveva Jacques de Horne: «Les ponts sont déjà dégagés de ces maisons qui les déroboient ridiculement à la vue, & qui interceptoient l’air le plus salubre & le plus vivifiant de la Capitale.» (JACQUESDE HORNE, Mémoire sur quelques objets qui
degli edifici, con cui si intendeva porre un freno all’espansione verticale della capitale e migliorare la circolazione dell’aria. Il 10 aprile 1783 una déclaration royale, poi confermata nelle lettres patentes del 25 agosto 1784, precisava alcune linee che avrebbero dovuto guidare l’espansione urbanistica, fissando l’altezza massima delle costruzioni in proporzione alla larghezza delle strade. La nuova regolamentazione prevedeva che le vie non più larghe di 23 piedi fossero la sede di edifici non più alti di 36 piedi, quelle la cui larghezza era compresa tra i 24 e i 29 piedi di case fino a 45 piedi ed infine per quelle oltre i 30 piedi di strutture architettoniche alte un massimo di 54 piedi49. Oltre a tentare di bloccare l’espansione verticale, la normativa edilizia istituiva
un certo controllo sull’allineamento delle strade, nel tentativo di imporre una linearità che nella pratica era compromessa dalla tortuosità di molti percorsi e dalla presenza di costruzioni caoticamente disposte rispetto a quelle immediatamente adiancenti. Se già nel 1607 era stato stabilito un principio generale di allineamento cui gli edifici di nuova costruzione avrebbero dovuto attenersi, alla fine del XVIII secolo la sua efficacia sembra ancora discutibile; e, nel Dictionnaire de la voirie, l’avvocato parlamentare Auguste-Pierre Perrot ritiene opportuno richiamare l’attenzione sul problema, insistendo sulla nocività della disordinata edificazione progressiva che, portata avanti in maniera tendenzialmente autonoma dai privati, recava danno alla «commodité et utilité publique»:
L’alignement n’est pas requis seulement pour construire ou reconstruire sur la voie publique, on doit de même l’obtenir pour les ouvrages qui tendent à conforter les bâtiments; s’il en était autrement, on ne parviendrait jamais à donner aux rues les directions et largeurs dont elles sont susceptibles pour la commodité et l’utilité publique, parce que chaque propriétaire qui se trouverait dans le cas d’éprouver un retranchement nuisible à ses intérêt, au lieu de reconstruire dans un même temps la totalité de sa maison, entreprendrait à diverse reprises les parties par sous- œuvres sur les anciens vestiges et éluderait par ce moyen un retranchement nécessaire.50
La riforma del 1783 si poneva a conclusione di un tentativo di intervento da parte delle
intéressent plus particulièrement la salubrité de la ville de Paris, Paris, 1788, p. 2).
49 FIERRO, cit., p. 516 e sgg; BERNARD ROULEAU, Le tracé des rues de Paris, Paris, Presses du CNRS,
1988, p. 86.
50 AUGUSTE-PIERRE PERROT, «Alignements», in Dictionnaire de voirie, Paris, 1782, pp. 3-4. Si trova qui
esplicitata una delle cause che Youri Carbonnier ritiene alla base del sostanziale fallimento delle iniziative monarchiche, ovvero l’autonomia delle opere costruttive private che né le autorità edili né la polizia erano in grado di bloccare; in effetti, per quanto esistesse una regolamentazione specifica su determinati aspetti ‘urbanistici’, le speculazioni private fuoriuscivano spesso dalle concessioni legali e dall’efficacia del controllo ad opera dei corpi dell’ordine. Cfr. YOURI CARBONNIER, «La
monarchie et l’urbanisme parisien au siècle des Lumières. Grands projets et faiblesse du pouvoir»
autorità sull’incremento delle speculazioni edilizie private che, asse portante dello sviluppo urbano, necessitavano delle linee guida che le imponessero un ordine e una logica coerente con l’intero tessuto cittadino51. Alla radice della teorica riorganizzazione
dell’assetto viario, in termini di regolarità e omogeneità compositive, sembrano trovarsi allora istanze prettamente estetiche, coerenti con una tradizione rinascimentale che aveva già codificato la linearità delle strade come tratto essenziale dell’ambiente urbano. In numerosi testi è così rintracciabile la condivisa adesione a tale paradigma estetico, come si legge, ad esempio, nelle parole di Poncet de la Grave:
Rue de l’Arbre Sec, à Paris: si d’un consentement unanime l’alignement des rues, surtout dans les grandes villes, produit un effet charmant, que ne doit-on pas se promettre de celle de l’Arbre Sec, dans laquelle le retranchement ou l’alignement (…) de cinq ou six maisons, qu’il serait à propos de reculer de quelques pieds, du faubourg Saint-Germain, mais encore celle de statue équestre du Grand Henri?52
La dimensione stilistica di simili proposte rispecchia la razionalizzazione dello spazio attiva su molteplici livelli e caratterizzante il gusto settecentesco, chiaramente visibile nella progettazione architettonica e nella ripresa di una geometria ‘classica’ riproposta in nuove forme53. Sono queste le forme della ragione geometrica, che rimodella la
51 Non si tratta del primo caso di regolamentazione edilizia: già Henri IV aveva compreso l’importanza di stabilire delle linee generali che orientassero l’eventuale slancio edilizio dei privati secondo determinati criteri. La volontà estetica del sovrano prese corpo attraverso l’opera di Maximilien de Sully, cui veniva attribuita anche la nuova carica di Grand Voyer; in diverse ordinanze, ed in particolare in quelle del 22 settembre 1600 e del 16 dicembre 1607, il controllo dell’allineamento delle strade diveniva il centro del nuovo ordinamento. Tuttavia, accanto a considerazioni quasi ‘urbanistiche’, trovavano ampio spazio codificazioni prettamente stilistiche, come nell’impostazione dei criteri da seguire per l’edificazione delle facciate dei nuovi palazzi, dei portali, delle finestre, ecc., «de façon que par la succession de temps toutes les maisons d’une rue se rebâtissent selon ce projet, se trouvent semblables et par cette ressemblance et proportion se rendent fort agréable à la vue.» (cit. in FIERRO, cit., pp. 515-516). A questi primi esempi di regolamentazione ne seguirono altri,
più interessanti nella loro formulazione che nella loro effettiva attuazione; ancora nel XVII secolo, il 18 agosto 1667, una nuova ordinanza mirava a limitare l’altezza degli edifici ad un massimo di 8 tese (15,60 metri). Per un approfondimento delle regolamentazioni edilizie seicentesche cfr. FIERRO,
cit., pp. 515-516; PIERRE LAVEDAN, L’urbanisme à l’époque moderne, cit., pp. 142-144.
52 GUILLAUME PONCETDE LA GRAVE, Projet des embellissements de la ville et faubourgs de Paris, chez
Duchesne, t. II, 1756, pp. 185-186 Idea diffusa questa, che si trova negli stessi anni nel Dictionnaire di Fémille: «La beauté des villes consiste principalement dans l’alignement des rues.» (E. DE LA POIX
DE FRÉMINVILLE, «Rues, alignement», in Dictionnaire ou traité de la police générale des villes, bourgs, paroisses et seigneuries de la campagne, Paris, 1758, p. 518.)
53 Per l’approfondimento del problema dell’estetica settecentesca, cfr.: ANN BECQ, Genèse de l’esthétique française moderne. De la Raison classique à l’Imagination créatrice. 1680-1814, Pisa,
Pacini, 1984; JACQUES CHOUILLET, Esthétique des Lumières, Paris, PUF, 1974; ELIO FRANZINI, «Il gusto
in Francia dal Gran Secolo alla Rivoluzione», in LUIGI RUSSO (ed.), Il Gusto. Storia di un’idea