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La collaborazione come condicio sine qua non

5. I reati “assolutamente ostativi” della prima fascia e le condizioni di accesso a

5.1. La collaborazione come condicio sine qua non

“La regola processuale del nemo tenetur se detergere resta sconosciuta nella fase dell’esecuzione penale, dove vige, all’opposto, l’incivile brocardo carceratus

tenetur alios detergere.62”

Lo strumento della collaborazione viene introdotto dal legislatore del 1992, in sede di modifica dell’art. 4 bis, modificandone la ratio ed attuando un nuovo metodo di contrasto alla criminalità organizzata: riuscire a penetrare sino alle fondamenta della struttura, distruggerne le basi, annientare l’organizzazione. Diviene dunque il fulcro dell’attività investigativa, la prospettiva di un’agevolazione nelle indagini, la distruzione dell’omertà tra gli associati, il venir meno di quei vincoli così stretti che tanto avevano tolto al nostro Paese.

60 Definizione inserita in Pacchetto sicurezza, Torino, 2009, Fiorio in Mazza – Viganò, p. 397. 61 Lina Carceni – Claudia Cesari, Op. cit. p. 62.

Se il legislatore aveva trovato lo strumento necessario per poter contrastare la criminalità, di certo doveva essere trovato anche un incentivo che riuscisse a persuadere il criminale alla collaborazione: un do ut des, la collaborazione in cambio del beneficio63, connotandosi come “un comportamento produttivo di vantaggi altrimenti non conseguibili64. “

La misura alternativa, coerentemente denominata dalla legge come “beneficio” altro non è che una sorta di privilegio, una libertà che viene concessa al condannato purché ne risulti meritevole sia dal punto di vista del quantum di pena che dal punto di vista soggettivo, affinché possa espiare la propria pena al di fuori delle mura carcerarie65.

Collaborazione utile è quella che viene descritta dall’art. 58 ter Ord. Penit., inserito appositamente in occasione di tale riforma, che si preoccupa di dare le coordinate sulla portata della collaborazione come chiave di accesso al beneficio: l’adoperarsi affinché il reato non sia portato ad ulteriori conseguenze, dunque una condotta post delictum, e/o aiutare concretamente l’autorità di polizia o giudiziaria alla costruzione dei fatti o all’individuazione o alla cattura degli altri criminali che abbiano partecipato alla commissione del delitto.

La collaborazione non richiede una ammissione della responsabilità da parte del detenuto, deve avere carattere innovativo e riguardare l’accertamento dei fatti e

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Il nostro ordinamento contiene aspetti premiali anche nel diritto sostanziale, ma il legislatore ha inteso prediligere la fase esecutiva come locus adatto alla premialità. Le ragioni di questa scelta possono rinvenirsi nel fatto che “numerosi sarebbero stati i rischi derivanti dalla codificazione di ipotesi di non punibilità o di attenuanti generali da riconoscere ed applicare in sede processuale: il principio di legalità e quello dell'obbligatorietà dell'azione penale si sarebbero posti in netto contrasto con l'istituzione di benefici finalizzati alla collaborazione e consistenti nella non contestazione di determinati reati o di un azzeramento di pena in sede d'esecuzione. Di conseguenza, il legislatore sostanziale ha limitato il premio al singolo reato per il quale interviene la collaborazione, o a quei reati che ne costituiscono lo sviluppo.” Cicala A., Lo speciale regime

dell’accesso ai benefici penitenziari per i collaboratori di giustizia, in Giust. Merito fasc.6, 2011,

pag. 1659,

64 Presutti A., in Presutti A., Op. cit. p.85.

65Cecanese G., Profili reali della pena e benefici penitenziari, 2005, e Casaroli G., Misure alternative alla detenzione, in Digesto Penale, 1994.

delle responsabilità riguardanti il delitto ostativo alla concessione dei benefici, ed estesa anche ai delitti finalisticamente collegati a quelli oggetto della condanna66. La collaborazione può essere prestata sia prima67 che dopo la condanna, essendo irrilevante il momento temporale in cui la stessa viene resa68.

L’elemento collaborativo è un elemento oggettivo, un dato concreto, che deve essere accertato dal tribunale di sorveglianza, in quanto insufficienti ed irrilevanti sarebbero la mera intenzione o la mera disponibilità alla collaborazione manifestata da parte del condannato.

Accertata la collaborazione utile ai sensi dell’art. 58 ter, il tribunale di sorveglianza si limita alla sola valutazione della stessa, non essendo rilevante anche l’accertamento della mancanza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata perché la collaborazione utile e piena, per facta concludentia, sarebbe di per sé idonea a dimostrare la recisione dei collegamenti con l’organizzazione. È un dato facilmente criticabile perché, se è vero che il condannato che collabora contribuisce allo smembramento dell’organizzazione criminale, rompendo il legame di fiducia vincolante con gli altri consociati, è altrettanto vero che la collaborazione possa essere prestata per ragioni di mera opportunità, in quanto il condannato per delitti gravi si troverebbe ad accedere ai benefici penitenziari per cui, forse, trova il fallimento69 la funzione rieducativa della pena70.

66 “non è rispondente alla "ratio legis", alla quale sono sottesi un ravvedimento operoso e la

volontà di emenda, ammettere l'accesso ai benefici in presenza di una collaborazione parziale da cui dovessero restare esclusi taluni delitti che, pur essendo estranei alla previsione dell' art.4 bis , (c.d. ordinamento penitenziario), costituiscono elementi di un medesimo piano operativo e forme attuative di criminalità organizzata”. Battisti, in Ced cassazione, n. 207969, Cass. Sez. I, 6 maggio 1997.

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La possibilità di prestare una collaborazione prima della condanna si rinviene dal dato letterale della norma, nell’espressione “anche dopo la condanna”, essendo comunque irragionevole una diversa interpretazione. Pellini in Massimario della Cass. Pen. fasc. 3, 1995, pag. 104.

68 Non rileva la collaborazione prestata in via confidenziale alla p.g. Cass. Sez. I 30 novembre

2010 n. 45593, D’Agata, in Cass. Penale, 2012, p.672.

69 Questo do ut des sarebbe incompatibile con la finalità prima della pena, cioè la rieducazione,

avendo l’effetto di “annullare una rieducazione effettivamente realizzatasi”, Eusebi, “Ergastolano non collaborante”ai sensi dell’art. 4 bis, comma I, o.p.:l’unica ipotesi di detenzione ininterrotta, immodificabile e senza una prospettabilità di una fine? in Cass.Pen, 2012, pag 1222.

Il mutamento di rotta posto in essere dall’introduzione dell’elemento della collaborazione rappresenterebbe forse un compromesso tra la consapevolezza dell’impossibilità di rieducare a pieno soggetti che abbiano commesso una determinata tipologia di reati, e la mancata rinuncia ad utilizzare comunque i mezzi a disposizione dell’ordinamento, nel caso di specie i benefici, esaltandone la valenza promozionale “per il loro atteggiarsi a semplici vie d’uscita dal carcere.”71

La collaborazione prestata produce due diversi tipi di effetti, che mutano a seconda della collocazione del titolo di reato:

- Per i reati di prima fascia, la collaborazione consente al condannato di accedere al beneficio, come condicio sine qua non;

- Per i reati di seconda fascia, la collaborazione consente al condannato di poter accedere ai benefici penitenziari sulla base dei presupposti previsti per i reati comuni, seguendo i parametri che ciascuna misura alternativa richiede.

Se accettare di collaborare rappresentasse, per facta concludentia, la volontà di emenda da parte del collaborante tanto da renderlo meritevole dei benefici penitenziari, soggiogare la modalità di accesso ai benefici penitenziari sulla base della utilità dell’apporto collaborativo prestato significherebbe negare che la stessa valga a dimostrare la raggiunta emenda, per cui si registra un aspetto critico di certo non trascurabile, corretto successivamente dalla Corte Costituzionale che ha contribuito ad attenuare il regime di rigore della collaborazione utile nei casi in cui il condannato, per circostanze che esamineremo, non possa rendere una collaborazione utile, bensì una collaborazione inesigibile, irrilevante ed impossibile72.

70 Secondo parte della dottrina, viceversa, la collaborazione consentirebbe “una ragionevole

prognosi di non recidiva”, Degli’innocenti – Faldi, I benefici penitenziari, Giuffrè, 2014.

71 Presutti A., Op cit. ,p. 83.